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Giacomo Casanova: l’uomo, la leggenda e la storia

Di Daniele Milella


A Giulia


Ci sono romanzi che raccontano le vite e ci sono anche delle vite, che sembrano romanzi. E’ questo il caso in particolare di Giacomo Girolamo Casanova, che visse la vita come fosse un romanzo d’avventura e che forse, nella narrazione che di questa fece, la “romanzò” esagerando il racconto. Al di là di questa ultima considerazione personale, sulla quale saranno i lettori a riflettere, è certo che egli fu un libertino, un appassionato amatore, un avventuriero, un diplomatico ma anche uno scrittore e persino, una spia. Visse la vita come un “novello Aristippo”, inseguendo l’edonismo e con l’obiettivo di lasciare una traccia del suo passaggio alla posterità. E’ di tutta evidenza che ci sia riuscito, prova ne sia il fatto che il suo nome è diventato l’aggettivo con il quale si qualifica chi svolge una vita dedita al piacere ed alle donne e che soprattutto, a distanza di secoli dalla sua morte, se ne parli ancora. Fu anche e non è azzardato pensarlo, un grande comunicatore, un “influencer” ante litteram, poiché quello che sappiamo delle sue avventure, è esattamente ciò che lui ci ha, o ha voluto, tramandarci, attraverso le sue autobiografie. Le sue opere di maggior successo furono appunto le autobiografie, mentre la maggior parte della sua produzione ‒ incluse traduzioni di classici come l’Iliade e trattati su svariati temi – sono state di fatto e quasi subito, dimenticate. E’ stato quindi, uno dei più abili creatori del proprio mito che la Storia ricordi. Giacomo Casanova nacque a Venezia il 2 aprile 1725 in una famiglia benestante che non era però di origini nobili. Se ci si sofferma a riflettere alla reazione che lui ebbe a questa sua condizione, si ha un dato importante per comprenderne l’intimo. Visse infatti come un peso Il fatto di non essere parte dell’aristocrazia, tanto che arrivò a dichiarare di essere il frutto di un’avventura della madre con un rampollo dei Grimani, che era una delle famiglie più importanti dell’aristocrazia veneziana. Per quanto quest’affermazione non sia mai stata dimostrata, è possibile che non fosse priva di fondamento, poiché è appurato che alla morte del padre, i Grimani gli offrirono la loro protezione. Studiò diritto a Padova e subito prese a lavorare al servizio di avvocati e diplomatici e questa attività, gli consentì di viaggiare per tutta Europa. Questi viaggi furono l’humus nel quale egli iniziò a creare l’immagine di libertino che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita e per la posterità. Secondo ciò che lui stesso ha raccontato, si occupò più delle donne che dei suoi doveri professionali e ben presto raggiunse una certa fama, provocando scandali. Ebbe relazioni con donne sposate, s’innamorò di una cantante che si faceva passare per un castrato per guadagnarsi da vivere e nascose nella residenza di un cardinale, una giovane che era scappata di casa e questi, sono solo alcuni dei suoi racconti più celebri. Il diciottesimo secolo, fu abbastanza indulgente con questo tipo di uomini che spesso suscitavano ammirazione e fornivano ampio “materiale” di conversazione nei salotti aristocratici, ma ciò che creò problemi a Casanova, non furono tanto le avventure in sé, quanto la sua attitudine a vantarsene. Come appena accennato, le sue avventure erano oggetto di attenzione e per tanto note e questo preoccupava i “moralisti” dell’epoca, che tanta fama, potesse incitare altri ad imitarlo. Ai tanti ammiratori ed allo stuolo di innamorate, ben presto si aggiunsero altrettanti nemici; cominciarono ad arrivare denunce anonime, finché nel 1755, all’età di trent’anni, fu arrestato dagli inquisitori veneziani con l’accusa di libertinaggio e incarcerato nelle segrete di Palazzo Ducale a Venezia, che erano chiamate Piombi, per via del materiale di cui era fatto il tetto. Per sua fortuna o abilità, il “soggiorno” non durò molto, infatti insieme ad un altro detenuto riuscì ad evadere. Ovviamente l’evasione, fu avventurosa ed in linea con la sua condotta. Nella “Historia della mia fuga dalle prigioni della Republica di Venezia dette li Piombi”, egli ha raccontato di essere scappato dalla cella attraverso un buco praticato nel soffitto, per poi essere salito fino al tetto e da lì essersi calato nel palazzo affianco attraverso un abbaino. Una volta dentro, di essersi ritrovato nel pieno di un ricevimento e fingendosi un invitato che si era perso nelle stanze, di essersi fatto scortare fuori da un domestico e una volta fuori, di aver guadagnato una gondola, sulla quale fece perdere le proprie tracce, nel mezzo della notte. Naturalmente l’evasione in sé, alla quale si aggiunse la beffa per come era stata condotta, scatenò le ire degli inquisitori, che subito lanciarono un imponente piano per la sua ricerca. Per questo, Casanova fu costretto a fuggire fuori dalle frontiere della repubblica di Venezia. Rientrò solo diciotto anni più tardi, grazie ad un indulto che gli fu concesso. Ovviamente questo “esilio” non lo scoraggiò, al contrario ne approfittò per viaggiare lungo tutta l’ Europa, vivendo non da ricercato ma fra lussi e agiatezza. Casanova aveva un indubbio fascino e un grande carisma e a queste doti, univa una spiccata propensione alla recitazione, quest’ultima, forse ereditata dai genitori che erano entrambi attori. Tutte queste doti a cui aggiungeva anche una grande cultura, gli consentirono durante i suoi viaggi, di farsi apprezzare ed invitare nei salotti più esclusivi. Aderì anche alla massoneria che lui dichiarò “strategica” per avvicinarsi ai ceti più altolocati della società. Nei suoi viaggi infatti e grazie alle doti appena elencate, ebbe modo di conoscere e frequentare personaggi della levatura di Voltaire, Mozart, Benjamin Franklin, il Re prussiano Federico il Grande, la Zarina di Russia Caterina la Grande e persino un Papa, ovvero Clemente XIII. E’ importante sottolineare, al fine di comprendere la sua grande abilità nelle relazioni, il fatto che tutti questi incontri, lui li abbia ottenuti pur non essendo un aristocratico e soprattutto, in un periodo in cui era di fatto un ricercato. Certamente a volte, sfruttò le sue doti anche per abbindolare taluni interlocutori e soprattutto alcune donne, come per esempio accadde alla Marchesa di Urfé. Ella era una nobile francese, con cui intrattenne una lunga relazione durante il suo soggiorno Parigino. La Marchesa che era perdutamente innamorata di lui, arrivò al punto di concedergli ingenti somme di denaro, che lui investì in improbabili progetti, quali una lotteria nazionale o una manifattura di tessuti che fallirono miseramente. Fu però, anche un uomo altruista e generoso, infatti in diverse occasioni, usò i propri contatti e il proprio ingegno per aiutare alcuni amici a cavarsi senza complicazioni, da situazioni difficili. Nelle sue memorie infatti ha scritto: «Dichiaro anzitutto al mio lettore che per quello che ho fatto di buono o di cattivo durante la mia vita sono certo d'essermi guadagnato tanto meriti quanto demeriti e posso perciò ben credermi libero». Nel 1774 fu promulgato l’indulto che finalmente consentiva a Casanova, di poter tornare nella sua Venezia dopo diciotto anni di esilio. In maniera geniale, appena rientrato, pensò bene di presentarsi agli inquisitori che lo avevano condannato per offrire loro suoi servizi di spia, attività, che per altro aveva già esercitato in esilio. L’esperienza durò però poco, poiché gli inquisitori smisero presto di avvalersi della sua collaborazione, in quanto le informazioni che otteneva non erano molto compromettenti. E’ di tutta evidenza, che questa “inefficienza” era al quanto improbabile per un uomo con le sue doti e che in realtà, quella fosse solo una trovata per garantirsi un reddito, delle protezioni e certamente, una certa libertà nei movimenti. Il soggiorno veneziano però, non ebbe lunga durata, infatti essendo lui stato offeso da uno dei Grimani (la famiglia che gli aveva dato protezione), decise di vendicarsi pubblicamente. Per questo, scrisse un pamphlet in cui, inventando una allegoria mitologica, raccontò di essere il figlio naturale di Michele Grimani, mentre dichiarò che chi lo aveva offeso era frutto di un’infedeltà. A prescindere dalla realtà o meno dei fatti, una famiglia di tale prestigio non poteva soprassedere su una tale onta e nel 1783, Casanova fu condannato al secondo e definitivo esilio. Riprese il suo girovagare, trasferendosi a Vienna, poi a Dux (oggi Duchcov, in Repubblica Ceca), dove lavorò come bibliotecario nel castello del conte Walstein. Gli ultimi anni della sua vita, non furono particolarmente avventurosi. Casanova si dedicò ad una intensa attività letteraria, scrivendo opere nelle quali mise a frutto la cultura accumulata nei suoi viaggi per l’Europa. La maggior parte di queste però, non ha riscosso la fortuna sperata, fatta eccezione per quelle di carattere autobiografico, in cui narrava la sua vita avventurosa e libertina e grazie alle quali, ha creato la sua immagine per i posteri. Naturalmente le sue memorie, suscitarono un grande scandalo, che fu originato non tanto dal contenuto, quanto dal coinvolgimento di diverse figure aristocratiche che, per quanto celate dietro pseudonimi, erano facilmente riconoscibili grazie all’abbondanza di dettagli della narrazione. Per questo motivo, non furono pubblicate fino al 1825 più di vent’anni dopo la sua morte, e in una versione molto censurata. Fu solo alla metà del XX secolo che se ne pubblicò la versione integrale e per decenni, tutte le sue opere di furono incluse nell’Indice dei libri proibiti dalla Chiesa. Per trarre le conclusioni, è complicato capire quale sia il confine fra verità e invenzione nelle sue memorie e quanto sia stato esagerato, per poter creare e corroborare il mito. Approfondendo gli studi sulla sua opera, si è potuto dedurre che in certi casi non solo esagerò, ma arrivò davvero ad inventare. La maggior parte degli studiosi di Casanova, ritiene che abbia amplificato nei racconti, la sua fama di seduttore e che sicuramente, non ebbe le più di 120 amanti di cui si vanta nell’autobiografia e che al contrario, con alcune delle sue compagne, ebbe relazioni lunghe e di amore vero. È possibile che ormai al crepuscolo, desiderasse non solo lasciare la propria traccia nella storia, ma anche rivivere e impreziosire i ricordi della giovinezza perduta. E’ altrettanto vero che nonostante la sua popolarità e la sua amicizia con le persone più altolocate nonché con le menti più illustri della sua epoca, egli ebbe sempre un “complesso da esclusione”. Le sue pubblicazioni, tranne quelle autobiografiche che pure furono avversate, non ebbero mai fortuna e tanto meno, riuscì ad ottenere il riconoscimento della sua nobiltà. Fu quindi un uomo “irrisolto”, intimamente solo, anche se sempre circondato di gente; e triste, pur se nello sfavillio lussuoso dell’alta società. Non godette del successo a cui davvero anelava, quel successo che è arrivato postumo, dopo diversi anni dalla sua morte, rendendolo eterno. Morì il 4 giugno 1798 e nessuno sa dove sia sepolto, ma questo è un altro dei suoi misteri.


Nell'immagine, ritratto di Giacomo Casanova.


Bibliografia:

Giacomo Casanova, Storia della mia vita, Mondadori 2001
Margherita Sarfatti, Casanova contro Don Giovanni, Milano, Mondadori, 1950.
Elio Bartolini, Casanova dalla felicità alla morte (1774/1798), Milano, Mondadori, 1998.
Virgilio Boccardi, Casanova. La Venezia segreta, Venezia, Filippi editore, 2000.
Virgilio Boccardi, Casanova. La fine del mio mondo, Treviso, Canova editore, 1998.
Achille Mascheroni, Casanova, liturgia della seduzione, Milano, Greco&Greco, 2002.
Carlo Meucci, Casanova finanziere, Milano, Mondadori, 1932.
Andrei Miller, Casanova innamorato, Milano, Bompiani, 2000.
Documento inserito il: 25/02/2025
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