Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, storia contemporanea: L’eccidio di Marzabotto: la violenza e l’odio nazista contro la popolazione inerme
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L’eccidio di Marzabotto: la violenza e l’odio nazista contro la popolazione inerme [ di Simone Balocco e Paola Maggiora ]

Marzabotto è uno dei 7.904 comuni presenti in Italia. Situato in Provincia di Bologna (a trenta chilometri a sud dal capoluogo felsineo), oggi conta 6.800 abitanti e molte città nel nostro paese hanno una odonomastica dedicata a questo comune. Il motivo? A Marzabotto c’è stato il più terribile eccidio perpetrato dai nazisti in Italia durante la Seconda guerra mondiale, la più grande strage sul fronte occidentale durante la Seconda guerra mondiale.
Il 29 settembre 1944 iniziò una forte rappresaglia nazista nel Bolognese, durata una settimana, contro la popolazione locale e quella dei comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno per un totale di centoquindici località comprese nel territorio di Monte Sole. In quella settimana vennero trucidate 955 persone, rendendo la strage superiore a quella di Sant’Anna di Stazzema, in Provincia di Lucca, avvenuta il 12 agosto 1944 dove i nazisti uccisero 560 civili, di cui oltre un quarto bambini.
Per capire meglio cosa avvenne quella settimana a Monte Sole, c’è da capire la situazione italiana nel 1944.


La situazione italiana. Crolla il fascismo, nasce la RSI. Inizia la guerra civile

Con la sfiducia da parte del Gran Consiglio del Fascismo del 24-25 luglio 1943, Benito Mussolini venne arrestato e re Vittorio Emanuele III diede l'incarico di guidare un governo militare al Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, già Viceré di Etiopia ed eroe della guerra coloniale nel Corno d'Africa, che traghettò il Paese fino alla firma dell’armistizio con gli Alleati, avvenuto il 3 settembre 1943 a Cassibile, nei pressi di Siracusa (successivo all'invasione degli Alleati in Sicilia del 9 luglio 1943), reso poi pubblico l'8 settembre. Badoglio sottolineò sin da subito che la guerra in Italia non sarebbe finita ed iniziò una guerra civile durata fino al 25 aprile 1945 con il nostro Paese occupato, fino a quei giorni, dai tedeschi. Nell’autunno 1943 iniziò la “Resistenza” che vide di fronte i partigiani, aiutati poi dagli Alleati (che risalirono dal Sud fino a Nord), contro i nazifascisti. Il 25 aprile 1945 la guerra in Italia finì, l’Italia fu liberata e dalle sue macerie nacque successivamente la Repubblica italiana. I fedeli alla causa nazifascista erano consci, dopo le sconfitte delle Nazioni aderenti al Patto d’acciaio in Europa e nel Pacifico, che la guerra era compromessa, ma per Hitler era troppo importante salvaguardare l’Italia, la parte meridionale del fronte di guerra in Europa. Il fuhrer non silurò Mussolini e si diede vita ad un nuovo alleato: il 23 settembre 1943 nacque la Repubblica Sociale Italiana, Stato-fantoccio soggiogato alla Germania nazista con capitale Gargnano, ma nota per avere la sede più importante a Salò, sul Lago di Garda. La RSI venne riconosciuta esclusivamente dalla Germania nazista e dai Paesi alleati dell’Asse (Francia di Vichy, Slovacchia, Manchuko, Croazia, Ungheria, Romania). Nel frattempo gli anglo-americani erano sbarcati prima a Salerno (9 settembre 1943) e Napoli, tra il 28 settembre ed il 1° ottobre 1943, ci fu una delle prime opposizioni di civili contro i tedeschi con le celebri “quattro giornate”. Gli Alleati sbarcarono a Anzio (26 maggio 1944), liberando Roma (4 giugno 1944), Firenze (22 agosto 1944) piano piano giunsero al superamento della Linea gotica, la linea difensiva voluta dal feldmaresciallo nazista Albert Kesselring, capo supremo delle forze militari tedesche in Italia, per impedire l’avanzata degli Alleati guidati dal generale Harold Alexander.
La Linea gotica partiva tra le provincie di Spezia e Carrara e terminava nei pressi di Pesaro per oltre 300 chilometri di fortificazione. La Linea gotica era il lato meridionale del Terzo Reich: sopra di essa i tedeschi, sotto gli Alleati, in mezzo la lotta tra partigiani, nazisti e fascisti.
Durante la Resistenza, milioni di italiani combatterono tra loro e ci furono molti atti criminali perpetrati dai soldati tedeschi: dai rastrellamenti di via Rasella ai fatti delle Fosse ardeatine, dagli eccidi compiuti nel Centro-Nord (da Sant'Anna di Stazzema a Boves, dalla Benedicta, a Civitella), fino alle deportazioni degli ebrei italiani nei campi di concentramento nazisti dove la quasi totalità di loro non sopravvisse.


Obiettivo degli Alleati: superare la Linea gotica. Obiettivo dei partigiani: combattere i nazifascisti. Obiettivo dei nazifascisti: annientare il nemico

I nazisti, a partire dal 1943, nel nostro Paese, commisero centinaia di eccidi colpendo la popolazione civile. Le stragi più efferate si ebbero in Toscana e in Emilia Romagna, nei territori a ridosso degli Appennini.
Fino all’estate 1944, si contarono centinaia di stragi nazifasciste che causarono oltre 5mila vittime. La strategia era sempre la stessa: atti violenza e di morte contro tutte le persone inermi, ovvero donne, bambini ed anziani, creando una mattanza piena d’odio. Una sorta di “terra bruciata” e “stragi eliminazioniste” fatte per eliminare ogni cosa a scopo di vendetta.
Il più grande eccidio fu quello di Sant’Anna di Stazzema, in Provincia di Lucca, del 12 agosto 1944, ma tra il 29 settembre ed il 5 ottobre 1944 quell’eccidio venne superato dalla mattanza in diversi comuni siti nel territorio di Monte Sole, nel Bolognese. Il comune dove avvenne la mattanza peggiore fu Marzabotto.
Tra il 23 e 24 settembre 1944, i nazisti distrussero con il tritolo ponti, strade, gallerie, cabine, tralicci, linee elettriche, telefoniche e ferroviarie intorno a quelle zone. Le truppe nazifasciste avevano circondato quel territorio a cavallo tra Toscana ed Emilia Romagna: Monte Sole a nord, Monte Salvaro a sud, fiume Setta a est, fiume Reno a ovest. Marzabotto si trovava proprio su quella “linea” e per questa ragione Kesselring ordinò di fare piazza pulita di ogni cosa: Monte Sole era considerato “vitale” per la lotta contro i partigiani e la difesa della Linea gotica. I partigiani erano da combattere, in particolare la Brigata Stella Rossa e la stessa Brigata aveva il compiuto di neutralizzare tutti i tedeschi e sconfiggerli.
Nata “Leone” (in onore di Gastone Rossi), la Brigata Stella Rossa divenne poi “Lupo” dal soprannome del suo leader, Mario Musolesi. La Stella Rossa nacque a Monzuno, ad una quarantina di chilometri a sud di Bologna, nel 1943 ed ebbe un forte seguito nel 1944 tanto da avere ben 1.538 partigiani. I nazifascisti sapevano che quei partigiani erano aiutati dalla popolazione locale e dovevano impedire che venissero aiutati ancora.
Ci fu una battaglia aspra e le parti in causa lo avevano messo in conto, ma i nazisti fecero “un passo in più”: l’annientamento della popolazione civile di Monte Sole.
Kesselring ordinò a Max Reder, comandante del 16º battaglione esplorante corazzato della 16° SS-Panzergrenadier-Division “Reichsfuhrer-SS”, di annientare tutto ciò che le sue truppe trovavano sulla loro strada: una vendetta escogitata a tavolino, la peggiore delle vendette contro i civili che con la guerra (in sé) non c’entravano nulla.
Il comandante Musolesi, sorpreso a Cadotto all’inizio dell’attacco, viene però ucciso il 29 settembre 1944 ed i tedeschi proseguirono nella loro azione di annientamento: quattro reparti guidati da SS, Wehrmacht e fascisti assaltarono tutto ciò che si trovarono di fronte. Le case vennero bruciate, gli animali uccisi o razziati, le scorte alimentari saccheggiate o distrutte. case, scuole, chiese, luoghi dove potevano esserci persone disarmate da combattere ed uccidere. Non venne mostrata pietà verso nessuno.
Marzabotto fu il centro più colpito. Gli abitanti di Marzabotto pensarono che i nazisti volessero solo gli uomini che si erano nascosti nei boschi vicini perché temevano che i tedeschi potessero arrestarli per fermare l’arrivo di aiuti alla lotta partigiana. Invece i nazisti guidati da Reder colpirono tutti indistintamente.
Nella chiesa di Casaglia, don Ubaldo Marchioni, parroco locale, radunò donne, bambini ed anziani per trarli in salvo: non poterono fare nulla se non pregare. I nazisti entrarono in chiesa, obbligarono tutti ad uscire, uccisero una donna che non poteva camminare. Furono portati davanti al cimitero del paese dove mezzora dopo furono tutti uccisi a colpi di mitra. Don Marchioni fu ucciso in chiesa e la chiesa fu data alle fiamme. A Casaglia morirono 90 persone. Furono gettate bombe a mano contro case e persone. Oltre a don Marchioni, vennero uccisi anche i sacerdoti don Ferdinando Casagrande e Giovanni Fornasini: avevano, rispettivamente, tra i ventinove e i trent’anni di età.
Non fu risparmiato nessuno, tutto fu incendiato e raso al suolo: appartamenti, una cartiera, un risificio, quindici strade, sette ponti, cinque scuole, undici cimiteri, nove chiese e cinque oratori.
Tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, i caduti furono 770, ma nel complesso le vittime di tedeschi e fascisti, dalla primavera del 1944 alla Liberazione, sono state 955, distribuite nelle citate centoquindici frazioni del territorio di Monte Sole. Di questi, 216 erano i bambini, 316 donne, 142 anziani, 138 le vittime riconosciute partigiane. La vittima più giovane è stata Valter Cardi, di Creda, nei pressi di Grizzana, che aveva solo quattordici giorni quando fu ucciso insieme a tutta la sua famiglia.
Il 19 aprile 1945 Marzabotto venne liberata e tutto dovette essere ricostruito, soprattutto la psiche ed il morale dei sopravvissuti. Marzabotto è stata insignita della Medaglia d'Oro al Valor Militare il 25 settembre 1949 dall’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi.
Negli anni si sono fatti diversi conteggi per sapere quante persone sono state uccise in quella tragica settimana. Le vittime dell’eccidio sono state 955, ma in totale morirono (fino alla fine della guerra) almeno 1.830 persone.


Il post conflitto: condanne per i colpevoli. La macchia di un’atrocità senza senso. I processi tardivi

La notizia della strage fece il giro del Paese, ma sui giornali vicini al regime i fatti di Marzabotto furono sminuiti. Dopo la Seconda guerra mondiale iniziò la caccia ai carnefici di Monte Sole per arrestarli e portarli davanti ad un tribunale che li avrebbe giudicati per i crimini compiuti. Molti furono arrestati e processati, altri invece riuscirono a farla franca e scapparono all’estero. Furono tanti i nazisti che, in odore di processo e di condanna a morte o carcere a vita, usarono documenti e passaporti falsi per fuggire e rimanere impuniti. Si parlava di “Rat line”, una via di fuga creata per consentire ai gerarchi nazisti compromessi, e ai loro vari collaboratori, di scappare per non essere giudicati a Norimberga. La “Rat Line” fece parte di quel progetto passato alla storia con il nome di “Odessa” (acronimo di Organizzazione degli ex-membri delle SS): come beneficiari si ricordano (tristemente) il comandante di Treblinka, Franz Strangl; Erich Priebke, conosciuto come il “boia delle fosse Ardeatine”; Klaus Barbie detto il “macellaio di Lione”; Walter Rauff, l'inventore del “gas wagen”; Ante Pavelic, il fondatore dei fascisti croati collaborazionisti ùstascia, e Josef Mengele, l'”angelo della morte” di Auschwitz tristemente ricordato per i suoi esperimenti sui prigionieri, in particolare sui gemelli. In America Latina, in particolare. tutti questi criminali trovarono governi accondiscendenti al loro riparo, in quanto stati neutrali, cattolici e dove c'erano ampie comunità tedesche, come nel caso di Brasile e Argentina.
Il processo per i fatti di Monte Sole iniziò nel 1946 e furono condannati a morte, presso i Tribunali di Brescia e Bergamo, i repubblichini Lorenzo Mingardi (capo dei repubblichini di Marzabotto e commissario prefettizio) e Giovanni Quadri. I loro capi di imputazione erano collaborazionismo con i tedeschi, omicidio, devastazione ed incendio. Mingardi fu condannato a morte, Quadri ebbe trent’anni. Successivamente le pene furono alleggerite e Mingardi fu condannato all’ergastolo, Quadri prese dieci anni e poi otto anni. Grazie all’amnistia Togliatti del 22 giugno 1946, entrambi furono amnistiati e liberati tra le critiche di tutto il Paese.
Anche la “mente” ed il “braccio” dell’eccidio di Monte Sole furono arrestati e condannati: Kesselring fu condannato per crimini di guerra (tra cui il fatto di essere stato l’organizzatore ed il decisore del massacro delle Fosse ardeatine dove, il 24 marzo 1944, a seguito dell’attentato partigiano di via Rasella a Roma del giorno prima, furono uccise 335 persone come ritorsione delle trentacinque vittime naziste dell’attentato partigiano) e condannato a morte nel maggio 1947, ma non fu giustiziato e morì nel 1960 a 75 anni; Reder, a guerra finita, scappò in Germania, fu catturato ed estradato in Italia. Il processo contro di lui iniziò nel settembre 1951 e fu condannato alla pena dell’ergastolo da scontare in Italia. Nell’aprile 1967 scrisse una lettera chiedendo perdono alla popolazione di Monte Sole per ciò che aveva commesso, ma la comunità rispedì al mittente le scuse. Nel 1980 ebbe la semilibertà e nel 1985 dopo trentaquattro anni di galera fu scarcerato e tornò in Germania. Si scoprì che la lettera inviata alla comunità era falsa e non si pentì mai veramente di ciò che fece. Morì a Vienna nel 1991 a 76 anni.
Nel 1994 fu scoperto qualcosa di clamoroso: all’interno di un grosso armadio rivoltato presso la Corte Militare d’Appello di Roma furono trovati 695 fascicoli di inchiesta che contenevano tutti i dati riferiti a tutti i criminali di guerra e delle loro azioni fino alla Liberazione. I documenti erano contenuti in un faldone dal nome “archiviazione provvisoria”. Fu uno scandalo e si scoprirono tante verità fin lì taciute.
La competenza andò al Tribunale militare di La Spezia e si apri nel 2006 il processo contro tutti i gerarchi nazisti ancora in vita e responsabili delle stragi compiute in Italia durante la guerra. Furono condannati all’ergastolo per i fatti di Monte Sole 17 ufficiali tedeschi, tutti in contumacia: Paul Albers, Josef Baumann, Hubert Bichler, Max Roithmeier, Adolf Schneider, Max Schneider, Kurt Spieler, Heinz Fritz Traeger, Georg Wache, Helmut Wulf. Pena confermata due anni dopo.
A oggi i nazisti che parteciparono alla strage di Marzabotto e di Monte Sole sono morti.


Cosa rimane oggi di Marzabotto

La strage di Marzabotto e Monte Sole è la strage più cruenta della Seconda guerra mondiale in Italia per numero di vittime. La Germania post-1945 si è sempre vergognata di ciò che fecero i nazisti: nel 2002, a 57 anni dalla fine della guerra, l’allora Presidente della Repubblica tedesca Johannes Rau si recò a Marzabotto e chiese perdono per ciò che fu fatto in quella zona.
Le zone in Italia dove ci furono gli eccidi praticati dai nazisti presentano costruzioni in ricordo dei fatti. Ad esempio, dal 1989, esiste il Parco storico Regionale di Monte Sole che abbraccia l’area colpita dagli eccidi ed è chiamato a tenere viva la memoria e divulgare a tutti ciò che successe in quella parte di Emilia la settimana dal 29 settembre al 5 ottobre 1944 ed i fatti successivi, per non dimenticare mai la violenza. Ogni anno il 25 aprile, per la festa della Liberazione, migliaia di persone si recano laggiù a rendere omaggio alle vittime dell’eccidio.
La gente sopravvissuta alla strage di Marzabotto non ha mai dimenticato quei fatti e tutti hanno sempre ricordato con dolore la loro esperienza, tanto che molti durante il corso della loro vita hanno continuato a ricordare le urla e i colpi di mitra dei soldati.
Nel 1994, in ricordo dei 50 anni della strage, nei pressi della chiesa di Casaglia intitolata a Santa Maria Assunta (dove novanta fedeli furono fatti uscire dalla loro preghiera per essere uccisi davanti al cimitero) è stata posta una campana fusa fatta con materiale bellico. Nel 2002 è stata istituita la Fondazione Scuola della Pace di Monte Sole.
Non si può dimenticare una strage come quella di Marzabotto e non si possono dimenticare le 1.830 persone che persero la vita per colpa di militari tedeschi e fascisti loro complici. Marzabotto non fu una rappresaglia, ovvero un atto di vendetta violenta contro un atto violentemente precedente accaduto, o una vendetta, ma “solo” l’intenzione di distruggere ed uccidere, stroncando l’azione delle formazioni partigiane. Ed in una settimana perse la vita una generazione intera di bambini.
Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”, asseriva Luis Sepúlveda. E aveva ragione: se non si vogliono ripetere gli errori del passato, i cittadini ed i governanti dovrebbero studiare i manuali di storia dalla prima all'ultima pagina e combattere i rigurgiti nazisti e fascisti. Il ricordo della Resistenza e della sua lotta di liberazione deve essere studiato di più nelle scuole, di ogni ordine, o anche facendo campagne di studio. Se non leggere la moltitudine di libri scritti da chi visse quei momenti, a monito affinché ciò non si possa mai più ripetere negli anni futuri. La storia, come dice un detto latino, è magister vitae: la storia è maestra di vita ed i cittadini devono sapere cosa sono storia e memoria, perché entrambe fanno parte delle nostre origini. Tutto questo per sconfiggere il grande nemico della storia e della memoria, l'oblio. Lo studio della storia è importante perché con essa si capisce la trilogia “chi siamo-cosa vogliamo-dove vogliamo andare”: conoscere la storia, il nostro passato, ci rende più ricchi, consci e responsabili. Perché stragi come quella di Marzabotto e di quel terribile 1944 non si devono mai dimenticare e devono essere ricordate e divulgate sempre.


Sitografia

www.storiaememoriadibologna.it
www.straginazifasciste.it
www.anpireggioemilia.it
www.martirimarzabotto.it
www.parcostoricomontesole.it
www.montesole.org
https://web.archive.org/web/20080611045338/http://www.bologna.chiesacattolica.it/seminario/vr_servididio_montesole.php
Documento inserito il: 20/09/2022
  • TAG: marzabotto, eccidio, walter reder, kesselring, montesole, resistenza

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