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Il Regno D'Italia da Depretis a Crispi

di Francesco Cirillo

Nei primi anni la destra storica governò il neonato regno Italiano con politiche di austerità e politiche per raggiungere il pareggio di Bilancio.
Nel 1876 la Destra Storica perse la maggioranza parlamentare e Depretis venne nominato primo ministro, incarico che mantenne fino al 1887 anno della sua morte. Nel 1882 Depretis si alleò con i parlamentari delle altre forze politiche per ogni intervento legislativo necessario al governo della Sinistra Storica.
Questa strategia politica detta “Trasformismo” divenne un “vizio” della giovane vita politica Italiana.
Depretis cercò di attuare il programma che aveva illustrato l’anno prima della sua nomina a Primo ministro, che comprendeva l’estensione del diritto di voto, l’obbligo dell’Istruzione elementare, l’abolizione della tassa sul macinato, provvedimenti in favore degli operai e la laicizzazione dello Stato e la sua Difesa.
La stagione dell’Esecutivo di Depretis fu accompagnata da proteste del ceto operaio e dalle fondazioni di partiti Socialisti che si erano prefissati l’obiettivo di movimenti alternativi a Depretis che dovette affrontare le crisi economica iniziata nel 1873.
La grande depressione colpì l’Italia ma in misura minore rispetto agli altri stati però il settore agricolo Italiano rendeva meno rispetto a quello Tedesco e Britannico. A causa di questo i contadini si rivoltarono.
Il settore Industriale Italiano crebbe rapidamente e nacquero le prime fabbriche come la società Terni che lavorava nel settore siderurgico; l’Industria estrattiva Montecatini e la società elettrica Edison. Per tutelare la nascente borghesia industriale e i proprietari agrari del Sud Italia dalla concorrenza straniera e dal grano russo e americano, il governo Depretis attuò una politica protezionistica, che provocò forti tensioni con la Francia che contrattaccò bloccando l’importazione dei prodotti dall’Italia danneggiando l’economia Italiana facendo crollare l’esportazione italiana del 40%.
A causa di questo contenzioso circa 2 milioni di contadini emigrarono dalle campagne per sfuggire alla disoccupazione.
La politica estera di Roma cambiò radicalmente dopo il 1870 a causa delle rotture diplomatiche con la Francia a causa dell’occupazione Francese della Tunisia, territorio ambito dall’Italia, e dalla guerra doganale.
Al contrario si intensificarono i rapporti tra l’Italia e la Germania firmando un’alleanza includendo l’impero Austro-Ungarico detta “triplice Alleanza”.
Intanto l’Italia avviò una politica coloniale in Africa Orientale favorita da Londra che temeva una forte presenza francese nel Corno D’Africa.
Tra il 1882 e il 1885 l’Italia occupò l’Eritrea ( chiamata così dagli stessi Italiani), iniziando da Massaua presa nel 1885.
Nel 1887, con la sconfitta di Dogali si fermò temporaneamente la politica coloniale.

IL GOVERNO CRISPI
Con la morte di Depretis, avvenuta nel 1887, il Re Umberto I (1878-1900) affidò il governo a Francesco Crispi nazionalista e convinto monarchico; antisocialista ed ex mazziniano Crispi promosse una politica autoritaria e accentratrice in cui si coalizzarono Industriali, banche e membri del Regio Esercito interessati al suo programma coloniale.
Nei primi 6 anni del suo governo (1887-1892) attuò una riforma istituzionale con cui rafforzò i poteri del governo e subordinò le prefetture al controllo governativo.
Attuò una riforma degli enti locali in cui introdusse l’elezione diretta dei sindaci nei comuni superiori ai 10.000 abitanti. Il governo Crispino promulgò un nuovo codice penale nel 1889 abolendo la pena di morte e limitando ( ma riconoscendo) il diritto di sciopero.
Crispi, ammiratore di Bismarck, mise in atto una politica repressiva contro le forze politiche cattoliche e dell’estrema sinistra conferendo maggiori poteri alle forze dell’ordine rendendoli autonomi dalla magistratura, vietò la propaganda socialista e anarchica, introducendo il reato di incitamento all’odio di classe.
Crispi sciolse il partito socialista, inasprì la repressione anti-anarchica e riprese con un successo significativo: il 2 maggio 1889 l’Italia e il negus (Imperatore) etiopico Menelik II firmarono il trattato di Uccialli in cui Menelik riconobbe il dominio Italiano in Eritrea.
In seguito il Regno D’Italia inizia la conquista della Somalia, che diventerà colonia solamente nel 1905.
Il Trattato aveva delle incomprensioni di traduzione poiché l’Italia considerava l’Etiopia un protettorato mentre il Negus lo vedeva come un rapporto di amicizia.
Con le dimissioni di Crispi nel 1891, Giolitti venne nominato capo del Governo.
Il governo Giolittiano fu caratterizzato dalla ricerca di equilibrio e di compromesso tra le forze politiche, ma con la protesta dei Fasci Siciliani e lo scoppio dello scandalo della Banca Romana Giolitti e costretto a dare le dimissioni e viene richiamato Crispi il 15 dicembre 1893.
Subito dopo la nomina il nuovo governo Crispino proclama lo Stato d’Assedio in Sicilia e invia un contingente di circa 50.000 uomini e reprime con brutalità i Fasci Siciliani limitando la libertà di stampa, di parola e d’associazione.
La Repressione compiuta in Sicilia rafforza l’estrema sinistra in tutto il paese.
Crispi riprese con vigore la politica coloniale nel corno D’Africa dove le truppe Italiane sconfiggono, al confine tra Sudan ed Eritrea, i ribelli mahdisti del Sudan e avanzano nella regione del Tigre.
Nel 1895 i rapporti diplomatici tra Italia ed Etiopia si rompono definitivamente e le Truppe del Regio Esercito invadono il Paese.
Il 1° Marzo del 1896, 17.500 uomini delle Regio truppe coloniali vengono sconfitte ad Adua.
Dopo la sconfitta di Adua Crispi rassegna le dimissioni e si conclude la sua Carriera Politica e la Politica Coloniale Italiana.

La crisi di fine Ottocento in Italia
Dopo le dimissioni di Crispi si alternarono diversi governi che furono travolti da gravi e pericolose tensioni sociali che ebbero l’epicentro nel 1898 a Milano.
Nel capoluogo Lombardo scoppiarono diverse rivolte contro il rincaro dei prezzi del pane.
Per fermare la “protesta dello stomaco” il Re Umberto I autorizzò il generale Beccaris ad aprire il fuoco sulla folla e l’alto ufficiale ordinò l’uso dei cannoni.
Ma la vera indignazione fu la decorazione dell’ordine di Grand Officiale dell’Ordine militare dei Savoia concessa al Generale dal Re.
Il fatto suscito lo sdegno di gran parte dell’Opinione Pubblica dell’epoca e il Governo guidato da Rudinì chiese lo scioglimento delle Camere e nuove elezioni.
Alla richiesta dello scioglimento, il re rifiutò e diede al Generale Pelloux l’incarico di formare un nuovo governo.
Dopo la formazione del governo, il nuovo esecutivo presentò in parlamento leggi autoritarie che abrogavano i più elementari diritti civili.
Questi provvedimenti trovarono una forte opposizione parlamentare sia da parte socialista sia dal fronte liberale e dai moderati che vedevano in queste “leggi” una pericolosa deriva autoritaria.
Le elezioni svoltasi nel giugno del 1900 consegnarono la vittoria al liberali con una maggioranza schiacciante, seguiti da Repubblicani e dai socialisti.
Saracco venne indicato come politico affidabile di formare il nuovo governo visto il suo poco coinvolgimento nei conflitti di parte.
Un mese dopo le elezioni il 29 luglio dello stesso anno il Re Umberto I venne assassinato a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci che voleva vendicare i morti dell’eccidio di Milano del 1898.
Salì al trono Vittorio Emanuele III , avvisato della morte del padre durante la sua luna di miele in compagnia della moglie Elena di Montenegro, e divenne il nuovo ed Ultimo Re d’Italia.
Saracco, in seguito, diede le dimissioni e venne sostituito da Zanardelli, già ministro della Giustizia durante il periodo di Crispi.
Nel governo Zanardelli il dicastero degli Interni venne affidato a Giovanni Giolitti, il politico destinato a cambiare per sempre la storia politica dell’Italia per i prossimi quindici anni.

Nell'immagine Francesco Crispi.
Documento inserito il: 29/03/2016
  • TAG: regno italia, giolitti, crispi, depretis, governo italiano

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