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'Brigata Enrico Tognù': non solo impeto e azione.

La macchina burocratica delle Brigate Nere.

di Alessi De Battisti

Il 26 giugno del 1944, Benito Mussolini, in accordo con il maresciallo Graziani (ministro delle forze armate repubblicane), firmò il decreto istitutivo delle cosiddette Brigate Nere (decreto n. 446 della R.S.I.).
Il decreto, contenente vari articoli, nei suoi punti salienti stabilì che:
- il Ministro Alessandro Pavolini assumeva la qualifica di comandante in capo del Corpo;
- nel corpo confluivano gli ex membri della Guardia Nazionale Repubblicana e della Polizia Repubblicana;
- obiettivo principale delle Brigate sarebbe stata “la lotta contro i banditi e i fuorilegge e la liquidazione di eventuali nuclei di paracadutisti nemici”(1);
“Ciascuna brigata porterà il nome di un caduto per la causa del fascismo repubblicano”(2).

Fra le brigate in azione concentriamoci sulla X, ossia la Brigata Enrico Tognù. Questa assunse il nome dell’Ispettore della Zona Alta Val Camonica, Enrico Tognù, caduto in un agguato partigiano (9 giugno 1944). Tal brigata stabilì la propria sede prima a Maderno (sul lago di Garda) e poi a Milano. Presso l’Archivio centrale dello Stato di Roma, consultando gli Archivi Fascisti, possiamo notare la dettagliata documentazione conservata, per fortuna di storici e non, di materiale riguardante le varie fasi del ventennio (fatto non del tutto scontato se si pensa che in varie situazioni di caduta di regimi autoritari i documenti andarono dispersi oppure furono distrutti, o dagli stessi dirigenti autocratici per nascondere le loro malefatte, oppure dai rivoltosi come segno di chiusura con quel mondo dispotico; elemento questo ben documentato dai testi di Paola Carucci e Linda Giuva(3).
Tra le numerose buste riguardanti la Tognù colpisce particolarmente la nostra attenzione la busta numero 2. Questa contiene informazioni riguardanti:
- Pratiche relative al personale;
- Elenco matricole e stato matricolare;
- Elenco matricole II, III e IV compagnia;
- Materiale fotografico (foto di gruppo, foto di gruppo col Duce, ecc.);
- Relazione sull’attività svolta da alcuni squadristi;
- Disciplina (biglietti di punizione, ecc.);
- Viaggi e servizi (fogli di viaggio e licenze, certificati di indennità, ecc.);
- Assegni familiari agli squadristi;
- Arretrati;
- Elenco squadristi che non hanno percepito il sussidio di mobilitazione;
- Indennità di entrate in campagna;
- Indennità di famiglia: ricevute.
N.B: - Tutte le voci di queste e delle seguenti buste analizzate non coincidono con i titoli originari sotto i quali erano stati classificati (durante l’azione di conservazione o sistemazione) dagli organi di regime, i quali prestavano notevole attenzione al mantenimento dei propri documenti, utilizzati spesso a scopo propagandistico. I titoli non sono quelli dati dai fascisti: infatti, essi non sono posti tra virgolette(4).
Tutte le informazioni, naturalmente, coprono gli anni 1944-45, quelli in cui si sono formate le brigate, anche se notiamo la presenza di documenti di Marzo o Aprile, prima cioè che Mussolini istituisse ufficialmente questi corpi d’azione (26 giugno ’44), dato che gli alti comandi si erano già adoperati per mettere in piedi questi eserciti para-militari.
Passiamo quindi alla descrizione di alcuni tra i più interessanti dei vari sottofascicoli da noi presi in considerazione: nel sottofascicolo dedicato ai fogli di viaggio ed alle licenze notiamo che i primi, quelli datati fino a settembre/ottobre 1944 sono tutti registrati su dei fogli appositi, con timbro ufficiale raffigurante il fascio littorio, mentre da fine ottobre ’44 in poi le varie autorizzazioni vengono annotate anche su semplici fogli bianchi o su piccoli fogli a quadretti, senza neppure il timbro ma solo la firma del Commissario del Fascio di Brescia (ultima sede della X Brigata Enrico Tognù) con la data. Sintomatico questo di una crisi che sta colpendo la Repubblica Sociale, che non riesce nemmeno più a mantenere nella forma quella potenza che vorrebbe far credere di avere. Nonostante ciò le annotazioni non devono mancare, nella macchina nazi-fascista tutto viene registrato anche se gli strumenti per farlo cominciano a scarseggiare. Analizzando questi documenti più tardi troviamo alcune curiosità, l’anno (scritto dopo giorno e mese) è registrato prima normalmente, seguendo il calendario abituale, (1944-45), poi accanto in numeri romani è segnato l’anno a partire dal 1922 (anno della cosiddetta rivoluzione fascista) ed infine, di nuovo in numeri arabi, è contrassegnato in base alla nascita della Repubblica Sociale Italiana (la simbologia e la retorica accompagnarono il fascismo dai primi passi fino alla sua decadenza, elemento comune ad ogni totalitarismo). Notiamo che alcune licenze vengono concesse non solo per malattia o per ordine di superiori ma anche per malattia di mogli e figli, questo è il caso di uno dei soldati che il 30 ottobre 1944 viene autorizzato a tornare al suo paese (Castrezzato, BS) per influenza della moglie (provocata da ascesso) che sarebbe dovuta stare parecchi giorni a letto. Constatiamo quindi come siano dettagliate le autorizzazioni per le licenze in taluni casi (allegate a queste anche i vari certificati medici), mentre in altri si scrive solo che per ordini vari lo squadrista è autorizzato ad allontanarsi dal comando, senza nulla aggiungere.
Scritte alla rinfusa, sempre su foglietti volanti, sono le ricevute di rimborso spese, in cui viene riportata esclusivamente la cifra da versare al soggetto in questione senza dare spiegazioni riguardo il perché queste dovessero essere rimborsate (purtroppo non siamo riusciti a trovare le documentazioni riportanti l’elenco delle varie spese affrontate dal richiedente il rimborso). In alcune, come ad esempio una del 26 febbraio 1945, sul foglio (questo stranamente intestato e timbrato) vengono addirittura lasciati dei calcoli fatti per stabilire quanto dovesse essere rimborsato. Troviamo poi, nel sottofascicolo dedicato agli arretrati, una sorta di registro mensile sul quale sono annotate tutte le cifre che spettano ad ogni componente della Brigata, con un calcolo fatto in proporzione alle spese certificate dalle persone e tenendo conto del loro nucleo familiare. Simili registri si ritrovano anche nel sottofascicolo dedicato agli assegni familiari: ad ogni registro sono accompagnati gli atti delle richieste di questi da parte dei vari soldati.
Da queste prime analisi ci accorgiamo di come l’amministrazione burocratica repubblichina cerchi di annotare tutto, qualsiasi movimento dei propri aderenti (classico dei vari regimi autoritari e caratteristica già presente nel fascismo ante Salò); ciò viene riconfermato dalla lettura dei documenti di indennità di famiglia: tutti fogli precompilati, un’autodichiarazione di ricevuta del pagamento sottoscritta e firmata dallo squadrista che aveva ricevuto il rimborso (naturalmente le cifre variano da persona a persona, oscillano tra le 900 e le 1400 lire in base ai figli ed alla ampiezza del nucleo famigliare, come già prima notato dallo studio dei registri degli arretrati).
Oltre a simili questioni, c’era anche dell’altro che veniva scrupolosamente annotato: le punizioni disciplinari inflitte ai componenti delle varie Compagnie che formavano la X Brigata. I motivi potevano essere i più disparati: mancato rientro in orario stabilito al comando, mancato controllo di chi entrava ed usciva dalla caserma, mancata sorveglianza, dimenticanze da parte di superiori che lasciavano sprovviste di sentinelle certe zone del presidio, sparizione di equipaggiamenti, ecc.
Interessante è il caso della sparizione di oggetti: vediamo che il comandante della 4^ Compagnia “La Scapigliata” dichiara di notare misteriose assenze di oggetti prima presenti all’interno della caserma, poi ritrovati nelle camere di alcuni squadristi, i quali a loro difesa compilarono una dichiarazione attraverso la quale affermavano di essere già in precedenza possessori del suddetto materiale e di non averlo preso dalla caserma; tutto il materiale veniva poi inviato agli ispettori, cui spettava capire da che parte stava la ragione. Le pene previste per i vari casi sono alcuni giorni di sospensione, che vanno solitamente dai 3 per ubriachezza, provocazione di altri camerati, ecc., a 5 per mancato rientro, abuso di potere presso i civili, ecc.
Notiamo dunque che anche le “nefandezze” erano, per quanto possibile, registrate nel dettaglio. Nella macchina fascista repubblichina la burocrazia stava alla base del corretto funzionamento dell’intero apparato. Elemento questo già riscontrabile nel periodo d’oro del fascismo, quando mai si sarebbe ipotizzato un suo rovesciamento, ma che forse con l’influenza tedesca diviene ancor più preponderante negli anni di Salò. Non dimentichiamo difatti che dietro all’azione ed alla propaganda del nazismo c’era la sempre presente guida dell’apparato burocratico statale, minuziosamente studiata per far si che tutto funzionasse senza intoppi di sorta.
A Salò il P.R.F. coadiuvato dai tedeschi provò a seguire le orme naziste ma senza successo: la vita dei due regimi stava volgendo al termine e nemmeno la più minuziosa e funzionante burocrazia riuscì a salvarli dal baratro in cui si erano cacciati.

Note
(1) Art. 7 decreto 446 R.S.I., in “Inventario 50/18.1” Archivio centrale dello Stato - Roma;
(2) Art. 8, Op. Cit.;
(3) Paola Carucci, Le fonti archivistiche: ordinamenti e conservazione, La Nuova Italia Scientifica, pp. 51-52.
Linda Giuva, Stefano Vitali, Isabella Zanni Rosiello, Il potere degli archivi. Usi del passato e difesa dei diritti nella società contemporanea, Bruno Mondadori, pp. 136-37;
(4) Paola Carucci, Op. Cit., pp. 176-77.

Si ringrazia il Dott. Alessio De Battisti per l'invio ed il permesso alla pubblicazione di questo articolo.

Nell'immagine Enrico Tognù, che diede il nome alla Xa Brigata Nera. Documento inserito il: 28/02/2015
  • TAG: brigate nere, enrico tognù, repubblica sociale italiana

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