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Benito Mussolini: da neutralista a interventista

Nato a Predappio in provincia di Forlì nel 1883, Benito Mussolini era figlio di Alessandro, un fabbro con idee socialiste e di Rosa Maltoni, maestra elementare.
Già nel 1900 il futuro Duce del fascismo militava nelle file del Partito Socialista. Nel 1901 riuscì ad ottenere il diploma di maestro elementare, mentre l’anno successivo emigrò in Svizzera per evitare il servizio militare: per questo motivo venne condannato in contumacia ad un anno di reclusione.
Nella confedarazione elvetica, per mantenersi egli svolse lavori di vario genere e nel 1905, grazie ad un’amnistia, rientrò in Italia. Dopo aver prestato il servizio di leva, divise il proprio tempo tra l’insegnamento scolastico e il giornalismo.
Nel 1908 si fidanzò con Rachele Guidi e dopo poco si trasferì a Trento, dove assunse il ruolo di caporedattore presso Il Popolo, il giornale di Cesare Battisti. Fu in questo periodo, che a causa del suo acceso anticlericalismo si scontrò più volte con Alcide De Gasperi.
Nel 1912 si recò a Milano dove assunse la carica di direttore dell’organo del Partito Socialista Avanti. Proprio in questa veste scrisse articoli antimilitaristi e chiaramente pacifisti, scagliandosi in più occasioni contro i detentori del potere economico, da lui definiti guerrafondai.
Ben presto il suo modo di vedere le cose subì un drastico mutamento: Mussolini si convinse che l’unico modo per cambiare effettivamente le cose fosse una guerra di vaste proporzioni, in grado di spezzare gli equilibri esistenti. Il 18 ottobre del 1914 apparve un suo articolo, nel quale egli riteneva asolutamente necessario il passaggio dalla neutralità assoluta ad una più attiva ed operante.
Nel successivo mese di novembre, Mussolini si schierava apertamente per un intervento dell’Italia nel conflitto a fianco delle potenze dell’Intesa. A causa di questa sua presa di posizione, in contrasto con le direttive del partito e malgrado il prestigio accumulato come direttore dell’Avanti, il 24 novembre l’assemblea della sezione milanese del Partito Socialista sancì la sua espulsione dal partito e dalla direzione del giornale.
Ma la cosa non impensierì Mussolini, che il 15 novembre, cioè mentre era ancora direttore dell’Avanti, aveva fondato un proprio giornale: Il Popolo d’Italia. Sia il quotidiano che i Fasci di azione rivoluzionaria, istituiti agli inizi del 1915, svolsero una violenta campagna interventista, che in un primo tempo era rivolta in particolare contro i cattolici e contro i liberali di Giolitti, ed in seguito contro i socialisti, colpevoli di non voler appoggiare una guerra che avrebbe potuto apportare un radicale cambiamento nella società italiana.
Documento inserito il: 27/12/2014

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