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Qui il più pulito ha la rogna. [ di Massimo Filippini ]

Ancora il ricordo di un grande uomo anche se partigiano.

Ė necessaria una premessa. Debbo richiamare alla memoria un mio precedente articolo apparso su Nuovo Fronte nel novembre 2000, dal titolo “Francesco Montanari, partigiano, ma grande uomo”. Ecco il testo:
"La quiete agiografica nella quale si cullavano da anni le forze resistenziali antifasciste fu scossa violentemente un giorno del 1990. Accadde che un ex deputato comunista ed ex partigiano, l’ingegner Francesco Otello Montanari (“Cincino”), ricordando gli eccidi compiuti dai suoi compagni nelle giornate primaverili (e ben oltre) del 1945, lanciò appunto quel giorno del 1990, un grido accorato: “CHI SA PARLI!”. Superfluo aggiungere che dopo quella denuncia intorno a Montanari fu eretta una cortina di silenzio e di omertà. Il dado, però, era tratto e l’ex partigiano voleva lavarsi completamente la coscienza. Nel 1994, venuto a sapere che lo Stato era pronto ad assegnare all’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani)la somma di 20 miliardi, scrisse a Scalfaro (allora Capo dello Stato) minacciando: “Se consegnerete quei soldi, io mi brucerò vivo!”. Sabato 17 febbraio 1996 “Cincino” Montanari affidò una lettera, che può essere considerato il suo testamento spirituale, ad un amico, l’avvocato Gustavo Raffi. Di quella ricordiamo alcuni passi più significativi: “Sono certo che coloro i quali detengono le leve del potere faranno tutto il possibile per farmi passare per matto o anormale (…). Mi ammazzo perché so valutare la ‘sora’ morte nella maniera giusta, perché ho dignità, moralità, sensibilità e coraggio per cui, in questo letamaio pieno di miseria, ingiustizie e violenza – dove comandano i ladri, i delinquenti e i mafiosi – (…). Durante la guerra sono stato comandante partigiano (…). Non ho mai fatto scatenare terribili rappresaglie su gente innocente, non ho mai vigliaccamente giustiziato nessun fascista a guerra finita (…). Provo ormai nausea a vivere in questa ripugnante società di ladri, di delinquenti e di pecore. Perciò vi dico “IO NON CI STO! più” e tolgo il disturbo! Spero di avere sufficientemente chiarito che il mio non è un gesto inconsulto, ma un gesto di protesta nei riguardi dei principali responsabili di questo sfascio morale e materiale dell’Italia. Vi saluto amici e nemici, e vi prometto che se di là si sta peggio vi scriverò (…). Francesco Montanari.

Il mio articolo così continuava
: "I venti miliardi furono consegnati all’ANPI e, da uomo coerente, Montanari, il 22 febbraio 1996 si dette alle fiamme ponendo atrocemente fine alla sua vita.
P.S. Da perfetti vigliacchi, ma coerenti alla propria vigliaccheria, a parte un paio di quotidiani, i “mass media” ignorarono il “caso Montanari
”.

Sin qui i fatti più salienti di quanto scrissi nel novembre del 2000. Sennonché ad aprile del 2003 ricevetti una comunicazione a firma di Livio Valentini, il quale in merito a quanto scrissi affermò che, secondo lo scrittore Gian Paolo Pansa, non sarebbe stato Montanari a lanciare quella frase. Così il signor Livio Valentini continuava:
"Conoscendo la serietà del giornale, mi pare difficile che il sig. Giannini si sia inventato tutto, penso ad una omonimia (ma in tal caso non si tratterebbe di Francesco Otello Montanari, né sarebbe stato deputato."
Confermo tutto quel che scrissi, a parte che Francesco Montanari (“Cincino”) non fu deputato comunista (anche se il sito http://digilander.libero.it/comuitalia.htm. lo attesta, ma questo, ai fini del gesto del capo partigiano, ha poca importanza. La lettera di Livio Valentini dimostra, una volta di più, la capacità dei comunisti di nascondere la verità. Infatti il Montanari ricordato da Pansa doveva essere Otello Montanari (non Francesco, tanto meno “Cincino”).
Francesco “Cincino” Montanari aveva 76 anni, era nato a Ravenna, ma abitava a Cesena. La notte del 22 febbraio 1996 salì su una Ritmo acquistata pochi giorni prima e la parcheggiò in San Mauro in Valle (una frazione di Cesena) dove si dette fuoco. Il suo corpo fu divorato dalle fiamme, ma rimasero intatte alcune copie del suo libro dal titolo: “Qui il più pulito ha la rogna”, libri che aveva posto accanto alla macchina prima dello stoico gesto. A maggior documentazione riporto uno stralcio di una lettera inviata a Il Giornale il 15 marzo 1997 dal signor Italo Tassinari di Padova che aveva fatto parte della stessa brigata partigiana di Montanari:
"Ero amico intimo di Francesco “Cincino” Montanari, amico sino a recensire il suo ultimo libro “Qui il più pulito ha la rogna” (…). Anche Cincino Montanari era un capo partigiano che combatteva per una Resistenza diversa e che non indusse mai ad atti come quello di Codevigo, dove la 28a Brigata Garibaldi del Pci, comandata dal così detto “eroe rosso” Boldrini, medaglia d’Oro al Vm (figuriamoci) senatore della Repubblica per meriti resistenziali, passò per le armi circa 300 giovani nelle “radiose giornate” 10,11 e 12 maggio 1945, cioè dopo la fine della guerra (….).
Cincino prima di suicidarsi, venne a trovarmi di domenica nella mia casa di Bellaria, in quel di Rimini, per salutarmi. Un addio semplice: “Caro amico Italo – mi disse – ti porto dieci copie del mio libro, diffondilo. Mi ucciderò mercoledì prossimo, perché in questo merdaio di grassatori e tangentocrati non voglio più vivere (…). Questa Italia nata dalla Resistenza , un parto che forse era meglio fosse stato aborto (…).

Questa è la storia, per dovere di spazio molto concisa, di un grande uomo che è un onore aver avuto come avversario; non nemico. Perché poche cose ci dividevano da Lui.
Documento inserito il: 27/12/2014

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