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Storia dell'uomo dalle origini ai giorni nostri. Trentottesima puntata

di Alberto Sigona


Dalla Restaurazione alla “Primavera dei popoli”

Dopo la fine dell’Impero napoleonico, l’Europa, come vi abbiamo anticipato nel capitolo precedente, si riunì a Vienna per un Congresso, passato alla storia come “Il Congresso di Vienna”. L’epoca che si aprì dopo il Congresso di Vienna fu chiamata Restaurazione, in quanto vennero ripristinati, seppur con qualche eccezione, gli assetti politici presenti prima della Rivoluzione francese.(1) Il congresso tenutosi nell'omonima città (allora capitale dell'Impero austriaco) dal 1° ottobre 1814 al 9 giugno 1815, al quale parteciparono le principali potenze europee, ebbe lo scopo di ridisegnare la carta dell'Europa e ripristinare l'“Ancien régime” dopo gli sconvolgimenti apportati dalla Rivoluzione francese e dalle guerre napoleoniche, riassegnando il trono ai legittimi sovrani degli Stati coinvolti (fu abolita anche la “tratta” dei negri, ponendo fine ad una vergognosa pagina della storia moderna)(2). Per evitare l’insorgere di nuovi conflitti, tuttavia, si decise di bilanciare la legittimità con l’equilibrio, facendo in modo che le grandi potenze finissero per equivalersi militarmente e territorialmente. Ciò causò però la soppressione di molti Stati - ad esempio, l’antica Repubblica di Venezia, scomparsa col “Trattato di Campoformio” del 1797, vide i propri territori assegnati all’Impero d’Austria, divenendo parte del Regno Lombardo-Veneto; la Polonia fu divisa tra Russia, Prussia e Austria e la sua esistenza come Stato indipendente fu sostanzialmente annullata - senza tenere conto della volontà delle popolazioni che risiedevano nei territori interessati, cancellando il principio di nazionalità e scambiando territori come fossero merci: ciò darà il “la” a future insurrezioni indipendentiste.
I monarchi dei vari Stati europei commisero inoltre l'errore di non voler conciliare le ideologie presenti con quelle passate, imponendosi prepotentemente sui governi di tutta Europa in modo assolutistico (o quasi), senza tenere conto delle nuove idee di nazionalità, liberalismo e democrazia che, la Rivoluzione francese prima e Napoleone poi, a volte inconsciamente, avevano insinuato nelle menti dei popoli. In sintesi, ormai l'Europa era ideologicamente cambiata, ma i sovrani del tempo sembrarono non volerne tenere conto, fingendo che 26 anni di storia (1789-1815) non fossero mai esistiti.
Sicché fra il 1820 ed il 1848 (anno in cui fu raggiunto il culmine delle rivolte, con una più accentuata presenza popolare), in Europa, in nome della libertà e del valore di Patria(3) (da cui nascerà il termine “patriottismo”, che in ambito artistico troverà un felice riscontro nel Romanticismo: esso con la sua enfasi sull'individualità, il nazionalismo e la libertà, fu un importante terreno di espressione per questi ideali), nonché per ragioni economiche, del popolo(4) e dei ceti emergenti, si diffondono vari movimenti - spesso sotto forma di società segrete o sette - e numerose proteste violente volti ad opporsi all'autorità arbitraria dei regimi ripristinati (con l’obiettivo di sostituire le vecchie strutture monarchiche con regimi liberali o con la creazione di stati-nazione indipendenti). Oltre al proletariato (interessato più che altro a migliorare le proprie precarie condizioni economiche, quindi poco sensibile a nobili ideali patriottici), fra gli avversari della Restaurazione vi sono: i borghesi che avevano fatto parte delle strutture statali napoleoniche, e che dopo la Restaurazione erano stati sostituiti da notabili fedeli al sovrano o persino licenziati; quegli intellettuali e quegli idealisti che, rifacendosi alla cultura illuminista, auspicavano profonde riforme liberali; la borghesia industriale che si sentiva minacciata dalla ripresa della vecchia borghesia agraria.
L'impatto memorabile di tali proteste - che hanno indotto gli storici a parlare di “Primavera dei popoli” - fu così profondo e violento che nel linguaggio corrente è entrata in uso l'espressione «fare un quarantotto» per sottintendere una improvvisa confusione, o scompiglio. Gli storici concordano però che la “Primavera dei popoli” fu nel breve periodo pressoché un sanguinoso fallimento. Le forze conservatrici, infatti, ripresero il controllo nella maggior parte dei Paesi coinvolti, e molte delle aspirazioni nazionali e democratiche furono represse col sangue. Tuttavia essa aveva posto le basi per un futuro prossimo in cui per i regimi assolutistici non ci sarebbe stato più posto, arrivando un giorno ai moderni sistemi liberal-democratici. Inoltre, quei sentimenti di amore e devozione verso la Patria (uniti con la ricerca della propria identità nazionale) che iniziarono a germogliare in questo periodo storico, un giorno avrebbero portato all'indipendenza di vari popoli, unificandosi in Nazioni con una cultura ed una lingua comune, come avverrà ad esempio in Italia (che sarà unificata nel 1861) e in Germania. La Primavera dei popoli contribuì altresì alla diffusione di ideologie come il liberalismo, il socialismo e il nazionalismo, che avrebbero continuato a influenzare la politica europea nel corso del XIX e XX secolo.
Prima ancora che in Europa, i movimenti e le rivoluzioni nazionalistiche erano esplosi però nell’America latina, dove rivolte sanguinose (generalmente appoggiate in parte dagli USA) ponevano fine alla dominazione coloniale spagnola e portoghese, portando alla nascita di Stati come il Paraguay (1811), l’Argentina (1816), la Colombia (1819), il Perù (1821), il Messico (1821), il Brasile(5) (1822) ed il Venezuela (1823). Nel 1825 sarebbe divenuto indipendente dal Brasile l'Uruguay (che qualche anno prima, nel 1811, si era affrancato dal dominio spagnolo, per poi poco dopo essere annesso appunto dal Brasile). Il protagonista principale dell'indipendenza dei Paesi latini fu il rivoluzionario venezuelano Simón Bolívar, considerato il personaggio più importante della storia latino-americana, in ragione del suo decisivo contributo all'indipendenza di Bolivia, Colombia, Perù e Venezuela. Un altro rivoluzionario che si distinse particolarmente fu l'argentino Josè de San Martin, che contribuì all'indipendenza di Argentina, Cile e Perù.
Più o meno nello stesso periodo (1840), nel Nord America nasceva, per opera del governo della Gran Bretagna, lo Stato del Canada (subordinato al governo britannico); nel 1926, alla Conferenza di Londra, il Canada otterrà il riconoscimento di una sovranità praticamente completa e tale status sarà formalizzato nel '31.


Nell'immagine, l'Europa dopo il congresso di Vienna.


Note:

(1) L'Austria, assieme a Russia e Prussia, con la creazione della Santa Alleanza, si pose come garante dell'equilibrio europeo restaurato, scongiurando rivolte liberali e nazionali anche con l'intervento militare (come ad esempio avverrà più volte in Italia nella prima metà dell'Ottocento).

(2) Per quanto concerne l'Italia: vennero uniti Piemonte, Genova e Nizza, che assieme alla Sardegna andarono a creare lo Stato di Savoia (che includeva anche la Valle d'Aosta), mentre Lombardia, Veneto, Istria e Dalmazia andarono all'Austria; si ricostituirono i Ducati di Parma, di Modena, lo Stato della Chiesa (comprendente Lazio, Umbria, Marche e parte della Romagna), e il Regno di Napoli tornò ai Borboni (diventando Regno delle Due Sicilie; prima del Congresso viennese, dal 1735 Napoli e Sicilia erano due regni separati ma governati dallo stesso re; i due regni, pur condividendo lo stesso sovrano, mantennero per decenni istituzioni autonome, ordinamenti giudiziari, fiscali e amministrativi distinti; nel 1816 vi sarebbe stata perciò l'unificazione giuridica). Il Granducato di Toscana fu restaurato sotto il governo del Granduca Leopoldo II, ma la sua sovranità era limitata dalla presenza austriaca nella regione. Fuori dall'Italia tornarono al potere, tra gli altri. Ferdinando VII di Spagna e Luigi XVIII di Francia.

(3) Durante la Primavera dei Popoli, specie dopo gli anni Trenta, il sentimento di appartenenza nazionale cessò di essere una prerogativa delle classi elevate e cominciò, seppur molto gradualmente, a estendersi alle masse.

(4) Un grosso ruolo giocò la grave crisi economica che già si trascinava dagli anni 1817-18, e che dappertutto fu causa di carestia alimentare e disoccupazione.

(5) Il principale fautore dell'indipendenza brasiliana è da considerare Pedro de Alcântara (figlio di Joao VI del Portogallo), primo Re del Brasile. Ma facciamo un passo indietro, ripercorrendo in estrema sintesi le tappe che portarono all'indipendenza dello Stato sudamericano. Durante l'epopea napoleonica il Portogallo era stato invaso dai francesi nel 1807, costringendo la famiglia reale portoghese a rifugiarsi in Brasile. Il principe Dom João VI governò il Brasile come centro dell'Impero portoghese, elevandolo allo stesso rango del Portogallo. Quando la monarchia tornò in Europa nel 1821, il figlio di João VI, Dom Pedro, rimase in Brasile come reggente. Il 7 settembre 1822, sulle rive del fiume Ipiranga, Dom Pedro proclamò l'indipendenza del Brasile, che divenne quindi uno Stato sovrano di stampo monarchico, con Dom Pedro I come Imperatore (ispirato dal modello napoleonico e dal Sacro Romano Impero, scelse il titolo imperiale invece di quello di "re"; inoltre chiamarlo "Impero" sottolineava la piena indipendenza dal Portogallo, evitando qualsiasi subordinazione; fra l'altro "Impero" sembrava un Titolo più adeguato per un Paese di tale estensione; questo modello rimase in vigore fino alla proclamazione della Repubblica del Brasile nel 1889). Sebbene l’indipendenza fosse stata dichiarata pacificamente, ci furono successivamente scontri tra le forze brasiliane e le truppe portoghesi in alcune regioni, come Bahia, Maranhão e Pará, che furono pacificate solo nel 1823. Per il suo ruolo di consigliere e stratega di Dom Pedro I, il patriota brasiliano José Bonifácio de Andrada e Silva viene considerato come una delle figure più importanti nel nazionalismo brasiliano, al punto da venire chiamato come "patriarca dell'indipendenza".

Documento inserito il: 04/04/2025
  • TAG: restaurazione, congresso di Vienna

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