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Storia dell'uomo dalle origini ai giorni nostri. Trentaseiesima puntata

di Alberto Sigona


La Rivoluzione Francese

La Rivoluzione Francese fu la lotta di una misura di luce contro le tenebre grezze, dello spirito vitalizzante della libertà contro una oppressione da lungo stabilita e di una misura di verità contro vecchi errori e vecchie superstizioni, a lungo incoraggiati e nutriti dai poteri civile ed ecclesiastico per accrescere sé stessi e opprimere il popolo
Charles Russell


La vigilia della Rivoluzione

In Francia, il Paese guida del movimento illuminista, erano mancate le riforme che altrove, nel corso del ‘700, avevano, seppur timidamente, rinnovato alcuni Stati, come l’Inghilterra. Attorno agli anni Ottanta il Paese, in cui vigeva la monarchia assoluta di Luigi XVI, riversava in condizioni finanziarie gravissime a causa di spese folli per il mantenimento dei lussi di Corte e dell’esercito (ricordiamo, fra l'altro, che la Francia era reduce da due campagne militari molto dispendiose economicamente, ovvero la Guerra dei Sette Anni e la Rivoluzione Americana, in cui i francesi appoggiarono militarmente le colonie ribelli). Le condizioni di gran parte del popolo erano ormai insostenibili, aggravate da esose tasse da cui erano dispensati i ceti ricchi e privilegiati. La soluzione più logica alla crisi sarebbe stata quella di tassare anche loro. Ma di fronte a questa proposta, avanzata dal Ministro delle finanze J. Necker, nobiltà e clero reagirono con forza. Sicché, su pressione del Parlamento di Parigi(1) e dell'opinione pubblica, il Re nel maggio 1789 convocò gli Stati Generali - un'assemblea di nobiltà, clero e Terzo Stato (che comprendeva tutti gli altri ceti rimanenti, ad iniziare dalla borghesia), rappresentante la massima forma di consultazione della tradizione francese - che non si riunivano dal 1614.
La convocazione degli Stati Generali tuttavia non mise fine alle discussioni e alle aspre polemiche, che furono incentrate soprattutto sul sistema di voto. I deputati del Terzo Stato rappresentavano, pensate, il 98% dei francesi, ma non per questo potevano dominare l’Assemblea. Ciò gli era impedito in partenza dalle modalità di votazione che avvenivano “per ordine”, vale a dire che ognuno dei 3 “stati” aveva a disposizione 1 voto. Perciò, se nobili e clero si accordavano potevano bloccare ogni riforma proposta dal Terzo Stato. Se si fosse votato per testa (cioè per ogni singolo rappresentante) anziché in blocco avrebbe trionfato invece il Terzo Stato, che rappresentava, come già detto, la quasi totalità della popolazione francese. La voce del Terzo Stato fu espressa con grande efficacia dall'abate E. Sieyes, sottolineando che siffatta categoria sociale costituiva la maggioranza della Nazione e rappresentava l'unica componente operosa e produttiva, e quindi meritava di essere l'unica depositaria della volontà nazionale. Gli argomenti di Sieyes trovarono un consenso via via crescente... Il 27 dicembre del 1788 il Consiglio Reale, su pressione di Necker, decideva il raddoppio del numero dei rappresentanti del Terzo Stato, ma ciò non risolveva la questione del voto e confermava la funzione puramente consultiva dell'assemblea.

Nel maggio del 1789 gli Stati Generali si riunirono a Versailles, in una situazione di forte tensione sociale per l'accentuarsi della crisi economica e per la dilagante disoccupazione. Dopo un solo mese i deputati del Terzo Stato, in mancanza di un accordo col Re sulle modalità di votazione, si riunirono da soli (separatamente da clero e nobiltà), proclamandosi “Assemblea Nazionale Costituente”, giurando che non si sarebbero separati prima di avere dato una Costituzione al Paese. Il Re dal canto suo licenziò Necker (colpevole di simpatizzare per il Terzo Stato) e fece radunare a Parigi molti reparti dell’esercito, il cui arrivo destò preoccupazione e malcontento tra i parigini (si temeva, forse non a torto, che il Re si stesse preparando a sferrare un colpo autoritario contro l'Assemblea) che, sotto la guida di una neo costituita municipalità composta dagli elettori che votarono durante le elezioni degli Stati Generali, formarono una milizia, un corpo armato di cittadini che garantisse il mantenimento dell'ordine e la difesa dei diritti costituzionali. Per armare la milizia si cominciò a saccheggiare i luoghi dove si riteneva fossero custodite le armi.


La proclamazione della Monarchia Costituzionale

Proprio per questo il 14 luglio una folla inferocita attaccò l'Hôtel des Invalides impossessandosi così di circa ventottomila fucili e di cinque cannoni, ma senza polvere da sparo. Per impadronirsi della polvere, la folla poco dopo decise allora di assalire la prigione-fortezza della Bastiglia (vista dal popolo come un simbolo del potere monarchico), distruggendola e liberando i prigionieri, uccidendo alcune guardie della guarnigione (negli scontri perirono un centinaio tra gli insorti), e quando il governatore De Launay si arrese in cambio dell'incolumità, fu massacrato e la sua testa mozzata fu poi issata su una picca e portata in giro per la città: la violenza di massa entrava in scena per diventare protagonista delle giornate rivoluzionarie. Il giorno dopo il Re richiamò Necker e ritirò le truppe da Parigi. Frattanto per difendere l'Assemblea dai tentativi di un colpo di Stato monarchico veniva ufficialmente istituito il corpo militare della Guardia Nazionale (comandata dal marchese J. De La Fayette), ovvero l'ex milizia, mentre la rivoluzione, iniziata a Parigi, si diffondeva a macchia d'olio in altre città... Intanto nelle campagne i contadini, incitati dagli avvenimenti, prendevano d’assalto i castelli dei nobili, bruciando le carte che provavano la loro servitù e i diritti di proprietà dei blasonati sulle terre. Allora poco dopo l’Assemblea proclamerà l’abolizione del regime feudale e di vari privilegi signorili.
Il 26 agosto, sull'onda delle violentissime proteste del popolo, che ormai minacciava persino la reggia di Versailles, venne approvata dall'Assemblea la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, nella quale, sintetizzando l'essenza del pensiero illuminista, venivano enunciati i principi di libertà, uguaglianza e democrazia cui si sarebbero ispirati i futuri ordinamenti liberal-democratici. Essa stabiliva, fra l'altro, che le tasse dovevano essere pagate da tutti, senza privilegi, proporzionali ai patrimoni personali, ponendo così fine ad una delle più grandi iniquità dell'Ancien Regime. In virtù di tali norme i francesi non erano più considerati sudditi della Corona ma cittadini dello Stato, mentre la sovranità trovava la sua legittimazione non più in Dio o nel sangue del sovrano, ma nel consenso del popolo.
Frattanto cresceva l'acredine nei confronti del potere Reale. Nell'ottobre dello stesso anno una marcia furente (una rabbia incanalata e guidata da alcuni rivoluzionari) composta soprattutto da donne si diresse in migliaia a Versailles, entrò nella reggia e invase gli appartamenti della Regina, che fu minacciata ed insultata; vi furono alcuni morti e feriti fra le guardie regie e la famiglia reale fu dunque indotta con la forza a tornare a Parigi ed a lasciare Versailles, simbolo dell'assolutismo regio (da quel momento il Re e la sua famiglia risiederanno nel vecchio Palazzo delle Tuileries, sorvegliati dalla popolazione e minacciati dalla sommossa). Luigi XVI poco tempo dopo fu perciò costretto a firmare i decreti concernenti l'abolizione dei diritti feudali e la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo che in precedenza si era rifiutato di approvare.
Per circa due anni l’Assemblea – nel frattempo trasferitasi anch'essa a Parigi - continuò a lavorare a ritmo serrato (varando importanti riforme che definivano il sistema elettorale, l'organizzazione giudiziaria, la riforma penale, la fiscalità...) finché nel 1791 sarà approvata una nuova Costituzione che aboliva i titoli nobiliari, divideva lo Stato in 83 dipartimenti e, soprattutto, trasformava la Francia da Monarchia assoluta a Monarchia costituzionale (con la divisione dei poteri in giudiziario, legislativo ed esecutivo), per delle riforme che il Re – che vedeva limitata di molto la sua autorità (al monarca ormai spettava in pratica soltanto la nomina dei ministri e il diritto di sospendere per massimo 4 anni una legge approvata dall’Assemblea, ma escludendo le leggi costituzionali e fiscali; il sovrano non poteva sciogliere l’Assemblea, né dichiarare guerra, né firmare trattati di pace...) - approvò senza entusiasmo.


La proclamazione della Repubblica e la condanna a morte del Re

La notte del 20 giugno del 1791, preoccupato dagli eventi, Il Re provò una fuga verso il Belgio, ma fu arrestato a Varennes dalla Guardia Nazionale e riportato a Parigi (dove in pratica sarebbe rimasto prigioniero). La fuga di Luigi XVI rendeva oramai chiara la posizione del sovrano, che, dopo aver accettato la Costituzione, si dimostrava nemico della Nazione, cercando l'appoggio delle potenze straniere per restaurare la monarchia assoluta. Mentre crescevano le tensioni politiche (l'Assemblea era sempre più divisa in varie fazioni: da un lato c'erano quelli secondo cui l'obiettivo era stato raggiunto e bisognava consolidare il nuovo regime di libertà; dall'altro quelli, giacobini in primis, che lottavano per radicalizzare la Rivoluzione, portandola alle estreme conseguenze) e sociali, la situazione internazionale era precipitata perché le potenze europee (contrarie alla Rivoluzione, che rischiava di contagiare altri Paesi) minacciavano apertamente la Francia(2) (segretamente d’accordo coi tanti nobili emigrati dopo le prime fasi rivoluzionarie, e con la Corte, che sperava che una Guerra distraesse il popolo dagli intenti di ribellione). Pertanto nell’aprile del 1792 la Francia, in un clima di incontenibile fervore patriottico, dichiarò guerra all’Austria ed alla Prussia (solo pochissimi deputati dell'Assemblea si mostrarono contrari alle ostilità), dando avvio alle cosiddette “guerre rivoluzionarie”(3). Ben presto però sarebbero arrivate le prime sconfitte poiché il vecchio esercito regio non esisteva più e si era dovuto allestirne in tutta fretta uno nuovo.
Mentre prendeva sempre più piede l'idea di un complotto della nobiltà, nell'estate del '92 il popolo (circa 20.000 dimostranti sobillati ed organizzati da giacobini assieme a loro fiancheggiatori politici) attaccò il Palazzo delle Tuileries, dove risiedeva il Re, dando luogo ad un violento combattimento armato contro le guardie reali, che dovettero soccombere (al termine degli scontri si contarono circa 350 morti fra gli insorti e circa 800 fra i monarchici, di cui 600 Guardie svizzere e 200 nobili). Il Re perciò si rifugiò nella cinta dell'Assemblea legislativa, ma essa si volse contro di lui, sospendendolo dalle sue funzioni. Luigi XVI, privato dei suoi poteri, venne imprigionato insieme alla sua famiglia, in attesa di essere processato. Frattanto la Francia andava sempre più a dirigersi verso una vera e propria deriva autoritaria, in cui non era contemplato il dissenso, col terrore (che si manifestava in numerosi arresti e dure condanne) che si apprestava ad inghiottire i sani ideali di libertà e fraternità che avevano inaugurato la Rivoluzione.
Poiché di fatto la Costituzione del 1791 era ormai superata, si procedette anche all'elezione di una Convenzione Nazionale(4) che sostituisse l'Assemblea (con poteri legislativi), la quale a sua volta provvide alla nomina di un Consiglio Esecutivo Provvisorio (che in questa sede chiameremo con l'acronimo C.E.P.). Le elezioni della Convenzione (la quale avrebbe avuto il compito di stilare una nuova Costituzione a carattere democratico ed egualitario) si svolsero però in un clima intimidatorio (l'affluenza fu bassissima), nel mezzo dei cosiddetti “massacri di settembre” dei nemici veri e presunti della Rivoluzione (in primis si ricorda l'esecuzione sommaria di 6.000 detenuti, supposti partigiani del re, stipati nelle carceri parigine). L’entusiasmo rivoluzionario portò all’afflusso di molti volontari e alla prima vittoria francese - il 20 settembre del 1792 - contro i prussiani (il cosiddetto “Miracolo di Valmy”, in cui le truppe francesi fermarono le fanterie austro-prussiane, interrompendone la marcia verso Parigi), in quella che ormai era diventata una guerra ideologica e patriottica contro il pericolo dell'Ancien Régime. Lo stesso giorno la Convenzione proclamò la Repubblica (nota come Prima Repubblica Francese).
La Convenzione ormai si era sostanzialmente divisa fra Girondini, di posizione moderata, ed i Giacobini, di tendenze estremiste, rappresentanti la forza propulsiva della Rivoluzione, convinti che la Francia non poteva dirsi libera se il Re non fosse morto. Dopo un breve processo, che il 15 gennaio 1793 vide il sovrano ritenuto colpevole di tradimento verso la Nazione e di cospirazione contro le libertà pubbliche, il 21 gennaio si procedette alla condanna a morte (votata con una maggioranza di 387 voti contro 334) tramite ghigliottina (la stessa sorte sarebbe poi toccata alla Regina Maria Antonietta). Poco dopo sarà elaborata una nuova costituzione, che però, a causa della piega imprevista che prenderanno gli eventi, non entrerà mai in vigore.
Frattanto, in ambito estero, le armate francesi avevano occupato la riva sinistra del Reno, invadendo il Belgio e minacciando l'Olanda. Quindi la Convenzione dichiarerà guerra a Gran Bretagna e Spagna.


La dittatura giacobina

Il 10 marzo 1793 la Convenzione (al cui interno si acuivano i contrasti tra le opposte fazioni) istituì il Tribunale rivoluzionario, mediante il quale verranno giudicati impietosamente tutti coloro che erano invisi alla Rivoluzione. Poche settimane dopo, il 6 aprile, venne istituito il Comitato di salute pubblica, un Governo d'emergenza (che rimpiazzava il C.E.P.) la cui guida fu presa con la forza dagli estremisti giacobini (che godevano dell'appoggio popolare), escludendo perciò i girondini (molti dei quali saranno poi condannati a morte). Il loro leader indiscusso è Maximilien de Robespierre. Egli dopo aver represso militarmente le varie sommosse che ormai incendiavano quasi l'intero Paese (precipitato in una sorta di guerra civile fra i repubblicani ed i contrari alla Rivoluzione; varie città erano insorte contro i governi giacobini locali...), dà vita ad una vera e propria dittatura incentrata sulla politica del Terrore, eliminando fisicamente (dopo processi sommari) migliaia di veri o presunti “nemici della Rivoluzione”. Inoltre raggiunge il culmine l'odio verso la Chiesa, palesatosi sin dai primi vagiti della Rivoluzione: viene “abolito” il Cristianesimo (sostituito dal culto dell'Essere Supremo), un numero elevato di membri del clero viene condannato a morte, numerosi beni ecclesiastici vengono requisiti.
In ambito estero, intanto, l’esercito francese (rinfoltito dalle leva obbligatoria), dopo una serie di gravi sconfitte militari, fra la seconda metà del '93 e la primavera del '94, inizia a riportare importanti successi. Le vittorie a Hondschoote, Wattignies, Wissembourg e Landau permettono di giungere alla grande offensiva con la quale i nemici vengono scacciati oltre i confini nazionali. L'armata rivoluzionaria riuscì quindi a rioccupare il Belgio, la regione della Renania e i Paesi Bassi: la Francia si apprestava così a diventare la potenza egemonica del continente europeo.(5)


L'epilogo

La ferrea dittatura di Robespierre (che negli ultimi mesi si era spinta oltre ogni immaginazione) poteva reggersi solo sulla necessità di difendere una Repubblica in crisi: venuta meno l'emergenza e perciò la sua ragion d'essere (grazie alle vittorie interne ed esterne), essa cominciava a perdere il sostegno politico, e lo stesso consenso popolare iniziava a venir meno. L'insofferenza generale verso tanta violenza e nei confronti di un clima perenne di paura stava per raggiungere il culmine. Quando il 26 luglio ’94 Robespierre minacciò una nuova epurazione, anche contro certi deputati che maldestramente non nominò, fece esplodere l'esasperazione tra le file dell'assemblea, ed in tanti accusarono Robespierre di essere un tiranno. Perciò molti deputati si accordarono tra loro per destituire il Comitato, così il 27 luglio 1794 Robespierre e i suoi collaboratori vennero arrestati e il giorno successivo ghigliottinati senza processo. La caduta di Robespierre e dei giacobini - avvenuta a seguito di quello che fu un vero e proprio “colpo di Stato” - fu accolta dai più come una liberazione da una intollerabile dittatura sanguinaria e segnò la fine di un esperimento politico rivoluzionario che aveva coniugato una Costituzione democratica con un feroce autoritarismo.
L’epoca del Terrore(6) era finalmente terminata, ma per alcuni mesi al “terrore rivoluzionario” si sostituirà il “terrore controrivoluzionario” (chiamato “terrore bianco”), coi nuovi dirigenti, fautori del ritorno al governo costituzionale e ad una stabilizzazione moderata della Repubblica, che perseguirono senza pietà i seguaci di Robespierre ed i sostenitori del mantenimento dell'assetto rivoluzionario, facendo precipitare il Paese nel caos. Il governo rivoluzionario frattanto veniva progressivamente smantellato, quindi, dopo che le acque si placarono, il 17 agosto 1795 fu votata dalla Convenzione (facente capo a P. Barras, protagonista del colpo di Stato di cui sopra) la nuova Costituzione. Essa fu effettiva a partire dal 26 settembre dello stesso anno e fondò il nuovo regime del Direttorio (composta da 5 membri che rispecchiavano una sorta di “capo del governo”), a cui sarebbe spettato solamente il potere esecutivo. La Convenzione fu quindi sostituita da 2 camere elettive: per la prima volta in Francia il potere legislativo veniva affidato a un Parlamento bicamerale, composto da un Consiglio dei Cinquecento (formato da 500 membri che proponevano le leggi) e da un Consiglio degli Anziani di 250 membri (che le ratificava). Tuttavia il nuovo governo repubblicano mostrò debolezza ed incertezza, districandosi fra varie crisi e rivolte (va tuttavia riconosciuto al governo del Direttorio l'avere contribuito al risanamento delle finanze del Paese), e ben presto avrebbe ceduto il passo ad un giovane generale di nome Napoleone che avrebbe affrancato la Francia da una crisi politica cronica, dandole finalmente stabilità. Ma questa è un'altra storia. Che vi racconteremo prossimamente.
Pur fra eccessi e contraddizioni, la Rivoluzione Francese aveva comunque posto le basi per una società finalmente più giusta, ponendo le premesse per i moderni sistemi politici liberal-democratici, anche se in verità bisognerà attendere molto tempo prima di veder trionfare il vero “Stato di Diritto” in quasi tutta l’Europa, che, come avremo modo di vedere, dovrà uscire persino da dittature sanguinarie.


Nell'immagine, 14 luglio 1789, la presa della Bastiglia.


Note:

(1) Il Parlamento possedeva la delegazione della Giustizia, che gli permetteva di emettere sentenze in nome del Re. Il Parlamento era un tribunale sovrano per cui le sue decisioni erano inappellabili. Ciò nonostante, il Re poteva presiedere questo tribunale, modificare le sue sentenze, bloccare un procedimento.

(2) Nell'agosto del 1791 i regnanti di Austria e Prussia firmarono la Dichirazione di Pillnitz, con la quale invitarono le potenze europee a intervenire contro la Rivoluzione per restituire i pieni poteri a Luigi XVI. La Dichiarazione di Pillnitz sarebbe dovuta servire unicamente allo scopo di intimorire i rivoluzionari francesi, facendoli desistere dal continuare a indebolire l'autorità di Luigi XVI, ma la popolazione e l'Assemblea Legislativa interpretarono il documento come una reale dichiarazione di guerra.

(3) Considerate inizialmente delle guerre preventive, esse furono combattute dal 1792 al 1802 dalla Francia rivoluzionaria contro gran parte delle potenze europee, ostili alla Rivoluzione. Le guerre terminarono, nonostante molte difficoltà e alcune pesanti sconfitte, con la vittoria della Francia che estese la sua influenza su parte dell'Europa centrale e meridionale, ponendo le premesse per le successive conquiste dell'Impero napoleonico, succeduto alla Repubblica rivoluzionaria. Gli eventi militari posteriori vengono storicamente indicati come “guerre napoleoniche.”

(4) Potevano essere eletti a far parte della Convenzione tutti i cittadini francesi di età superiore ai 21 anni, residenti da più di un anno e stabilmente occupati: la Convenzione fu quindi il primo organo francese eletto a suffragio universale.

(5) Queste vittorie posero le premesse per le successive conquiste dell'Impero napoleonico, che, come poi vedremo, succederà alla Repubblica rivoluzionaria.

(6) Durante il Terrore furono ghigliottinate circa 17.000 persone, 25.000 subirono esecuzioni sommarie, 500.000 vennero imprigionate e 300.000 furono poste agli arresti domiciliari.
Documento inserito il: 20/03/2025
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