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Storia dell'uomo dalle origini ai giorni nostri. Trentanovesima puntata

di Alberto Sigona


L'Unità d'Italia (alias Risorgimento italiano)


Il Risorgimento fu il risveglio dell’anima italiana” [Anonimo]


I fermenti rivoluzionari

Nel paragrafo precedente abbiamo accennato ai moti rivoluzionari che infiammarono l'Europa nella prima metà dell'Ottocento. In proposito vediamo cosa successe in Italia.

Il Congresso di Vienna (1814-15) tenutosi dopo la capitolazione di Napoleone Bonaparte aveva riportato l’Italia alla frammentazione in vari Stati, ristabilendo monarchie assolute e governi reazionari, con forte influenza straniera, senza tenere conto delle aspirazioni delle popolazioni, ignorando i sentimenti di unità nazionale e libertà politica che si erano diffusi tra il popolo e gli intellettuali durante il periodo napoleonico(1). Contro la Restaurazione post napoleonica si formarono alcune società segrete (come la Carboneria) di orientamento democratico-radicale, che animarono la prima fase del Risorgimento, battendosi per l'avvio di innovative riforme democratiche che tenessero in considerazione le legittime aspirazioni del popolo e per un’Italia libera e finalmente unita, dando luogo ad alcune sommosse contro i governanti, che però non avranno un esito positivo.

Negli anni ’30 dell’800 iniziarono a diffondersi svariate idee liberali, patriottiche ed indipendentistiche, fra cui spiccarono quelle di un democratico genovese - Giuseppe Mazzini - che mirava a costruire uno Stato repubblicano, unitario e indipendente. Egli mentre si trovava in esilio a Marsiglia(2) (Francia) diede vita alla Giovine Italia, una organizzazione politica patriottica che intendeva porsi alla guida di una profonda trasformazione della società italiana. A differenza delle società clandestine sorte negli anni ’20, la Giovine Italia scelse di diffondere il proprio programma, in modo da conquistare il maggior numero di adepti. Nei primi anni ’30 i sostenitori di Mazzini - perlopiù intellettuali - diedero vita a varie insurrezioni che però falliranno, dimostrando come le forze rivoluzionarie italiane fossero piene di limiti.

L'importanza di Mazzini nella storia italiana dell'Ottocento non va cercata però nei tentativi rivoluzionari falliti quanto nel suo costante impegno a favore dell'associazionismo, che costituì il primo passo verso l'organizzazione e la presa di coscienza politica da parte degli strati popolari. Considerate le vere ispiratrici dell'Unità d'Italia, le teorie mazziniane si sarebbero rivelate di grande importanza nella definizione dei moderni movimenti europei per l'affermazione della democrazia attraverso la forma repubblicana dello Stato.

Ricordiamo che l'Italia dell'epoca era divisa in tante entità istituzionali “arcaiche” tutt'altro che liberali. Gli austriaci (che avevano fatto la loro comparsa in Italia nei primi anni del Settecento) dominavano il Trentino e il Regno Lombardo Veneto. Poi vi erano il Regno di Sardegna(3) (che molti storici chiamano semplicemente Piemonte o Regno sabaudo) governato dalla dinastia Savoia (che inglobava le attuali regioni Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria e Sardegna); quindi il Ducato di Parma, il Ducato di Modena, il Granducato di Toscana(4) (governati da famiglie di origine straniera, legate direttamente agli Asburgo e ai Borbone), lo Stato della Chiesa (il più retrivo, che comprendeva il Lazio, Umbria, Marche e parte della Romagna) e infine il Regno delle due Sicilie dei Borboni di stampo spagnolo(5) (includente a sua volta Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e naturalmente Sicilia).


La Prima Guerra d’Indipendenza

Nel 1848 l'onda di protesta popolare che si espandeva nel Regno di Sardegna ed alcune timide riforme democratiche emanate negli altri Stati italiani indussero il Re Carlo Alberto di Savoia ad emanare una serie di provvedimenti di stampo liberale, sino a giungere a concedere una costituzione - lo Statuto Albertino - che ne limitasse in parte i poteri ed assecondasse le elementari istanze liberali del popolo: esso trasformava la Monarchia sabauda da assoluta a costituzionale, e istituiva un Parlamento bicamerale (il Senato Subalpino, di nomina regia e vitalizia, e la Camera dei deputati, elettiva(6)). Adottato il 4 marzo 1848, lo Statuto Albertino sarebbe divenuto, molti anni dopo, la Costituzione dell'Italia unita, e rimarrà in vigore per circa un secolo.

Pochi giorni dopo, fra il 18 ed il 22 marzo, a Milano, intellettuali e borghesi, affiancati da ampi strati della popolazione, liberarono la città dopo cinque giornate di battaglie (le cosiddette Cinque giornate di Milano), costringendo le truppe austriache del Lombardo-Veneto a ritirarsi nelle fortezze del cosiddetto quadrilatero (Mantova, Peschiera, Verona e Legnago), e il comando passò a un governo provvisorio costituito dai patrioti milanesi. Il 23 marzo, a seguito di un'insurrezione di massa, gli austriaci venivano cacciati anche da Venezia e si ricostituiva la Repubblica di San Marco. Questi eventi, emblematici dell'aria di speranza di rinnovamento che si respirava in quel periodo, furono presi da monito dai patrioti di altre città, che iniziarono a credere seriamente nella possibilità di veder finalmente realizzare le proprie aspirazioni. Fra i patrioti più celebri si ricordano Carlo Cattaneo, Carlo Pisacane, Nino Bixio e Goffredo Mameli, che compose le parole dell'Inno d'Italia.

Stimolato dalle sollevazioni popolari e dalla prospettiva di allargare i domini, il 23 marzo ’48 Carlo Alberto dichiarò, assieme ad altri Stati italiani (che non volevano scontentare le spinte patriottiche dei loro domini), guerra agli austriaci, una belligeranza che aveva come obiettivo il ritiro degli austriaci dal Regno Lombardo-Veneto, avviando possibilmente un processo di unità nazionale sotto una monarchia costituzionale guidata dal Regno di Sardegna: era la Prima Guerra d’Indipendenza. Essa terminava però un anno dopo con una bruciante sconfitta(7) (Milano e Venezia tornavano in mano austriaca), anche per il ritiro di molte truppe alleate, che probabilmente temevano un ingrandimento eccessivo del Regno di Sardegna nonché una possibile invasione austriaca (alcuni Stati avevano inviato truppe più per pressione popolare che per convinzione politica, così appena il corso degli eventi si mise male fecero retromarcia): ciò era la dimostrazione che per vincere occorrevano alleanze con Stati potenti (anche perché le nostre truppe, pur animate da entusiasmo patriottico, non avevano l’esperienza e l’efficienza degli austriaci). Carlo Alberto intanto, travolto dalla sconfitta - che di fatto aveva ripristinato lo status quo precedente alla guerra -, abdicava in favore del figlio Vittorio Emanale II(8). La vittoria austriaca porterà nel '49 a una stagione di repressione delle forze liberali e democratiche e alla restaurazione dei vecchi ordinamenti in quasi tutti gli Stati italiani.

Frattanto, grazie al lavoro di un abile uomo politico, Camillo Benso, conte di Cavour, che poi diverrà Presidente del Consiglio (1852), il Regno di Sardegna diventa in pochi anni uno Stato moderno, liberale ed economicamente sviluppato, in grado di guidare l’Italia verso l’Unità. Nel 1858 viene stipulato un accordo segreto fra Cavour e l'Imperatore francese Napoleone III (nipote di Napoleone Bonaparte): quest'intesa prevedeva una guerra comune contro l'Austria e stabiliva, in caso di vittoria, il passaggio del Lombardo-Veneto a Vittorio Emanuele II, che in cambio avrebbe ceduto la città di Nizza e la regione della Savoia(9) ai francesi. Era però un accordo difensivo e sarebbe scattato solo in caso di aggressione dell’Austria al Regno di Sardegna.


La Seconda Guerra d’Indipendenza e la nascita del Regno d'Italia

Cavour allora fece di tutto per provocare l’Austria. In poche settimane un cospicuo contingente militare formato da soldati del Regno di Sardegna si schierò lungo le rive del Ticino. All’ultimatum austriaco che imponeva di disarmare l’esercito, Vittorio Emanuele rispose con un netto rifiuto, e l’Austria il 27 aprile ‘59 dichiarò guerra al Regno di Sardegna. Iniziava la Seconda Guerra d’Indipendenza(10). Pochi mesi dopo, l'11 luglio, nonostante il vantaggio acquisito a seguito di diverse battaglie vinte (in primis a Magenta ed a Solferino), Napoleone III, per la minaccia di un allargamento del conflitto (si temeva l’intervento della Prussia a favore dell’Austria: la Confederazione Germanica prevedeva, infatti, una certa solidarietà tra i suoi membri) e per le dure prove subite dal suo stesso esercito (che ebbero una vasta eco negativa nell'opinione pubblica francese, anche perché la guerra iniziava a pesare sull'economia del Paese), chiese ed ottenne l’armistizio (noto come Armistizio di Villafranca), che prevedeva la cessione da parte dell’Austria della sola Lombardia (senza Veneto), suscitando il vivo disappunto di Cavour(11). Intanto, sull'onda dell'entusiasmo suscitato dalla guerra, a Modena, Parma, Toscana e nella Romagna pontificia (le dinastie regnanti avevano sostenuto l’impero austriaco ed erano viste come collaborazioniste) la popolazione era insorta, aveva cacciato i governanti ed aveva costituito governi provvisori, decidendo l’annessione al Regno di Sardegna, ufficializzata da successivi plebisciti (le rivolte scoppiarono parallelamente alla Seconda Guerra d'Indipendenza, così i regnanti non poterono contare sull'aiuto austriaco e furono costretti a fuggire). Il nuovo regno risultava così formato dagli attuali Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Sardegna (che costituivano l’originario Regno di Sardegna), Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana.

Non potendo dichiarare guerra al Regno delle Due Sicilie senza entrare in conflitto con altre potenze europee (le alleanze militari dell'epoca erano complesse e qualsiasi azione aggressiva da parte del Regno di Sardegna avrebbe potuto provocare reazioni a catena), Cavour dovette rivolgersi a Giuseppe Garibaldi, che aveva più volte dimostrato la sua efficacia nel reclutare volontari per la causa italiana. Se Garibaldi avesse accettato di dirigere le sue azioni verso la Sicilia, il governo piemontese lo avrebbe sostenuto con discrezione. E così sarà. Il 5 maggio 1860 Garibaldi alla guida di un migliaio di volontari (1162) partì via mare da Genova diretto verso la Sicilia, con l’obiettivo di liberare l’isola dal dominio opprimente dei borboni di Francesco II(12). Con i suoi mille volontari (che via via sarebbero però cresciuti di numero, sino ad arrivare a 50.000), Garibaldi sbarcò a Marsala, e contro ogni previsione riuscì a battere l’esercito borbonico a Calatafimi. Da qui raggiunse Palermo e proseguì verso oriente, puntando in direzione della Calabria, senza che l'esercito borbonico, ormai in via di disgregazione (anche a causa delle insurrezioni popolari), fosse in grado di opporgli un'efficace opposizione (fra le battaglie decisive citiamo quelle di Calatafimi e del Volturno). Contemporaneamente le truppe regie, che temevano la nascita di una Repubblica del Sud autonoma e indipendente dal Regno di Sardegna e che Garibaldi potesse invadere Roma scatenando la reazione di Napoleone III, discesero da nord con le truppe regolari, e dopo aver superato le flebili resistenze delle truppe pontificie (in questo modo Vittorio Emanuele ridusse i territori dello Stato Pontificio alla capitale e al Lazio) riuscirono ad unificare gran parte della penisola (mancavano ancora gli attuali Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lazio e Trentino Alto Adige) con lo storico incontro di Taverna della Catena (nell'odierna Campania) tra il Re Vittorio Emanuele II e il Generale Garibaldi: era il 26 ottobre 1860.
Dopo i plebisciti di “rito”, il 17 marzo 1861 il parlamento sardo decise allora di proclamare il Regno d'Italia (una sorta di estensione del Regno di Sardegna; la capitale fu provvisoriamente Torino), consegnando la corona a Vittorio Emanuele II, che diventava Re con la formula “per grazia di Dio e per volontà della Nazione”. Quindi i governanti del nuovo Stato approvarono una legislazione unica prendendo come modello il Regno di Sardegna. Poco dopo, nel giugno del 1861 Cavour morirà a soli 51 anni (gli succederà B. Ricasoli).


I problemi del Nuovo Stato

I governanti(13) di Destra del nuovo Stato si trovarono alle prese con diversi gravi problemi da risolvere. Fra le questioni principali cui si doveva far fronte vi era l'endemica arretratezza e miseria in cui viveva gran parte della popolazione italiana (che superava di poco i 25 milioni e di questi oltre il 75% era analfabeta), specie nel mezzogiorno, dove fra l’altro iniziava ad emergere il drammatico fenomeno del brigantaggio, una forma di resistenza armata (composta in primis da ex soldati borbonici, contadini poveri, disertori, criminali comuni...) contro lo Stato italiano appena unificato, che andava ad affiancarsi al fenomeno mafioso (che esploderà in tutta la sua forza distruttiva solamente nel Secondo Dopoguerra). Occorreva inoltre ”unificare” le numerose culture, abitudini di vita, tradizioni, persino lingue profondamente diverse (gli abitanti parlavano perlopiù i dialetti di paese), e moltissimi italiani si mostrarono restii a perdere queste identità locali. L’obiettivo dei governanti era creare uno Stato centralizzato, modellato sul Regno di Sardegna, ma questo in molti casi causò gravi conseguenze ed un forte malcontento, soprattutto nel Sud(14), che si sentì colonizzato. Per la maggior parte dei loro abitanti lo Stato unitario non rappresentava altro che un’entità astratta, priva di un riscontro reale positivo nella vita di tutti i giorni. Ma in generale l’unificazione del Regno per molti fu assolutamente negativa anche perché coincise con una lunga serie di nuove imposizioni, spesso mal comprese, come l'obbligo di andare a scuola (introdotto dallo Stato per combattere l’ignoranza); la leva militare (da cui i cittadini saranno dispensati solamente nel 2005 durante il Governo Berlusconi) e l’introduzione di nuove tasse – come quella che colpiva il macinato - necessarie per risanare il bilancio di uno Stato in grave deficit (che di certo non migliorerà il tenore di vita, già piuttosto basso, della popolazione italiana). Ciò col tempo avrebbe favorito un profondo astio nei confronti del neonato Stato, che verrà visto dai più come un despota, o nella migliore delle ipotesi come una fastidiosa incombenza, suscitando sentimenti ben lontano dai propositi romantici che avevano dato il “la” alle operazioni belliche di matrice patriottica. Come avrebbe detto un giorno Piero Calamandrei: “L’Italia in quel particolare e delicato periodo storico aveva bisogno di cuore, non solo di leggi”.


La Terza Guerra d’Indipendenza e la Presa di Roma: l’Italia è totalmente unita

Fra il 1866 e il 1870, con l’annessione del Veneto e del Lazio sarebbe stata finalmente completata l’unificazione territoriale italiana. L’occasione del completamento venne fornita dalla guerra Austro-Prussiana. Dopo il 1848, infatti, la Prussia di Re Guglielmo I e del cancelliere Bismarck si era posta alla guida del processo di unificazione nazionale degli Stati tedeschi, e per questo motivo i suoi interessi erano entrati in conflitto con quelli dell’Austria (ricordiamo che dopo la disintegrazione del Sacro Romano Impero Germanico, Austria e Prussia erano diventati i due Stati tedeschi più potenti e dunque gli unici in grado di guidare il cammino verso l’unità della Germania, diventando presto feroci rivali). I prussiani allora dichiararono guerra agli austriaci, e per assicurarsi la vittoria chiesero l’aiuto dell’Italia. Trovatasi in minoranza, al termine delle ostilità (il 23 agosto '66) l’Austria soccombette ai prussiani (quindi nascerà l’Impero Austro-Ungarico, in base ad un accordo con la quale l'Ungheria otteneva una condizione di parità con l'Austria all'interno della monarchia asburgica(15)), e gli italiani, pur perdendo quasi tutte le proprie battaglie (compresa quella navale di Lissa, palesando tutta la propria inadeguatezza tattica), il 26 luglio '66 ottennero il Veneto (ed alcuni territori limitrofi) per... gentile concessione della Prussia, unica vera vincitrice della guerra (la battaglia decisiva fu quella di Sadowa).

Nel 1870, a seguito della guerra franco-prussiana (in cui risultò decisiva la Battaglia di Sedan) - che avrebbe permesso alla Prussia di completare il processo d'unificazione, portando alla nascita del cosiddetto Secondo Reich di Nazione germanica - crollò l’Impero di Napoleone III(16). Così il Papa perse il suo grande protettore. L'Italia allora ne approfittò per acquisire con la forza anche i rimanenti territori pontifici (ovvero il Lazio, alla cui conquista Napoleone si era sempre opposto): il 20 settembre 1870, l’esercito italiano entrò a Roma attraverso la Breccia di Porta Pia, dopo aver sconfitto la debole resistenza dell’esercito pontificio, per quello che fu l’atto finale dell’unificazione italiana. Il 3 febbraio 1871 Roma diverrà la nuova e definitiva capitale d’Italia, in luogo di Firenze (che lo era diventata nel '64). Così lo Stato Pontificio (752-1870), su cui all'epoca regnava Pio IX (di fatto l'ultimo “Papa Re” - in quanto detentore del potere temporale - della storia), cessava di esistere.(17)


Nell'immagine, Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re dell'Italia Unita.


Note:

(1) Durante l’occupazione napoleonica, l’Italia – per la prima volta – fu parzialmente unificata, anche se sotto dominio straniero. Le barriere tra Stati italiani furono ridotte e si introdussero codici e leggi comuni (come il Codice Napoleonico). Questo fece assaporare agli italiani l’idea concreta di vivere in uno Stato unito. Napoleone portò con sé anche i principi della Rivoluzione francese, come libertà, uguaglianza e fine dei privilegi feudali... ispirando desideri di libertà e giustizia...

(2) Nel 1830, Mazzini si iscrisse alla Carboneria, una società segreta che cercava di fare la rivoluzione contro i regimi assolutisti. Ma ben presto fu scoperto e arrestato dalla polizia del Regno di Sardegna (lo Stato dove viveva). Nel 1831, dopo alcuni mesi di prigione a Savona, fu costretto all’esilio. Scelse di andare a Marsiglia, in Francia, perché lì c’era un ambiente più favorevole agli esuli politici e avrebbe potuto continuare a cospirare e organizzare la lotta per l’unità italiana. Marsiglia diventò per lui il primo centro operativo del Risorgimento, da cui partirono l’organizzazione di rivolte, si ebbero contatti con altri patrioti, diffondendo idee rivoluzionarie in tutta Italia. Uno degli strumenti principali per la loro diffusione era la stampa clandestina.

(3) Il Regno di Sardegna nacque nel 1324, quando gli Aragonesi conquistarono l'isola, strappandola ai Pisani e Genovesi. Nel 1720, a seguito della Guerra di successione spagnola e del Trattato dell’Aia, il Regno di Sardegna passò ai Savoia (che governavano il Ducato di Savoia e il Piemonte).

(4) Il sovrano di Toscana Leopoldo II (1797-1870) fu inizialmente un sovrano illuminato, ma col tempo avrebbe tradito le aspettative liberali, mostrandosi debole e filo-austriaco, lungi dal sostenere l’unità italiana. In un tempo in cui la gente desiderava libertà e patria, lui divenne simbolo del passato da superare.

(5) Il Regno delle due Sicilie dal 1734 (quando ancora si chiamava in altro modo) in poi, non era più "spagnolo" in senso stretto, ma uno stato autonomo governato dai Borbone di Napoli.

(6) L'elettorato era ristretto e basato su un censo minimo, limitando il diritto di voto a una piccola percentuale della popolazione maschile adulta.

(7) Carlo Alberto commise errori tattici gravi, rallentando l’avanzata e dando tempo agli austriaci di riorganizzarsi. Dopo una prima vittoria a Goito, il Re esitò troppo, permettendo il contrattacco austriaco.

(8) Dopo la sconfitta, l’Austria avrebbe potuto pretendere condizioni molto dure. Carlo Alberto, abdicando in favore del figlio Vittorio Emanuele II, sperava di ammorbidire i termini dell’armistizio e preservare l’indipendenza e la dignità del Regno di Sardegna. Le condizioni dell’armistizio, firmato il 24 marzo 1849 tra il Regno di Sardegna e l’Impero Austriaco, furono piuttosto dure, ma non umilianti come ci si poteva aspettare dopo la sconfitta. Contrariamente alle aspettative, il Regno di Sardegna non fu annesso né smembrato. Il Piemonte riuscì a conservare i suoi confini pre-bellici. In breve, l’Austria vinse militarmente, ma scelse di non umiliare il Piemonte, anche per evitare un’escalation di malcontento nelle regioni italiane. Questo permise a Vittorio Emanuele II di riorganizzare il Regno e diventare, pochi anni dopo, il protagonista dell’unificazione d’Italia. Col tempo il popolo avrebbe visto Vittorio Emanuele II come un monarca liberale ed amico dei patrioti. Per molti divenne un punto di riferimento per chi voleva un’Italia unita (ma sotto una monarchia costituzionale, non una repubblica).

(9) Quest'ultimo punto costituì la parte più dura dei negoziati: si trattava di territori di tradizione italiana e la loro cessione implicava una contraddizione con l'ideale di unire tutti gli italiani sotto lo stesso Stato. Inoltre, entrambi avevano un forte valore simbolico: la Savoia era la culla della dinastia regnante e Nizza era di tradizione culturale ligure dalla fine del XIV secolo, oltre ad essere la città natale di Garibaldi. Per Napoleone III la Savoia essendo a ridosso della Francia costituiva una zona alpina che poteva rafforzare la difesa dei confini orientali francesi. Nizza, con il suo porto, era considerata una porta sul Mediterraneo, utile a potenziare la presenza francese nel sud. Cavour non li considerava irrilevanti, ma era disposto a cederli in cambio di un bene superiore: l’unificazione italiana, o almeno la liberazione del Nord Italia dagli austriaci.

(10) La Seconda Guerra avrebbe visto contrapposti Regno di Sardegna (in cui entra in scena il Generale G. Garibaldi) e Francia contro l'Austria; ne sarebbero rimasti esclusi gli altri Stati italiani. Il successo italiano sarà opera in grandissima parte del contributo francese. Secondo molti storici Napoleone III aveva aiutato il Piemonte per limitare l’Austria, non per far nascere uno Stato italiano forte e unitario che potesse diventare un vicino scomodo.

(11) L’armistizio di Villafranca (11 luglio 1859) fu di fatto un armistizio unilaterale, nel senso che Napoleone III lo concordò direttamente con l’Austria, senza consultare in anticipo Vittorio Emanuele II o Cavour, suoi alleati nella Seconda Guerra d’Indipendenza. Anche se formalmente l’iniziativa dell’armistizio venne da Napoleone III, l’Austria colse l’occasione per uscire con dignità da una guerra che stava perdendo. Continuare da sola contro il Piemonte sarebbe stato troppo rischioso e poco vantaggioso. Quanto al Regno di Sardegna (guidato da Vittorio Emanuele II e Cavour), esso aveva un esercito piccolo rispetto all’Austria, e senza i francesi non poteva sostenere un conflitto su larga scala.

(12) Vittorio Emanuele II aveva un piano più cauto e graduale per l'unificazione dell'Italia, che prevedeva alleanze strategiche e guerre mirate piuttosto che azioni impulsive. La sua intenzione era quella di consolidare il potere del Regno di Sardegna prima di espandere ulteriormente il territorio. Si preferì pertanto adottare una strategia più diplomatica e indiretta, sostenendo Garibaldi e approfittando dei suoi successi militari per conquistare il sud Italia senza dover affrontare direttamente le conseguenze di una dichiarazione di guerra formale. Così quando Garibaldi intraprese la famosa "Spedizione dei Mille" nel 1860, conquistando il Regno delle Due Sicilie, Vittorio Emanuele II si rese conto dell'importanza della situazione e decise di approfittare dei successi di Garibaldi per rafforzare la causa dell'unificazione italiana.

(13) Fra i capi di Governo dell'Ottocento ricordiamo U. Rattazzi, M. Minghetti, A. Depretis e F. Crispi.

(14) Perché il Sud subì gravi conseguenze dopo l’Unità d’Italia? Dopo l’unificazione, il Regno d’Italia adottò il sistema politico, amministrativo e fiscale del Piemonte, senza adattarlo alle realtà locali. Il Sud aveva un’economia meno industrializzata, ma con settori artigiani e manifatturieri vitali, che vennero spazzati via dalla concorrenza delle industrie settentrionali, più moderne e sostenute dallo Stato. Il nuovo sistema fiscale introdusse tasse più alte e uniformi (come la tassa sul macinato), che colpirono duramente le fasce popolari, già povere. Inoltre con l’unificazione si rimossero i dazi tra Nord e Sud (prima dell'Unità il Regno dei Borboni aveva una politica protezionista: imponeva dazi alti sulle merci straniere per proteggere le produzioni locali: questo aiutava le imprese del Sud a non soccombere alla concorrenza estera o del nord Italia), ma ciò favorì le merci del Nord, più competitive (ovvero erano più avanzate e si potevano vendere a prezzi più bassi), che soffocarono le economie meridionali. In sostanza non fu creato un sistema di sviluppo equilibrato. L’unificazione, quindi, generò un Sud impoverito, marginalizzato e trattato come una “periferia da controllare”.

(15) L'Impero Austriaco (1804-1867) comprendeva, nella sua massima espansione, i seguenti Stati attuali: Austria, Ungheria, R. Ceca, Slovacchia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, parte della Serbia, parte dell'Italia, del Montenegro, della Romania, della Polonia e dell'Ucraina. Dal 1867 diventerà Impero Austro-Ungarico. Tornando alla data di fondazione precisiamo che nel 1804 l'Imperatore Francesco II proclamò la nascita dell'Impero austriaco, come risposta alle pressioni politiche e militari di Napoleone Bonaparte; tuttavia, il Sacro Romano Impero continuò ad esistere fino al 1806.

(16) Noto come Secondo Impero Francese (che era nato nel 1852, quando il futuro Napoleone III, con un colpo di Stato, aveva provocato la fine della Seconda Repubblica, che era stata generata dopo i moti rivoluzionari del 1848). Dopo la sconfitta l'Imperatore Napoleone III fu fatto prigioniero dai prussiani e venne costretto all'abdicazione, mentre a Parigi venne proclamata la Terza Repubblica Francese.

(17) Papa Pio IX, pur volendo difendere simbolicamente lo Stato Pontificio, ordinò al proprio esercito di opporre una resistenza limitata, per non provocare uno spargimento di sangue inutile. Questo si tradusse in uno scontro breve e poco cruento: la breccia di Porta Pia, aperta il 20 settembre 1870, fu il punto di ingresso dell’esercito italiano a Roma, con poche decine di morti complessivi. Dopo l'invasione il Papa Pio IX si ritirò nei Palazzi Vaticani, rifiutandosi di riconoscere il nuovo Stato. Lo Stato italiano emanava nel contempo la Legge delle guarentigie, con cui, fra l'altro, si garantivano al Papa l'inviolabilità della persona, gli onori sovrani, il diritto di avere al proprio servizio guardie armate a difesa dei palazzi vaticani, Laterano, Cancelleria e Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo. Pio IX, che s'era chiuso nei palazzi vaticani dichiarandosi prigioniero politico, considerò le norme un atto unilaterale dello Stato italiano e pertanto lo dichiarò inaccettabile. Il 15 maggio 1871, ovvero due giorni dopo l'approvazione della legge, il Pontefice emanò l'enciclica "Ubi nos", con la quale veniva ribadito che il potere spirituale non poteva essere considerato disgiuntamente da quello temporale. La questione romana verrà risolta solamente durante la dittatura Fascista. Nel 1929, infatti, con la firma dei Patti Lateranensi, previo concordato Italia-Santa Sede, verrà creato lo Stato della Città del Vaticano, restituendo una, seppur minima, sovranità territoriale alla Santa Sede.

Documento inserito il: 12/04/2025
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