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Europa e democrazia: il pensiero di Giuseppe Mazzini

di Francesco Caldari


A poche settimane dal voto che ha condotto alle urne gli aventi diritto di 27 Stati costituenti l’Unione Europea per l’elezione dei rappresentanti al Parlamento Europeo, il pensiero va ad un nostro illustre compatriota, il genovese Giuseppe Mazzini, che oltre dell'unità italiana era sostenitore di un'unione più ampia a livello europeo. Egli auspicava infatti la creazione dell’Europa come conseguenza logica dell'unificazione del nostro Stato. Mazzini credeva che l'unità europea fosse necessaria per garantire la pace e la democrazia a livello internazionale e si opponeva al marxismo (come vedremo a breve) a causa della sua visione di lotta di classe, preferendo invece un approccio basato sulla solidarietà nazionale.
Sin dalla sua gioventù nel pensiero di Giuseppe Mazzini l’Europa ha avuto un ruolo significativo. Ventiquattrenne, nel 1829 scrisse sull’Antologia di Firenze l’articolo “D’una letteratura europea”, nel quale - esponendo tratti salienti della storia europea - fornisce una visione della sua cultura unitaria, specchio di una civiltà comune, che supera le differenze nazionali mercè il suo percorso storico, ferme restando le diversità nazionali, che sono però politiche e non naturali. Peraltro, la indipendenza politica perseguita da ciascun popolo non contrasta con l’unità morale di tutti i popoli d’Europa.
Quindi nazioni sovrane e indipendenti in un contesto europeo culturale e politico unitario, nella previsione di un futuro di fraternità e pace tra le nazioni europee in un contesto di pace e democrazia. E proprio con riguardo alla democrazia, ricordiamo che (anche perché costretto all’esilio per ben 38 anni, di cui quasi un quarto di secolo oltre Manica) Mazzini fa suoi i concetti inglesi “le leggi dello Stato non devono mai violare il Tempio della coscienza personale” e “la Patria è la casa dell’uomo, non dello schiavo”.
Non mancò a riguardo di dettare in un’opera che ha proprio tale titolo i propri "Pensieri sulla democrazia in Europa", composta da otto articoli, scritti durante il suo esilio a Londra e pubblicati dall’agosto 1846 al giugno 1847 sul “People’s Journal”. Sono rivolti ai lettori inglesi prima degli avvenimenti europei del 1848 e del contrasto politico e ideologico tra liberalismo e socialismo. Si tratta di un dialogo intellettuale, di elevato livello, in cui il nostro “apostolo della nazione” si impegna nel confutare differenti ideologie di altri esuli della democrazia europea.
Mazzini dà sin dal primo articolo un significato dottrinale: la democrazia - connessa con “il moto di ascesa delle classi popolari desiderose di prender parte alla vita politica” – non si prefigge lo scopo di sostituire una classe sociale con un’altra, ma di sottrarre il potere politico a “una cerchia di privilegiati” per porre la gestione governativa “sotto la guida dei migliori e dei più saggi”. Pertanto, la democrazia è da intendersi più che come benessere della società, come un miglioramento morale dell’uomo nella società. Una società civile più che di economicamente eguali, deve essere formata di eguali moralmente e culturalmente.
Da questo pensiero cardine discendono alcune critiche ad altre ideologie all’epoca imperanti o comunque discusse: partendo dal liberalismo del “laissez faire, laissez passer”, egli si pone il problema di un possibile gretto nazionalismo allorquando le Nazioni europee saranno libere dalle tirannie, affermando la necessità di una educazione politica e morale, che spinga i popoli uniti ad associarsi verso un obiettivo comune. Non manca poi la disapprovazione del pensiero del filosofo, giurista ed economista inglese Jeremy Bentham, propugnatore dell’utilitarismo, e quelli che ritiene suoi seguaci, ovvero i sansimoniani, i fourieristi, gli owenisti, i comunisti, che si distinguono nell’uso dei mezzi ma vedono nell’utilità il principio comune e nel benessere l’obiettivo di ogni lavoro individuale e sociale, sì che il miglioramento materiale risulta la base e lo scopo della vita. Secondo Mazzini l’interesse privato e individuale non può essere il principio di educazione della democrazia. Sansimoniani che, pur richiamandosi al “principio democratico” lo collocano alla base piuttosto che al vertice del sistema sociale; essi – al pari di tutti i socialisti – piuttosto che affermare “tutto attraverso il popolo”, sostengono “tutto per il popolo”. Facendo dell’utilità la massima possibile felicità, dimenticano che il diritto di governare può essere rinvenuto “solo nel suffragio elettorale, nel diritto di voto dato alle masse”, e non ordinando la società dall’alto.
Il quinto scritto è dedicato ad una critica al fourierismo, tacciato di ignorare l’idea di un dovere di progresso morale, poiché l’uomo può sviluppare tutte le proprie facoltà se in lui è elevata l’idea della dignità e della missione dell’Umanità, e che è nel suffragio elettorale che vi è il segno visibile della comunione di pensiero tra governanti e governati, e non nella organizzazione della gerarchia dall’alto.
Parla poi del comunismo, sia quello utopistico che propone “il sistema dell’eguaglianza assoluta nella distribuzione del prodotto” di lavoro, che quello prevede una “distribuzione” secondo i bisogni. Con riguardo al primo Mazzini ritiene non sia attuabile, poiché l’eguaglianza non è applicabile per la diversa qualità del lavoro nell’industria e nell’agricoltura, mentre per il secondo prevede la necessità di una burocrazia impegnata nel raccogliere ed amministrare i prodotti del lavoro, il che sottintende una classe di dirigenti ed una di lavoratori. Meglio sarebbe, allora, modificare l’attuale organizzazione del lavoro e della produzione e gli esistenti diritti politici, per porli in armonia con le grandi idee della dedizione, dell’eguaglianza, del progresso umano e sociale. Egli invita, di conseguenza, i capi comunisti a non dividere “le file del popolo”. Interessante rilevare come Mazzini non creda che un’insurrezione nazionale in Italia come in Polonia, paesi ove non esiste un proletariato industriale, “possa levare la bandiera del Comunismo”.
Nel successivo articolo (Nationality and Cosmopolitism), l’autore si rivolge a coloro che affermano di non credere più alla nazione, ma nell’umanità, dichiarandosi cosmopoliti. Mazzini evidenzia che – sussistendo la necessità di un punto d’appoggio e un fine nell’organizzazione di una nuova società, egli li trova nella patria e nell’Umanità, a differenza dei così detti cosmopoliti, per i quali punto d’appoggio è l’uomo. Il cosmopolita ha due prospettive: in una punta tutto sulla libertà dell’individuo e sui diritti personali, terminando nell’inazione; nella seconda (sansimonismo e comunismo) adotta un’utopia e ricorre a un sistema di governo autoritario. Secondo l’autore la nazionalità deve essere quella concepita da popoli liberi e fraternamente associati. Egli vede l’inizio di un’altra era: “quella dell’Associazione dei Paesi; l’alleanza delle Nazioni [...], l’organizzazione dei Popoli liberi ed eguali”, che non rinunciano alle loro tradizioni ed ai loro idiomi nazionali.
L’ultimo articolo (“Un’ultima parola sul Fourierismo e sul Comunismo”) è una risposta a Hugh Doherty e Goodwin Barmby, rispettivamente fourierista e comunista, che con due diversi articoli avevano confutato le tesi mazziniane apparse sul People’s Journal. Mazzini, non senza sarcasmo, ribatte alle loro argomentazioni.
Con parole tratte da tale ultimo scritto – che ben compendiano il pensiero mazziniano su una Associazione di nazioni libere - pare opportuno chiudere questo articolo: “[…] Io sono un democratico che desidera progredire e far progredire gli altri, in nome di queste tre sacre parole: Tradizione, Progresso, Associazione. Credo nella grande voce di Dio, che i secoli tramandano attraverso l’universale tradizione della razza umana. Essa mi dice che la Famiglia, la Nazione e l’Umanità sono le tre sfere per le quali l’individualità umana deve lavorare al fine comune [...] E so che siffatta Associazione può essere feconda solamente tra individui liberi, tra nazioni libere, che sappiano gli uni e le altre di possedere una speciale missione da compire nel lavoro comune. [...] Il popolo avvertirà questo sempre più, e finirà per comprendere che ogni grande trasformazione sociale non è stata e non sarà mai se non l’applicazione di un principio religioso, di uno sviluppo morale, di una forte e attiva fede comune”.


Bibliografia

Giuseppe Mazzini, Pensieri sulla democrazia in Europa, trad. a cura di Salvo Mastellone, Feltrinelli, Milano, 2010. F. Proietti, in Mazzini e la democrazia europea. Commenti e riflessioni metodologiche, M. Barducci, a cura di, Centro Editoriale Toscano, Firenze, 2008


Sitografia

D. Donadio, Mazzini e una Letteratura d’Europa, in https://davidedonadio.com/2022/01/18/mazzini-e-una-letteratura-deuropa, consultato il 22 giugno 2024
Documento inserito il: 22/06/2024
  • TAG: Mazzini, Europa, suffragio elettorale

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