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Dalla parte di chi? [ di Rosa Ventrella ]

Gli Italiani dopo l’8 settembre, tra collaborazionisti e resistenti.

Ci si è più volte domandati in che misura le forze collaborazioniste in azione in Italia all’indomani dell’8 settembre abbiano agito come freno alle recriminazioni tedesche o abbiano ulteriormente inasprito la già critica situazione vissuta dal Paese.
Nel tentativo di dare risposta a questo quesito sono molte le cose di cui tener conto, tra cui il fatto che le forze collaborazioniste hanno agito spesso con violenza maggiore rispetto a quelle tedesche, in funzione antipartigiana, e che d’altronde le forze partigiane stesse si siamo mobilitate non solo contro i tedeschi, ma soprattutto contro i fascisti.
È indiscusso che la presenza radicata nel Paese di forze politiche amministrative in grado di fornire ai tedeschi tutto un apparato di base, sul quale potersi radicare la forza occupante, ha dato il presupposto ai nazisti per avviare una azione sistematica di occupazione che altrimenti non sarebbe stata pensabile!
Quando la Repubblica Sociale incoraggia gli internati militari ad accettare il reclutamento per le forze armate o a lavorare per i tedeschi, non ostacola le ambizioni tedesche, magari fa solo in modo di veicolarle in metodi e strategie leggermente differenti da quanto era nei piani degli occupanti.
Medesimo discorso si può fare relativamente al reclutamento di braccia e menti della Repubblica di Salò.
Più facile pensare che negli intenti dei fascisti ci fosse soprattutto la volontà di rianimare un regime che era andato ormai allo sbando, di prodigarsi per la sopravvivenza stessa del fascismo, di sentirsi protagonisti dell’ultima fase della lotta, pur sacrificando le sorti di buona parte del Paese.
Il collaborazionismo si inserisce proprio in questo tentativo estremo, quindi, di ritornare sulla scena politica.
La radicalizzazione delle forze nel Paese pone la popolazione dinanzi a una scelta forte. Come dire che non è più possibile vivere in una sorta di limbo e considerare il nemico come uno e uno solo, ma è necessario decidere da che parte stare e con chi schierarsi, anche se questo, come tristemente sappiamo, vuol dire mettersi italiani contro italiani.
Tuttavia risulta difficile identificare completamente gli intenti della Repubblica di Salò con quelli dei tedeschi. Sono due vie differenti, nonostante la stampa clandestina della Resistenza faccia circolare l’interpretazione della perfetta comunanza di obiettivi.
I tedeschi devono invece “ingoiare” il rospo su diversi punti di divergenza, per salvaguardare un’alleanza che di certo giova alla Germania.
La questione della formazione dell’esercito per esempio è un punto di sicura discordanza con i tedeschi che non gradiscono di vedere gli alleati repubblichini come soldati.
Così come l’idea che la Repubblica costituisca in qualche modo l’ultimo baluardo di resistenza di un regime ormai quasi completamente crollato.
L’adesione di una parte della popolazione a questa rinascita del regime certamente lo testimonia.
Il fatto che molte donne, per esempio, vedano nell’adesione alla Repubblica di Salò il modo per far rivivere la memoria di mariti o figli persi in guerra testimonia come il tentativo di Mussolini e dei suoi seguaci venga vissuto come una sorta di continuità con quanto c’è stato prima.
Donne nate negli anni Venti, donne intrise di nazionalismo fascista, di discorsi sulla razza, donne per le quali arruolarsi nel SAF e rispondere all’appello del regime è naturale esattamente come lo è stato, anni prima, iscriversi al GUF.
In questo frangente la donna fascista viene chiamata non solo a sostituire l’uomo, ma a stargli accanto, a incitarlo a non essere codardo, a non gettare l’arma.
Sulla cartolina postale che le ausiliarie usano per la corrispondenza si legge:
Giuro di servire e difendere la Repubblica Sociale Italiana nelle sue istituzioni e nelle sue leggi, nel suo onore, nel suo territorio, in pace e in guerra, fino al sacrificio supremo. Lo giuro dinanzi a Dio e ai Caduti, per l’unità, l’indipendenza, l’avvenire della Patria.
Sono soprattutto le giovanissime a rispondere numerose all’appello di Mussolini. Nelle città del Nord vengono istituiti appositi centri di arruolamento “per donne di sana costituzione, dai 20 ai 40 anni, che non abbiano figli inferiori ai 14 anni e che vogliano servire nel modo migliore la Patria in armi.”.
Nel Regolamento ufficiale del SAF vengono previste quattro specialità: volontarie per i servizi ospedalieri, volontarie per i servizi militari, volontarie per i posti di ristoro, volontarie per la difesa contraerea.
L’organizzazione è guidata dalla contessa toscana Piera Gatteschi Fondelli, moglie di un ufficiale prigioniero di guerra. E non sono poche le donne che si arruolano nel SAF credendo così di rendere omaggio a mariti, figli, fratelli caduti in battaglia, di proseguire in qualche modo la missione da loro iniziata.
Nel Regolamento del SAF grande importanza viene data all’osservanza delle regole del gruppo, all’obbedienza alla gerarchia –le volontarie sono militarizzate- al divieto di usare cosmetici e di fumare.
Indossare la divisa grigioverde diventa, per queste donne, una questione di onore, di sacrificio della propria libertà per un valore che si considera più alto.
Adesione alla Repubblica si ha anche da parte della stessa stampa nazionale che, in linea di massima, si schiera con il nuovo regime. “La Stampa”, “La Gazzetta del Popolo”, “Il Secolo XIX” di Genova, “Il Piccolo di Trieste”, “Il Resto del Carlino”che in generale non cambiano le loro tirature, affrontando il tema del “nuovo corso” del fascismo come volontà anche di epurazione degli elementi marci e corrotti che avevano contraddistinto il regime.
Così si esaltano i valori nuovi che la Repubblica di Salò va propagandando.
Non ultimo il fatto che l’iscrizione al Partito fascista repubblicano sia un atto volontario, segno questo del nuovo corso.
Va da sé che la maggior parte delle nuove leve sia costituita ovviamente da giovani, imbevuti di ideali fascisti, nati negli anni Venti, cresciuti ed educati sotto l’egida del regime. Ragazzi per i quali la guerra, la lotta per la nazione, sono ideali puri ai quali immolarsi.
Eppure persino il mondo degli intellettuali, pur se in misura esigua, ha dato il suo contributo al collaborazionismo, nonostante la tendenza principale sia quella del silenzio.
Non si può dimenticare però il ruolo fondamentale di Giovanni Gentile, che attira intorno a sé un certo numero di personalità del mondo della cultura, e di tutti gli altri intellettuali che a vario titolo hanno ricoperto ruoli istituzionali e che poi ritroviamo negli organi di stampa.
Innegabile infine che proprio il ruolo svolto da tutti coloro che hanno agito per e con le forze collaborazioniste, militando della Repubblica di Salò, abbia estremizzato, come si è detto in principio, l’astio delle forze della Resistenza.
Si arriva a concepire la presenza di un nemico doppio: quello tedesco, nazista, che costituisce il nemico tradizionale, quello occupante, e il nemico interno, quello fascista, considerato ben peggiore, infido e traditore, che per di più dice di combattere in nome del medesimo ideale: la nazione italiana.
Documento inserito il: 04/01/2015
  • TAG: seconda guerra mondiale, armistizio, regno del sud, repubblica sociale italiana, governo badoglio, benito mussolini, occupanti alleati, occupazione tedesca, servizio ausiliario femminile
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