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La misteriosa scomparsa di Ettore Majorana nelle indagini e ricerche di Stefano Roncoroni

di Francesco Cappellani


  Stefano Roncoroni, noto critico cinematografico e regista televisivo, Majorana per parte femminile essendo sua nonna Elvira Majorana sorella del padre Fabio di Ettore, da molti anni si è dedicato, in modo appassionato ed ininterrotto, a sceverare il più possibile la verità sul caso Majorana che, ad oltre 85 anni di distanza dalla scomparsa del fisico, è forse risolto nelle motivazioni ma non nei fatti. Innumerevoli libri ed articoli sono usciti e continuano ad essere pubblicati sull’argomento, a dimostrazione di un interesse che non è mai venuto meno da parte dei mass-media e finanche della magistratura, sulla vita, la scomparsa e l’eccezionale livello dell’opera scientifica del fisico. Oltre a vari articoli ed interviste e libri, anche recentemente nel 2020 e 2021 di cui parleremo in seguito, Roncoroni ha pubblicato nel 2013 per Editori Riuniti, un grosso volume “Ettore Majorana, lo scomparso e la decisione irrevocabile” basilare per ogni discorso ed indagine sul celebre scienziato siciliano. La differenza con altre opere sullo stesso argomento è che qui l’autore non parla per congetture o sulla base di fantasiosi avvistamenti, ma compie un’analisi accurata di una serie di documenti che ha potuto leggere e controllare di persona, unendovi ricordi personali derivanti da colloqui con suo padre, Fausto, e con Salvatore, fratello di Ettore. In particolare Roncoroni analizza un lungo documento di Giuseppe, zio di Ettore, che descrive con minuzia l’“affaire” Majorana per consegnare ai posteri una memoria definitiva della vicenda come a quell’epoca la famiglia Majorana voleva che fosse presentata. Lo studio del testo è di grande lucidità ed acume in quanto l’autore riesce, in filigrana a quanto scritto da Giuseppe, a individuare o intuire anche il non detto. Ciò gli permette – unendo a tale indagine l’analisi critica di altri scritti, documenti e colloqui – di arrivare a conclusioni importanti che mi aveva illustrato successivamente alla pubblicazione del libro in una intervista di circa dieci anni fa di cui riporto i passi essenziali, dopo un breve profilo biografico del fisico scomparso.


Cenni biografici

Ettore Majorana nasce a Catania il 5 Agosto 1906 penultimo di cinque fratelli in una ricca e potente famiglia che annoverava nel suo passato senatori, deputati e ministri. Precocissimo negli studi e particolarmente in matematica, si iscrive a Roma dapprima in ingegneria per poi passare a Fisica su pressione di Emilio Segrè che aveva compiuto lo stesso percorso scolastico dopo avere conosciuto Enrico Fermi, fresco professore di fisica teorica all’università di Roma allora in via Panisperna. Si laurea brillantemente con Fermi il 6 luglio 1929, ed inizia a lavorare in Istituto, preferendo però studiare in biblioteca senza aggregarsi ai suoi giovani colleghi con i quali i rapporti sono appena formali. Non collaborerà mai direttamente con Fermi anche se pare fosse l’unico a tenergli testa. Era soprannominato “il grande inquisitore” per il suo carattere difficile, fortemente ironico e critico anche verso se stesso mentre Fermi era “il Papa”perché aveva sempre ragione. Consegue la libera docenza in Fisica teorica nel novembre del 1932. Nel 1933 grazie a una borsa di studio soggiorna circa sei mesi a Lipsia da Heisenberg, uno dei padri della fisica quantistica, che riesce a vincere la ritrosia di Ettore forzandolo a pubblicare un lavoro, “Über die Kerntheorie” (Sulla Teoria Nucleare), nella prestigioso rivista Zeitschrift für Physik. Si sposta poi a Copenhagen da Niels Bohr. Rientra a Roma nel 1934, pochi mesi dopo gli viene a mancare il padre Fabio a cui era molto legato. Comincia a frequentare sempre meno l’istituto di fisica fino a non andarci più. Dal 1934 al 1937 resta chiuso in casa in completa solitudine, studiando accanitamente, senza ricevere nessuno. Respinge la corrispondenza scrivendoci sopra di proprio pugno si respinge per morte del destinatario ed accusa problemi di salute la cui origine viene attribuita ad un inizio di esaurimento nervoso.
 Nel 1937 accetta la cattedra di professore di Fisica teorica all’Università di Napoli attribuitagli per Chiara Fama dove stringe un rapporto di amicizia con Antonio Carrelli, ivi professore di Fisica sperimentale. A Napoli continua a condurre la stessa vita solitaria e scontrosa, angustiato da disturbi fisici che aggravano sicuramente il suo “male di vivere”. La sera del 25 marzo 1938 parte da Napoli, imbarcandosi su un piroscafo della Tirrenia, diretto a Palermo ove si ferma per due giorni al “Grande Hotel Sole”. Da allora non si saprà più nulla di lui. Manda a Carrelli i suoi ultimi messaggi, prima di partire per Palermo gli scrive: «Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi…». E poi da Palermo il 26 Marzo 1938: “Caro Carrelli, Spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli». Scriverà alla famiglia queste poche ultime righe: «Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi».

Non è qui la sede per parlare dell’attività scientifica di Ettore Majorana, se non per un breve cenno sull’atteggiamento di Ettore verso le sue geniali intuizioni oltre che sulla sua valentia. Ettore era restio a pubblicare i suoi lavori e lo faceva solo dopo ripetuta insistenza dei colleghi. Sembrava quasi che facesse del suo meglio per non lasciare traccia del suo valore. Ad esempio, quando i Curie in Francia scoprirono una particella che interpretarono come un fotone (cioè un quanto di luce), Majorana intuì che si trattava invece di un protone neutro, chiamato poi neutrone. Malgrado Fermi lo invitasse a pubblicare questo risultato, lasciò perdere. Il neutrone sarebbe stato scoperto poco dopo sperimentalmente nel 1932 da Chadwick che conseguì per questo lavoro il premio Nobel.
Majorana ha scritto una decina di lavori, di cui alcuni, pubblicati in italiano, tardarono ad essere conosciuti e apprezzati. Tra i maggiori risultati conseguiti vanno ricordati i suoi studi sul neutrino, la particella postulata da Wolfgang Pauli per spiegare il decadimento radioattivo beta: oggi in vari laboratori del mondo – e in Italia col grande esperimento GERDA in corso nel laboratorio INFN del Gran Sasso – si studia proprio la verifica della teoria di Majorana sul neutrino. Sul valore scientifico di Ettore credo basti citare il giudizio di Fermi, che non era certo tenero con i suoi colleghi, riferito dal fisico Giuseppe Cocconi: «Ci sono nel mondo varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango che fan del loro meglio ma non vanno molto lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni, come Galilei e Newton. Ebbene, Ettore era uno di quelli. Majorana aveva quello che nessun altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini: il semplice buon senso». Importante infine per definire la personalità di Ettore è il ricordo di Edoardo Amaldi: «Non si è saputo più nulla: tutti sono rimasti con un senso di profonda amarezza per la perdita (…) e soprattutto un senso di ammirato stupore per la sua figura di uomo e di pensatore che era passata tra noi così rapidamente come un personaggio di Pirandello carico di problemi che portava con sé, tutto solo, un uomo che aveva saputo trovare in modo mirabile una risposta ad alcuni quesiti della natura, ma che aveva cercato invano una giustificazione alla vita, alla sua vita, anche se questa era per lui di gran lunga più ricca di promesse di quanto essa non sia per la stragrande maggioranza degli uomini».


Intervista a Stefano Roncoroni

Quando hai cominciato a interessarti del caso Majorana considerando che sull’argomento sono usciti già molti libri?
Ho cominciato molti anni fa perché all’università m’ero iscritto alla facoltà di fisica. Credevo, erroneamente, di potercela fare anche sotto il fascino della figura di Ettore. Ho letto quasi tutto quello che di letterario o di divulgativo è stato scritto su Ettore. Ma salvo il libro di Sciascia, tutti gli altri mi sono sembrati copia di copie e di nessuna vera ricerca.
Tu ipotizzi che, al pari di altri geni, Dirac ad esempio, Ettore fosse affetto dalla sindrome di Asperger; puoi spiegarci come questa sindrome si attagli alla personalità di Ettore? Nel libro sottopongo alcuni aneddoti biografici di Ettore all’analisi del disciplinare della Sindrome di Asperger, una patologia che provoca disturbi comportamentali di cui si ritiene soffrissero ad esempio anche Einstein, Wittgenstein, Gödel. Il risultato è importante anche tenendo conto che non stiamo facendo una diagnosi poiché non è possibile farla in mancanza del soggetto.
Leggendo il tuo libro appare oggi inspiegabile la reticenza della famiglia Majorana nel rendere note verità che si suppone conoscessero. Il caso Majorana è un caso unico ed esemplare; la famiglia, allora, ha agito con la sua logica, nel suo ambito e nei suoi diritti, secondo il costume e le usanze del tempo.
 E’ quindi credibile, allora, che ci fu una precisa disposizione a bloccare dopo qualche mese la poderosa mobilitazione per le ricerche, che si era mossa con grande sollecitudine dato anche il prestigio di cui godeva la famiglia Majorana. Chi ha fatto un poco di ricerche sulla vita di Ettore ha sempre avuto a disposizione una serie di documenti di Istituzioni pubbliche e private, religiose e laiche che hanno sempre indicato la fine dell’anno 1939 come il periodo in cui cercare la fine di Ettore: la sua morte. Pochissimi ne hanno tenuto conto. Per esempio, nessuno ha dato ordine, io penso, di porre fine alle ricerche se non quando non c’è stato più nulla da ricercare.
Il viaggio di quattro giorni in Calabria da parte di tuo padre Fausto assieme a Salvatore, fratello di Ettore, conclusosi col ritrovamento di Ettore all’incirca a Marzo del 1939, appare un dato sicuro. Ma la frase di tuo padre: «L’hanno ritrovato ma lui se n’è voluto andare di nuovo», mi sembra rimanere ad oggi inquietante e senza riposta. Nel mio libro dico con chiarezza che i due ebbero modo di incontrarsi altre volte, anche in Calabria, su richiesta di Salvatore. E fu in una di queste altre occasioni che Fausto mi disse di aver saputo del ritrovamento di Ettore. Ci furono, negli atteggiamenti dei Majorana, alcune contraddittorietà con quanto affermavano, sembrerebbe che la famiglia, non avesse “perdonato” a Ettore di sparire e volesse scientemente chiudere il caso pur sapendo di più, decretando un silenzio che oggi appare difficilmente accettabile.
Su cosa si basa la tua affermazione circa la data di morte di Ettore all’incirca a metà 1939?
Fondamentale è la lettera del padre provinciale Ettore Caselli, della curia gesuitica del Lombardo Veneto, che, nell’assegnare ad Ettore Majorana il nome di una borsa di studio per l’istruzione di un Gesuita, scrive a Salvatore, il fratello di Ettore, usando due termini per indicare lo stato di Ettore: “estinto” e “
”. Io non ho conosciuto padre Caselli ma ho potuto chiedere agli altri direttori della rivista Missioni, su cui la borsa fu annunciata, come interpretavano quelle due parole: mi hanno risposto che per loro e per tutti i loro predecessori quelli erano sinonimi inequivocabili di “morto”; altrettanto mi hanno testimoniato gli amici gesuiti di Civiltà Cattolica uditi in proposito. La lettera di padre Caselli è del 22 settembre 1939 ed io penso che quello è il termine ultimo della vita di Ettore. Rimane da sapere ancora molto: come, dove e perché, e non è poco.
A questo punto possiamo scartare tutte le ipotesi più o meno fantasiose su presunti riconoscimenti di Ettore in America latina, o in divisa dell’esercito tedesco …?
È la logica conseguenza di quanto detto prima. Per me le ipotesi di chi lo vede barbone o fuggiasco o le altre che vedono Ettore ancora vivo dopo quella data, peraltro ancora imprecisa, sono destituite di verità.
Le tue conclusioni, anche se non definitive, potrebbero finalmente aiutare a chiudere il caso; pensi che questo possa avvenire in tempi ragionevoli qualora chi sa o potrebbe sapere, ad oltre 70 anni di distanza dalla scomparsa, sia disponibile a “scoprire le carte”? Nel mio libro, alla fine dell’introduzione, rivolgo un invito non ai soli parenti Majorana, ma a tutti, con o senza il cognome Majorana, tutti con egual titolo, di scrivere una cosa comune. Spero che l’appello venga accettato.


Nuove ricerche

Nel 2015 Roncoroni pubblica sul n.6 della rivista ”Nuova Storia Contemporanea” un lungo e documentato articolo dal titolo “Il mistero irrisolto della scomparsa di Ettore Majorana” e, come sottotitolo, “Riflessioni sulla supposta omosessualità del fisico”. La sua è una ricerca difficoltosa per la delicatezza del tema affrontato soprattutto in riferimento agli anni in cui avviene l’allontanamento di Ettore, dominati dalla mentalità omofobica del fascismo da un lato, e dall’altro, per molti aspetti, dall’atteggiamento di chiusura della famiglia Majorana, una famiglia di grande prestigio che contava personaggi in posizioni di alto livello nel campo universitario e pubblico, impegnata a difendere il proprio buon nome. L’autore ha compiuto uno sforzo di decriptazione per evincere da lettere e documenti spesso volutamente oscuri quei brandelli di informazioni grazie ai quali, con un sapiente lavoro di analisi dei testi unito a testimonianze orali raccolte faticosamente negli anni da membri della famiglia, è riuscito a ricomporre un quadro definito della personalità di Ettore, finora ignorato o volutamente taciuto, nonché un’analisi dei rapporti famigliari, che potrebbero spiegare le motivazioni della scomparsa. La famiglia in realtà non volle mai accettare, non riconoscendola, l’omosessualità di Ettore obbligandolo anche a curarla con delle iniezioni tramite un’infermiera. Così Roncoroni mi ha raccontato le sue conclusioni di cui riporto i passi principali.
Quando e come ti sei posto il problema della supposta omosessualità di Ettore?
Durante la sua vita ufficiale nessuno ha mai posto il problema della sua omosessualità che so vissuta con moltissima discrezione e in maniera sofferta e problematica. La variabile omosessuale diventa centrale, invece, dall’inizio delle ricerche. E’ l’aspetto che si cura di più, perché è il più delicato. Oliviero Savini Nicci, zio di Ettore, che fa la denuncia di sparizione alla polizia conosceva molto bene, erano suoi amici, sia il capo della polizia, Arturo Bocchini, un eterosessuale scatenato, sia il suo vice, Carmine Senise, che subentrerà a Bocchini alla sua morte nel 1940. Senise è stato un omosessuale notorio, monogamo, che ha attraversato indenne tutto il periodo fascista vivendo una vita riservata e senza clamori. Ecco questo è il motivo alla base di quella scelta che sicuramente offriva più attenzione e comprensione al caso Majorana, anche se Bocchini è stato sempre informato.
Come mai non è arrivata negli anni qualche indicazione anche confidenziale sui comportamenti sessuali di Ettore da parte del suo entourage pur sapendo della sua ritrosia ad aprirsi ad amici, colleghi e familiari sulle sue vicende personali?
Durante i settantacinque e più anni passati il problema, che è serio, ha lasciato lo spazio e il tempo per le più stupide amenità; accennare alla sua omosessualità sembra arrecare un offesa allo scomparso e non viene interpretato come un risarcimento della terribile vita che la società dell’epoca, familiari, e amici gli hanno imposto di fare. Ma bada bene tutti gli studiosi, diciamo seri, quelli che hanno fatto delle ricerche, sanno da anni questa verità ma non osano parlarne. L’accennano timidamente in due libri solo due studiosi stranieri, Etienne Klein (“Cercando Majorana”, Carocci, 2015) e un po’ più diffusamente Joao Magueijo (“La particella mancante”, Rizzoli, 2010). Il ragazzo di via Panisperna Emilio Segré, quando Amaldi, che sta scrivendo la biografia scientifica di Ettore, gli chiede lumi sulla malattia di Ettore, gli risponde seriamente ”Secondo me potrebbe avere la sifilide.” E spiegandosi meglio: “A quei tempi e in quel tipo di ambiente (la famiglia Majorana) essa sarebbe potuta diventare causa di una tragedia come quella che abbiamo visto ( allude alla scomparsa) sia per il fatto in se che per le ripercussioni psicologiche e i pregiudizi correnti”. La sifilide equiparata all’omosessualità.
A fine maggio 1938 tu scrivi che la famiglia, visto vano ogni tentativo di contatto, è costretta ad aprirsi verso l’esterno abbassandosi a richiedere l’aiuto dell’opinione pubblica fino al famoso annuncio pubblicato nella rubrica “Chi l’ha visto” su La Domenica del Corriere.
La famiglia promuove tre distinte campagne di annunci esattamente nel maggio, nel luglio e nell’ottobre del 1938. Uscirono degli annunci brevi e compatti, che comparivano sulla pagina di cronaca nei posti più strani. Ettore scritto a grandi caratteri sulla prima riga ed il resto dell’annuncio sulle ultime tre righe. Così concepito Ettore era il solo destinatario di quell’annuncio e i lettori delle varie testate interessate, Il Giornale d’Italia, La Tribuna – L’idea Nazionale e Il Mattino non capirono cosa si chiedesse e non collaborarono. Ma Ettore non rispose, da questo suo silenzio, più esplicito e spietato di una risposta negativa, i familiari capirono che dovevano cambiare strategia coinvolgendo anche il pubblico, gli esterni; abbassarsi a chiedere aiuto alla tanto amata e odiata opinione pubblica. Da qui l’offerta di cifre per la collaborazione a chi avesse dato informazioni atte a ritrovarlo e il più famoso trafiletto di “Chi l’ha visto”.
Il 27 luglio 1938 la madre di Ettore, Dorina Corso, scrive una lettera direttamente al Duce, che tu analizzi leggendola in filigrana.
Considero la lettera della madre di Ettore al Duce, al pari di quella coeva di Fermi, come facenti parte della seconda campagna di annunci; quella di luglio. La lettera, inquadrata come risposta ad alcune circolari di Bocchini ed alle iniziative sugli Avvisi del Bollettino delle ricerche, che ormai dipendevano dal Duce, assurge ad un diverso ruolo: faccio notare che Dorina mai nominandola o suggerendola, alludo all’omosessualità di Ettore, si oppone in linea di principio a quanto sta facendo la polizia che per me sta ricercando Ettore anche con indizi di omosessualità. Nel tuo articolo parli della polizia di Catania, che fu avvisata immediatamente della scomparsa di Ettore da Giuseppe Majorana, fratello del padre di Ettore, ed affermi che “Mi sono fatto l’idea che gli inquirenti dell’epoca erano molto più informati su Ettore Majorana di quanto lo siamo noi adesso”. Perché?
Nel 1972 sono stato in Sicilia, soprattutto a Palermo, Catania e loro dintorni per una trasmissione televisiva e ne approfittai, dato che inizialmente volevamo parlare della scomparsa di Ettore Majorana, per prender vari contatti tra cui quelli con la questura di Catania. Anche se non c’erano più gli uomini che se n’erano occupati il caso era ancora nella memoria dei nuovi che, comunque riconduceva a ricerche fatte in ambienti omosessuali. Quanto mi dissero si inseriva perfettamente nel quadro delle mie successive ricerche.
C’è una tua frase che mi sembra fare il punto sulle tue ricerche e sul loro significato: “Personalmente ritengo che si potrebbe risolvere il caso Majorana conoscendo le ragioni per cui gli inquirenti di fatto restrinsero le ricerche di Ettore nell’ambiente dell’omosessualità come importante, se non unica, pista da seguire”. Mi sembra che questo sia il senso del tuo lavoro e c’è da sperare che se qualche persona nell’ambito della famiglia Majorana sapesse qualcosa di più sulla tua tesi, oggi sarebbe veramente auspicabile che ne parlasse. In ogni mio scritto lancio un appello a parenti e amici per unirsi in uno sforzo comune per arrivare a dare una versione veritiera della scomparsa di Ettore. Avrei preferito elaborare in gruppo anche questo articolo; sono stato ad un passo dal riuscirci per lo studio sull’articolo postumo di Ettore Majorana ma poi tutto precipitò.


Ettore malato non immaginario

In un libretto pubblicato nel 2017 da Giovanni Forte col titolo “Ettore Majorana, malato non immaginario. Indagini di un medico” l’autore affronta la vicenda Majorana in modo nuovo, da un punto di vista medico e con la competenza di uno specialista, chiarendo però che le sue conclusioni sono solo “considerazioni induttive, anche se verosimili, non essendo documentati sintomi o dati specifici in merito”. Partendo dai pochi dati clinici disponibili e dalle lettere di Ettore alla famiglia, Forte ipotizza che Ettore potrebbe essere stato affetto da tubercolosi, malattia molto diffusa all’epoca, essendo inoltre di costituzione gracile e forte fumatore, e che fosse andato a Palermo per farsi visitare da un famoso luminare. Da lì si sarebbe spostato in Calabria affidandosi per le cure al noto Sanatorio Antitubercolare “San Giovanni Bosco” di Chiaravalle, in provincia di Catanzaro. Prove certe della malattia e del ricovero non ce ne sono mentre è certo, come già detto, che Ettore si trovasse in Calabria come confermato dal fratello maggiore Salvatore che lo incontrò a fine marzo 1938 in un vallone del Catanzarese.


Archivio Apostolico Vaticano

Il 2 marzo 2020 l’Archivio Segreto Vaticano divenuto nel frattempo Archivio Apostolico, ha aperto al pubblico la possibilità di consultare la documentazione relativa al pontificato di Pio XII, il cardinale Eugenio Pacelli eletto Papa il 2 marzo 1939. A fine pontificato di Pio XI e ad inizio di quello successivo di Pio XII si era consumata la misteriosa sparizione di Ettore Majorana. Roncoroni ha compiuto una attenta ricognizione di questo periodo storico relativamente al famoso zio e ha raccontato i risultati in un libretto pubblicato nell’agosto del 2020 dal titolo “Il dossier Majorana in Vaticano”. Come già ricordato Ettore era scomparso dopo essersi imbarcato la sera del 25 marzo 1938 su un piroscafo da Napoli, dove insegnava da tre mesi all’Università, per Palermo e da quella data, malgrado ricerche assidue, si arrivò a concludere che non si sapeva che fine avesse fatto. Ma, come spiega Roncoroni “non era vero, perché è provato che molti sapevano della sua morte nel settembre del 1939”. La polizia fascista secondo Roncoroni “non poteva non averlo ritrovato. Chiuse semplicemente un occhio dinanzi a quella famiglia influente, che si poteva permettere una ricompensa di trentamila lire a chiunque avesse ritrovato Ettore, e archiviò il caso in fretta e furia”. In effetti la mobilitazione delle forze dell’ordine era stata imponente, il capo Arturo Bocchino si era recato di persona a Perdifumo, in Calabria, dove si pensava che Ettore si fosse recato in una casa offertagli dal prof.Carrelli, mentre la Santa Sede avviava un controllo a tappeto degli ordini religiosi e dei Monasteri per sapere se Ettore vi avesse trovato rifugio. Tutta questa potente operazione di ricerca si arresta a fine estate del 1939, la cattedra di Napoli rimasta vacante viene riassegnata come se oramai non avesse più alcun senso aspettare il ritorno del titolare.

I documenti d’archivio sulla vicenda reperiti in Vaticano sono scarsi, tuttavia integrati con altre fonti tra cui le frequentazioni con la famiglia Majorana, portano Roncoroni ad affermare che si può arrivare ad “una verità definitiva” sulla morte di Ettore come avvenuta nel settembre del 1939. I documenti riguardano l’incrocio dei due papati, gli ultimi 341 giorni per Pio XI ed i primi 345 giorni per Pio XII. Appare chiaro dal dossier del Vaticano che Majorana era considerato defunto nel settembre del 1939 e quindi “questi documenti sono la negazione di tutte quelle teorie che lo vedono, vivo e attivo per gli anni seguenti a quella data”, cioè per chi lo ha visto nelle vesti di un barbone sia in Sicilia che a Roma, chi in Argentina, chi nel Venezuela e chi nella Germania di Hitler. Il Vaticano chiude il dossier Majorana con una lettera del 6 marzo 1940 indirizzata alla famiglia che non ne diffonderà mai il contenuto lasciando irrisolte le aspettative e gli interrogativi sulla vicenda. Secondo Roncoroni “la famiglia Majorana ed Ettore Majorana, con intenti diametralmente opposti, la Santa Sede e lo Stato Italiano agiscono tutti a carte coperte, // ma tutti con lo stesso argomento tabù nella retroguardia. // L’omosessualità di Ettore come un totem mitologico coinvolge quattro attori: lo stato laico totalitarista e omofobo, la Chiesa cattolica e senza aperture, la Famiglia osservante e praticante, il giovane diverso e geniale” . La Chiesa conferma ufficialmente la fine delle indagini presso Istituti Religiosi e Conventi con una dichiarazione di Pio XII: “il Santo Padre non vede la cosa di pratica utilità dopo il già fatto” ed analogamente cessano le ricerche della polizia. Nella prima metà di settembre 1939, spiega Roncoroni, viene comunicata alla Famiglia Majorana non si sa come e da quale provenienza, un mistero mai svelato, la notizia della morte di Ettore.

Il fratello di Ettore, Salvatore, scrive alla rivista “Le Missioni della Compagnia di Gesù”, in data 21 settembre 1939, di volere istituire una borsa di studio in nome del fratello. La risposta della rivista, da parte del gesuita Padre Caselli, di cui abbiamo già parlato nella prima intervista a Roncoroni, inizia con le seguenti frasi: “A graditissima Vs. d’ieri. Ammiriamo sinceramente il Vs. atto generoso per il compianto Ettore Majorana. Il Signore premi la Vs. grande fede ed il Vostro santo affetto per il caro estinto”. Appare evidente, conclude Roncoroni, che le parole “compianto” e “caro estinto” sono sinonimi di defunto, ma questa chiara indicazione non viene presa nella dovuta considerazione e si continua a cercare Ettore in ogni dove con la famiglia che partecipa a questa commedia “ignorando la morte evitando di comunicarla”. Solo gli anziani della Grande Famiglia sanno, ma non ne danno notizia celando dolore e disperazione, decidendo di non parlarne più e limitandosi a ripetere di non averne mai più saputo nulla. L’esistenza della lettera di Padre Caselli era già stata resa nota da Francesco Guerra e Nadia Robotti in una lettera al direttore pubblicata su “Il Nuovo Saggiatore” del 29 febbraio 2012 intitolata "La borsa di studio della rivista 'Missioni': un punto fermo sulla vicenda di Ettore Majorana".

Dal 1939 fino ai tardi anni cinquanta, tra guerra e dopoguerra, il caso Majorana viene praticamente dimenticato, ma nei decenni seguenti si riprende a parlare del genio di questo giovane e della sua scomparsa. Riferendosi alla chiusura dei patriarchi della Grande Famiglia ed alla loro riservatezza Roncoroni chiosa amaramente: “Per ottanta anni hanno continuato a mentire a se stessi e al mondo” al punto di mostrare vivo interesse per i ritrovamenti e le false notizie. Di questo situazione, conclude Roncoroni, è corresponsabile anche la Chiesa e lo Stato, “il silenzio di tutti i protagonisti è il vero mistero del caso Majorana”. Ad oggi non sappiamo ancora come e dove sia morto Ettore Majorana, una delle più alte menti della fisica del novecento; sono passati troppi anni e troppi silenzi hanno coperto una fine tragicamente prematura, a 32 anni, per ragioni riconducibili in gran parte al clima famigliare, come Roncoroni da anni cerca di dimostrare con i suoi scritti.


Ettore! Tua mamma e fratelli angosciati, attendono ansiosamente tue notizie

Nel 2021 Stefano Roncoroni pubblica un intenso libro dal titolo “Ettore! Tua mamma e fratelli angosciati, attendono ansiosamente tue notizie” riprendendo le parole dell’appello che il 12 maggio 1938 la famiglia fece pubblicare su “Il Giornale d’Italia”, dove analizza i tre temi fondamentali per arrivare a comprendere la decisione finale di Ettore, quella di scomparire. Il primo è l’omosessualità, la cui inattesa certificazione da parte della Questura avrebbe influenzato l’atteggiamento della Famiglia sia durante la breve vita che dopo la scomparsa di Ettore, il secondo riguarda l’ipotesi che Ettore soffrisse della sindrome di Asperger, una forma di autismo di cui si è già parlato, il terzo concerne i rapporti con la famiglia divenuti sempre più difficili ed ostici al punto da essere definiti dal fratello Salvatore “tossici”. Diciotto lettere di Ettore scritte da Napoli indirizzate a Carrelli, alla madre ed al fratello Salvatore, delle quali solo otto pubblicate dalla famiglia, sono state analizzate scrupolosamente da Roncoroni cui è stato concesso, nel 1964, di leggere ma non copiare quelle non pubblicate salvo una che è rimasta secretata. Non è possibile riassumere in breve il complesso studio della corrispondenza del periodo napoletano della vita del fisico, ma è interessante, come rileva Piero Banucci nell’articolo “L’ultima ricomparsa di Majorana” sulla Stampa del 28 marzo 2022, come Roncoroni interpreta l’ultima lettera di Ettore alla sua famiglia, riportata qui nel paragrafo sulla biografia, che si conclude con la frase: “Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi”. Questa, chiosa Roncoroni, non è una vera richiesta di perdono ma piuttosto, con quel “se potete”, una accusa alla sua famiglia, la madre in particolare, che nulla ha fatto per capirlo portandolo alla decisione finale: “Come non capire la sottile e crudele ironia di questa richiesta? Proprio da lui che non ha mai chiesto nulla del genere e quando ha dovuto chiedere, è stato solo per domandare comprensione per la sua generale diversità // Questo e solo questo è il saluto che Ettore lascia ai suoi: io sono così, vi lascio a fare i conti con voi stessi ma credo che non riuscirete a risolvere le vostre contraddizioni”.

L’archivio della famiglia Majorana non accenna alle inclinazioni sessuali di Ettore che pure sembra fossero già note nello stretto ambito parentale, mentre la prova certa dell’omosessualità si ha dopo la scomparsa di Ettore da un documento della Polizia non più ritrovato ma di cui si è conservata memoria. Come già accennato Oliviero Savini Nicci, marito di Elvira Majorana, zia di Ettore, Consigliere di Stato, il 30 marzo 1938 denuncia la scomparsa del nipote al vice capo della polizie e suo amico Carmine Senise, nonché al capo Arturo Bocchini a cui si rivolgerà perentoriamente Mussolini dopo le lettere di Dorina e di Fermi ordinando “voglio che si trovi”. Senise comunica confidenzialmente a Savini Nicci i risultati, purtroppo senza esito, delle ricerche mano a mano che procedono, e gli dice anche che ha trovato e sospeso “un provvedimento di Ammonizione a carico del professore Ettore Majorana” fermato, qualche giorno prima della scomparsa, in flagranza di reato a Napoli, portato in Questura e schedato per “atti contro la pubblica decenza”. Savini Nicci realizza immediatamente il pericolo che quella Ammonizione possa costituire per la reputazione della Famiglia Majorana e prega Senise di non diffondere la notizia che lui stesso non lascia trapelare nel suo diario giornaliero. Dopo la comunicazione di Senise l’omosessualità di Ettore è innegabile e la Famiglia predispone allora tutte le iniziative necessarie a nasconderla affinché non si associ la sua scomparsa al provvedimento di Ammonizione. Sicuramente Ettore era andato a Napoli, per iniziare finalmente a vivere da solo “nella speranza di scrollarsi da dosso una famiglia oppressiva” e lo stato insopportabile di tensione che si era creato con madre, fratelli e zii.

Dalla attenta ed introspettiva analisi dell’epistolario di Ettore, particolarmente dell’ultimo periodo napoletano, Roncoroni ne ricava la conferma “schiacciante” che Ettore e la sua famiglia non potevano più vivere insieme. La sua amara conclusione è che “per vivere in unum i Majorana dovevano cambiare atteggiamento nei confronti del congiunto asperger, geniale e omosessuale o Ettore smetterlo di esserlo. Nessuno delle due parti era in grado di adeguarsi ed è stato giocoforza per Ettore prendere lui una decisione inevitabile, quella di andarsene”.
Documento inserito il: 02/11/2024
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