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Luigi Canali, il partigiano che voleva salvare Mussolini. [ di Michele Marini ]

In questi giorni, nei quali all´interno della comunità della destra radicale inizia ad esserci la volontà da parte di alcuni a celebrare e onorare anche le figure avversarie, pur con tutte le precauzioni e i distinguo del caso, per una volta mi accodo anch´io a questo nuovo vento. Ma nel mio caso lo faccio unicamente per portare alla luce le vicende di un uomo che fu vicino a Mussolini, nel senso lato della parola. Pur essendo un comandante partigiano, egli fece il possibile per salvare la vita al Duce, e non solo questo… Sto parlando di Luigi Canali, colui che la storiografia ufficiale e quella faziosa della resistenza hanno cercato in tutti i modi di dimenticare, di non dargli il giusto spazio e possibilmente, di infangarne la memoria.

LA STORIA
Luigi Canali, conosciuto da tutti col nome di battaglia di “Capitano Neri”, è sicuramente l´uomo più enigmatico di tutta la vicenda che riguardò la morte di Benito Mussolini. Nato a Como nel 1912, per anni lavorò come impiegato, fino allo scoppio della guerra. Nel 1936 aveva partecipato alla campagna in Africa Orientale (nell´epopea della conquista imperiale); durante il secondo conflitto mondiale venne inviato sul fronte russo, dove si distinse per il suo valore ed ottenne il conseguimento del grado di capitano, per meriti di guerra. Vissuta sulle sue carni la tragica ritirata di Russia, rientrato in patria decide, una volta giunto l´otto settembre, di costituire una formazione partigiana (la 52^ brigata Garibaldi “Luigi Clerici”) e di combattere operando nelle zone del comasco. Pur avendo aderito al partito comunista, il Neri unirà a se uomini di fede non comunista ed in genere non schierati politicamente, soprattutto attingendo fra molti compagni e reduci della campagna di Russia; fra i nomi che poi passeranno alla storia, ad affiancarlo c´erano il conte Pier Luigi Bellini delle Stelle (”Pedro”) sottoufficiale del Regio Esercito ed Urbano Lazzaro (”Bill”) che passò alla storia per aver scoperto Mussolini sul camion dei tedeschi a Dongo. Ai primi di gennaio del 1945, il Capitano Neri venne catturato insieme alla sua fidanzata “Gianna”, dai soldati della Brigata Nera di Como; in quei stessi giorni,finiranno in galera altri due personaggi che poi si riveleranno determinanti per la morte di Canali……i loro nomi sono: Umberto Morandi (”colonnello Lario”) comandante di tutte le formazioni garibaldine del comasco, e Dante Gorreri (”Guglielmo”) capo del partito comunista di Como. Durante gli interrogatori eseguiti dal comandante della Brigata Nera, sia Morandi che Gorreri “parlano”….. fanno in sostanza la spia; il primo addirittura, pur di vedersi risparmiata la vita, è un autentico fiume in piena e lo fa davanti a tutti, compreso al Neri, non risparmiandosi su nulla e spifferando pure tutti i dettagli logistici e militari riguardanti le formazioni partigiane della zona. Il secondo invece è un caso ancora più enigmatico: come testimonierà poi il comandante della Brigata Nera comasca, Vittorio Galfetti, alcuni suoi superiori vennero a prelevare il Gorreri per fucilarlo, ma giunti al confine svizzero, gli concessero inspiegabilmente la libertà…… Perché? Aveva parlato? E se sì, quanto? Cosa mai spifferò per esser liberato così, in quattro e quattr´otto ? Questo resterà per sempre un mistero……. Fatto sta che alcuni giorni dopo, il 25 gennaio, il comandante delle divisioni garibaldine della Lombardia, Pietro Vergani (”Fabio”) emana una condanna a morte per il capitano Neri, con l´accusa di tradimento; secondo le “fonti” da lui ricevute, Canali non avrebbe resistito alle torture e avrebbe spifferato tutto. Ma una voce del genere come potrebbe essere giunta fino a Vergani, se non da qualcuno che là vi era stato? E chi fra i “presenti” poteva avere l´interesse di affermare una cosa del genere, se non per deviare verso qualcun altro le proprie responsabilità e le conseguenze del tradimento? E´ alquanto evidente che fu uno tra Morandi e Gorreri, se non addirittura entrambi, una volta liberati, ad aver rivelato al Vergani che il tradimento è giunto dal Neri. D´altra parte Luigi Canali era ormai diventato uno scomodo testimone e la cosa migliore da fare, secondo qualcuno, era eliminarlo… Vergani,che evidentemente non aveva alcuna simpatia per Neri, tanto che in passato avevano già avuto degli scontri personali che li portarono in rotta di collisione, (per la ferrea opposizione di Neri a certe direttive di partito) preferì credere a queste voci, giunte dunque sia da Morandi (che lui stesso nominò nel´44 a capo di tutte le brigate garibaldine comasche al posto, guarda caso, di Neri) che dal potente dirigente Gorreri. Fu in questo clima che venne emanata la condanna a morte per Neri, decisa da Vergani insieme a Lampredi e a Giovanni Pesce “Visone”,(colui che fu responsabile dell´attentato gappista a Piazzale Loreto nel´44) quando Canali si trovava ancora prigioniero delle Brigate Nere…. Ma l´assurdità e l´inconsistenza di quelle voci furono confermate anche dal comandante della Brigata Nera comasca, Vittorio Galfetti, dove anni dopo testimonierà che Canali ebbe un comportamento dignitoso ed impeccabile, e non si lasciò mai sfuggire nulla. Insomma, non aveva per niente tradito……. ma la sua fuga rocambolesca, quattro giorni dopo, quasi come uno scherzo del destino fece innalzare e quasi confermare le accuse mossegli da Vergani e soci…… Una volta fuggito e preso atto che non poteva più fidarsi dei suoi compagni, dal momento che gli avevano decretato contro una condanna a morte, sarà proprio in questo preciso periodo che il Capitano Neri s´avvicinerà agli agenti dei servizi segreti inglesi, o quantomeno riallaccerà i rapporti precedentemente già esistenti, cercando di collaborare così con le truppe Alleate. Ma a Como e in tutte le zone lariane, nessuno credette al tradimento di Neri, tanto che verrà subito reintegrato nelle file della sua brigata partigiana e nominato capo di stato maggiore della 52^. Da lì a poco giungerà quel fatidico 27 aprile 1945, quando Luigi Canali incontrerà sulla sua strada colui che gli cambierà per sempre il destino: Benito Mussolini. Paradossalmente, avendo gestito la sua sorte e quella dei suoi averi (oro e carteggi) finirà per seguirne lo stesso triste e tragico epilogo…… Dopo che a Dongo venne fermato Mussolini, è proprio il Neri che fin dalla sera del 27 aprile gestisce la custodia del prigioniero, cercando più volte di portarlo in salvo (prima nella caserma di Germasino, poi a Moltrasio dove sarebbe dovuta giungere un´imbarcazione americana per portare via il Duce, infine a Bonzanigo di Mezzegra nella casa di amici, i coniugi De Maria). E´ lui che in quelle ore si oppone fermamente all´omicidio di Mussolini, cercando in tutti i modi di salvargli la vita e di formare un tribunale che concedesse al prigioniero il diritto a difendersi in un regolare processo. E´ sempre lui che si mette in contatto con gli inglesi, per dar loro le coordinate circa la posizione di Mussolini, per venirlo a prelevare e metterlo al sicuro dalle grinfie dei comunisti …. E´ sempre Neri che nei giorni successivi confiderà alla madre che la morte del Duce fu un atto illegittimo, del tutto arbitrario e che non doveva finire in quel modo… E´ il Neri, insomma, uno fra quelli che vide cosa accadde veramente quel 28 aprile del 1945 a Bonzanigo di Mezzegra, sia a Mussolini che alla Petacci, e che nulla poté più fare quando si trovò davanti sulla sua strada il comandante di tutte le brigate garibaldine, nonché numero due del partito comunista, Luigi Longo (il vero assassino del Duce)…..La fatidica mattina in cui fu ucciso Mussolini, egli era rientrato a Como insieme a Michele Moretti (commissario politico comunista della 52^); poco dopo Luigi Longo, che nel frattempo era giunto a Como, salì in macchina col Moretti, Dante Gorreri e il comandante “Riccardo” (Alfredo Mordini) dirigendosi spedito nella casa dei De Maria per eseguire la sentenza di morte. Con grande abilità si sbarazzarono di Neri, che rimasto a piedi rientrò a Bonzanigo solo più tardi (forse un´ora dopo) e anche di Walter Audisio (il fantomatico colonnello Valerio) il quale quest´ultimo rimase a litigare per ore coi compagni di partito per farsi consegnare un camion (convinto ancora di andare a prendere Mussolini e gli altri gerarchi per condurli in carcere a Milano). Quando verso le 10:00-10:30 del mattino Luigi Canali riesce a tornare nella casa dei De Maria, accompagnato da Aldo Lampredi (rimasto apposta a Como per tenere a bada il Neri) troverà Mussolini già morto. Circa un´ora e mezza più tardi qualcuno farà fuoco anche alla povera Claretta Petacci. Alle 16:10 i corpi di Mussolini e della Petacci vengono posizionati davanti al cancello di villa Belmonte, per la sceneggiata da tramandare alla storia, dove qualcuno, forse Moretti, sparerà sui loro cadaveri “in nome del popolo italiano”…. Dopo quel tragico 28 aprile, il Neri non si piegherà più alle direttive di partito e cercando di far prevalere la sua onestà morale, s´opporrà fermamente all´uso che i comunisti vorranno fare dei documenti sequestrati a Dongo e di tutto l´oro requisito sui camion della colonna fascista. Perché, ricordiamolo, è sempre lui che scoprirà le scottanti carte che Mussolini aveva con se, ed è sempre lui che gestendo la situazione ordina di censire tutto l´oro sequestrato in quelle ore. In quei giorni, il Capitano Neri aveva capito subito ciò che i “compagni” comunisti volevano fare sia con l´oro che con le carte segrete, ovvero impossessarsene, ed è per questo che inizia un lungo braccio di ferro tra lui e l´altro esponente di spicco, quel Dante Gorreri, compagno di prigionia e presunto responsabile di quelle voci infondate sul tradimento di Canali, che aveva nel frattempo ufficialmente ricevuto i pieni poteri sulla gestione del materiale requisito (e che già aveva ordine di farlo finire nelle casse del partito comunista). Sono ormai inconfutabili le prove che in quelle ore i due arrivarono ad uno scontro verbale talmente duro, che avrebbe sancito per sempre una spaccatura e la successiva condanna a morte per Canali. In quel frangente, i testimoni udirono entrambi urlare nella sede del partito, tanto che Neri ad un certo puntò affermò : “…finalmente si vedrà chi dei due ha tradito veramente……” Il Neri, che senz´altro si riferiva a quel che avvenne durante il loro periodo di prigionia nelle carceri delle Brigate Nere, aveva deciso di mettere in salvo tutto l´oro, che lui riteneva giustamente appartenere di diritto allo stato italiano, visto che già i comunisti giorno dopo giorno avevano iniziato a farne sparire alcune porzioni, indignando lo stesso Canali; ma allo stesso tempo intendeva mettere al sicuro pure tutti i documenti ritrovati nelle borse di Mussolini, avendo lui capito che si trattava di carte davvero importanti per la storia e per le sorti dell´Italia. Tutto era già stato stabilito : il sette di maggio avrebbe portato ogni cosa nella sede di una banca di Domaso, al sicuro da mani comuniste. Ma in quella banca, lui non vi arriverà mai…… Questo era davvero troppo per i comunisti, e per Gorreri in testa: non potevano più sopportare le “bizze”di questo compagno così indipendente, così ribelle, ma soprattutto così nobilmente onesto. Se avesse parlato, se avesse agito in quel modo, tutto sarebbe saltato alla luce: dalla vera morte di Mussolini, alle sue carte segrete, dall´oro trafugato a Dongo, al tradimento di Dante Gorreri…. La mattina del 7 maggio 1945, alcuni uomini aspettarono sotto casa Canali, che si stava proprio recando a Domaso: venne fatto salire sulla loro auto, poi sparirà per sempre…. Il suo corpo, finito presumibilmente nel lago di Como, non verrà mai più ritrovato. La sera prima di morire, Neri confidò alla madre di esser disgustato dal comportamento dei comunisti e di voler ritirarsi dalla vita pubblica, non prima però di aver messo al sicuro tutto ciò che lui stesso aveva requisito a Dongo il 27 aprile. Venne fatto tacere per sempre e la storiografia ufficiale volle far dimenticare quasi definitivamente la sua figura, così importante e così determinante negli eventi: lui non era allineato, lui era troppo onesto per vivere e per rivivere nelle storie della resistenza….. assassinato, occultatone il cadavere, dimenticato per sempre dalla storia, che lo relegherà soltanto come piccola comparsa degli eventi di Dongo….. Motivo di tutto questo? Quello che avete appena letto, che si può esplicitamente riassumere così: 1) Si era rifiutato di consegnare al partito comunista italiano tutto l´oro confiscato a Dongo, cercando di metterlo al sicuro in una banca di Domaso, per darlo poi allo stato italiano, che lui considerava l´unico legittimo proprietario. Sapeva quindi, della fine che i comunisti volevano far fare all´oro requisito a Dongo. 2) Si era rifiutato di lasciare nelle mani del p.c.i. i documenti presenti nelle borse del Duce, tra cui il carteggio “Churchill-Mussolini”, cercando di portarlo al sicuro, sempre nella famosa banca di Domaso. Sapeva quindi, dell´esistenza del carteggio “Churchill-Mussolini” 3) Aveva visto come morirono veramente Mussolini e la Petacci e quindi sapeva tutto, compreso il nome del vero giustiziere e della successiva finta fucilazione a villa Belmonte. 4) Sapeva del tradimento di Dante Gorreri, quand´egli era in prigione con lui nel carcere della Brigata Nera comasca. In sostanza, era diventato uno scomodo testimone di fatti inenarrabili, ed un serio ostacolo alle ruberie comuniste ed al loro strapotere che presto si sarebbe instaurato in Italia. Ecco perché noi, camerati, dovremmo rendere oggi omaggio ed onore a quest´uomo, che seppur militante nel campo avverso, ha dimostrato un senso di correttezza, civiltà e moralità che quasi nessuno dei suoi compagni ebbe nei nostri confronti, né nei riguardi della Patria, e soprattutto nei confronti del nostro amato Duce, cui Neri, ricordiamolo ancora, voleva a tutti i costi salvare la vita. Non trascurando poi che ha fatto il possibile per portare in salvo anche i preziosissimi documenti del famoso carteggio Churchill-Mussolini e quell´ingente somma di denaro che rispondeva al nome di oro di Dongo. Davvero difficile trovare in quei giorni qualcuno che avrebbe agito come lui. Ma di fatto, per questa sua nobile onestà e serietà, morì……. Alla fine della sua vicenda sono fermamente convinto di una cosa : se il Capitano Neri fosse sopravvissuto a tutti quei tragici eventi, oggi la storia sarebbe un´altra, sia nei racconti fin qui tramandatici, sia nelle conseguenze che certe notizie venute a galla, avrebbero avuto nel nostro Paese e nel resto dell´Europa….. Luigi Canali: un italiano degno di questo nome. Un avversario da rispettare.
Documento inserito il: 07/01/2015
  • TAG: seconda guerra mondiale, armistizio, luigi canali, capitano neri, partigiano, resistenza, repubblica sociale italiana, benito mussolini, pier luigi bellini delle stelle, pedro, urbano lazzaro, bill, Umberto morandi, colonnello lario, dante gorreri, gugli

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