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Le guerre franco-asburgiche e il dominio spagnolo in Italia

Nel 1519, Carlo di Asburgo, re di Spagna, venne eletto imperatore diGermania con il nome di Carlo V.
Nato nel 1500 a Gand, nelle Fiandre, dal matrimonio dell'Imperatore Massimiliano d'Asburgo con la Regina di Spagna Giovanna la Pazza, nel 1516 ereditò la corona di Spagna.
Tre anni più tardi a causa del decesso dell'imperatore Massimiliano, ricevette la corona imperiale, grazie anche all'appoggio dei principi elettori tedeschi, che lo preferirono agli altri due pretendenti, Francesco I di Francia ed Enrico VIII d'Inghilterra.
In questo modo Carlo V dominava su un impero di proporzioni enormi: come re di Spagna regnava oltre che nel Paese iberico, anche sui possedimenti italiani di Napoli, Sicilia e Sardegna, oltre che sui territori americani che si estendevano dal Messico alla Terra del Fuoco, ad eccezione del Brasile.
La corona imperiale le assicurava il dominio sulla Germania, sui Paesi Bassi, sui territori ereditari della casa d'Asburgo, ai quali successivamente si sarebbero aggiunte l'Ungheria e la Boemia. Erano secoli che in Europa un così vasto territorio era controllato da un solo sovrano. Carlo V era solito ricordare con orgoglio ai suoi interlocutori d'alto rango che "sul mio Impero non tramonta mai il sole".
Questa ostentazione di potenza, preoccupò molto la monarchia francese, minacciata di accerchiamento. I timori francesi erano molto fondati, poichè in effetti Carlo V meditava di strappare alla Francia il Milanese, per consentire alle sue truppe di transitare direttamente dai territori imperiali in Italia attraverso la valle dell'Adige e viceversa.
Con queste premesse la guerra fu inevitabile e nel 1521 lo scontro ebbe inizio.
La prima fase della guerra ebbe termine nel 1525 con la grave sconfitta delle truppe francesi a Pavia, ad opera del comandante spagnolo Ferrante d'Avalos, marchese di Pescara, che riuscì anche a catturare il re Francesco I, che venne tenuto prigioniero in Spagna per oltre un anno. Dalla prigionia egli scrisse alla madre la famosa frase "Tutto è perduto, fuorchè l'onore e la vita.". Nel 1526, dopo aver sottoscritto la convenzione di Madrid, che lo impegnava a rinunciare ad ogni diritto sui possedimenti italiani, ed aver lasciato i suoi due figli in ostaggio a Carlo V, il re di Francia venne liberato.
In Italia, il Ducato di Milano restò agli Spagnoli che rimisero al potere il nipote di Ludovico il Moro, Francesco Maria Sforza, da loro controllato: solo a questo punto, i principi italiani, accortisi del grave errore che avevano commesso permettendo l'allargamento della potenza spagnola sulla Penisola, tentarono di reagire ed il Papa e la Repubblica di Venezia aderirono alla Lega di Cognac, voluta da Francesco I, che una volta liberato si accingeva a muovere nuovamente guerra a Carlo V.
Per punire il papa, reo di aver appoggiato il suo grande rivale, l'Imperatore, sovrano cattolicissimo, non esitò ad inviare in Italia, un esercito composto da feroci lanzichenecchi luterani, animati da un odio fanatico verso il papato ed i cattolici, ed allettati dalla possibilità di un ricco bottino.
Se papa Clemente VII avesse ascoltato i consigli del suo comandante Giovanni dei Medici, detto Giovanni dalle Bande Nere e del suo commissario papale Francesco Guicciardini, si sarebbero potuti fermare qui mercenari prima che riuscissero ad arrivare a Roma. Il Papa, desideroso di non rovinare in modo definitivo i rapporti con Carlo V, decise per l'attesa e fu la fine.
Morto in uno scontro Giovanni dalle Bande Nere, il comando delle truppe pontificie passò nelle mani del Della Rovere che, più preoccupato di riprendere i propri domini di Perugia e Urbino lasciò Roma praticamente indifesa, consentendo in tal modo ai lanzichenecchi di precipitarsi sulla città, costringendo Papa Clemente VII a rifugiarsi in Castel Sant'Angelo. Per circa un anno (1527) essi saccheggiarono la città, uccidendo migliaia di abitanti e profanado le chiese.
Gli altri Stati italiani, anzichè portare soccorso a Roma, pensarono bene di tarrre profitto dalla situazione: Venezia occupò nuovamente Ravenna e Cervia; gli Estensi ripresero possesso di Modena e Reggio; i Malatesta si impossessarono di Imola e Rimini; il Della Rovere di Perugia. A Firenze, il popolo cacciò nuovamente i Medici, che le erano stati imposti nel 1512.
Sembrò che la situazione potesse essere ricomposta, quando improvvisamente, nel 1528, Francesco I inviò in Italia un esercito al comando del Lautrec: egli riuscì, con l'aiuto dei baroni meridionali e della flotta genovese, che a Capo Orso distrusse la flotta spagnola, a prendere facilmente possesso del Regno di Napoli. Durante l'assedio a Napoli, una violenta epidemia di peste, fece strage tra le truppe francesi, uccidendo lo stesso comandante. Nel frattempo, la flotta genovese, irritata dal comportamento dei francesi che pretendevano di spadroneggiare su Genova, ritirò le proprie navi e, l'ammiraglio Andrea Doriasi pose al servizio della Spagna, ottenendo in cambio notevoli vantaggi economici per se e per la Repubblica di Genova: le navi genovesi, ottennero infatti il diritto di navigazione in tutti i mari e ospitalità in tutti i porti dominati dalla Spagna; inoltre Andrea Doria, divenne il referente dell'Imperatore a Genova e per molti anni diresse da dietro le quinte la politica cittadina, divenendo l'uomo più potente della Repubblica, ed uno dei più potenti sulla scena europea.
Carlo V era all'apice della sua potenza: l'esercito francese dovette abbandonare il Regno di Napoli e l'Italia, ed il re Francesco I, nel 1529 fu costretto a firmare la pace di Cambrai.
A Bologna si radunarono tutti i principi italiani per ascoltare le volontà dell'Imperatore: la Repubblica di Venezia dovette restituire a Clemente VII Cervia e Ravenna, ed i porti pugliesi alla Spagna; gli Estensi mantennero il possesso di Modena e Reggio; il Papa dovette incoronare Carlo V re d'Italia e imperatore, ottenendo in cambio l'assicurazione che la famiglia Medici avrebbe riottenuto la signoria di Firenze.
Al convegno di Bologna non presero parte i fiorentini, che non intendevano più piegarsi alla servitù: per questo motivo, un esercito imperiale composto da 30.000 uomini venne incaricato di ristabilire i Medici a Firenze. La città disponeva di un valido dispositivo difensivo e di buone truppe: essa era in quel momento retta dai seguaci di fra Girolamo Savonarola, coloro che per spregio venivano soprannominati i piagnoni, ma che nel momento del pericolo dimostrarono il proprio valore.
Tra i difensori di Firenze figurava anche Michelangelo Buonarroti, che si occupava del rafforzamento delle mura. Francesco Ferrucci, valoroso mercante, si occupò invece dell'ordinanza, ossia dell'organizzazione delle milizie comunali, secondo le idee di un altro grande fiorentino, Niccolò Macchiavelli, deceduto nel 1527.
La situazione della città era grave: fu in quel frangente che si capì quanto miope fosse stata la politica seguita dalla precedente oligarchia mercantile nei confronti delle altre città piccole e grandi della Toscana sottomesse da Firenze. All'arrivo delle truppe imperiali, Arezzo, Volterra, Prato, Pistoia, Empoli ed altri centri minori, si ribellarono, consentendo così al nemico di avvicinarsi velocemente alla città e cingerla d'assedio. La pestilenza e la fame diradarono velocemente le fila dei difensori, che nonostante tutto continuarono a resistere. Ferrucci, uscito nel contado per reclutare nuove truppe, mise a punto un progetto per attaccare gli imperiali dall'esterno, mentre gli assediati avrebbero effettuato una sortita. Purtroppo per il Ferrucci, il comandante nemico, Filiberto d'Orange ebbe notizia di quel piano e mosse incontro al Ferrucci prima che questi potesse congiungersi con gli assediati, sconfiggendolo in battaglia a Gavinana: nello scontro entrambi i condottieri persero la vita. E' nota la vicenda che Ferrucci, ormai prossimo alla morte per le ferite ricevute, sia stato colpito a pugnalate da Fabrizio Maramaldo, un mercenario al servizio della Spagna. Sebbene morente, il valoroso fiorntino trovò la forza per apostrofora il soldato di ventura con una frase celebre:"Vile, tu uccidi un uomo morto". Il fallimento del tentativo di Ferrucci, fece gettare definitivamente la maschera a colui che molto probabilmente lo tradì: Malatesta Baglioni, il comandante dell'esercito mercenario assoldato dalla Repubblica di Firenze. Dopo aver trattato con il nemico per quasi dieci mesi anzichè combatterlo, costrinse con la forza la Signoria a capitolare, consentendo così agli Spagnoli di entrare a Firenze il 12 agosto del 1530. Il 22 ottobre dello stesso anno un decreto imperiale pose nuovamente ai vertici della Repubblica fiorentina Alessandro dè Medici, così come promesso a Papa Clemente VII.
Nel 1535, il Duca di Milano Francesco II Sforza morì senza eredi e Carlo V annettè il Milanese alla Spagna come feudo imperiale. Questo atto spronò Francesco I a riprendere la guerra, invadendo la savoia ed il Piemonte, mentre gli Svizzeri tolsero ai Savoia la città di Ginevra ed il Cantone di Vaud. Tuttavia, nonostante l'alleanza con i Turchi di Solimano il Magnifico, Francesco I non riuscì a raggiungero lo scopo per il quale aveva scatenato la guerra, ossia la riconquista del Milanese: l'esaurimento dei due contendenti li indusse infine a firmare, nel 1545 la Pace di Crepy. A seguito delle clausole contenute nell'accordo, la Francia otteneva la Savoia e buona parte del Piemonte; i Gonzaga di Mantova divennero signori del Monferrato, Parma e Piacenza vennero date a Pier Luigi Farnese, la famiglia Cybo s'impadronì di Massa e Carrara, mentre gli Spagnoli mantenevano il possesso del Milanese.
Negli anni successivi, numerosi episodi di aperta ribellione dovuta al malcontento derivante dal dominio spagnolo in Italia si manifestarono in diverse zone della Penisola: a Genova la famiglia filofrancese dei Fieschi si pose alla testa di una congiura che mirava a spodestare il vecchi principe Andrea Doria dal governo della città. Fallita la congiura, i capi principali vennero messi a morte e le loro proprietà confiscate o distrutte.
A Firenze, il tiranno Alessandro, venne assassinato dal cugino Lorenzino. Carlo V, nonostante le proteste degli esuli toscani nel 1537 assegnava il Ducato a Cosimo dè Medici. Un gruppo di fuoriusciti capeggiati dallo Strozzi tentarono una resistenza armata, ma vennero sconfitti dalle milizie di Cosimo.
A Parma, Pier Luigi Farnese, che aveva tentato un avvicinamento alla Francia, venne fatto assassinare dagli Spagnoli.
A Lucca, Francesco Burlamacchi, esponente della nobiltà locale, ordì una congiura nel tentativo di liberare la Toscana dai Medici ed instaurare una Repubblica, ma venne scoperto, condannato a morte e decapitato.
Infine, Siena si ribellò all'imposizione di una guarnigione spagnola nella città e condusse un'eroica resistenza che durò 15 mesi, al termine dei quali, nel 1555, la città fu costretta ad arrendersi per fame. Siena ed il suo territorio vennero assegnati al Duca Cosimo, tranne i porti di Talamone ed Orbetello, che costituirono lo Stato dei Presìdi, occupato dalla Spagna.
Tutti i tentativi locali di ribellione al governo spagnolo non ebbero alcun successo, poichè troppo grande era il divario di forze in campo. Anche la Francia, dove dal 1547 regnava Enrico II, non poteva far altro che istigare la cospirazione dei Fieschi o degli esuli fiorentini. Aua volta, Carlo V anche se vittorioso in Italia, non riusciva ad imporre la propria autorit' ai riottosi principi tedeschi, anzi, nel 1555 dovette acconsentire alla pace di Augusta, che accordava la libertà di culto ai principi luterani; inoltre non era in condizione di ostacolare l'avanzata dei Turchi, che nella loro avanzata minacciavano ormaai la stessa Vienna.
Stanco delle guerre che avevano costellato tutto il suo regno, Carlo V nel 1556 abdicò e si ritirò in un convento dove morì due anni più tardi nel 1558. La corona imperiale andò a suo fratello Ferdinando I d'Asburgo; la Spagna con le Fiandre, i territori italiani e l'Impero coloniale a suo figlio Filippo II.
La vittoria riportata nella battaglia di San Quintino, in Francia, dall'esercito spagnolo comandato dal Duca di Savoia Emanuele Filiberto, in precedenza spodestato dai Francesi e costretto ad abbandonare la propria terra, indusse la monarchia francese a sottoscrivere nel 1559 il trattato di Cateau Cambrésis, che segnò definitivamente la schiavitù dell'Italia sotto gli Spagnoli, che riamnevano in possesso del Regno di Napoli, della Sicilia, della Sardegna, dello Stato dei Presìdi e del Milanese. L'unico risultato positivo in tutto ciò, fu il ritorno dei duchi di Savoia nelle loro terre.
Iniziava per l'Italia la lunga notte dell'asservimento allo straniero.


Nell'immagine, Carlo V, Re di Spagna ed imperatore di Germania.
Documento inserito il: 25/12/2014
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