Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, storia contemporanea: Testimonianza del partigiano Edilio Leveratto (Biondo)
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Testimonianza del partigiano Edilio Leveratto (Biondo) [ di Yuri Leveratto ]

Biografia:
Edilio Leveratto (Genova, 1927-2002) è stato un antifascista e combattente per la libertà. Dal 1943 fino alla fine della guerra è stato a fianco del comandante Aldo Gastaldi (Bisagno) nelle file dei partigiani della “III Divisione Garibaldina Cichero”. Nell’aprile del 1945 ha subito ferite multiple e la perdita di un occhio nel tentativo di sminare un campo in prossimità di Torriglia (Genova). In seguito gli è stato riconosciuto lo status di Grande Invalido di Guerra. Nel 1955 si è sposato con Walter Cargnel. Nel 1968 è nato il suo unico figlio, Yuri Leveratto.

Giudizio di Aldo Gastaldi (Bisagno) su Edilio Leveratto (Biondo):
Ottimo partigiano. Il suo coraggio ha rasentato la temerarietá. Onestissimo e disciplinato ha portato a buon termine qualsiasi missione affidatagli anche se rischiosa. E’ stato di esempio ai compagni nelle azioni ed ottimo comandante di distaccamento”.


Testimonianza di Edilio Leveratto del 14 luglio 1999, dal libro “Recco 1940-1945
“Io ero un garibaldino; ero l’aiutante di Bisagno. Sono entrato nella Garibaldi nel dicembre del 1943…Io sono di Sturla, mi sono trasferito a Recco in seguito, venti, trenta anni fa. Subito dopo l’8 settembre eravamo un gruppo di partigiani, anzi non c’erano ancora i partigiani, ma noi c’eravamo già. A Calvari c’era un campo di concentramento dove c’erano gli americani, dopo l’8 settembre questi qui sono scappati e sono andati un po nei partigiani. Dopo gli ufficiali superiori hanno desiderato ritornare e allora sono stati imbarcati e sono stati portati in Corsica; questo io lo so perché prima di andare nei partigiani ero nella formazione OTTO, di Ottorino Balduzzi. L’organizzazione OTTO aveva tutte le radio della zona e il compito che aveva non era grande ma era importante, doveva dare notizie agli alleati, li hanno aiutati ad andare via. C’ero io, Pomodoro, Rizzo, che è morto in questi giorni. L’hanno caricati su un gozzo e li hanno portati in Corsica, dopodiché sono andato via dalla OTTO perché è successo un fatto: a De Ferrari, da Porta Soprana, stavamo portando dei manifesti, io ed un certo “Milan” Franchi. Sennonché ci ha fermato il pattuglione dei tedeschi, sparando siamo riusciti ad andare via tutti e due. Ovviamente abbiamo lasciato lì i manifestini, erano pacchi grossi. Poi ci hanno consigliato di andare via; siccome noi ne abbiamo ammazzato un paio, le pattuglie andavano in giro per la città a vedere se vedevano se c’era qualcuno che conosceva questi due, che avevano sparato. Milan poi è morto, ha preso una fucilata in una gamba, poi gli è andata in cancrena. Io sono andato a Torriglia con un gruppetto di quindici persone. Quando Bisagno è venuto a Rovegno, a disarmare una banda che era lì, c’era una colonia dove ci andavano i figli dei fascisti. Non c’era nessuno e l’hanno usata come sede; quando Bisagno li ha disarmati, ci si è messo lui lì. Ed io in motocicletta in quei giorni sono andato da lui a dire che eravamo un gruppo e che ci saremmo messi con lui. Aveva spostato la Brigata Oreste in Val Trebbia. Quando sono arrivato in montagna era la vigilia di Natale del 1943. In montagna c’era già Bisagno che era andato in montagna da un’altra parte, era entrato nell’entroterra di Chiavari, in un paese che si chiama Cichero e aveva costituito lì il primo gruppo. Io invece sono andato dalle parti di Torriglia, poi però Bisagno ha creato dei comandanti e ha fatto dei distaccamenti e uno di questi è venuto in Val Trebbia, e Torriglia è sul confine con la Val Trebbia e io sono andato direttamente con loro. Prima mi ero messo da solo, poi da soli è difficile stare; anzi proprio da solo non ero, eravamo un gruppetto di una quindicina di persone. Poi è arrivato Bisagno con i suoi, anzi è arrivato Croce, e allora sono andato da Bisagno e gli ho detto che eravamo queste poche persone e mi ha messo con la “volante”che era il primo distaccamento che avrebbe funzionato e lo comandava Sandro. Sandro era un ragazzo di Corso Sardegna e comandava questa volante ed io, dopo un mese che ero lì, sono diventato il vice-comandante. Dopo, più avanti, questa volante ha preso un po’ di presunzione, nel senso che voleva fare un po`quello che voleva, perché si ritenevano in gamba e lo erano; in conclusione ci sono stati problemi con Croce, che era il comandante della zona ed era il comandante di una brigata di Bisagno. Noi, essendo in quella zona lì eravamo sotto Croce; ecco, Croce ha dato l’ordine di disarmarci, perché facevamo cose fuori regola, cioè fuori comando. Inizialmente erano tre le Brigate: Oreste, Arzani e Coduri e tutte erano Cichero. La Garibaldi Coduri operava nel sestrese ed era lontana, però era sempre della divisione Cichero, sennonché a due o tre mesi dalla fine della guerra si è creata una scissione fra i comandi e a questo punto hanno creato la divisione Pinan-Cichero, che era quella che operava verso Tortona, e la Divisione Coduri e la Divisione Cichero, che operava in Val Trebbia. E’ successo questo perché comandava su tutti Bisagno; hanno tentato di levargli il comando e l’unico modo per fargli perdere il comando, il potere, era dividere tutti. Allora di una ne hanno fatte tre ma Bisagno è rimasto a comandare perché oltre che essere comandante della Cichero, era il vice comandante della zona, di conseguenza praticamente comandava sempre tutto lui. Sandro, che era il comandante della volante, poi è andato con Giustizia e Libertà. La Garibaldi avevano disarmato quelli della GL; dicevano perché avevano fatto delle prepotenze, ma anche ammettendo questo, non era il caso di disarmarli, erano partigiani anche loro. Hanno disarmato le brigate GL, che poi le hanno rifatte, però secondo il mio parere erano cose dette tanto per ottenere il disarmo. Poi i rapporti si sono appianati ma non facevamo azioni insieme perché non era il caso, eravamo già in difficoltà da soli. Qui c’era il comandante di una Brigata Nera che era a Camogli, Di Martino, e di conseguenza siccome lo rispettavamo tutti lo lasciavamo stare, non siamo mai venuti a seccarlo. Lui voleva che i suoi uomini lasciassero i fucili a casa e che operassero con le mani. A Recco non ci sono state grandi azioni, però ha tanti partigiani; nella mia formazione c’è per esempio “Santo” (Elvezio Massai). C’era una buona zona antifascista ad Uscio. Nella zona di Uscio, a Pannesi, c’era un nostro distaccamento che lo comandava Scrivia, il comandante dell’Oreste, che poi è diventato comandante della Pinan Cichero. L’avevano messo lì perché poteva puntare su Genova. Poi l’hanno trasferito nel tortonese, dall’altra parte dell’Antola, perché hanno ingrandito la divisione. La divisione è fatta di tre brigate, le tre brigate sono la Jori, la Berto, e la Coduri: la Jori la comanda Croce, Banfi comanda l’Oreste e la Coduri la comanda Virgola, che finita la guerra muore schiacciato da un camion. Parlo dell’inizio. Banfi opera qui nell’entroterra di Chiavari, Croce comanda la Jori che opera su Torriglia e la Coduri. Ognuna di queste tre brigate ha 5 o 6 distaccamenti; Croce ha quello di Santo, che si chiama distaccamento Alpino, Guerra, che lo comanda Scalabrino, il Bellucci, che lo comanda Gino e in un certo periodo l’ho comandato io perché lui era in ospedale, perché gli è venuta la scabbia, e poi Mandorli, che lo comanda un carabiniere di cui non ricordo il nome. I distaccamenti erano 4 o 5 ma i distaccamenti sempre operanti erano Guerra, il Bellucci…Poi hanno fatto una volante che operava su Genova e la comandava Gino che attualmente è un comandante della polizia. La Cichero era più grande rispetto alla GL e molto ben armata: le armi venivano dagli scontri coi tedeschi. Le brigate si sono spostate a secondo della necessità e nella zona più prossima a Recco c’era Banfi, c’era la Brigata Oreste, era S.Stefano come zona e di conseguenza picchiavano loro su Recco. Noi picchiavamo più su un’altra parte, da Sturla parlando di Genova, si scendeva dal Montefasce, e da Bolzaneto dove c’era la brigata Balilla, che era un distaccamento per la verità comandato da questo Gino…E questa Brigata operava su Genova. Combattimenti ne sono successi a Barbagelata, dappertutto…tutte le volte che ci scontravamo con i tedeschi. Spiotta faceva dei rastrellamenti, però i rastrellamenti veri e propri l’ha fatti la divisione Monterosa degli alpini; i rastrellamenti di Spiotta erano roba piccola, roba da quindici, venti uomini, però il grosso rastrellamento l’ha fatto la Monterosa. Ma non ha dato nessun danno, sono riusciti tutti a scappare. Però incendiavano villaggi, hanno incendiato la Scoffera, e ci sono stati degli scontri anche. Poi è successo che la Monterosa mi ha preso prigioniero nell’ottobre del 1944 ed ho operato in maniera che una parte della divisione passasse coi partigiani ed è passata ai partigiani. Poi mi hanno liberato perché mi sono messo d’accordo con un tenente, (Ten. Ebner), gli ho detto di venire con noi, che la guerra stava per finire. Qui c’era praticamente solo la GL, come organizzazione, c’era Ivo, (Manuelli), poi è andato in montagna anche lui e qui non c’era rimasto nessuno, perché gli altri erano già in montagna. La Garibaldi con Recco non ha fatto nulla, per lo meno fino agli ultimi giorni prima della Liberazione, quando sono venuti giù, allora è venuto giù Santo e su Recco ci è sceso lui col distaccamento “Alpino”, lui è l’unico che è venuto giù. Ad Uscio, che era una buona base, nel senso che i ragazzi fornivano viveri, c’erano Umberto e Santo e poi sono venuti giù. Quando io sono stato ferito a Torriglia il 20 aprile mi hanno portato a San martino il 22, Santo era già sceso a Recco. Gli alleati intanto avevano sbagliato strada; da Chiavari sono andati nella Fontanabuona, lì c’è stato qualche piccolo scontro poi sono arrivati a Recco anche loro passando da Uscio ma a Recco sono arrivati prima quelli di Umberto e quelli di Massai, poi sono arrivati gli alleati, che poi hanno proseguito verso Genova. Ma nel frattempo sono venuti anche di sotto dalla statale…Mi sono domandato perché la chiamavano “terza” brigata Garibaldi; per quel che ne so, era una brigata in Spagna, allora si rifaceva a quella. Dal marzo del 1945 hanno cominciato i lanci, ma noi eravamo già armati, Avevamo messo via molte armi che noi ritenevamo vecchie; siccome la nostra era una guerra un po’ ravvicinata, normalmente avevamo bisogno di automatici leggeri, mentre quello che riuscivamo a catturare dai tedeschi erano molti fucili, ma servivano a poco. Poco prima della fine della guerra hanno buttato anche le divise, ci hanno messo in divisa per venire a Genova.

14 luglio 1999
A cura di Yuri Leveratto, figlio di "Biondo".
Documento inserito il: 29/12/2014
  • TAG: divisione cichero, resistenza, brigate garibaldine, aldo gastaldi, edilio leveratto biondo, partigiani, azioni militari, liberazione
  • http://www.yurileveratto.com/

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