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Massoneria e architettura nel Seicento inglese: Christopher Wren da Oxford a Londra

di Davide Arecco


Dopo la Restaurazione del 1660, il filosofo naturale e astronomo matematico inglese che unì, nella propria esperienza, la fedeltà agli Stuart e la militanza massonica fu senza dubbio Christopher Wren (1632-1723). Uomo di scienza ed architetto, nato a East Knoyle nel Wiltshire, fu uno studioso assai precoce nel campo della geometria, della meccanica e della storia naturale. Studiò al Wadham College di Oxford, ove divenne Master of Arts nel 1653. Sino al 1656, si dedicò a ricerche di natura astronomica, presso l’All Soul’s College. Nel 1657, venne nominato docente di astronomia presso il Gresham College di Londra e nel 1661 ritornò ad Oxford. Tra i fondatori, l’anno prima, della Royal Society, esponente di spicco all'interno di essa del gruppo oxoniense, nel 1673 lasciò la didattica per dedicarsi unicamente all’architettura e agli studi.
Al 1663 risalgono i primi progetti di Wren, in campo architettonico, vale a dire i suoi disegni per la Cappella del Pembroke College di Cambridge e per il Teatro Sheldoniano di Oxford, il fiore all’occhiello della vita teatrale inglese, rinata a nuova vita, dopo il grigiore puritano, grazie all'opera di Carlo II, il sovrano alla cui persona e alla cui corte Wren fu legatissimo.
Vero auto-didatta, al pari di Newton, Wren fu in Francia tra il 1665 e il 1666, maturando lì la sua vocazione per le scienze architettoniche. Questa sua scelta venne sancita, in via definitiva, dopo il Great Fire del 1666, il terribile incendio che distrusse una buona parte della città e delle chiese di Londra. Designato dal monarca quale commissario deputato alla ricostruzione della City, nel 1669, Wren ricevette la nomina di sovrintendente alle opere pubbliche e, con essa, il diretto controllo della (ri)costruzione di tutti gli edifici reali, governativi e religiosi. Fu l'uomo che, in accordo con Carlo II e la sua politica regia, rifondò e fece rinascere Londra. In seguito, tra il 1702 e il 1714, il grandioso progetto per la costruzione di oltre cinquanta nuove chiese, voluto dalla regina Anna, gli permise di imporre una tipologia architettonica destinata a durare, per almeno oltre due secoli. Con il sostegno di Robert Hooke – matematico ed astronomo, fisico e studioso meccanicista di ottica corpuscolare, dimostratore sperimentale della Royal Society, e tra i primi biologi moderni (con la Micrographia, stampata nel 1665) – Wren progettò, tra l’altro, il monumento che in Fish Street Hill commemora il Great Fire. Per Carlo II, realizzò i palazzi reali di Winchester e, per Guglielmo III, anche la parziale ricostruzione di Hampton Court, il Chelsea College (oggi Chelsea Royal Hospital), cominciato nel 1682 e terminato dieci anni dopo, nonché l’ospedale per marinai del Greenwich College iniziato nel 1696.
Presidente della Royal Society, tra il 1681 ed il 1683, Wren mantenne a lungo la sua carica di sovrintendente, cedendola soltanto nel 1718, quando oramai, con l'ascesa di re Giorgio I, una nuova dinastia e un nuovo scenario politico-istituzionale si erano squadernati per la Gran Bretagna, molto diversi dall'epoca Stuart alla quale Wren aveva legato le proprie sorti e realizzazioni. Cambiamenti, inoltre, nel gusto artistico, si andavano via via imponendo, piuttosto lontani dalla sensibilità ancora seicentesca di Wren.
Il nome di Wren rimane – ancora oggi – legato alla grande impresa della ricostruzione della Cattedrale di Saint-Paul, distrutta dall'incendio londinese del 1666. I lavori cominciarono nel 1675 e vennero completati nel 1710. Un tempo alquanto breve per l’epoca. Il progetto rappresentò un felice compromesso tra l’austera architettura protestante e le costruzioni barocche tipiche della cattolicità – la corte Stuart, in particolare durante il lungo regno di Carlo II (1660-1685), fu del resto connotata da un certo indifferentismo teologico e dalla ampia circolazione della cultura libertina, il che non le impediva di essere, altresì e sovente, cripto-cattolica – incarnando in tale maniera, almeno dal punto di vista ufficiale ed esteriore, l'ideale di moderazione propugnato dall'anglicanesimo. Sul versante di natura più squisitamente tecnica, Wren si trovò a dovere mediare fra la sua naturale predilezione per un edificio accentrato sul modello a croce greca della tradizione cattolica e bizantina ed il desiderio espresso invece dal clero anglicano di avere una basilica gotica neo-medievale a croce latina. Così, San Paolo ebbe una lunga navata con coro ed una grande cupola al centro, anziché posta sul braccio orientale. Il frontale a occidente è contrassegnato da una doppia fila di colonne corinzie, accoppiate, fiancheggiate da una coppia di torri barocche. Gli sforzi maggiori di Wren si concentrarono specie nella costruzione della grande cupola, destinata, con la guglia della più antica cattedrale, a dominare l'orizzonte della città. Una disposizione ed un allineamento che una seria analisi archeo-astronomica ci conferma essere di carattere religioso. Del Medioevo anglo-europeo, Wren riprese anche il gusto per il verticalismo ed il suo significato in ottica cristiana, nonché la simbologia gerarchica dei gradi del Compagnonaggio, da cui era nata la Massoneria. Di questa e del suo gruppo di membri – i nuovi figli di Salomone – Wren era parte. Egli interpretò cattedrali e logge insieme quali spazi e geometrie del sacro, tornando a legare a doppio filo architettura e Libera muratoria. Un aspetto che sarebbe poi stato apprezzato – sia pure da una visuale non più stuardista, ma hannoveriana – dalla Massoneria di Anderson, alla morte di Wren (le Constitutions andersoniane apparvero, si sa, proprio nel 1723 ed in qualche modo guardarono in parte ancora alla tradizione architettonica e massonica seicentesca, pur essendo ormai legate alla nuova ideologia whig-newtoniana, illuministica e neo-classicista di inizio Settecento).
Wren tenne viva e portò quindi, nel Seicento e nel primo Settecento inglesi, l’eredità tanto del Compagnonaggio medievale (gilde e corporazioni di muratori, carpentieri) quanto della Massoneria e scozzese e tedesca del XVI secolo, di cui lo storico sa pochissimo. Maestro dell’arte muraroria ed iniziato alla tradizione dell’esoterismo latomistico, architetto di fede cattolica (pure per questo, assai legato a Carlo II e Giacomo II Stuart), Wren fu l’ultimo autentico Gran Maestro della Massoneria di carattere operativo, quella degli alchimisti e costruttori di cattedrali, prima della svolta speculativa data, in epoca whig-hannoveriana, dalla cerchia protestante e newtoniana di Anderson.
Wren ebbe rapporti assidui non solo con i libertini della corte reale, ma anche con quelli che a Londra giungevano dal continente. Il 13 di ottobre 1680, raggiunse la capitale del regno inglese, con i familiari, il nostro Gregorio Leti. Sperava in una buona accoglienza a corte, per avere dedicato, al Duca di York, il primo volume della sua Vita di Filippo II. Strinse legami con aristocratici e mondo ecclesiastico e fu il primo residente italiano ad introdursi nella Royal Society (1681), presso la quale godeva d’una certa celebrità per averle in precedenza dedicato (su sollecitazione magliabechiana) il quarto volume della sua Italia regnante. Leti venne nominato membro della prestigiosa accademia scientifica londinese anche grazie alla sua amicizia con Wren, professore «saviliano» di astronomia ad Oxford e capofila della Massoneria inglese, dopo la Restaurazione degli Stuart sul trono, nonché presidente della Società Reale. All’epoca la Society era abbastanza sospettosa e severa nell’aprire le proprie porte a stranieri e, nella fattispecie, agli italiani. Oltretutto, Leti non era un filosofo naturale di professione e, nonostante le tecniche scientifiche lo potessero attrarre ed incuriosire, non era comunque quello il suo mondo di appartenenza. Tuttavia, lo scrittore italiano – di certo agevolato da Wren – fu accolto letteralmente a braccia aperte, senza alcuna remora o ritrosia. Perché? La ragione può essere stata questa: durante il precedente soggiorno a Parigi, lo storico e pubblicista italiano aveva avuto l’opportunità di entrare nelle grazie di Henry Justel, che a Londra era, ora, bibliotecario di Re Carlo II, monarca verso il quale, tanto la Royal Society, quanto la Massoneria successiva alla Restoration del 1660 – e uno scienziato come Wren era nome di spicco, in entrambe le istituzioni – avevano un forte debito di riconoscenza. Furono quasi certamente questi motivi a spianare la strada all’entrata di Leti nell’accademia delle scienze londinese, destinata, di lì a pochi anni, a raggiungere (con Newton e la sua generazione di collaboratori e di discepoli) lo zenith della propria fama in tutta l’Europa settentrionale, meta di viaggiatori ed eruditi (nel gennaio del 1713 vi giunse, transitando per l’Olanda, il veronese Francesco Bianchini, tra i primi newtoniani della nostra penisola, capofila del nostro cattolicesimo illuminato).
Introdotto presso gli Stuart, grazie all’amico e protettore fiorentino Bernardo Guasconi, Leti poté presentare a Carlo II un Panegirico in lode di sua redazione. Si stabilì, assieme alla famiglia, a Chelsea, in una casa sulle rive del Tamigi. Nel 1682, pubblicò, in Londra, il suo primo saggio di storia inglese, il trattato Del teatro britannico, ripubblicato, in seconda edizione, ad Amsterdam, nel 1684. Agli anni londinesi appartennero inoltre l’Ode funebre sopra la morte di Maria Stuart, regina d’Inghilterra (1695), e la Hora monarca della Grande Bretagna, nel fine dell’anno 1688 (del 1695), libri nei quali si riflettono e la complessa personalità di Leti e le sue ambigue oscillazioni politico-religiose, frutto e cifra del milieu libertino del secondo Seicento, sia italiano sia anglo-europeo. Un milieu in parte ritrovato proprio nell’Inghilterra di Wren, frequentando quella corte Stuart la quale, congiuntamente, proteggeva la nuova scienza e l’arte muratoria, la pratica architettonica e quella – a essa, come detto, strettamente legata – massonica.
Al riguardo, l’influenza di Wren fu decisiva, anche oltre oceano: a Boston e a Filadelfia, nel corso del XVIII secolo, le logge giacobite degli stuardisti si rifacevano direttamente a quelle inglesi della Londra di metà Seicento, alla sapiente direzione impressa loro proprio da Wren al momento di ricostruire la Chiesa di Saint-Paul (verso la fine del 1665). A quell’epoca, tutti i maestri muratori, i carpentieri e gli operai, tanto sulla Squadra che sull'Arco, erano appartenuti alla St. Paul’s Lodge, che aveva la sede in St. Paul’s Churchyard, e lavorava sotto il controllo della venerabile società dei Liberi Muratori, nel cuore di Londra. Wren vi era stato ricevuto, nel 1657, raggiungendo il settimo grado nell’Arco (ossia quello di Maestro Architetto). I registri di quella loggia si sono conservati e contengono, oltre a vari dettagli circa la sua costituzione, anche il rituale completo dei differenti gradi. Un documento, inutile dirlo, d’imprescindibile rilevanza storica.
Singolare ma estremamente significativa figura di inglese e cattolico, massone e ispettore per conto del re delle attività edilizie londinesi, Wren fu giudicato da Newton pari a Wallis quale grande esperto di geometria euclidea e trigonometria sferica, meccanica applicata alle macchine e idraulica, astronomia ed anatomia (ad Oxford aveva effettuato importanti esperimenti iatro-fisici, col medico e fisiologo Richard Lower). Non solo: Wren fu anche tra coloro – su tutti Hooke, suo collaboratore strettissimo – che fornirono indirettamente a Newton vari materiali poi confluiti nella formulazione definitiva della legge di gravitazione universale, basata sull’inverso del quadrato.
Wren fu – in ambito politico-religioso, scientifico e massonico – un uomo degli Stuart. Anzi, l’uomo di punta della corte stuardista londinese (come Rochester lo fu sul piano poetico-letterario): nel 1660, concluso l’Interregno repubblicano, la monarchia promosse una ricomposizione nazionale dopo i tumulti dovuti al settarismo degli anni Quaranta e Cinquanta del secolo. Una ricomposizione anche dei quadri scientifici, con la creazione ufficiale della Royal Society, i cui membri erano, nel contempo, uomini di scienza dediti a pratiche accademiche e massoni di segno operativo, guidati da Wren, ancora prima della sua nomina a presidente dell’accademia scientifica di Londra. Ricostruire era la loro parola d’ordine: ricostruire i quadri dello Stato monarchico, ricostruire la capitale inglese dopo il Great Fire, ricostruire nel network accademico le varie anime della scienza coltivata a nord della Manica ricomponendole entro un disegno armonico e unitario (seguendo le direttive baconiane della Nuova Atlantide, un esempio concreto di utopia che si fa storia), ricostruire lo stesso Tempio di Hiram (sorta di analogo esoterico della Casa di Salomone tratteggiata da Bacone e divenuta, tra il 1660 e il 1662-1663, la Royal Society). E restaurare il Tempio, per un architetto massone, quale era Wren, restava imperativo primario, da materializzarsi guardando anche alla tradizione muratoria dei costruttori di cattedrali del Medioevo, la cui eredità andava ricuperata e attualizzata nel Seicento: in proposito, per Wren, essere architetto ed essere massone era la medesima cosa. Davvero, due facce della stessa medaglia. La scienza era arte regia – o reale, secondo una terminologia pure alchemica, diffusa fra Inghilterra ed Europa ancora lungo tutto il XVII secolo – e si riconnetteva religiosamente allo spazio del sacro. Chiese e cattedrali, per costruttori come Wren, restavano più che mai dimore – sulla terra degli uomini: il Creato – del Dio vetero e neo-testamentario. L’aggettivo reale attribuito all’Arte (ancora poi nel Settecento sinonimo della Massoneria, soprattutto in Inghilterra) rimandava, inoltre, alla figura dei Re (Stuart per Wren) e all’incrollabile fedeltà politica a loro dovuta, in quanto custodi e restauratori sul suolo inglese dell’ordine: quell’ordine infranto dal fanatismo parlamentare, all’epoca di Carlo I, da Cromwell.
Le iniziative di Wren, dopo la Restaurazione, furono numerosissime. Nel 1671, egli schizzò il disegno del Dorset Garden. Nel 1677, quando venne fondato, ad Oxford, l’Ashmolean Museum – la prima istituzione pubblica nazionale appositamente deputata a raccogliere collezioni di rariora sia naturali sia artistiche ed archeologiche – fu sempre Wren a progettare la pianta dell'edificio. La cosa non stupisce viste le sue relazioni, accademiche e muratorie: alcuni fratelli di loggia di Ashmole – il fondatore del Museo, alchimista rosa-crociano e naturalista, raccoglitore di testi esoterici di epoca tudoriana – erano quegli stessi costruttori che lavoravano, con Wren, a Saint-Paul. Il discorso poi si allarga sino a ricomprendere l’erudito ed antiquario John Aubrey (1626-1697), il grande studioso di antichità del Seicento inglese che entrò pure lui a fare parte della Massoneria, autore di moltissimi e ponderosi libri, tra cui la Natural History of Whiltshire (1686). Il manoscritto dell’opera si conserva alla Bodleian Library e nel Memorandum scritto di suo pugno, dall’oramai anziano Aubrey – in data 18 maggio 1691, carta 72 – si fa esplicito accenno e a Saint-Paul e a Wren. Abbiamo, in altre parole, un vero e proprio triangolo storico, e iniziatico e massonico: Ashmole-Aubrey-Wren. Quest’ultimo progettò, inoltre, la biblioteca privata dello stesso Ashmole. Si deve poi ad Aubrey quanto si sa delle fratellanze massoniche di epoca Stuart e di massoni quali Sir William Dugdale, anche lui gravitante attorno alla cerchia di Wren. Quest’ultimo, prima di Newton – che lo ammirò moltissimo (cosa rara per lui) e lo menzionò nei Principia mathematica (1686) accanto ai nomi di Halley ed Hooke – fu il grande faro della ricerca tecnico-scientifica inglese durante il secondo Seicento. Fra l’altro, insieme proprio a Hooke, Wren fu voluto dagli Stuart, per ridisegnare viali, strade e arterie nevralgiche della Londra sopravvissuta al Grande Incendio del 1666. Nel lavorarvi, i due concepirono la disposizione planimetrica della capitale inglese in termini, nel medesimo tempo, antichi (quanto ad ispirazione e valori) e nuovi (per i materiali da costruzione utilizzati). La loro idea era infatti quella, astronomica, di fare della città un gigantesco osservatorio a cielo aperto su grande scala: un luogo di osservazioni celesti, che, attraverso strumenti tecnici, sempre più perfezionati, precisi ed attendibili – i telescopi, composti da tubi ottici e sistemi di lenti – erano in grado di porre scientificamente in connessione il microcosmo umano con il macrocosmo divino. Un antico desideratum dell’ermetismo, ora, in pieno Seicento, realizzabile in termini effettivi grazie ai dispositivi sperimentali della nuova tecnologia, in Inghilterra, come sul continente, per mano di attori storico-sociali tra i quali Wren, Hooke, Halley, Hevelius e gli altri maggiori astronomi della Repubblica delle Lettere.


Nell'immagine, Christopher Wren ritratto da Godfrey Kneller nel 1711.


Fonti primarie manoscritte

Biblioteca dell’Università di Liegi, Mss., WW. 77.


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Documento inserito il: 12/04/2025
  • TAG: Massoneria, architettura, nuova scienza, astronomia, geometria, corte Stuart, Seicento, storia moderna, Inghilterra, Restaurazione, newtonianesimo, età dell’Illuminismo

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