Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, medio evo: Chi era la 'Venere' del Botticelli.
>> Medio Evo > Il Rinascimento

Chi era la 'Venere' del Botticelli.

di Daniele Milella


A Marie Antoinette


La "Sans Par", era il nome con cui chi la conobbe, chiamava Simonetta Cattaneo Vespucci, per la sua straordinaria bellezza. I suoi contemporanei la consideravano la più bella donna vivente, tanto bella, da fare ammalare d'amore chiunque la conoscesse. Se ne innamorò Giuliano de Medici di cui Simonetta divenne l'amante e Sandro Botticelli ne fece la sua Musa, rendendola immortale. È lei infatti la famosa "Venere", come ancora lei è una delle Tre Grazie (la centrale), nella "Primavera". Nacque a Genova il 28 gennaio 1453 e a sedici anni, sposò Marco Vespucci che era un lontano parente del famoso esploratore Amerigo. Subito dopo le nozze, i due sposi si trasferirono a Firenze che era la città dei Vespucci. La Repubblica Fiorentina era a quel tempo governata da Lorenzo il Magnifico, forse l’uomo che meglio seppe incarnare il modello rinascimentale. Fu un grande mecenate, poeta, filosofo e intelligentissimo politico, tanto da essere denominato dagli storici, “l’ago della bilancia” della politica italiana. Gli sposi furono accolti alla “corte medicea”, che era al tempo uno dei più grandi centri europei del fulgore culturale che si andava sviluppando. Quella Firenze fu irripetibile ed irresistibile, essa fu la “casa” che accolse ed attirò le più grandi menti dell’epoca, le quali convissero ed operarono contemporaneamente: Pico della Mirandola, Botticelli, Poliziano, Michelangelo, Marsilio Ficino, solo per citarne qualcuno. In questo ambiente, Simonetta conobbe Giuliano, il giovane ed aitante fratello di Lorenzo de’ Medici. Erano entrambi giovani e belli, Giuliano era energico ed ardimentoso, lei sublime ed elegante – quando due “dei” si incontrano, è inevitabile che non si riconoscano – Giuliano se ne innamorò perdutamente, e lei, lo ricambiò. Da perfetto cavaliere rinascimentale, per lei vinse “La giostra di Giuliano”, il torneo tenutosi nella piazza di Santa Croce, Il cui premio, era un ritratto di Simonetta realizzato da Botticelli, in cui lei era raffigurata nelle vesti di Atena. La giostra è passata alla storia per la straordinaria ricchezza degli ornamenti e delle armature, fra cui spiccò lo stendardo di Giuliano che in onore della sua amata, recava la scritta in lettere d’oro: “San par”, la senza pari. Fu quello l’episodio che la consacrò come la donna più bella del suo tempo, la cui bellezza incantava chiunque la guardasse, ma fu certamente il pennello sublime di Botticelli, che ne creò il mito e la rese eterna. Nello stendardo da lui dipinto, la rappresenta ai piedi di una Pallade d’oro e vestita di bianco, che brandisce una lancia e lo scudo di Medusa. Il suo sguardo è rivolto al sole e l’ abito, è scosso dal vento insieme ai suoi lunghi capelli d’oro. Accanto a lei c’è Amore che legato ad un ceppo, osserva le sue armi spuntate che giacciono a terra. Quello stendardo con Simonetta ritratta da Sandro Botticelli, è l’atto di nascita del suo mito il quale, ebbe il destino di attraversare i secoli per arrivare fino a noi. L’età “Laurenziana” fu quella in cui più di tutte, a Firenze, la Bellezza tornò a splendere grazie alla sublime arte dei suoi poeti e pittori. Da allora Il volto di Simonetta, moltiplicò le sue apparizioni, offrendo i suoi lineamenti di volta in volta a Veneri, Palladi, allegorie femminili, Madonne, fino alla Beatrice dei disegni per la Commedia Dantesca. Simonetta divenne “l’ideale femminile” del secondo ’400 e il suo mito continuò ad apparire anche a distanza di tempo, nelle più disparate versioni. Possiamo riconoscerla nei panni di Cleopatra nelle opere di Piero di Cosimo e ancora in quelle del Ghirlandaio e in tante altre rappresentazioni fino a tutta la fine del Quattrocento. Possiamo leggerla, nei versi di Poliziano e dello stesso Lorenzo il Magnifico. La sua fu una presenza iconica, appunto senza pari, e mai più ripetuta nella storia. L’armonia delle sue forme, la purezza del suo animo, la gentilezza dei modi che aveva, diedero vita all’idea della donna che rendeva perfetto qualunque uomo la amasse. Fu la sua figura che incarnò il sogno platonico del tempo, il quale fu reso ancora più sublime dalla prematura scomparsa della giovane. Solo la morte, infatti, annullando il suo corpo, trasformò la “donna reale” “nell’ideale di donna” alla cui sublimazione, concorsero in assoluta sintonia tanto la pittura quanto la letteratura. Poliziano, Botticelli, Ficino e poi Lorenzo furono gli artefici della consacrazione della bellezza ideale di Simonetta. Ma il più instancabile dei suoi eternatori, fu certamente Botticelli. Egli la ritrasse in ogni tipo di soggetto: in dipinti mitologici e allegorici, con i capelli composti o agitati dal vento, in una casta nudità esibita senza veli, o con abiti da casa o da cerimonia. Fu lui che con il suo raffinato ed elegante pennello, ne fece un modello di bellezza, una bellezza tale da essere capace di elevare e ricongiungere l’uomo a Dio, attraverso l’amore spirituale. Purtroppo come spesso accade a chi brilla (si pensi ad Alessandro Magno, a Leopardi, Marylin Monroe e allo stesso Cristo), il passaggio sulla terra se pure intenso è breve. Simonetta infatti, brillò intensamente ma poco, e a soli 23 anni morì di tisi, “spegnendosi” il 26 aprile 1476, un anno dopo la Giostra di Giuliano. Al suo corteo funebre, Lorenzo il Magnifico volle che le spoglie fossero scoperte affinché la sua bellezza splendesse anche da morta. Il Pulci scrisse: “Ma forse che ancor viva al mondo è quella poi che vista da noi fu, dopo il fine, in sul feretro ancor più bella”. Il giorno del suo funerale, fu adagiata su una lettiga coperta di fiori e fu portata per le vie di Firenze a mostrare come neppure la malattia prima, e la morte dopo, erano riuscite ad alterare la sua bellezza, quella bellezza “divina” che l’aveva resa la musa di pittori e poeti. Dopo la morte di Simonetta, Botticelli perse la pace e prese a recarsi ogni giorno alla Chiesa di Ognissanti dove lei riposava. Non si rassegnò mai di quella morte, tanto da lasciare nelle sue volontà, la disposizione di essere sepolto ai suoi piedi. Questo ultimo desiderio del grande artista, fu forse il suo più immenso e puro omaggio alla sua musa, la più alta e sublime forma d’amore che si possa provare e al contempo immaginare. Un amore che racchiude in sé una comunione totale e senza condizioni, tanto unico e forte, da travalicare la fisicità e congiungere due spiriti oltre la vita, per l’eternità. La tomba di Botticelli è collocata a Firenze nella Chiesa di Ognissanti, accanto a quella della sua indimenticata Simonetta: "La donna ai cui piedi riposa il Rinascimento".


Nell'immagine, La Venere di Botticelli.


Bibliografia e Fonti:

RACHELE FARINA, Simonetta, Una donna alla corte dei Medici, Bollati Boringhieri, 2001
GAIA SERVADIO, Il Rinascimento allo specchio, Salani, 2007
JEAN LUCAS-DUBRETON, La vita quotidiana a Firenze ai tempi dei Medici, Rizzoli, 1991

Documento inserito il: 28/02/2025
  • TAG:

Note legali: il presente sito non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità dei materiali. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale ai sensi della L. n. 62 del 7.03.2001.
La responsabilità di quanto pubblicato è esclusivamente dei singoli Autori.

Sito curato e gestito da Paolo Gerolla
Progettazione piattaforma web: ik1yde

www.tuttostoria.net ( 2005 - 2023 )
privacy-policy