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La fondazione della scuola alessandrina [ di Yuri Leveratto ]

La cristianizzazione dell’Egitto iniziò con la missione dell’ebreo Marco, l’evangelista. Secondo la tradizione delle Chiese Copte e Ortodosse di Alessandria, Marco giunse in Egitto nel 49 d.C. ed iniziò a predicare la Buona Novella. Marco battezzò Aniano, che fu in seguito il secondo vescovo di Alessandria. Pur essendo vescovo di Alessandria, Marco si assentò per un periodo di due anni, durante i quali viaggiò in Cirenaica, nella città di Tolemaide, e quindi a Roma ed Aquileia. Al suo ritorno in Egitto, Marco trovò che la comunità dei cristiani si era sviluppata e che era stata costruita una Chiesa nella località di Bucolia, presso il porto di Alessandria.
Secondo San Girolamo, Marco fu anche il fondatore della scuola catechetica di Alessandria, il cui primo decano fu Giusto (1).
Durante il primo secolo Alessandria era una città cosmopolita dove convivevano differenti popoli e varie credenze religiose. Vi erano egiziani, greci, romani, etiopi e la lingua più parlata era il greco.
Fin dalla fondazione della città portuale, per opera di Alessandro il Grande, si erano sviluppate varie correnti culturali: l’orientale, erede delle tradizioni babilonesi, persiane e indiane (vediche); l’egiziana, erede delle antiche religioni dei faraoni, all’interno della quale si adoravano ancora Horus, Iside e Osiride; e la greca, con gli dei del pantheon olimpico.
Ad Alessandria però vi erano anche dei giudei adoratori di YHWH, e fin dal secondo secolo a.C. vi era stato un certo intercambio culturale tra la cultura giudaica e quella greca, in quanto era stato tradotto al greco il Tanakh, ovvero i libri che ora conformano l’Antico Testamento (la Bibbia dei settanta).
Uno dei più famosi saggi giudei di Alessandria del I secolo fu Filone, che individuava il demiurgo o Logos di Platone come il Dio della tradizione ebraica.
Secondo una tradizione copta Marco fu martirizzato nel 68 d.C. quando dei pagani, adoratori del dio egizio Serapide, lo legarono alla coda di un cavallo e lo fecero trascinare per la città fino alla sua morte (2).
Il secondo vescovo di Alessandria fu Aniano, dal 68 d.C. fino all’83 d.C., la sua data di morte.
Giusto di Alessandria fu il decano della scuola alessandrina fino al 118 d.C., quando fu eletto vescovo. I sucessivi decani della scuola furono Eumene di Alessandria (118-129 d.C.) e Marco II di Alessandria (129-152 d.C.).
A partire dal II secolo si sentì la necessità di difendere la fede cristiana contro possibili attacchi esterni. Fu questa la ragione che la scuola alessandrina si sviluppò e fiorì, proprio nella città dove era più diffuso lo gnosticismo, una tendenza opposta al Cristianesimo apostolico.
La visione gnostica non fu una fede originale, ma fu un adattamento di concetti gnostici applicati al Cristianesimo, in forte contrapposizione all’Antico Testamento. Gli gnostici, vedendo solo le negatività del mondo terreno, ossia il male, il dolore e la sofferenza, le attribuirono a YHWH, che identificavano con il demiurgo cattivo.
Gesù Cristo invece non potevano ripudiarlo, perchè è stato un personaggio storico e molti erano disposti a morire per lui. Pertanto attuarono un sincretismo, adattandolo alla loro credenza.
Il “Gesù gnostico” che ne derivava, pertanto, non era più quello narrato dagli Apostoli, che furono coloro che vissero con il Salvatore, ma era quello inventato e idealizzato dagli gnostici. Quel “Gesù gnostico” non aveva sofferto in croce, in quanto la sua natura prettamente divina gli impediva di soffrire, e pertanto anche la Risurrezione non aveva senso, era un’allegoria. L’importanza della venuta di Gesù era solo e solamente la sua azione di “ponte” che avrebbe potuto portare l’uomo alla vera gnosi e quindi, a Dio. Ne risultò un Gesù completamente falsato e non attinente ai testi neo-testamentari.
I due filosofi più conosciuti che divulgavano la fede gnostica ad Alessandria erano Basilide e Valentino, entrambi attivi nel secondo secolo.
Le quattro caratteristiche della scuola alessandrina furono: il contenuto metafisico nella predicazione della fede, l’influenza platonica, la direzione concettualmente idealistica e il metodo di interpretazione allegorico di vari passaggi scritturali.
Uno dei più importanti decani della scuola alessandrina fu Panteno, che diresse la scuola a partire dal 181 d.C.
Secondo Eusebio di Cesarea Panteno viaggiò come missionario fino in India. Vediamo il passo corrispondente tratto dalla sua opera “Storia ecclesiastica”, (5, 10):

1. Un uomo celeberrimo per la sua cultura, di nome Panteno, dirigeva allora la scuola dei fedeli di quella città, dato che per antica usanza esisteva presso di loro una scuola di dottrina sacra: essa si è conservata fino a noi, e abbiamo saputo che è tenuta da uomini abili nella parola e nello studio delle cose divine. Si narra che il suddetto Panteno si sia distinto tra i più brillanti di quel tempo, in quanto proveniente dalla scuola filosofica dei cosiddetti Stoici.
2. Si dice quindi che mostrò un tale ardore nella sua fervidissima disposizione per la parola divina, da essere designato araldo del Vangelo di Cristo alle nazioni d'Oriente, giungendo sino all'India. V'erano infatti, v'erano ancora a quei tempi, numerosi evangelisti della parola, che avevano cura di portare zelo divino ad imitazione degli apostoli per accrescere ed edificare la parola divina.
3. Anche Panteno fu uno di loro, e si dice che andò tra gli Indiani, dove trovò, come narra la tradizione, presso alcuni del luogo che avevano imparato a conoscere Cristo, che il Vangelo secondo Matteo aveva preceduto la sua venuta: tra loro, infatti, aveva predicato Bartolomeo, uno degli apostoli, che aveva la-sciato agli Indiani l'opera di Matteo nella scrittura degli Ebrei, ed essa si era conservata fino all'epoca in questione.
4. Panteno, comunque, dopo numerose imprese, diresse infine la scuola di Alessandria, commentando a viva voce e con gli scritti i tesori dei dogmi divini.


Questa citazione indica che possibilmente Panteno ripercorse i sentieri dell’Apostolo Bartolomeo e trovò una copia del Vangelo di Matteo scritta forse in aramaico. Nella via del ritorno verso Occidente Panteno si fermò per alcuni anni nella città di Edessa e fu ordinato prete dal vescovo di Antiochia, Serapione. Panteno insieme a Serapione fu attivo nella confutazione delle tesi gnostiche di Bardesane, che in quel tempo si era stabilito alla corte di Agbar IX, re di Osroene. Panteno rientrò ad Alessandra nel 200 d.C. data della sua morte.
Durante l’assenza di Panteno, la direzione della scuola alessandrina fu assunta dall’ateniese Clemente (Atene, 150 d.C. – Cesarea di Cappadocia, 215 d.C.).
Per Clemente tra la filosofia greca e le Sacre Scritture esiste una relazione armoniosa voluta da Dio. Il Creatore ha dato la Legge ai giudei e la filosofia ai greci. Entrambe vengono da Dio ed entrambe conducono a Cristo.
Sia il pensiero di Clemente Alessandrino che quello dei suoi predecessori (come Giustino, Atenagora, Teofilo di Antiochia) e dei suoi successori (Origene, Alessandro di Gerusalemme) furono caratterizzati dal riconoscimento del valore del pensiero di Platone, il filosofo che per primo ha ammesso l’esistenza di un piano metafisico, non con la fede, ma con la ragione. Nei filosofi cristiani alessandrini però vi è il riconoscimento della superiorità del Cristianesimo sulla filosofia greca, perchè la Verità, che i greci avevano solo sfiorato, con la descrizione del Logos, con il Cristianesimo si è rivelata in tutta la sua pienezza.
In quest’ottica non si può parlare di ellenizzazione del Cristianesimo, ma di cristianizzazione del mondo ellenico. Per loro Gesù Cristo è la Verità ultima, ed è venuto per completare non solo la legge giudaica, ma anche la filosofia greca, in quanto ci ha svelato se stesso, il Logos che si è fatto carne. Il Cristianesimo pertanto, oltre ad essere l’unica vera religione, è per loro l’unica vera filosofia divina.
Sappiamo che il Cristianesimo apostolico si basava sul pentimento dei propri peccati e la fede in Gesù Cristo per ottenere la salvezza, mentre lo gnosticismo era incentrato sulla conoscenza, o gnosi, per raggiungere l’unione con Dio. Clemente alessandrino indica una terza via, in quanto per lui la fede e la conoscenza stanno in una relazione intima. La fede per Clemente è il fondamento della gnosi. Per lui ogni credente può essere gnostico, ma lo gnostico ecclesiastico è il perfetto cristiano.
La prima opera di Clemente fu il Protrettico, (dal greco “esortazione”, scritto possibilmente tra il 180 d.C. e il 200 d.C. Era un esortazione alla conversione al Cristianesimo rivolta ai pagani e soprattutto ai culti dei greci.
La sua seconda opera fu il Pedagogo, dove al cristiano viene insegnata la disciplina e una vita di rettitudine.
La terza opera di Clemente alessandrino è denominata Stromateis (Miscellanea), perchè analizza molti argomenti con lo scopo di individuare la giusta vita cristiana attraverso la fede e la conoscenza, che secondo lui avrebbero portato alla vera gnosi.
In pratica le tre opere sono legate da un filo sottile. E come fosse Gesù Cristo stesso che prima esorta a intraprendere il cammino della conversione, quindi insegna la retta via da percorrere ed infine come un maestro, indica la via da percorrere attraverso la fede, per la vera conoscenza.
Clemente scrisse anche altre opere tra le quali si ricordano le Disposizioni che furono dei commenti alla Bibbia e ad alcuni testi non canonici, come l’epistola di Barnaba e l’Apocalisse di Pietro.
Nel 202 l’imperatore Settimio Severo ordinò la persecuzione dei cristiani nella parte orientale dell’impero e in Egitto. Clemente alessandrino fu così costretto a lasciare l’Egitto e la direzione della scuola passò ad Origene Adamanzio.
Clemente si diresse a Cesarea di Cappadocia, nell’attuale Turchia centrale, dove si dedicò alla Chiesa locale in quanto il vescovo Alessandro era stato imprigionato. Morì a Cesarea di Cappadocia pochi anni dopo probabilmente nel 215 d.C.
Durante quegli anni la scuola alessandrina era diretta da Origene Adamanzio (Alessandria, 185 d.C. – Tiro, 254 d.C.), uno dei principali filosofi del Cristianesimo antico.
Nel terzo secolo la convinzione che la Verità fosse stata rivelata contemporaneamente agli ebrei con la Bibbia, e ai greci con la filosofia, e la credenza che essa si fosse incarnata nella persona di Gesù Cristo, si scontrarono con il pensiero dei filosofi neo-platonici, tra i quali si ricordano Ammonio Sacca, Plotino e Porfirio.


Note:
(1)-http://www.copticchurch.net/topics/patrology/schoolofalex/I-Intro/chapter1.html
(2)- http://www.copticchurch.net/topics/synexarion/mark.html
Documento inserito il: 30/04/2016

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