Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, storia contemporanea: Giovanni Palatucci, 'Giusto tra le Nazioni': le verità emergenti
>> Storia Contemporanea > La Seconda Guerra Mondiale

Giovanni Palatucci, 'Giusto tra le Nazioni': le verità emergenti

di Pier Luigi Guiducci


L’indagine storica, i nuovi documenti e le evidenze testimoniano le strategie messe in atto dal commissario di P.S. di Fiume per confondere l’apparato burocratico e intralciare le ricerche degli ebrei tra il 1943 e il 1944.

Nel migrare del tempo molti dibattiti sulla persona e l’operato del Commissario di P.S. Dr Giovanni Palatucci (1909-1945), nel periodo del secondo conflitto mondiale, si sono sfocati con una nuova documentazione resa pubblica. In particolare, sono state accertate le modalità con le quali questo responsabile dell’ufficio stranieri della Questura di Fiume, ideava strategie capaci di sottrarre ebrei perseguitati a una tragica fine. E contemporaneamente, è stato chiarito il ruolo avuto da un collaborazionista dei nazisti. Tale individuo orientò i militari tedeschi nell’operazione di arresto di Palatucci (13 settembre 1944). Il Reggente la Questura di Fiume fu detenuto a Trieste. Venne in seguito deportato nel KZL (Konzentrationslager) di Dachau. Vi giunse il 22 ottobre 1944. Morì in questo campo per tifo. Aveva 36 anni. Nel 1990 Palatucci è stato dichiarato “Giusto tra le Nazioni” per aver difeso più Ebrei.[1]


La memoria e la riconoscenza

Durante il secondo dopoguerra, la Comunità ebraica cominciò a far memoria di coloro che avevano protetto e salvato i perseguitati dal regime nazista, sostenuto anche dalle leggi razziali italiane. Nell’archivio storico della Polizia di Stato italiana, ad esempio, tra più documenti, è pure conservato del materiale riguardante una commemorazione (febbraio 1955) della figura di Palatucci. Si possono leggere interventi del ministro d’Israele Eliahu Sasson[2] e del Rabbino Capo di Roma Elio Toaff[3] (un’iniziativa analoga venne promossa a Gerusalemme).[4] Unitamente a ciò, nell’archivio del Dipartimento Giusti di Yad Vashem, si trovano anche gli atti che riguardano, tra l’altro, la intestazione di una strada, presso Ramat Gan, a Palatucci.[5]
Nell’aprile del 1955, l’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane presentò un elenco di persone che si erano distinte nell’aiuto agli Ebrei perseguitati dal governo di Berlino e dal regime fascista.[6] Tra i 23 nomi (ricevettero una medaglia d’oro) si trova il nominativo di Giovanni Palatucci. Con lui, è anche indicato il commissario di P.S. Olindo Cellurale.[7] Quest’ultimo, venne premiato per aver avvisato gli Ebrei di Abbazia di un imminente rastrellamento ad opera delle forze tedesche.[8]
I dati sopra riportati, insieme a quelli individuati nei più recenti studi su Palatucci, hanno modificato talune posizioni critiche espresse, negli anni Duemila, da un nucleo ristretto di autori ebrei.
1] È stato, ad esempio, dimostrato che la Polizia italiana di Fiume non era competente per gli arresti, avocati dal comando germanico del Litorale adriatico.
2] Unitamente a ciò assume rilevanza anche un altro fatto: i rintracci e le identificazioni di ebrei furono attuati solo quando i ricercati avevano già subìto l’arresto.
3] C’è poi da sottolineare un’evidenza. Quanto studiato dai ricercatori attesta il comportamento della Questura di Fiume in caso di richieste mirate al rintraccio di singoli o di gruppi di ebrei ricercati. In tali circostanze, da Fiume ci si limitava a comunicare l’ultimo indirizzo noto. Tale informativa risultava ovviamente inutile. Nei dispacci, inoltre, si scriveva di ignorare ove si trovavano in quel momento le persone da arrestare. Colpisce anche il fatto che nelle note della Questura si sottolineava che i ricercati in questione avevano dimostrato un’ottima condotta. Su di loro non erano emersi sospetti o lamentele.


Strategie per salvare Ebrei

Attraverso lo studio delle carte del tempo è stato possibile acquisire ulteriori informazioni che riguardano il modus operandi di Palatucci. 1] Colpisce il fatto che in più occasioni il commissario controllava la posta in arrivo prima degli addetti al protocollo. Era un modo per conoscere immediatamente le possibili criticità. Ciò consentiva di ideare delle possibili difese a favore dei perseguitati del tempo.
2] Inoltre, studiando le date di vari messaggi, ci si accorge che il funzionario era abituato a rispondere con ritardi notevoli, oppure inviava messaggi di richiesta di ulteriori chiarimenti. In tal modo faceva passare del tempo per cercare di vanificare in qualche modo l’indagine persecutoria.
3] Unitamente a ciò, Palatucci utilizzava i suoi più stretti collaboratori per accompagnare ebrei verso territori anche non italiani. Si conserva al riguardo una lettera del 22 maggio 1955. È scritta da Walter Vertes[9], e indirizzata alla Comunità ebraica di Padova. Si riporta qui di seguito il testo.
“Mi rivolgo a Codesta Spettabile Comunità con viva preghiera di voler cortesemente segnalare a chi compete il sottoindicato nominativo, distintosi in modo particolare nell’aiutare numerosi ebrei fiumani, specie negli anni 1943/44, periodo delle deportazioni in massa – a rischio e pericolo della propria vita! Si tratta del Signor Maione Francesco[10], Castello n. 5460, Venezia. Egli era precisamente il più stretto collaboratore dell’allora Commissario della Questura di Fiume, ora defunto Dott. Palatucci, e come tale, pur in veste di funzionario, dava il suo prezioso aiuto ai tanti ebrei, accompagnando anche personalmente una famiglia (di nome Neves) al confine svizzero, salvando così i suoi componenti. Nel 1944, pur essendo in servizio all’uscita della stazione col preciso compito di fermare gli ebrei che tentassero di allontanarsi, permise a tutti di fuggire, dimostrando così il più alto senso umanitario e di uomo di cuore! Lo ritengo pertanto meritevole per essere premiato almeno con un Certificato di benemerenza, giusto riconoscimento per il disinteressato appoggio prestato in quei momenti tristi”.[11]


Dettagli su una strategia

Tra i diversi casi di ebrei in pericolo di cui si occupò Palatucci, rimane significativa la vicenda di Elena Weiss-Berger e della sua famiglia. L’11 dicembre del 1943 il questore di Fiume (dr. Roberto Tommaselli[12]) dispone il rintraccio e la sorveglianza, ma non l’arresto, di 213 ebrei.[13]
Tra questi ricercati, sono citati anche gli ebrei fiumani: Giacomo Galandauer, Elena Weiss, Eugenio Galandauer, Cecilia Galandauer, Antonia Galandauer, Laura Berger ved. Weiss, Carlotta Weiss ved. Jakobovits, Edda Jacobovits, Oskar Jacobovits.
Il 15 dicembre dello stesso anno il questore di Ravenna (dr. Arturo Neri) ordina alle Questure di Fiume e di Udine[14] l’arresto degli ebrei fiumani perché hanno lasciato senza autorizzazione le località ove dovevano restare, e si sono resi irreperibili. Dette località (nella Romagna) sono sotto il controllo della Questura di Ravenna.
La direttiva del dr. Neri, pur arrivata a Fiume il 15 dicembre 1943, viene protocollata in arrivo solo il 12 febbraio 1944.[15] Si tratta di un ritardo di due mesi. Per quale motivo? Sull’originale del telegramma ci sono delle correzioni ai nominativi attribuite a Palatucci. Qualcuno, anni dopo, criticherà queste correzioni accusando Palatucci di aver favorito l’identificazione degli ebrei ricercati.
A questo punto, diventa importante approfondire le vicende successive per comprendere aspetti di una strategia che non doveva essere scoperta.
1] La Questura di Fiume scrive a quella di Udine. E chiede di utilizzare per gli ebrei che Ravenna intende arrestare il solo rintraccio e la sorveglianza (quindi non l’arresto).
2] Il questore di Udine, che aveva anche lui ricevuto la direttiva di Ravenna, scrive allora a quello di Fiume per capire: gli ebrei dovevano essere arrestati (rif. direttiva di Ravenna), o erano solo da rintracciare e sorvegliare (rif. posizione di Fiume)?
3] Palatucci risolve la questione in questo modo: fa svolgere delle ricerche in città. Queste, accertano la non presenza ebrea a Fiume. Poi comincia a far trascorrere del tempo, malgrado i due solleciti di Udine.
Il 4 maggio del 1944 Palatucci, divenuto Reggente della Questura fiumana, risponde a Udine.
Non affronta il quesito (arresto o sorveglianza?). Si limita solo a ricordare la circolare di Fiume del 15 dicembre 1943 (sorveglianza ebrei). In pratica, finge di non conoscere la circolare della Questura di Ravenna (che invece conosceva).
Perché tale comportamento? Per confondere l’apparato burocratico, e per intralciare le ricerche. Nello stesso periodo (maggio 1944) i nove ebrei ricercati da Ravenna si dirigevano da questa città alla volta di Tirano, in Valtellina. L’aiuto a questi perseguitati venne fornito dalla signora Lydia Gelmi Cattaneo[16], di Bergamo.
Si inserisce qui un altro dato. Riguarda le due testimonianze dell’agente Americo Cucciniello[17], conservate presso l’Ufficio Storico della Polizia di Stato. In quella del 22 giugno 1999, il teste dichiara: “Fui chiamato – posteriormente ai fatti di Cavaglià (Vercelli)[18] – dal dott. Palatucci per andare a Ravenna, dove c’era una famiglia di due persone, moglie e marito, da trasferire a Bergamo dal dott. Scarpa, allora Commissario Capo dell’Ufficio Politico (ora defunto). Il marito della signora fu incamminato in Svizzera, mentre la signora proseguì fino a Torino presso una famiglia di amici del dott. Palatucci; la signora si chiamava Helen Weiss (fiumani commercianti in cristalleria)”.[19] Già da queste annotazioni emerge un lavoro di rete a favore degli ebrei. Ma la vicenda non termina qui.
Mentre Elena Weiss e famiglia si stavano mettendo in salvo verso la Svizzera, si attiva di nuovo la Questura di Udine. Questa, specifica che la circolare che chiedeva l’arresto degli ebrei proveniva da Ravenna e non da Fiume. Per opportuno chiarimento l’atto di Ravenna è nuovamente trasmesso a Palatucci[20] (che in realtà lo conosceva, e che corregge alcuni nominativi). A Fiume la circolare arriva il 15 maggio 1944, il protocollo è del 29 successivo, ma la risposta non è fornita subito. Solo il 4 giugno, il Reggente fa svolgere delle ricerche con l’annotazione “urge”.
Si rimane colpiti da tale dinamica. La pratica, definita urgente, viene impostata solo dopo tre settimane. Comunque, l’agente incaricato fa una ricerca e relaziona: “Pregiomi riferirmi che il fascicolo ‘Elenco ebrei provincia di Fiume’ non si rinviene in nessun modo. Si allega il fascicolo personale della Weisz [sic] Elena fu Ignazio”.[21]


Un mistero che non è tale

In tale contesto, lo studioso si chiede: per quale motivo non si trovava l’elenco degli ebrei fiumani? C’è una responsabilità dell’Anagrafe? O di un altro agente (Fiorentin[22])? O piuttosto c’è di mezzo Palatucci (la Questura di Fiume ne doveva avere una copia)?
A questo punto, Palatucci fa spedire il seguente messaggio: “Si comunica (…) che per gli stessi [ebrei della famiglia Weiss-Berger-Jakobovits-Galandauer] furono, a suo tempo, diramate le ricerche solo per il rintraccio[23], in quanto nella zona di operazioni “Litorale Adriatico” non è consentito alle Autorità italiane adottare provvedimenti in materia di razza, avendoli le Autorità germaniche riservati alla propria competenza”. Un’altra mano aggiungeva nella minuta: “Si ritiene, pertanto, che debba essere applicata la circolare della Questura di Ravenna, per quanto concerne i provvedimenti da adottare”.[24]
La strategia “sottotraccia” di Palatucci risulta evidente se osservata con attenzione. Da una parte egli addossa ai tedeschi (già impegnati comunque in operazioni belliche) ogni responsabilità. Dall’altra, si fa vedere in apparenza ligio alle decisioni di Ravenna (arresto) ben sapendo che gli ebrei ricercati erano ormai in salvo. Con questo “escamotage” si evitava di far nascere tra i tedeschi sospetti sull’alleato italiano (con conseguenti inchieste interne). A tale tattica si aggiunge un voluto ritardo di quasi sette mesi nel fornire una risposta a chi l’aveva chiesta con urgenza.


L’arresto di Palatucci. Quali motivazioni?

La vicenda Palatucci, però, non si conclude qui. La Polizia germanica lo arresta (13 settembre 1944) a seguito di intese tra tedeschi e collaborazionisti. Segue un processo, una condanna, e una deportazione a Dachau. In questo lager il Reggente la Questura di Fiume muore (10 febbraio 1945).
Fin dall’inizio dell’operazione emerge l’interrogativo sulle motivazioni dell’arresto, e sull’azione di un delatore. La situazione infatti non è chiara. Il Reggente viene infatti fermato e tradotto in carcere solo da forze tedesche. Le autorità italiane del tempo rimangono all’oscuro di tutto. A questo punto, il Prefetto del Carnaro informa il Capo della Polizia della R.S.I.: “(…) Per motivi che sconosconsi, il 13 corr. Polizia sicurezza germanica habet proceduto arresto e traduzione Trieste Reggente Palatucci Giovanni (…)”.[25] Poi scrive un’altra informativa e annota: “(…) secondo informazione da fonte germanica, il fermo del dr. Palatucci sarebbe stato determinato dal rinvenimento di un piano relativo alla sistemazione di Fiume come città indipendente, tradotto in inglese. Secondo la stessa fonte, tale piano avrebbe dovuto raggiungere la Svizzera, per interessamento del dr. Palatucci ed essere ivi consegnato alle autorità inglesi per l’esame. Mancano altri particolari. Il dr. Palatucci trovasi ancora a Trieste in stato di fermo, a disposizione delle Autorità di Polizia germaniche”.[26]
Tale informativa, però, non convince i responsabili della Polizia. Quest’ultima, specie l’Ufficio politico, conservava infatti fascicoli riguardanti i capi dei partiti, l’attività degli azionisti, il movimento degli autonomisti. L’Ufficio aveva informato anche gli altri responsabili della Questura. Unitamente a ciò pure i tedeschi controllavano ogni esponente politico, specie se inserito in gruppi ostili a Berlino.
Occorre poi non dimenticare che Palatucci, a motivo del suo ruolo, seguiva le vicende del tempo, incluse quelle afferenti ai circoli fiumani. Il Reggente, però, manteneva un proprio orientamento non equivoco: Fiume era italiana. Lo conferma, tra l’altro, anche il suo rispetto verso la bandiera posizionata in Questura.[27]
Palatucci, in definitiva, non nascondeva in casa documenti “compromettenti”. Da ciò si deduce una possibile azione “sporca” tedesca effettuata nel momento dell’irruzione (“ritrovamento casuale” di materiale altamente compromettente).
C’è, ancora, un dato non debole da valutare. Il Reggente la Questura di Fiume non poteva essere arrestato senza la constatazione di un reato talmente grave da esigere un arresto immediato, un processo con una sola udienza, una condanna.
Di conseguenza, per arrivare a neutralizzare il “reo” era necessaria la “scoperta” di una prova inequivocabile, tale da configurare la flagranza di reato. Solo in questo contesto non era richiesta l’audizione di testi. In quel momento veniva applicato il codice penale tedesco di guerra. Era prevista la pena di morte, con procedura immediata (senza dibattimento), soprattutto per i reati di diserzione e di alto tradimento. Alla luce dei dati ricordati, si configura, però, una situazione non chiara, palesemente equivoca: “fonti germaniche” (quali?) attestano un episodio gravissimo ma non esplicitano in dettaglio gli elementi di accusa. Qualcosa, quindi, non quadra.


Gli eventi successivi

Le autorità italiane si rendono conto che è necessario acquisire una informazione puntuale. Si teme anche una possibile chiusura della Questura. Non si poteva rimanere legati a dati generici. A questo punto, il Capo della Polizia della RSI scrive (2 novembre 1944) al tenente colonnello delle SS Herbert Kappler[28]: “Pregasi dare cortesi informazioni sui motivi che hanno condotto al fermo da parte germanica del Dottor Palatucci (…)”.[29]
Erano già trascorsi quasi due mesi dall’arresto del Reggente. Ne dovranno trascorrere altri due prima dell’arrivo della risposta di Kappler: “(…) si comunica che il Palatucci fu arrestato per aver mantenuto contatti con un servizio informativo nemico (…)”.[30]
Anche in questo caso la risposta di Kappler risulta equivoca. In una situazione di “alto tradimento” si tace proprio sulle spie nemiche. I tedeschi, è utile ricordare, erano circondati in quel momento da più avversari. Si ricordano, ad esempio, i servizi di intelligence alleati (specie quelli inglesi), ma anche i partigiani titini avevano i loro infiltrati. In realtà, l’elenco non si esaurisce qui. Sono nemici pure gli italiani schierati su posizioni anti-naziste. E gli stessi ebrei erano stati dichiarati “nemici” dalla Repubblica Sociale Italiana (14 novembre 1943).
Lo storico, quindi, deve esaminare una realtà complessa, non facile da decifrare per l’assenza di dati espliciti. A questo punto, i ricercatori si sono chiesti: esistono forse altre strade per arrivare a capire i motivi dell’arresto di Palatucci?


La situazione all’interno della Questura

La ricerca si è quindi focalizzata sull’ambiente di lavoro del Reggente. E sono emerse alcune evidenze. Il 30 luglio del 1944, il Prefetto Spalatin scrive al Capo della Polizia della R.S.I. descrivendo la Questura di Fiume in questi termini: “(…) È in balia di se stessa, diretta dal Commissario Palatucci che non dà alcun affidamento (…)”.[31]
Il giudizio è duro. Però lo si deve completare con il seguente dato. Il Reggente diffidava dell’acceso fascista (filo-tedesco) Spalatin. Lo attesta il fatto che aveva trasmesso al Capo della Polizia (scavalcando il diretto superiore) rapporti molto precisi sul triste stato in cui versava la Questura, e sulla passività del Prefetto Spalatin con i nazisti.
Su questa situazione critica si trovano dei cenni (generici) nelle lettere di Giovanni Palatucci alla famiglia. Altri dati sono riportati nella lettera di un poliziotto – Nunzio Gabriele[32] – allo zio del Reggente, il vescovo Giuseppe Maria Palatucci.[33] Nel testo si conferma la positiva interazione del Reggente con gli ebrei, e si aggiungono anche due evidenze:
1] l’atteggiamento sospettoso dei tedeschi verso il Reggente;
2] l’opera nefasta di un individuo, vice commissario di complemento (convinto fascista) ai danni di Giovanni Palatucci. Su questa vicenda scrive Nunzio Gabriele a Mons. Palatucci: “(…) Corse voce che il Dr. Palatucci fosse stato fatto prelevare ad opera di questo sopra citato cattivo individuo. Ciò andò sempre più avvalorandosi perché costui, successivamente, diventò persona di fiducia del comandante tedesco della zona di Trieste e Fiume, dal quale ebbe battezzato un figlio o una figlia. Non ricordo ora il nominativo di quel triste individuo, ma le assicuro, Eccellenza, che esso fu da me denunziato all’Ufficio epurazione al mio rientro in Patria, citando tra gli altri, appunto il caso del Dr. Giovanni Palatucci”.[34]


Chi è questo cattivo individuo?

Alla luce dei dati forniti da Nunzio Gabriele, e delle informative conservate presso l’Ufficio Storico della Polizia di Stato, si è arrivati a focalizzare l’individuo che tramò ai danni di Palatucci. Si chiama Emilio Filippi. Nel periodo dei fatti esaminati in questo saggio, era commissario ausiliario di Polizia presso la Questura di Fiume. Nasce a Pontecorvo (Frosinone) nel 1911. Si laurea in Scienze Politiche e Sociali. A Napoli entra nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (“capo-manipolo”). A 25 anni comanda tre squadre di “camicie nere”. Nell’Esercito ricopre il grado di sottotenente di complemento. Combatte nella guerra civile spagnola. In tempi successivi, con il secondo conflitto mondiale, Filippi è presente nelle campagne militari in Slovenia e nel Montenegro.
In seguito viene arruolato come Vice Commissario ausiliario. 5 febbraio 1944: il comando germanico a Roma (che lo vuole inserito nell’Urbe o a Fiume[35]) riesce a farlo assegnare alla Questura di Fiume. Le note personali che lo accompagnano provengono dal Commissariato Celio (Roma). Sono datate 11 gennaio 1944. Il soggetto è descritto “di buona condotta morale e politica, e ammogliato senza prole con Persich Angela di Nicola”.[36]


Alcune criticità

A Fiume si verificano dei fatti negativi. Palatucci annota dei rilievi su Filippi. Queste trascrizioni sono state ritrovate in un rapporto del 17 maggio 1944. Il testo si collega a una richiesta del Filippi di trasferimento. Voleva prestare servizio nel Commissariato di P.S. di Portogruaro[37]. Nella sua istanza afferma che – a suo dire – in quest’ultima località era vacante un posto di funzionario in sott’ordine. Scrive anche sulla necessità di raggiungere la propria famiglia, sfollata da Laurana a Fossalta di Portogruaro.
Palatucci però lo blocca. E informa i superiori. Scrive tra l’altro: “(…) Merita (…) rilevare alcune inesattezze in cui il Filippi è incorso nella redazione dell’istanza. Egli parla, infatti, della propria famiglia, mentre si tratta, se mai, della famiglia della donna, con cui convive, e che è stata da qualche tempo elevata al rango di moglie. Sul conto del Filippi sono state qui raccolte voci di scorrettezze da lui perpetrate durante il servizio militare presso l’Intendenza del Comando della Seconda Armata Ufficio Recupero Materiali e in Spagna, dove esse sarebbero state particolarmente gravi, al punto da fargli rasentare un procedimento penale, miracolosamente scongiurato. Data la presente situazione, non è stato, però, possibile accertare elementi di conferma. (…). Sorti dubbi sulla sussistenza di un vincolo coniugale tra i due, sono stati esperiti accertamenti, ed è risultato che il Filippi e la Persich richiesero alla Parrocchia di Laurana le pubblicazioni matrimoniali che ebbero luogo il 7 o 17 gennaio 1943. Caddero in perenzione, siccome non seguite da matrimonio, il 17 luglio detto. Non consta, dagli accertamenti svolti, che siano state successivamente rinnovate. C’è quindi da ritenere fondatamente che i due vivano semplicemente in concubinato. La Persich è, tuttavia, munita di libretto ferroviario di concessione speciale, quale moglie del Filippi, ed il Filippi percepisce l’indennità di aggiunta di famiglia, come coniugato. La irregolarità della situazione è nota nel vicinato, con quanto vantaggio per il prestigio della Questura è agevole immaginare. (…). La levatura morale della Persich è caratterizzata, oltre che dai fatti esposti, da una sua dichiarazione fatta alla presenza dei funzionari della Questura: ‘Quando si ha una moglie giovane, tante cose sono più semplici…’. Ciò, ad edificante commento di una sua narrazione circa la intercessione di un funzionario della Polizia germanica, da lei sollecitata a Roma in favore del Filippi. Pare che i due non intendano rinunziare al metodo, se in data 26.4 u.s. la Persich si è presentata a questo capo Provincia, per chiedere un permesso di giorni tre in favore del Filippi, che, però si noti si era ben guardato dal rivolgersi prima allo scrivente. Non è il caso di soffermarsi sulle iniziative galanti, che la Persich ha prese anche nei confronti di qualche persona della Questura. Allo stato delle cose, dunque, la domanda di trasferimento prodotta dal Filippi assume secondaria importanza, benché si sia di avviso che il suo trasferimento a Portogruaro dove si trova la numerosa famiglia della Persich, sia quanto mai inopportuno e suscettibile di gravi inconvenienti. S’impone, invece, un attento esame del caso, ai fini della eliminazione del Filippi dal Corpo di Polizia, alla quale è indegno di appartenere, e agli effetti di accertare le responsabilità penali, in cui egli e la Persich sono incorsi, facendo rilasciare a costei il libretto ferroviario, presentandosi come coniugi, e percependo la citata indennità di aggiunta di famiglia. Si resta in attesa di conoscere i provvedimenti che saranno in proposito adottati”.[38]


Il difficile ruolo di Palatucci

Nel contesto descritto, la posizione di Palatucci risulta molto difficile. È circondato da realtà critiche.
1] Da una parte, l’agente di P.S. Filippi cerca ogni modo per evitare procedimenti disciplinari (e si appoggia sempre più all’occupante tedesco). 2] Dall’altra, Palatucci informa i superiori (10 maggio 1944) dello stato in cui versa la Questura. In pratica, i tedeschi avevano sequestrato i telefoni militari, i mezzi di trasporto, e le armi. Le SS entravano nell’edificio in modo spavaldo, da padroni. La Questura rimaneva priva di una caserma. Gli agenti ausiliari erano poco affidabili. Il Prefetto si mostrava una figura debole. A ciò era da aggiungere il carovita e le deboli condizioni economiche del personale della Questura.[39]
Il 4 giugno 1944 il Capo della Polizia della R.S.I. (Tamburini) trasmette a Fiume le sue decisioni: 1] raccogliere prove sul fatto che il Filippi non è coniugato con la Persich; 2] denunciare il Filippi all’autorità giudiziaria per truffa e altri eventuali reati; 3] licenziare il Filippi.[40] In definitiva, Tamburini crede in quello che afferma Palatucci, e intende trattare il caso direttamente con il Reggente, scavalcando il Prefetto di Fiume.
Il 7 giugno Palatucci trasferisce l’agente Filippi dalla IIIa Divisione al Gabinetto della Questura. È un modo per controllarlo meglio.
Il 9 giugno Palatucci scrive al Capo della Polizia e al Ministero dell’Interno. Riferisce che il Filippi prima ha dichiarato (8 giugno) di non essere “propenso” al passaggio di compiti, poi ha comunicato che sulla questione avrebbe “conferito con chi di ragione”.[41]
Poco dopo, il Reggente riceve una telefonata. È atteso dall’Ufficio del Consigliere Germanico (dr. Karl Pachnek) presso la Prefettura. In questa sede, Palatucci conferma al funzionario sig. Golmayer la propria posizione. Ha dispensato Filippi dal servizio, e intende allontanarlo d’ufficio dalla Polizia. Al riguardo, in questo episodio, sono evidenti taluni tratti della personalità di Palatucci: il senso delle istituzioni[42], la forza d’animo, il dissidio con il Prefetto.
In tale contesto, risulta significativa anche una nota interna (non si conosce l’estensore) che riferisce un fatto. Palatucci aveva chiesto con urgenza il trasferimento di Filippi ad altra sede. Tra i motivi si fa riferimento anche ai pettegolezzi verbalizzati dalla sedicente moglie del Filippi sul conto di funzionari della Questura.
In calce, si possono leggere le disposizioni di Tamburini: “Ordinare il trasferimento a Udine, oppure dimetterlo. Allontanarlo dal servizio”.[43] L’11 giugno il Capo della Polizia Tamburini dispone l’immediato trasferimento alla Questura di Udine del Filippi. In caso di rifiuto del soggetto, si doveva dimetterlo dal Corpo.[44]


I nuovi fatti
Il 15 giugno 1944 è registrata un’informativa dal Comune di Laurana. Il Filippi risulta celibe e non residente a Laurana. Conseguenza: la Persich è da considerare nubile.[45]
Il 18 luglio, Palatucci informa il Capo della Polizia che il Filippi “proseguendo nella indecorosa condotta di intrighi presso le Autorità germaniche (…) è riuscito a porsi sotto la protezione della locale Sichereitspolizei”. In tal modo ha evitato il trasferimento a Udine. (…) Si ha motivo di ritenere che egli svolga presso tale Polizia opera di confidente, anche a danno della Questura. Ora, il Comandante della Sichereitspolizei, Cap.no Schlunzen[46], con cui si è, tuttavia, in buoni termini, ravvisando nell’opera del Filippi una forma di collaborazione, e non un’attività di delazione, ha finora impedito si iniziassero accertamenti a suo carico, come ha fermato, per motivi analoghi, una procedura disciplinare a carico di un Agente, certo Luperto Antonio, nei cui confronti sarà riferito con separato rapporto. Ha, altresì, posto il veto all’attuazione del trasferimento del Filippi a Udine (…). L’atteggiamento della Polizia germanica è determinato dalla persuasione che si voglia infierire contro il Luperto ed il Filippi, per la loro attività di ‘collaborazione’ con le autorità germaniche, e non, invece per motivi del tutto indipendenti ed anteriori a tali circostanze (…). (…) si trasmette, per debito di Ufficio, l’unita istanza, con cui il Brig. Gino Buricchi[47], addetto alla locale Mensa Agenti, chiede l’autorizzazione di querelarsi contro la moglie, o sedicente moglie del Filippi, per i fatti segnalati con tale nota, e per altri (…)”.[48]


Una situazione critica

A questo punto si delineano una serie di criticità che influiranno sugli eventi successivi.
1] Filippi, protetto dai tedeschi, accusa i funzionari della Questura di Fiume “di disonestà e irregolarità” nei procedimenti, ma non fornisce chiarimenti sulla propria posizione matrimoniale.[49]
2] Palatucci, a sua volta, il 18 luglio 1944 aggiorna il Capo della Polizia su eventi recenti. Alcuni passaggi della relazione risultano molto chiari. “(…) Il controllo germanico su ogni settore della vita pubblica, economica, politica, è assoluto ed incontrollato. L’azione della Polizia germanica continua ad essere esercitata assai spesso su vasta scala, e viene svolta con criterio di durezza e di assoluta mancanza di rispetto della libertà individuale. A partire del 29.6 u.s. è stato condotto un rastrellamento che ha interessato alcune centinaia di persone (…) nei cui confronti si è proceduto ad arresto indiscriminato, nel cuore della notte, e spesso solo per esperire normali accertamenti di Polizia, mancando elementi di colpevolezza. (…) le Autorità italiane o rimangono assolutamente estranee a tali operazioni di Polizia (…), o le avallano e le appoggiano mediante opera di delazione, spesso a fini di vendetta personale (Milizia e P.F.R.[50])”.
Con riferimento agli agenti della Questura, il Reggente annota che esiste “una compagine disciplinare incrinata” con “rilassatezza dei vincoli disciplinari”. Comunque: “Non si lamentano, in verità, casi di diserzione, o esempi gravi di indisciplina, ad eccezione di due, di cui dirò in seguito (…)”.[51]


Le questioni con la Guardia Nazionale Repubblicana

In tale contesto, oltre a tener testa al Filippi, al Prefetto e ai tedeschi, Palatucci è in difficoltà anche su un altro fronte: quello della Guardia Nazionale Repubblicana. Tale formazione, il 20 maggio 1944, era stata ristrutturata in Milizia Difesa Territoriale. Il III° reggimento era comandato dal tenente colonnello Giuseppe Porcù.[52] Il Reggente, attraverso i suoi contatti interni, aveva percepito l’esistere di un disegno nascosto, mirato a colpire la Questura. L’impressione del Palatucci è confermata dai fatti. Porcù era intenzionato realmente a trasferire gli agenti ausiliari della Questura nella Milizia fascista. Lo stesso individuo, d’altra parte, aveva provocato l’arresto di alcuni carabinieri. Devesi inoltre aggiungere il fatto che la G.N.R., dopo l’8 settembre del 1943, aveva assunto il controllo di alcune Questure, e si era tristemente distinta per rastrellamenti, arresti e sequestri. Tutto svolto in modo arbitrario.
Per rendere più duro il suo intervento, Porcù aveva accusato la Questura di presunte irregolarità amministrative. Ciò era avvenuto sulla base di una denuncia fatta in modo doloso da un agente vicino al comandante: Antonio Luperto.
Palatucci, in tale contesto, rimane fermo nei procedimenti attivati. Infatti, aveva già dato inizio (16 giugno 1944) ad accertamenti sulle figure di Porcù e di Luperto.[53] Ma avviene un fatto nuovo. Si presenta in Questura un maresciallo (Eichner) della Sichereitspolizei. Chiede di poter accompagnare Luperto al comando della Polizia germanica. Ottiene il permesso. Deve però restituire in seguito l’agente (sottoposto a procedimento disciplinare). Ma la sera stessa Luperto è rilasciato. Da quel momento in poi non lavorerà più in Questura. La Polizia germanica (di cui è un confidente) lo aveva inserito nei propri quadri. Palatucci fa pressioni (senza esito) per riavere Luperto nel proprio Corpo di Polizia. Alla fine, l’interazione con i tedeschi non approda a risultati significativi. Sul piano formale si rende noto che ogni lamentela sul piano disciplinare deve essere inoltrata solo al Reggente la Questura (Palatucci). Ne rimangono esentati solo Luperto e Filippi.


L’ultima scelta: restare a Fiume

Nell’ultimo periodo della sua permanenza a Fiume, Palatucci è ormai una persona conosciuta e apprezzata in più ambienti. Specie tra gli ebrei in fuga permane una memoria riconoscente. Tale pensiero trova pure conferma nella testimonianza di Tiburzio Berger (detto Tibi).[54] Mentre con la sua famiglia è in fuga verso la Svizzera, incontra Palatucci nella stazione ferroviaria di Milano. Su questo episodio riferisce così in una memoria: “(…) Il Dottor Palatucci riconobbe subito mio padre e certamente sapeva che noi eravamo una famiglia ebraica fuggita da Fiume nel tentativo di lasciare l’Italia. Fu proprio il giovane Commissario ad avvicinarsi a mio padre ed a questo punto noi tememmo che ci fermasse e ci consegnasse alla Polizia di Milano, per poi essere ulteriormente consegnati ai tedeschi. Invece il Funzionario si rivolse a mio padre e gli disse: ‘Signor Berger, buongiorno, non abbia paura. Continui pure il suo viaggio che non le metterò alcun ostacolo o impedimento’. Continuammo così la nostra strada ed arrivammo a Como, da dove alcune guide – già in segreto avvertite che fortunatamente non ci consegnarono ai tedeschi o ai fascisti come al solito accadeva – ci accompagnarono fino alla rete di confine con la Svizzera, ove potemmo così metterci in salvo. Io, mio padre, mia madre, e le mie quattro sorelle dovevamo così alla generosità e all’altruismo del Dottor Palatucci la salvezza delle nostre vite. Dopo la guerra, ho saputo che il Dottor Palatucci, oltre che la mia famiglia, aveva salvato in Fiume anche tante altre persone di religione ebraica, pagando alla fine con la sua giovane e nobile vita il proprio eroismo”.[55]
In tale contesto, a motivo di una situazione fiumana sempre più critica con l’avvicinarsi dei titini, Palatucci avrebbe la possibilità di fuggire. Di mettersi in salvo. Ha più vie di scampo. Può raggiungere una sede meno esposta (scelta messa in atto da alcuni suoi colleghi). Può cercare di far perdere le proprie tracce utilizzando persone fidate. Può accettare l’invito del conte Marcel Frossard de Saugy[56] a recarsi in Svizzera.
Specie quest’ultima offerta è significativa. Il de Saugy era il direttore tecnico di fabbriche di munizioni in Svizzera e a Budapest.[57] Interagiva con i tedeschi sul piano commerciale. Godeva quindi di benefici. Poteva ottenere permessi. Aveva conosciuto Palatucci a Fiume perché non lontano dalla città, a Laurana, c’era un villino di proprietà della madre del conte. Ma Palatucci compie la sua ultima scelta.
Il giovane a cui piaceva la vita, la festa con allegre compagnie, la buona tavola (caffè ristorante Pancera, al centro di Fiume), il nuotare a Buccari, il vestire puntuale nello stile, le sintonìe affettive (rovinate dalla guerra), decide di rimanere a Fiume. Intorno a lui ci sono agenti disarmati, in alcuni casi coniugati, lontani in genere dalle proprie famiglie, con mezzi di sussistenza limitati, in ansia per un domani avvolto da nebbie minacciose.
Non è una scelta facile. Vicino a Palatucci ci sono anche avversari pronti a neutralizzarlo con mezzi abituali in guerra. Ma Palatucci rimane. In Svizzera, al suo posto, invierà due donne ebree.


Filippi contro Palatucci: il report dell’agente sotto accusa

L’8 agosto del 1944 Filippi fu autorizzato a recarsi a Valdagno, presso la direzione generale della Pubblica Sicurezza. Qui, doveva riferire sulle accuse che aveva indirizzato a Palatucci.[58] In tale occasione presenta un report (24 agosto 1944) contro il Reggente. Il testo include riferimenti alla storia personale del Filippi.
Si passa poi a rappresentare episodi ritenuti da quest’ultimo ingiusti (sottrazione della direzione della Divisione, ordine al personale di conferire solo con il Reggente, non assegnazione di pratiche). Ma l’accusa più dura si concentra sull’uso di rilasciare passaporti senza l’autorizzazione del Ministero dell’Interno.[59] Il contesto delineato dal Filippi presentava – però – zone d’ombra volutamente taciute dal poliziotto. Le restrizioni lamentate dalla guardia erano infatti solo la conseguenza di una politica di autodifesa della Questura. Filippi, infatti, era una spia dei tedeschi. E anche il rilascio dei passaporti era legato ai pericoli incombenti su taluni soggetti, e alla necessità di abbreviare al massimo i tempi del procedimento. L’accusatore di Palatucci, poi, non aveva fatto ovviamente alcun cenno a vicende equivoche della sua vita che rovinavano l’immagine già debole della Questura.


L’ora della cattura e dell’isolamento

Dopo pochi giorni dalla consegna del documento di Filippi contro Palatucci, quest’ultimo è arrestato in casa da agenti tedeschi. È il 13 settembre 1944. Su questa operazione la Polizia italiana della R.S.I. è tenuta all’oscuro. Si cercano quindi di capire i motivi del provvedimento. Si temono inoltre decisioni contro la Questura (chiusura). In quel momento, l’arresto di un Questore Reggente assume una particolare gravità: a] il comando tedesco ha colpito degli alleati; b] il provvedimento ha riguardato un funzionario di alto grado.
Davanti a tale situazione, gli storici hanno cercato di comprendere le ragioni dell’azione tedesca. Ciò è risultato non facile in assenza del verbale di arresto, e dei successivi atti processuali.
1] Per alcuni autori (es. Napolitano[60]) l’accusa a Palatucci può essere stata quella di aver rilasciato dei passaporti senza chiedere la preventiva autorizzazione del Ministero dell’Interno. Un tale fatto si può collegare alla denuncia presentata dal Filippi contro il Reggente.[61] Trattandosi di un illecito amministrativo, all’arresto seguiva un processo. La pena prevista era la detenzione in un carcere, o in un lager tedesco. Tale situazione, però, diveniva critica se il beneficiario (o la beneficiaria) del rilascio del documento era un ebreo, o comunque un soggetto che cercava di abbandonare il territorio della R.S.I. Si applicavano allora le norme tedesche penali di guerra.[62]
2] Per altri studiosi rimane significativa la comunicazione a firma del col. Kappler. Quest’ultimo, dopo mesi di attesa, risponde alla Polizia della R.S.I. che Palatucci era stato condannato all’internamento a Dachau a motivo dei suoi contatti con il servizio informativo nemico. Tale risposta, però, lascia dubbiosi i responsabili della Polizia perché una interazione con il nemico implicava un processo con una sola udienza, e la condanna alla fucilazione (esistevano precedenti in merito).
3] Esiste anche un pronunciamento dell’Autorità Giudiziaria tedesca: “Il dott. Palatucci durante l’occupazione tedesca risulta aver aiutato molti ebrei a fuggire, per la qual cosa il 13 settembre 1944 venne arrestato dalla Gestapo e a seguito di un processo svoltosi a Trieste davanti a un Tribunale delle SS e della Polizia fu condannato ai lavori forzati e rinchiuso nel campo di concentramento di Dachau”.[63]
4] Da ricordare, in ultimo, una tesi che pare debole. Qualcuno ha ritenuto l’arresto di Palatucci basato su una “scoperta” nella sua abitazione di un documento degli autonomisti. Questi fogli dovevano essere consegnati in Svizzera alle forze alleate. Il testo faceva riferimento alla “Libera Città di Fiume”. In pratica si trattava del futuro di Fiume dopo il periodo bellico. Tale ipotesi non convince perché in città le forze dell’ordine conoscevano già i diversi movimenti politici, e perché nell’Ufficio politico della Questura si conservavano fascicoli in merito. Palatucci, quindi, non aveva necessità di nascondere in casa documenti noti a tutti. Inoltre, solo le due ebree salvate dal Reggente e inviate in Svizzera al suo posto potevano recapitare tale materiale. Ma esse erano già in salvo.


Nel carcere di Trieste

Nel carcere di Trieste Palatucci fa esperienza dell’isolamento. Dell’abbandono. Chiede aiuto con una lettera (non si è trovato il testo). Riceve solo la visita di due guardie a lui vicine: Alberino Palumbo e Pietro Capuozzo.[64] Tra le mani ha solo un piccolo dono. Un pacchetto di sigarette. Nessun altro muove un dito per lui. Ma Palatucci non viene fucilato. Perché? Perché nel frattempo si è mosso il conte Frossard de Saugy. Questo nobile avvicina i tedeschi. Difende il Reggente. Gli salva la vita. Ma non può impedire una condanna al lager di Dachau.
I rapporti di amicizia tra il Reggente e la famiglia Frossard sono provati da una lettera. La scrisse il 21 agosto 1950 la moglie di de Saugy (Gerda), alla madre di Palatucci (21 agosto 1950). Significativa è anche la missiva che il padre di Palatucci (Felice) inviò il 25 agosto 1950 alla consorte di de Saugy. Si riporta qui di seguito un passo importante.
“(…) Ho ricevuto le vostre gentili e gradite lettere e non so come esprimerle i miei sentiti ringraziamenti per il ricordo che serba di mio figlio. Anzitutto le esprimo le mie vivissime condoglianze per la dipartita di suo marito e condivido con lei il grande dolore. So che era un paterno amico di mio figlio e molto lo aiutò a Trieste quando trovavasi nelle mani di quei barbari tedeschi (…). Con l’occasione la prego vivamente per il seguente favore.
Dato che a Roma alla Direzione della Divisione personale della Pubblica Sicurezza, nel fascicolo personale di mio figlio si trovano importanti documenti spediti a suo tempo dal Prefetto di Fiume riguardanti il caro mio figlio quando fu tradotto nelle carceri di Trieste e il comando voleva ancora farlo fucilare, non fu eseguito per il pronto intervento del grande uomo di suo marito che si interessò presso il Comando Tedesco” (segue richiesta di recuperare e valorizzare gli atti conservati a Roma).[65]


In treno verso Dachau

Il 18 ottobre del 1944 Palatucci è consegnato a una scorta tedesca che deve condurlo su un treno. Destinazione: il lager di Dachau. Mentre è rinchiuso in un vagone piombato, scrive una lettera a Maione.[66] Per farlo, approfitta di una sosta del treno a Monaco. Si riporta qui di seguito il testo.
“Monaco di Baviera, li 21-10-1944. Carissimo Maione, sono in viaggio per Dachau dove arriveremo oggi o domani. MetteteVi in contatto con il dr. Dubokovic[67] cui ho scritto ora sia per il rimpatrio, sia perché attraverso le sue relazioni tedesche, mi faccia pervenire le cose lasciategli e lire quattromila. L’ho pregato di intendersi con Voi. Rendetevi parte diligente. Per il rimpatrio ho scritto anche al Cap. Schlüngen. Fate l’impossibile per ottenermi il rimpatrio al più presto. Tra l’altro, sto male. Ho da tempo una punta d’ernia a sinistra, che negli ultimi due o tre giorni mi ha dato molto fastidio. Forse dovrò operarmi. Contattatemi la mia padrona di casa, regolate il conto anche per questo mese ed il prossimo, e raccomandatele la mia roba. Salutatemi anche Gigi, che ricordo molto amichevolmente, e gli altri amici, che si interessano di me. Penso molto anche a tutto il personale della Questura, sebbene sia un po’ deluso per lo scarso interessamento dimostratomi. Albery[68] mi portò un pacchetto di sigarette, e mi commosse. Ricevetti una visita di Capuozzo. Null’altro. Ricordatemi con riconoscenza ad Albery. Il denaro mi occorre anche per l’eventuale operazione. Non saprei quali raccomandazioni farti. RicordateVi di me ed abbiate cura delle mie cose.
Soprattutto trattate per il mio rimpatrio. Credete che l’internamento è veramente troppo per le responsabilità che mi attribuiscono. Il treno si è rimesso in moto. Vi abbraccio GioPalatucci. Avete ricevuta la mia lettera in data 17 corr da Trieste?”.


A Dachau

Nel lager Palatucci interagisce con il sig. Giuseppe Gregorio Gregori[69] e con il dr. Feliciano Ricciardelli.[70] Questi due testimoni riferiranno in seguito in merito. Gregori sarà compagno del Reggente nella stessa baracca. Ricciardelli vedrà per pochi minuti Palatucci nell’infermeria del lager. Il 10 febbraio 1945 Palatucci muore. Il suo corpo è gettato in una fossa comune. Non sarà più ritrovato.


Qualche considerazione di sintesi

I documenti studiati da diversi ricercatori, e pubblicati in vari studi, attestano alcune caratteristiche di Giovanni Palattuci che qui di seguito si riassumono.
1] L’assenza di collaborazionismo con le forze tedesche. Al contrario, rimangono agli atti varie denunce del Reggente contro soprusi di ogni tipo di militari del III° Reich. Da considerare, inoltre, la dichiarazione del dott. Camillo Mangani[71] del 12 luglio 1946[72] ove si specifica che Palatucci “pur non godendo del prestigio del Dr. Tommaselli, perseverò nell’azione antitedesca che ormai era stata eretta a sistema nell’ambiente della questura”. E si aggiunge: “ Il Dr. Palatucci purtroppo non riuscì a fuggire e fu inviato a Dachau ove, si dice, sia morto”.[73]
2] Il disprezzo verso i collaborazionisti dei tedeschi.
3] La volontà di non abbandonare i suoi uomini in un’ora critica. Pur avendo la possibilità di essere accolto in Svizzera, il Reggente rimane a coordinare una Questura rimasta fortemente indebolita nei mezzi ed estromessa nelle azioni di istituto.
4] Un sostegno all’italianità della terra fiumana. Tutta la documentazione studiata attesta nel Reggente la volontà di rispettare fino alla fine l’identità del popolo italiano.
5] Un coraggio non dettato da impulsività, ma regolato dalla piena consapevolezza della proprie azioni, e dalle possibili conseguenze a queste legate.
A questi aspetti è da aggiungere una memoria del Palatucci che precede quella degli ambienti famigliari. Oltre alle molte testimonianze ebraiche raccolte in diversi saggi, e alle affermazioni di Mangani, si ricordano anche le stesse note delle autorità comuniste jugoslave. Si riporta qui di seguito la scheda su Giovanni Palatucci ritrovata nell’Archivio di Stato di Fiume.

D.A.R.-106 (Drzavni Arhiv Rijeka – Archivio Statale Fiume), Gradska komisija za utvrdivanje ratnih zlocina okupatora i njihovih pomagaca u Rijeci (Commissione cittadina per l’accertamento dei crimini di guerra dell’occupante e dei suoi collaboratori di Fiume), busta 3, Popis osoba osumnjicenih za ratne zlocine i onih koji bi mogli biti osumnjiceni, Elenco dei criminali, Razni popisi osumnjic’enih za ratne zlocine 1941-1943, Popis vodecih osoba rijec’kog redarstva (Questura) poslije 1941. str. 11, Elenco dei dirigenti la Questura di Fiume dopo l’anno 1941, Palatucci Giovanni. Il fondo è composto da 2 libri e da 9 buste. La Commissione cit. operò ufficialmente dal settembre 1945 (anche se iniziò i lavori già tra fine giugno e inizio luglio). fino al settembre 1947. Smise di fatto di operare con la fine di quell’anno. La valutazione su Palatucci (rara perché positiva), all’inizio p. 2 dell’elenco cit. è la seguente: “Aiuto commissario in servizio dal 1930 (rectius 1936) alla primavera del 1944. Funzionario di grandi capacità e benefattore. La polizia tedesca lo internò a Dachau”.


Diverso fu il commento dei comunisti titini su Emilio Filippi. Si riporta qui di seguito la scheda.

FILIPPI – Aiuto commissario in servizio dopo l’8 settembre 1943 fino al marzo 1945. Di carattere indeciso ed infimo, molto maligno, fiduciario segreto del comandante della milizia Porcù al quale dettagliatamente riportava tutto ciò che accadeva in questura. Si crede sia stato in contatto con i tedeschi e con la loro polizia. Per un certo tempo prese il comando degli agenti come anche la funzione di capo dei carabinieri. Apertamente si spacciava per agente addetto alla sorveglianza dei viveri. Partito due giorni prima dell’arrivo dei partigiani. Ha asportato la bicicletta del dott. Palatucci che si trovava internato in Germania. Ha portato con sé anche molti altri oggetti di proprietà degli ebrei internati nelle abitazioni dei quali abitavano i tedeschi. Pare che ora si trovi nei dintorni di Portogruaro.[74]


Nell'immagine, Giovanni Palatucci nel 1941 (a sinistra), e nel periodo vicino all’arresto (a destra).


Note

[1] Cf anche: AA.VV., Cattolici in soccorso di Ebrei. Palatucci, Pio XII e il Caso di Campagna, a cura di M. Naimoli e di M.L. Napolitano, Edup, Roma 2024. AA.VV., Fecero la scelta giusta. I Poliziotti italiani che si opposero al nazifascismo, a cura di R. Camposano, Ufficio Storico della Polizia di Stato, Roma 2023. P.L. Guiducci, Shoah a Fiume. Giovanni Palatucci “Giusto tra le Nazioni”, EDUCatt, Milano 2024.
[2] Eliahu Sasson (1902-1978).
[3] Elio Toaff (1915-2015).
[4] Ufficio Storico della Polizia di Stato (USPS), Fondo Palatucci, b. 7, I E089.
[5] In tale occasione fu presente anche il rabbino di Budapest Fabiano Herschkoovits. Cf in merito: USPS, Fondo Palatucci, b. 3, fasc. 3 (in ebraico; si fece in seguito una traduzione in italiano).
[6] Unione delle Comunità Israelitiche Italiane. Comitato per le Celebrazioni del decimo Anniversario della Liberazione. Elenco di coloro che saranno insigniti della Medaglia d’Oro a Milano il 17 aprile 1955. Archivio del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, Serie “Benefattori”, 9/2.
[7] Divenuto in seguito Vice Questore a Vicenza. Fu poi trasferito a Taranto.
[8] https://digital-library.cdec.it/cdec-web/storico/detail/IT-CDEC-ST0038-000037/cellurale-olindo.html.
[9] Gualtiero (detto Walter) Vertes. Nato a Vienna il 30 giugno 1906. Impiegato.
10] Maresciallo di P.S. Francesco Antonio Maione (1904-1972). (n.d.A.).
[11] Walter Vertes alla Comunità Israelitica di Padova, 22 maggio 1955, Archivio CDEC, Fondo Riconoscimenti e Benemeriti, b. 91, fasc. “Comunità Israelitica di Padova”, f. 153.
[12] Dott. Roberto Tommaselli (nato nel 1901). Entrato nella P.S. nel 1924. Ebbe la nomina a Reggente la Questura di Fiume. In seguito venne assegnato alla Questura di Lucca.
[13] Questura di Fiume, circolare del dr. Roberto Tommaselli 0015704.
[14] Questura di Ravenna, circolare telegrafica alle Questure di Fiume e di Udine (tel. 0738). Questa circolare risulta poi copiata su “Modello Z” il 12 febbraio 1944.
[15] N. 00119/Str.
[16] Lydia Gelmi Cattaneo (1902-1994). Tra il 1943 e il 1945 salvò numerosi ebrei. Nel 1974 le venne conferito il titolo di “Giusta tra le Nazioni”.
[17] Agente di P.S. Americo Cucciniello (1920-2004). Nato ad Avellino.
[18] Operazioni di salvataggio della famiglia Sachs (Lilli, il figlio Boris, il nipotino Igor Lipschitz). (n.d.A.).
[19] Testimonianza (seconda) del sig. Americo Cucciniello. 22 giugno 1999. Ufficio Storico della Polizia di Stato, Roma, Fondo Commissione di Studio su Giovanni Palatucci, Busta 1: “Documenti prodotti dal Gruppo di Lavoro”.
[20] Questura di Udine a Questura di Fiume, 11 maggio 1944, n. 001141 (pervenuta il 15 maggio), Archivio Statale di Fiume, Fondo Questura di Fiume.
[21] Rapporto della guardia di P.S. Eugenio Zanette al dott. Giovanni Palatucci, Questura di Fiume, 14 giugno 1944.
[22] Guardia scelta di P.S. Antonio Fiorentin.
[23] In realtà Palatucci non afferma volutamente il vero. Dalle carte della Questura di Fiume non emerge alcuna iniziativa di rintraccio. [24] La risposta di Palatucci, preparata il 22 giugno 1944, viene spedita il 5 luglio dello stesso anno. Sono trascorsi quasi sette mesi dalla richiesta della Questura di Ravenna di arrestare la Berger e i suoi, e sono passati sei mesi dalla prima comunicazione della Questura di Udine.
[25] Il Prefetto del Carnaro, Spalatin, al Capo della Polizia Eugenio Cerruti, e p.c. Al Ministero dell’Interno, 14 settembre 1944, tel. 18060, n. 059337 Gab ACS, Min. Int., “Personale”, b. 20bis, Palatucci Giovanni, fasc. 6: Deportazione in Germania e decesso nel campo di Dachau.
[26] Il Prefetto del Carnaro, Spalatin, al Capo della Polizia Eugenio Cerruti, e p.c. Al Ministero dell’Interno, 19 settembre 1944, posta da campo 721 (n. 05937, prot. In arrivo n. 555 del 1° ottobre 1944), ibidem.
[27] In una testimonianza di Americo Cucciniello, “ausiliario” nell’ufficio di Palatucci, è riferito che all’ennesima sua insistenza perché raggiungesse una sede meno esposta (come aveva fatto il questore titolare), Palatucci gli indicò la bandiera e affermò, solenne: “Cucciniello, dite a tutti gli amici che finché sventolerà quel tricolore io rimarrò qui al mio posto”.
[28] Tenente colonnello delle SS Herbert Kappler (1907-1978).
[29] Promemoria per il Colonnello Kappler, 2 novembre 1944. Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, “Personale”, b. 20bis, Palatucci Giovanni, fasc. 6: Deportazione in Germania e decesso nel campo di Dachau.
[30] Der Befehishaber der sichereitspolizei v. Des SD in Italien al Capo della Polizia Repubblicana, 10 gennaio 1945, ibidem.
[31] Situazione al 30 luglio 1944 (Fiume), Relazione del Prefetto di Fiume Spalatin per il Capo della Polizia, Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Gabinetto RSI 1943-45, b. 4.
[32] Vice brigadiere di P.S. Nunzio Gabriele.
[33] Mons. Giuseppe Maria Palatucci (1892-1961). Vescovo di Campagna (Salerno). Medaglia d’oro al merito civile alla memoria.
[34] Nunzio Gabriele a mons. Giuseppe Palatucci, 6 giugno 1952. Positio Ioannis Palatucci, vol. V, pp. 1452-1453.
[35] Appunto della Questura di Roma, 14 gennaio 1944, Ufficio Storico della Polizia di Stato, “Personale Ausiliario”, fasc. “Filippi Emilio”.
[36] Regio Commissariato di P.S. – Celio al Comando Divisione agenti di P.S. di Roma, 11 gennaio 1944 n. 59 cat. C. L’informativa rispondeva alla richiesta di informazioni del precedente 4 gennaio (R. N° 10 B. 12/13/66). Ufficio Storico della Polizia di Stato, DGPS, “Personale Ausiliario”, fasc. “Filippi Emilio”.
[37] Nel Veneto. (n.d.A.).
[38] Palatucci al Ministero dell’Interno (Valdagno) e al capo della Polizia (Maderno), 17 maggio 1944, n. 0871, Ufficio Storico della Polizia di Stato, DGPS, “Personale Ausiliario”, fasc. “Filippi Emilio”. Sulla prima pagina dell’atto si trova questa annotazione: ”leggere e riferire”.
[39] Il Questore Reggente di Fiume, Giovanni Palatucci al Capo della Polizia, Tullio Tamburini, Relazione sulla situazione della Provincia di Fiume, 10 maggio 1944, n. 02761, Archivio Centrale dello Stato, Min. Int., DGPS, AA.GG.RR., b. 4, f. 26bis.
[40] Il Capo della Polizia della R.S.I., Tullio Tamburini, al Questore Reggente di Fiume, Giovanni Palatucci, 4 giugno 1944, n. 333.9070-1, Ufficio Storico della Polizia di Stato, DGPS, “Personale Ausiliario”, fasc. “Filippi Emilio”.
[41] Il Questore Reggente di Fiume Giovanni Palatucci al Capo della Polizia Tullio Tamburini (Maderno), e p.c. Al Ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S., divisione Personale (Valdagno) 9 giugno 1944, n. 0871 Gab., urgentissima – raccomandata, Ufficio Storico Polizia di Stato, DGPS, “Personale Ausiliario”, fasc. “Filippi Emilio”.
[42] Si ricordi anche l’arresto, effettuato da Palatucci a Buccari, di un agente siciliano (sposato) e di uno di Caserta (più giovane). Avevano ucciso due ragazze ebree che volevano violentare. Cf anche: A. Picariello, Capuozzo, accontenta questo ragazzo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2007, p. 136.
[43] Appunto anonimo, non datato. In calce si leggono le direttive di Tamburini: “Ordinare il trasferimento a Udine, oppure dimetterlo. Allontanarlo dal servizio”.
[44] Il Capo della Polizia della R.S.I. al Prof. Grandinetti (Valdagno), 11 giugno 1944, n. 1639, Ufficio Storico della Polizia di Stato, DGPS, “Personale Ausiliario”, fasc. “Filippi Emilio”.
[45] Il Comune di Laurana alla Questura di Fiume, 15 giugno 1944, segretissima – riservata personale, n. 9/Ris., Ufficio Storico della Polizia di Stato, DGPS, “Personale Ausiliario”, fasc. “Filippi Emilio”.
[46] Cap. Heinrich Schlünzen. Cf anche: M. Wedekind, Nationalsozialistische Besatzungs- und Annexionspolitik in Norditalien 1943 bis 1945 die Operationszonen “Alpenvorland” und “Adriatisches Küstenland”, Oldenbourg, München, 2003, p. 447. (n.d.A.).
[47] Brigadiere Gino Buricchi, nato a Radicofani nel 1901. Fucilato il 15 giugno 1945 dai partigiani jugoslavi a Grobnico, nei pressi di Fiume. [48] Il Questore aggiunto di Fiume Giovanni Palatucci, al Capo della Polizia della R.S.I., 18 luglio 1944, riservatissima – raccomandata n. 0871 Gab., Ufficio Storico della Polizia di Stato, DGPS, “Personale Ausiliario”, fasc. “Filippi Emilio”.
[49] Riassunto per il Capo della Polizia, senza data, Ufficio Storico della Polizia di Stato, DGPS, “Personale Ausiliario”, fasc. “Filippi Emilio”.
[50] Partito Fascista Repubblicano.
[51] Giovanni Palatucci ad Eugenio Cerruti, 26 luglio 1944, n. 02761: Relazione sulla situazione della provincia di Fiume, Archivio Centrale dello Stato, Min. Inte., DGPS, Div. AA.GG.RR, RSI 1943-45, b. 4, fasc. 26.
[52] Tenente colonnello Giuseppe Porcù. Estromesso dalla carica nel febbraio 1945 per la sua avversione ai tedeschi. Arrestato a Trieste dagli agenti slavi dell’OZNA il 5 maggio del 1945. Il 20 dello stesso mese viene prelevato dal carcere del Coroneo e condotto in località sconosciuta, presumibilmente in Jugoslavia. Si ignora dove e quando sia stato ucciso.
[53] Di tali iniziative Palatucci aveva informato il Prefetto di Fiume (dr. Alberto Spalatin), il Consigliere Germanico presso la Prefettura (dr. Karl Pachnek; operò a Fiume nel periodo 1943-1944), e l’Obersturmbannführer delle SS Wilhelm Traub (1910-1946).
[54] Tiburzio Berger (nato a Fiume il 26 agosto 1921). Figlio di Eugenio Berger. Padre e figlio lavoravano nel mobilificio di Alberto Berger (fratello di Eugenio).
[55] Deposizione testimoniale giurata di Tibi Berger, 24 ottobre 1999, Positio Servus Dei Ioannis Palatucci, vol. II, pp. 473-478.
[56] Marcel Frossard de Saugy (1885-1949). Nato a Graz (Austria). Di nazionalità svizzera. Coniugato con Gerda von Bülow (nata nel 1883). I Frossard avevano due figlie. Possedevano una villa a Laurana. In questa proprietà, nel 1950, venne ritrovata dalla signora Gerda (in occasione della vendita dell’immobile) una valigia con vestiti ed effetti personali che Palatucci aveva lasciato.
[57] Cf al riguardo M. Reymond, Frossard de Saugy, in: AA.VV., ‘Dictionnaire historique et biographique de la Suisse’, t. III, pp. 281-282, 1926.
[58] Nello stesso periodo Palatucci è convocato a Maderno (Ministero dell’Interno), e incaricato poi di svolgere una missione a Brescia, Bergamo, Como e zone limitrofe.
[59] Dott. Filippi Emilio. Promemoria per il Sig. Questore Apolloni, Capo della Segreteria dell’ecc. Il Capo della Polizia presso il Ministero dell’Interno, 25 agosto 1944, Ufficio Storico della Polizia di Stato, DGPS, “Personale Ausiliario”, fasc. “Filippi Emilio”.
[60] M.L. Napolitano, “Nemico del Reich”: Giovanni e la Questura di Fiume fra il 1943 e il 1944, in: AA.VV., ‘Cattolici in soccorso di ebrei’, op. cit., p. 110.
[61] Dott. Filippi Emilio. Promemoria per il Sig. Questore Apolloni, Capo della Segreteria dell’ecc. Il Capo della Polizia presso il Ministero dell’Interno, 25 agosto 1944, Ufficio Storico della Polizia di Stato, DGPS, “Personale Ausiliario”, fasc. “Filippi Emilio”.
[62] In merito a documenti non regolari rilasciati ai perseguitati del tempo (autorizzazioni, carte di identità) rimane significativa la testimonianza del finanziere Giuseppe Veneroso (1921-2009). Cf A. Picariello, Capuozzo, accontenta questo ragazzo…, op. cit., p. 132ss.. Si ricordi anche quanto riferito da Guelfo Picozzi (nato nel 1924). Cf A. Picariello, Due barche di ebrei per Palatucci, in: ‘Avvenire’, 2 ottobre 2013.
[63] Documento custodito presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, agli atti del Gruppo di lavoro su Giovanni Palatucci. Pubblicato in: Giovanni Palatucci, il poliziotto che salvò migliaia di ebrei, Laurus Robuffo, Roma 2002, p. 96.
[64] Su Pietro Capuozzo cf: A. Picariello, Capuozzo, accontenta questo ragazzo, op. cit., p. 249.
[65] M. Bianco – A. De Simone Palatucci, Giovanni Palatucci. Un Giusto e un martire cristiano, La Scuola di Pitagora, Napoli 2012, pp. 307-308. È stata sottolineata una frase perché significativa.
[66] Francesco Maione (cit.).
[67] Si tratta del dr. Niko Dubokovic, vice console, Consolato NDH a Fiume (n.d.A.).
[68] Alberino Palumbo. [69] G. Gregori, Dachau, matricola 117295. Memorie di un deportato 1943-1945, Grafiche Fabris, Carré (Vicenza) 1998. [70] A. Viroli, Ricciardelli, un eroe umile, in: ‘La Voce’, 30, storie e personaggi, sabato 5 maggio 2012.
[71] Camillo Mangani fu per 17 anni direttore del Banco di Roma a Fiume. Guida Generale di Fiume e Provincia del Carnaro, ‘Filiali e Sedi’, 1937, p. 164.
[72] Testimonianza a favore del dr. Roberto Tommaselli (già Capo della Questura di Fiume) in occasione dei procedimenti di epurazione dai ruoli dello Stato di personaggi collusi con il precedente regime fascista.
[73] Camillo Mangani al Capo della Polizia, 12 luglio 1946, N. Prot. 12992/1053.
[74] Drzavni Arhiv Rijeka – Archivio Statale Fiume, JU-41, Commissione cittadina per l’accertamento dei crimini di guerra dell’occupante e dei suoi collaboratori di Fiume, busta 3: Elenco dei criminali della questura di Fiume a partire dal 1941. Fonte già cit.
[75] Meira Moise (nata a Cherso nel 1923).
[76] Meira Moise intervistata da Rosanna Turcinovich Giuricin, in: ‘Arcipelago Adriatico’, periodico del Centro di documentazione multimediale della cultura giuliana, istriana, fiumana, dalmata. Cf in merito il seguente sito: https://www.arcipelagoadriatico.it/interventi/meira-moise-la-voglia-di-sapere-non-ha-eta/
[77] Elisa Sinosich intervistata da Rosanna Turcinovich Giuricin, in: ‘La Voce di Fiume’, 9 novembre 2024. Sono state trascritte in grassetto frasi significative.
[78] Cf anche: A. Picariello, Capuozzo, accontenta questo ragazzo, op. cit., pp. 182-183.
[79] P.L. Guiducci, Shoah a Fiume, EDUCatt, Milano 2024, p. 108.
[80] Guida Generale di Fiume e Provincia del Carnaro, R. Questura, 1940, p. 24.
[81] https://www.dentrosalerno.it/2014/08/15/esclusivo-raffaele-avallone-martire-delle-foibe-testimonianza/.
[82] https://it.gariwo.net/giusti/shoah-e-nazismo/antonio-bertone-26093.html.
[83] https://digital-library.cdec.it/cdec-web/storico/detail/IT-CDEC-ST0038-000044/palatucci-giovanni.html.
[84] Cf anche: A. Picariello, Capuozzo, accontenta questo ragazzo, op. cit., p. 194ss.
[85] Cf anche: R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, Torino 1961, p. 534.
[86] Francesco Vecchione, la normalità e il coraggio. L’uomo di Stato che salvò gli ebrei modenesi 1943-1944, a cura di G. Dori e di C. Piscitelli, numero monografico della rivista ‘Infinitimondi’, Nola 2022.
[87]M. Di Martino, Giuseppe Maria Palatucci, gli ebrei di Campagna e la rete di solidarietà. Viaggio nella storia dell’internamento fascista regolamentare attraverso l’archivio di un vescovo, Edizioni San Bonaventura onlus, Napoli 2020.
[88] Cf anche: AA.VV., Giovanni Palatucci e gli ebrei internati a Campagna. Memorie, rappresentazioni e nuove ricerche, a cura di M. Naimoli e di G. Fresolone, Edizioni EdUP, Roma 2017.
[89] Lettera del Sig. Aronne Wachsberger alla Prefettura di Firenze. Datata 29 giugno 1945.
[90] Bernardo Weisz (1891-…). Ad Abbazia dal 1903. (n.d.A.).
[91] Questore Dott. Vincenzo Genovese (nato nel 1893). Convinto antisemita. (n.d.A.).
[92] Questore Dott. Edoardo Amati (n.d.A.).
[93] Dott. Aris Bevilacqua (n.d.A.).
[94] Don Egidio Bertollo (1911-1972). (n.d.A.).
[95] Documento conservato presso il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano. Fasc. cit.


ALLEGATO 1

Palatucci. Testimonianza di Meira Moise.[75]
“ (…) Come conobbe Palatucci? Andavo a messa nella chiesa di San Vito tutti i giorni. Io e la mia amica Nuccia di Milano assistevamo alla messa e vedevamo ogni giorno questo bellissimo giovane che partecipava alla funzione con grandissima devozione. Non sapevamo che si trattasse di Giovanni Palatucci. Allora abbiamo chiesto in giro e abbiamo saputo che era proprio lui, il Questore. Molto più tardi sono riuscita a sapere ma anche a capire tutto quello che aveva fatto, perché aveva proprio un amore vero per le persone. (…) Lo vedevo, nei primissimi banchi della chiesa di San Vito, poi ho saputo della sua fede profonda che l’ha portato a spendersi per il prossimo. Si parlava molto di lui sia tra gli alunni del liceo ma soprattutto tra le mie compagne di università, non passava inosservato (…)”.[76]


ALLEGATO 2

Palatucci. Testimonianza di Elisa Sinosich.
“(…) Mio padre Piero lavorava al cantiere, sui Grandi Motori. Partito militare a 19 anni ‘son tornado a casa vecio’ ripeteva, ha partecipato anche alla presa di Sebenico del 1941. Raccontava che si fosse trattato di un accordo in osteria, semo entradi e ghe gavemo deto: se voi non ne sparè noi neanche’. Josip Bumber era l’oste che aveva organizzato l’incontro. Così sono scesi al compromesso e nessuno si è fatto male. Suo fratello, era terzino della Fiumana, i partigiani l’hanno preso e portato via. Fuori dal cantiere ad aspettare mio padre c’erano quelli della Decima MAS, lo portarono in carcere. Mia madre che era amica della fidanzata di Palatucci le chiese aiuto. Palatucci ne venne informato. Lo raggiunse in carcere, e lui gli disse: sono stato richiamato mille volte, ora dovrei andare con la Decima e sparare contro mio fratello che è con i partigiani. Sono stufo. Quella notte la porta della cella rimase aperta ed egli uscì. Cercò una via di fuga. Con una lettera di Palatucci nel 1943 si presentò, prima dell’8 Settembre, in Questura a Trieste ed entrò a far parte della Polizia stradale, poi venne trasferito a Padova (…)”.[77]


ALLEGATO 3

Cenni sulla rete territoriale di Palatucci. Sono indicati alcuni percorsi di salvezza per gli ebrei.
Fiume
-Canale fiumano (esempi).
1] Testimonianza del finanziere Giuseppe Veneroso (cit.), nativo di Pisciotta. All’età di diciotto anni prestava servizio alla frontiera italo-jugoslava (Buccari), compagnia di Sussak (dal 1° maggio 1941 all’8 settembre 1943). Fu testimone del flusso clandestino di ebrei in fuga, e delle protezioni in loco. Attesta l’uso di documenti falsi (autorizzazioni, passaporti).
2] Interazione di Palatucci con i finanzieri maggiore Luigi Fortunato (nato nel 1892), e capitano Alfonso Tatonetti (nato nel 1904).
3] Lettera di Palatucci al Capo della Polizia Tamburini. 10 maggio 1944. Si trova questa frase: “(…) il ponte sull’Eneo (è) sempre aperto sicché i croati di qualunque provenienza po(ssono) tranquillamente venire a Fiume e inoltrarsi nel territorio della Repubblica”.[78]
-Abitazioni di copertura (esempi).
Ad es., i Milch, padre e figli, vivevano nascosti, protetti dal dott. Palatucci. L’operazione poi fallì a motivo di un delatore.[79]
-Interazioni solidali (esempi)
Il vice Commissario dr. Carmelo Scarpa (nel 1940 era a Fiume; anche Palatucci in quell’anno era vice Commissario[80]).
La guardia scelta di P.S. Raffaele Avallone (nato nel 1900). Fucilato dai titini nel 1945. Testimonianza del figlio Francesco Avallone.[81]
Tenente Colonnello Antonio Bertone (1905-2000). “Giusto tra le Nazioni”.[82]
-Operazioni via mare (esempi).
1] Testimonianza di Pina Castagnaro che abitava con la madre a Fiume tra il 1943 e il 1944. La madre ospitava nella propria abitazione, su richiesta di Palatucci, piccoli nuclei di ebrei, due o tre per volta, che partivano di notte via mare per Bari.[83]

2] Testimonianza dell’agente di P.S. Alberino Palumbo (1924-2007. Accompagna di nascosto ebrei per l’imbarco.[84]
Abbazia
-Commissario di P.S. dr Olindo Cellurale.
Riceve dagli ebrei una medaglia d’oro con la seguente motivazione: “Nella sua qualità di Commissario di P.S. in Abbazia, avuto l’ordine di arrestare gli ebrei della sua zona, volle preventivamente informare i singoli ricercati del pericolo che li sovrastava, dando loro in tal modo la possibilità di mettersi in salvo. Con questo rischiosissimo gesto – ispirato a sensi di umana solidarietà – rese nullo il barbaro provvedimento”.[85]
Svizzera
-Conte Frossard de Saugy (1885-1949).
Propone a Palatucci di lasciare Fiume e di raggiungere, con il suo appoggio, la Confederazione Svizzera.
-Brigadiere di P.S. Francesco Antonio Maione (1904-1972).
Accompagna ebrei, su incarico di Palatucci, in località rifugio.
-Due donne ebree inviate da Palatucci.
Dragica (Carolina) Braun e la figlia Maria Eisler (detta Mika). Provenienti dalla Croazia (Karlovać). Palatucci le aiutò a salvarsi attraverso Frossard de Saugy.
Trieste
-Dr. Feliciano Ricciardelli (1898-1968).
Capo dell’ufficio politico della Questura di Trieste. Amico e conterraneo di Palatucci. Era nato a Montemarano (Avellino), un paese limitrofo a Montella. A Trieste era sostenuto dall’avv. Calogero Pisciotta (1902-1954), e dal maresciallo Nicolò Raho (deceduto nel 1981). Ricciardelli si recò pure a Fiume per prelevare i congiunti di un ebreo del capoluogo giuliano che temevano di non passare indenni i posti di blocco tedeschi. L’operazione ebbe esito positivo.
Torino
-Cf la successiva scheda che riguarda Ravenna.
Cavaglià
-Prov. di Vercelli. Brigadiere di P.S. Amerigo Cucciniello (1920-2004).
Nativo di Avellino, collaboratore di Palatucci, testimonia un’operazione per difendere ebrei.
Milano
-Il Commissario di P.S. dr. Carmelo Mario Scarpa, amico di Palatucci.
Accoglie in città (novembre 1944) gli ebrei fiumani Americo Ermolli e Ernesto Laufer ebrei inviati dal Reggente di Fiume, facilitando poi il loro trasferimento in Svizzera.
Bergamo
L’aiuto offerto dal Commissario dr. Mario Scarpa.
Cf la successiva scheda che riguarda Ravenna.
Modena
Dr. Francesco Vecchione (1904-1992).
Fu Capo di Gabinetto della Questura di Modena.[86] Grazie a lui vennero salvati diversi ebrei.
Ravenna
La missione di Cucciniello.
Il brigadiere di P.S. Amerigo Cucciniello (cit.), testimonia un suo spostamento a Ravenna su direttiva di Palatucci. Si era recato a Ravenna dove presso amici fidati aveva trovato rifugio una famiglia fiumana ebrea. Il compito era di condurla a Bergamo, dove con l’aiuto del commissario Mario Scarpa, già in servizio a Fiume, avrebbe raggiunto la Svizzera. Scarpa inviò il marito verso la vicina Confederazione, mentre sistemò la donna, Elena Weits, presso amici di Torino dove rimarrà fino al termine della guerra.
Campagna
Prov. di Salerno. S.E. Mons. Giuseppe Maria Palatucci (1892-1961).[87]
Tutela di ebrei ristretti in loco o facilitati in spostamenti.[88]


ALLEGATO 4

L’ebreo Aronne Wachsberger esprime gratitudine verso Palatucci.
Lettera alla Prefettura di Firenze[89] con richiesta del sussidio assistenziale.


ALLEGATO 5

Polizia e Sacerdoti a difesa degli ebrei., Alcuni esempi.
“Spett. Comunità Israelitica di Padova, Innerente stim. Vs. del 23 corr.
Il sottoscritto Weisz Bernardo[90] fu Majer, si compiacce di segnalare l’opera veramente meritoria dell’allora Commissario di p.s. di Abbazia Dott. Olindo Cellurale attualmente vice Questore di Vicenza.
Il sucitato ebbe l’incarico e cio nel 1939 (approssimativo) il rastrellamento noturno di diecine di correligionari di Abbazia, che, ad onta delle severissime disposizioni del famigerato e feroce nazifascista Questore di Fiume Comm. Genovesi[91], fece opera altamente umano e meritevole, fornendo consigli agli ebrei del pericolo incombente ragione per cui parecchi sono riusciti ad evitare l’internamento nei campi di concentramento in Calabria, ove molti lasciarono la vita.
Va pure un lode al precedente Questore di Fiume Comm. Amati[92], ed al vice Prefetto Comm. Bevilaqua[93] che, per compiacenza con gli ebrei furono allontanati dai rispettivi cariche.
Circa a me personalmente, va segnalato particolarmente l’episodio del 1943, allorché i teutoni calarono ad Padova. – e sentito l’pericolo incombente mi tenne sempre informato con lodevole iniziative il Parrocco del S. Carlo di Arcella don Egidio Bertollo[94], il quale ci accoglie nella parrocchia stessa per 8 giorni consecutivi, dopo di che ci carico egli stesso su un furgone – con proprio pericolo di vita – guidando ci portò compreso i miei altri 2 membri della famiglia e masserizie a 30 km. di Padova in borgata – Onara -, suo luogo nativo, fornendoci stanza e tutti gli alimenti per ben 23 mesi senza alcun compenso e particolarmente in circostanze pericolosissime all’epoca dei famosi rastrellamenti dei tedeschi in quella zona, salvandoci di un sicuro annientamento.
Con distinti ossequi Weisz Bernardo
Padova li 28 . nov . 1954”. [95]


Per saperne di più

AA.VV., Cattolici in soccorso di Ebrei. Palatucci, Pio XII e il Caso di Campagna, a cura di M. Naimoli e di M.L. Napolitano, Edup, Roma 2024. AA.VV., Fecero la scelta giusta. I Poliziotti italiani che si opposero al nazifascismo, a cura di R. Camposano, Ufficio Storico della Polizia di Stato, Roma 2023. A. Ballarini, Il tributo Fiumano all’Olocausto, Società di Studi Fiumani, Roma 1999. P.L. Guiducci, Shoah a Fiume. Giovanni Palatucci “Giusto tra le Nazioni”, EDUCatt, Milano 2024. A. Picariello, Capuozzo, accontenta questo ragazzo. La vita di Giovanni Palatucci, San Paolo, Cinisello Balsamo 2017. G. Preziosi, La rete segreta di Palatucci, Independently published, Roma 2015. A. Viroli, Gabicce e i suoi misteri irrisolti, in: ‘La Voce’, 29, storie e personaggi, martedì 3 dicembre 2013.


Ringraziamenti

Dott. Raffaele Camposano, Dirigente Superiore della Polizia di Stato, Ufficio Storico (Roma). Sig. Bruno Festa, Storico, Autore del libro ‘Polvere nera. I 600 giorni di Mussolini a Gargnano’. (Gargnano). Dott. Ignazio Pintus, Bibliotecario Archivio di Stato Repubblica e Cantone Ticino (Bellinzona). Dott. Martin Kriwet, Arolsen Archives (Bad Arolsen; Germany). Dott.ssa Paola Cipolla, Archivista, Fondazione CDEC (Milano). Dott. Gian Luigi Bettoli, Storico del Movimento Operaio (Pordenone). Dott. Aldo Viroli, Storico (Rimini).


Si ringrazia il Prof. Pier Luigi Guiducci per l'invio ed il permesso alla pubblicazione di questo articolo.
Documento inserito il: 05/03/2025
  • TAG: Antisemitismo, Ebrei, Fiume, Giusto tra le nazioni, Palatucci, Seconda guerra mondiale, Shoah

Articoli correlati a La Seconda Guerra Mondiale


Note legali: il presente sito non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità dei materiali. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale ai sensi della L. n. 62 del 7.03.2001.
La responsabilità di quanto pubblicato è esclusivamente dei singoli Autori.

Sito curato e gestito da Paolo Gerolla
Progettazione piattaforma web: ik1yde

www.tuttostoria.net ( 2005 - 2023 )
privacy-policy