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20° Reggimento Fanteria Brigata Brescia [ di Carlo Baccellieri ]

Dopo cinquant’anni è ritornata a Reggio Calabria un’Unità organica dell’Esercito Italiano, il III Battaglione Allievi Carabinieri.
Un insediamento che è coinciso, anche se la decisione era stata presa molto prima, con la nomina al Governo di un ministro reggino, (un'altra circostanza che non si verificava da oltre settanta anni), e per giunta, al Ministero della difesa.
Dopo anni in cui gli unici militari a Reggio, oltre agli appartenenti alle forze dell’ordine, erano i pochi addetti al Distretto e (finché è durato) all’areoporto militare, da qualche anno sono ricomparsi i soldati in missione per l’operazione “RIACE”, protezione di luoghi ritenuti a rischio della minaccia mafiosa. Un’operazione piuttosto inutile sul piano dell’ordine pubblico, ma che è valsa a movimentare l’ambiente ed a porre a contatto dei Reggini le nostre Forze Armate. Si son visti gli Alpini della Brigata “Cadore”, quelli della Brigata “Tridentina”, i Fanti della “Bari”, i Bersaglieri della Brigata “Garibaldi”, che nella nostra Città ha celebrato nel 1994 il 158° anniversario della fondazione del Corpo, Paracadusti ed altri reparti ancora, fino ai nostri giorni in cui si alternano vari reparti dell’Esercito per fare la guardia ai c,d, “punti sensibili” della Città, sempre accolti con grande cordialità ed affetto dalla popolazione. Presenze importanti ma transitorie.
Il ministro aveva promesso, in occasione della festa dei Bersaglieri, la costituzione a Reggio di una Unità dell'Esercito della forza di un reggimento, poi il Governo cadde e non se ne fece più nulla.
A Reggio resta la sede del III Battaglione Allievi Carabinieri, ospitata in una moderna e funzionale caserma al Rione Modena, sita in prossimità dell’Istuituto ove insegnavo.
Mi capitava così di ascoltare, non appena il caldo incipiente della primavera mi faceva aprire le finestre, i comandi scanditi dai graduati istruttori e poi ripetuti in coro dai militari in addestramento: “Secondo plotone, Terzo Battaglione, pas-soo!“.
Allora, inavvertitamente, la mente andava ai ricordi di quando, bambino, assistevo dai balconi o dalla terrazza di casa mia alla sfilata del “20° Reggimento“, nei giorni delle ricorrenze patriottiche come il 24 Maggio, il 15 Luglio, festa del Reggimento, il 4 Novembre etc., che si dispiegava sul Corso Garibaldi. Ricordo vagamente il Reggimento inquadrato in bell’ordine, preceduto dal Colonnello a cavallo e subito dopo, a piedi, l’ufficiale portabandiera, scortato da altri due ufficiali, che precedeva la truppa portando in alto il vessillo di guerra del Reggimento, un drappo tricolore assai sbiadito, tutto lacero e consunto, che si faceva stento a riconoscere come una bandiera italiana. Ricordo che chiesi a mia madre: “Perché quella bandiera è così vecchia e logora ?”, e mia madre rispose: “«Bandiera vecchia onor di capitano»: Quella bandiera è vecchia e logora perché i soldati a cui è stata affidata l’hanno portata tante e tante volte in battaglia e sempre con onore.
Il 20° Reggimento Fanteria, Brigata Brescia era allora di stanza nella nostra Città, con sede alla caserma “Borrace”, ove oggi sorge il palazzo destinato a sede del Consiglio Regionale.
Il 20° era giunto a Reggio in occasione del terremoto del 1908 insieme ad altri cinquantacinque reggimenti che si alternarono nell’opera di soccorso alle popolazioni.
Lo accompagnava la storia delle sue origini e delle vicende militari alle quali aveva partecipato. Faceva parte dalla Brigata “Brescia”, poichè derivava dai battaglioni provvisori lombardi II, IV e VI, dal I reggimento cacciatori bresciani, dalla Legione lombarda e dal battaglione volontari cremonesi con i quali, dopo l’armistizio di Milano, venne formato il 6 settembre 1848, il 20° Reggimento Fanteria della divisione lombarda.
Sciolto dopo la battaglia di Novara nel maggio 1849, si ricostituì il 1° novembre 1859 con la denominazione di 20°Reggimento Fanteria, Brigata Brescia ed in quella occasione assume lo stemma araldico: un leone sormontato dalla corona sabauda ed il motto, “Ut Brixia Leones”, che accompagnerà l’Unità per tutta la sua vita.
A seguito dello scioglimento delle brigate permanenti, nel 1871 prens il nome di 20° Reggimento Fanteria “Brescia” che cambiò nuovamente in 20° Reggimento Fanteria il 2 gennaio 1881 quando venne riunito con il 19° Reggimento nella ricostituita Brigata Brescia. (2)
Il Reggimento partecipò alla prima guerra d’indipendenza nel 1848 alla difesa di Val Sabbia, ai combattimenti di Peschiera, di Tremosine e di Gavardo e, nel 1849, alla battaglia della fatal Novara.
La sua prima sede è Nizza, poi, nel 1861, venne trasferito a Napoli per essere impiegato nella repressione del brigantaggio meridionale. Partecipò nel 1866 alla terza Guerra d’indipendenza durante la quale, a Custoza, il suo comandante, col. Onorato Rey di Villarey, cadde alla testa dei suoi soldati. (3)
Nel 1870 è presente alla presa di Roma e nel 1887-88 partecipò con la 2a compagnia alla guerra coloniale in Abissinia durante la quale il 26 gennaio 1888 prese parte (con 129 uomini sui 600 della colonna De Cristoforis) all'impari combattimento di Dogali contro 10.000 armati al comando di Ras Alula, e dove venne, dopo eroica resistenza, quasi interamente massacrato.
Nel 1895-96 concorse alla formazione dei battaglioni IX, XII, XXVIII e XXXVI con 12 ufficiali e 250 soldati alla campagna eritrea, presente alla battaglia di Adua. (4)
Nel 1908 lo troviamo ancora a Napoli da dove venne inviato a Reggio in soccorso delle popolazioni colpite dal sisma.
In quella occasione i soldati si prodigarono nell’opera di soccorso e spesso divisero con i civili il loro rancio cercando di sopperire alle necessità del momento con le loro povere forze, dove lo Stato non riusciva ad arrivare.
Finita l’emergenza, gli altri reggimenti inviati in soccorso furono ritirati mentre il 20° venne lasciato in sostituzione del 22° fanteria, che era di stanza nella nostra Città, ma che nel terre­moto aveva subito gravi perdite per il crollo della caserma “Mezzacapo” dove era in gran parte alloggiato, crollo che provocò la morte di 282 militari.
Con circolare del 22 dicembre 1909, pubblicata sul Giornale Militare (ad un anno esatto dal sisma), il 20° venne assegnato a Reggio Calabria ed il 13 settembre dell’anno successivo la restante parte del Reggimento fu trasferita nella nostra Città (5) e qui rimarrà la sua sede ufficiale fino al momento dello scioglimento avvenuto in Africa Settentrionale nel novembre del 1942.
Da quel momento la storia del Reggimento è anche storia della Città e della sua provincia.
Il prof. Italo Falcomatà, che scrisse un saggio sul 20° Reggimento, così commentò: “Ciò che quasi certamente contribuì più d'ogni cosa ad amalgamare la Città ai militari fu la decisione del comandante colonnello Orgera di offrire ai reggini un servizio inedito, che andava ben al di là dei limiti e dei compiti istituzionali, che ebbe il merito di imprimere una decisa accelerazione al ripristino dell’abitudine civica che il terremoto aveva travolto e di cui si sentiva prepotente il bisogno. Il colonnello Aurelio Orgera, dovette cogliere questo bisogno ed un paio di settimane dopo il suo arrivo in Città, ordinò al maestro Del Buono, direttore della banda del Reggimento, di tenere un concerto al Giardino Umberto I.” (6)
L’iniziativa,che aveva come scopo, non solo quello di avvicinare la Città ai soldati, ma anche e soprattutto quello di restituire una parvenza di normalità dopo il cataclisma che aveva colpito tragicamente tutta la popolazione reggina, ebbe un immediato successo e da quel giorno (9 ottobre 1909) ogni domenica la banda del Reggimento allietava il pubblico che affluiva numeroso ai concerti. Falcomatà prosegue: “...Cominciò così una pagina nuova nella vita della Città terremotata e si annodò con V esercito un legame che divenne sempre più stretto a mano a mano che la sua presenza si differenziava da quella burocratica e chiusa nei propri compiti istituzionali e che diventavano sempre più numerose le «presenze» di origine calabrese..." .(7)
Un anno dopo, la guerra di Libia. Il Reggimento, divenuto ormai un reggimento calabrese, anzi Reggino, sia nei suoi quadri intermedi che nei suoi soldati, è mobilitato. Alla vigilia della partenza l’eccitazione in città è al massimo, si costituiscono comitati per le manifestazioni di saluto. Accanto al Comitato Ufficiale, presieduto dal barone Carlo de Blasio Monsolini, se ne formano degli altri spontaneamente per festeggiare i soldati. Il giorno della partenza, 11 novembre 1911, una folla enorme si raduna in piazza Italia e, preceduta da una banda musicale, si reca alla caserma del 20°. Un cronista dell’epoca così annota: “Un vero delirio ha destato in mezzo al popolo la vista della gloriosa bandiera del Reggimento. Davanti alla Caserma del 20° Fanteria lo spettacolo era imponentissimo: circa diecimila persone erano ivi raccolte a salutare i soldati, ad incoraggiarli del loro entusiasmo e della loro fede. La folla non si potè trattenere ed irruppe perciò nell'interno dei baraccamenti militari, ove i baldi soldati sono stati fatti segno alle più vive e commoventi dimostrazioni di simpatia.” A tanta manifestazione di entusiasmo e simpatia il comandante del Reggimento, colonnello Orgera, risponde: “Vorrei che tutti i cittadini di Reggio sapessero quanto il mio Reggimento ed io siamo grati a questo popolo generoso".
In Libia il Reggimento, appena giunto, viene impiegato nei fatti d’arme Haggias Nadura e Gherba.
L’anno successivo (1912) è impegnato duramente a Bir Modsel, Solaro e Uadi Auda. Nel 1913 partecipa ai combattimenti di Sidi Bu Kleifa, Uadi Biad, Seghifa , Mdanar, Kasr el Kleba (8).
Molti ufficiali e soldati cadono in difesa del costone Basir, uno dei fatti d’arme più notevoli di quella campagna.
Viene insignito di medaglia d’argento, tra gli altri, il sottotenente Emilio Tallandini, classe 1888, che guadagnerà altre due ricompense al valore nella Ia Guerra Mondiale.
Il tempo di rientrare dalla Libia ed il Reggimento è nuovamente mobilitato e parte per il fronte al comando del Colonnello Demetrio Carbone, reggino “... fiero della sua giovinezza e della sua forza, caldo di tutti i voti augurali non solo dei concittadini, ma di tutte le pietre della città che lo raccomandavano al Dio delle battaglie."(9)
Già nel primo anno di guerra (1915) nel mese di luglio è impegnato in un durissimo scontro sul fronte di Gorizia a Bosco Cappuccio ed in novembre a S. Martino del Carso. E qui torna acconcio il ricordo di Ungaretti:
Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie."
L’anno successivo (1916) combatte, tra luglio ed agosto, sul Monte San Michele, ancora in agosto ad Oppacchiasella e poi a settembre a Loquiza, a novembre a Castagnevizza. Sembra proprio un Reggimento tappabuchi, un Reggimento Jolly, buono per tutte le battaglie. Quando la situazione si fa seria si schiera il 20° perchè è un Reggimento sicuro, che da affidamento.
Conquista tanta gloria e la prima medaglia d’argento al valor militare, alla Bandiera, con la seguente motivazione:
Sanguinosamente ascese le contrastate pendici del Bosco Cappuccio sul Carso, affermandone in cima, sicuramente il possesso (18-25 luglio 1915). Sul Monte San Michele, impavido dinanzi alla improvvisa violenza di venefiche insidie, con irresistibile slancio piombava sul nemico strappandogli tutti i momentanei successi e respingeva i ripetuti contrassalti (20 giugno 1916 )”.
Nessuno sorrida alla retorica militaresca di queste parole: sappia il lettore che per ogni riga delle motivazioni delle medaglie al valore conferite ai Reggimenti sono occorsi tanto sangue di giovani vite, tanto coraggio, tanti sacrifici e tanta fede.
Queste ricompense date alla Bandiera dei reparti sono molto più significative delle medaglie conferite ai singoli combattenti perchè non si tratta di premiare l’atto eroico, il gesto generoso, il momento di follia, lo sprezzo del pericolo o l’estremo sacrificio di un singolo, bensì, con queste ricompense collettive si intende premiare il comportamento di tutta una compagine, un insieme di uomini che tutti hanno concorso, con il loro valore, con il loro coraggio, con il loro paziente sacrificio, al successo dell’intera Unità combattente. Onore, quindi, alla Bandiera del 20° Reggimento Fanteria ed onore agli uomini che ne hanno fatto parte. Ma in guerra non si muore solo in battaglia. Mi piace ricordare alcune pagine scritte dall’ufficiale combattente Antonio Piergiovanni che durante la Grande Guerra ebbe modo di conoscere i soldati del 20°.
"Nelle varie diramazioni v’erano tabelle indicatrici, o piccole tane per i soldati preposti al servizio di collegamento. Una tabella diceva: < Il ricordo era ancor vivo nella mente di tutti, nel cuore di tutti. Nondimeno, potremmo dire quanti soldati nello stesso passaggio trovarono la medesima morte?
A cima 2, dietro la trincea, c’erano due pini; ora non erano più che due monconi, ma essi rammentavano sempre ai bravi calabresi del 20° reggimento che lì sotto, il 10 novembre 1915, morì il sottotenente Macrì mentre consumava un frugalissimo pasto. Se il soldato spingeva lo sguardo verso la trincea nemica, si rammentava d’aver veduto, il 13 marzo 1916, l'intrepido capitano Borgia andare all’assalto con la pipa in bocca, e col bastone sollevato, e cadere poscia fulminato da una raffica di mitraglia. Non occorreva che egli facesse uno sforzo mentale per rivedere tanti altri ufficiali e militari di truppa stroncati dov’erano ancora le ossa, bianche e lucenti sotto il sole e scarpe vuote.... C’era ciò che neppure il tempo distruggeva. Il fante del San Michele s’accorgeva di trovarsi in mezzo ad un camposanto....
” (10)
Nel 1917, a maggio, combatte sul Monte Faiti, a giugno e sul Flondar, poco tempo dopo è sull'altipiano della Bainsizza a combattere, tra il 17 agosto ed il 12 settembre, l’Undicesima battaglia dell'Isonzo, sessantamila morti solo da parte italiana, centoquarantamila le perdite con i feriti ed i dispersi. Questa battaglia, necessario epilogo di tutte le precedenti, viene preparata con larghezza di mezzi, tutti quelli che il limitato potenziale bellico del paese consente.
L’obiettivo è quello di scardinare le difese nemiche con l’occupazione dell’altipiano della Bainsizza.
Ad un attacco sul medio Isonzo ed un’azione diversiva sul Carso, dovrà seguire un’azione di sfondamento con obiettivo la selva di Ternova che si trova ai margini della Bainsizza. Vengono impegnati 600 battaglioni e 5.000 cannoni e vengono gettati su1l’Isonzo ben 14 ponti per consentire il passaggio delle truppe, che difatti riescono ad avanzare vincendo l’accanita resistenza degli Austro-Ungarici. Quando la battaglia si esaurisce molti obiettivi sono stati raggiunti: quasi tutto l’Altopiano della Bainsizza è stato occupato il che mette in crisi l’intero schieramento nemico che si vede fortemente minacciato verso Trieste e verso Lubiana. L’Austria comprende che alla prossima spallata il fronte dovrà cedere e chiede aiuto all’alleato tedesco, il quale, reso ormai libero ad oriente per il cedimento del fronte russo, ha una certa disponibilità di uomini e mezzi che può fare affluire sulla fronte (si diceva così allora) italiana.
Ad ottobre è sul Monte Fortin, quasi nel punto di congiunzione tra la IIa e la IIIa Armata e si ritira in buon ordine dopo Caporetto, anzi viene “utilizzato come estrema retroguardia con la consegna di ritardare quanto possibile l’avanzata austriaca”.(11)
Nei tre anni di guerra il 20° ha subito un tremendo logorio, adesso viene ricostruito per essere inviato in Francia a rappresentare, insieme ad altri reparti, le Forze Armate italiane sul Fronte Occidentale dove si deciderà la guerra, si pensa.
Se il 20° viene mandato in Francia è segno che si tratta di una Unità sulla quale si può contare perchè il materiale umano dal quale è composto è di buona qualità.
Nel 1918 è quindi in Francia ed a luglio ha il battesimo del fuoco su quel fronte al Bois de Coutron. Combatte a Bligny insieme agli Alleati una delle più spaventose battaglie sul fronte francese perdendo gran parte dei suoi effettivi (1913 uomini). Ad ottobre prende parte ai fatti d’arme dell’Aisne, Soupir, Chemin des Dames ed a novembre è ad Ailet, Doust e quindi sulla Mosa.
Su questo fronte guadagna la seconda medaglia d’argento con la seguente motivazione:
Tenne alto, sul fronte francese, l’onore delle armi d’Italia, in lotte aspre e violente, con largo tributo di sangue oppose incrollabile resistenza ai furiosi attacchi avversari, accompagnati da venefiche insidie. In successive giornate gloriose, dando prove d’irresistibile slancio, d’invitto coraggio e mirabile spirito di sacrificio, assalì e travolse formidabili posizioni nemiche, catturando prigionieri e copioso materiale bellico (Montagna di Bligny, Valle dell’Ardre, Aisne, Chemin des Dames, Sissone, Mosa, luglio-novembre 1918”).
Durante i quattro anni del conflitto il 20° fu distrutto in battaglia e ricostruito per ben tre volte, ha perduto, in anni successivi, 178 ufficiali e 5.529 fanti: una strage. I suoi uomini hanno meritato 174 medaglie d’argento al valor militare e 301 di bronzo. “Anche Don Demetrio Moscato (sarà poi Vescovo di Salerno), il popolare Cappellano del Reggimento, a guerra finita fu insignito di due croci dell’ Ordine Militare di Savoia e di una medaglia d'argento”. (12)
A guerra finita, con decreto 5 giugno 1920, acquisì il diritto di fregiarsi dell’Ordine Militare d’Italia con la seguente motivazione:
Nei duri cimenti della guerra, nella tormentata trincea o nell’aspra battaglia, conobbe ogni limite di sacrificio e di ardimento; audace e tenace, domò infaticabilmente i luoghi e le fortune, consacrando con sangue fecondo la romana virtù dei figli d’Italia (1915-1918)”. All’Arma di Fanteria.
Ecco perchè quando la Bandiera del 20° sfilava sul Corso Garibaldi in occasione della festa del Reggimento, il 15 luglio, anniversario del combattimento nella valle dell’Ardre (1918), le donne si inginocchiavano al suo passaggio nel ricordo dei figli e dei mariti caduti in guerra.(13)
Nel 1926, in applicazione della legge sul nuovo ordinamento militare, diviene 20° Reggimento Fanteria “Brescia" e viene assegnato alla XVIIa Brigata insieme ai reggimenti 16° e 19°.
Gli anni tra la fine della Grande Guerra ed il 1935 sono anni di routine ed il Reggimento viene mandato di tanto in tanto in aiuto delle popolazioni calabresi colpite dalle ricorrenti calamità naturali. Nel 1922 il Sindaco di Reggio, Valentino, su iniziativa della sezione nazionalistica, appunta a nome del popolo reggino una medaglia d’oro alla bandiera del 20° accompagnandola con queste parole: “come indelebile pegno di ammirazione e dì stima”. (14)
Nel luglio del 1935 il 20° è mobilitato ed inviato in Etiopia ove partecipa alle operazioni inquadrato nella divisione di fanteria “Sila” e partecipa ai fati d'arme dell’Endertà e di Socotà. Merita una medaglia di bronzo al valor militare con la seguente motivazione: “Reggimento di alto spirito e di solida compagine, ovunque venne impiegato nella campagna d’Etiopia, fece rifulgere il valore dei suoi fanti e concorse validamente al trionfo delle nostre armi sul nemico. Atronà, 21 gennaio 1936 - Endertà, 12-15 febbraio 1936 - Socotà, 28 marzo 1936).
Anche questa volta la Bandiera è autorizzata a fregiarsi di un ordine militare d’Italia:
Pari alla sua fama millenaria, espressione purissima di alte virtù guerriere della stirpe, si prodigava eroica, generosa, tenace in tutte le battaglie, dando prezioso contributo di valore e di sangue alla vittoria (guerra italo-etiopica: 3 ottobre 1935 - 5 maggio 1936)" All’Arma di Fanteria.
Quando nell’ottobre del 1936 rientra a Reggio è un tripudio di bandiere e di folla venuta a salutare il ritorno dei “suoi” soldati.
Nel 1937, in riconoscimento dell’alto grado di addestramento raggiunto venne inviato, su ordine del Principe Ereditario Umberto di Savoia, a rappresentare alle grandi manovre in Sicilia il corpo d’Armata di Napoli.
Il 24 maggio del 1939, per effetto della formazione delle divisioni binarie, il 20° passa a far parte della 27a divisione di Fanteria "Brescia”, nella quale sono anche inquadrati il 19° Reggimento Fanteria ed il 55° Reggimento d’artiglieria.
Viene inviato in Africa Settentrionale a far parte dell’Armata di Graziani e partecipa all’avanzata su Sidi El Barrani. Ma le cose presto mutano: Il generale Britannico O’Connor, uno dei più intelligenti e preparati comandanti dell’esercito britannico, si fa autorizzare dal comandante in Capo del Medio Oriente, generale Wawell, a compiere una ricognizione a lungo raggio che presto si trasforma in una travolgente avanzata da Sidi El Barrani fin quasi alle porte di Tripoli passando per le 1941, di quella inglese del giugno successivo, innanzi alla piazza forte di Tobruk, saldamente tenuta dagli inglesi, ed, infine, durante la battaglia della Marmarica, 19 novembre - 6 dicembre 1941. In tanti mesi di lotta e di sacrifici il 20° guadagna la terza medaglia d’argento al valor militare:
In un lungo periodo operativo, in una lotta senza soste, i fanti trionfarono dell’asprezza degli elementi e delle preponderanti forze nemiche con la costanza invitta di persistere ed operare. Nell’impeto audace dell’assalto, nella volontà indomabile della resistenza, a misura di animo e di sangue, confermarono la tradizione eroica del reggimento ed aggiunsero nuove glorie alla Bandiera. (Marmarica aprile-dicembre 1941)”.
Dopo la battaglia della Marmarica, durante la quale il 20° è impegnato innanzi a Tobruk ed in prossimità di Sidi Rezegh, le truppe dell’Asse, non vinte, ma in condizioni precarie di fronte alla maggior consistenza di quelle nemiche, vengono fatte arretrare dall’altipiano cirenaico al Golfo della Sirte. Anche il 20°, sempre inquadrato nella divisione “Brescia”, si ritira e viene riordinato.
Ora è pronto per il balzo finale che (così sperano Rommel e Mussolini) porterà gli italo-tedeschi a Suez. Nella realtà le truppe saranno fermate a 30 chilometri da Alessandria dove, com’è scritto su di un cippo di granito, “mancò la fortuna, non il valore". (19). Inizia l’avanzata ed il 20° è vittoriosamente impiegato ad Ain El Gazala e poi per espugnare la munitissima piazzaforte di Tobruk che ha resistito a tutti gli assalti nella precedente avanzata. L’attacco viene ben studiato e coordinato tra Italiani e Tedeschi ed eseguito di slancio da tutte le unità impegnate. Tra queste si distingue per ordine, disciplina, abnegazione e senso del dovere il 20° Reggimento Brigata “Brescia”.
Il 20 giugno, dopo un furioso bombardamento, le truppe corazzate irrompono tra i forti demoliti dello schieramento inglese, “seguite immediatamente dalla divisione “Brescia” del X Corpo”. (20)
Caduta Tobruk (con 25.000 prigionieri, 5 generali, ingenti materiali bellici e viveri), il 20° è con l’intera divisione ad El Alamein ove costituisce il perno dell’offensiva avvolgente che Rommel intende portare contro gli Inglesi partendo dall’ala destra del suo schieramento a partire dal 3 agosto. L’operazione non riesce, anche per la mancanza di carburante a seguito dell'affondamento di alcune petroliere e Rommel sospende ogni ulteriore operazione.
Il 20°, inquadrato sempre nella “Brescia” che fa parte del X Corpo d’Armata, è schierato all’ala destra insieme alla “Pavia” ed alla “Folgore”.
Ormai per le truppe italo-tedesche il destino è segnato perchè non hanno più capacità offensiva, soprattutto per l’insufficienza dei rifornimenti. Non resta che ritirarsi od aspettare l’urto nemico che non potrà essere adeguatamente contrastato.
Motivi politici fanno optare per la prima soluzione.
I soldati attendono, con fatale rassegnazione, lo scontro decisivo che però non può lasciare dubbi circa l'esito stante la sproporzione delle forze campo (69 battaglioni di fanteria italo-tedeschi contro 104 inglesi; 540 cannoni contro 1.200; 540 carri armati contro 1.050; 30 autoblindo contro 370; artiglieria controcarri in proporzione di 1 a 3; 700 aerei contro 2.500).
La battaglia ha inizio il 24 ottobre e assume ben presto il carattere brutale del logoramento. Le difese italo-tedesche vengono distrutte sistematicamente una dopo l’altra e le nostre deboli divisioni vengono demolite sotto una valanga di bombe e di proiettili d'artiglieria. Ciò nonostante fino al 2 novembre tutti gli attacchi vengono contenuti: Poi, com’era inevitabile, i britannici sfondano, però non nel settore del X Corpo, sebbene duramente attaccato, ma nel settore del Corpo Armata tedesco, in tre punti. Anche la "Ariete", la “Littorio”, la “Bologna” e la “Trento" sono ormai distrutte. Tocca giocoforza ritirarsi. Il 20° si ritira in buon ordine, e sempre combattendo, sulle posizioni di Fuka. Mancano però automezzi e carburante: anche la “Folgore”, anche la “Brescia”, mai vinte, sono ora costrette ad arrendersi.
Ecco la comunicazione del Feldmaresciallo Rommel in data 17 novembre 1942, ore 09,25, n.prot. 141-42-11300: "Le perdite finora avute sono nel dettaglio le seguenti: a) Il X C.A. italiano colle divisioni Brescia, Pavia e Folgore fu attaccato da rilevanti forze corazzate nemiche durante il ripiegamento dalle posizioni di El Alamein a quelle di Fuka: Esso è ben riuscito a raggiungere combattendo le posizioni di FuKa , ma cadde poi dopo tenace, valorosa difesa, quasi completamente in prigionia britannica per la deficienza dì automezzi, di carburante, di acqua...."
Il 27 novembre 1942, dopo aver meritato la massima ricompensa al valor militare, viene sciolto.
Questa è la motivazione della medaglia d’oro:
In trentaquattro mesi di lotta in Africa dava continue, luminose prove di granitica saldezza e di incrollabile fede nel successo: Riordinatosi al ter­mine della dura battaglia della Marmarica, riaffrontava la lotta con ardore ed invitto spirito su di un percorso di 700 Km., conseguendo ovunque successi e distinguendosi specialmente nello sfondamento di minutissima piazza. Alla fine le sue unità, decimate ma non dome, opponevano ancora strenua, incrollabile resistenza alle fresche forze soverchianti, gettate dall'avversario nell'impari lotta, facendo nuovamente rifulgere di luce vivissima le secolari tradizioni di valore della invitta e forte gente calabrese: Superbi nellalotta, pazienti e forti nei cruenti sacrifici, i suoi fanti scrissero pagine di eroismo, di tenacia e di fede che rimarranno titolo di onore e di gloria per l’Esercito Italiano. El Mechili - Segnali - Ain El Gazala - Tobruk - El Alamein (A.S.), 26 maggio - 30 luglio 1942.

Gli sparuti resti del reggimento si consumeranno in Tunisia nell'ultima lotta senza speranza. Il glorioso 20° non c'è più. il Reggimento, che tanta parte aveva avuto nella vita e nella storia della Città di Reggio Calabria, è scomparso inghiottito da nuvole di sabbia sollevate del “ghibli" tra le dune africane, prostrato dalla sete e dagli stenti di interminabili marce sotto il sole che non concede ristoro, martoriato dai continui attacchi del nemico che non concede sosta, sgomento per l’inevitabile resa, ma consapevole di aver ben meritato dalla Patria, piegato dalla sorte, ma non vinto.

Dopo la guerra il 20° ha breve vita per alcuni mesi nel 1958 in occasione dell’esperimento di approntamento effettuato dalla divisione di fanteria “Trieste”. Poi il 1° settembre 1975 viene costituito a Brescia ( perchè a Brescia se dal 1909 in poi aveva avuto sede sempre a Reggio?) il 20° Battaglione Fanteria Meccanizzato “Monte San Michele” (per trasformazione del III battaglione del disciolto 68° reggimento di fanteria) al quale vengono affidate le gloriose tradizioni del 20° Reggimento e viene inquadrato nella Brigata meccanizzata “Brescia". Dal 30 aprile 1991 viene posto in posizione “quadro” ed il 29 maggio dello stesso anno versa la Bandiera al Sacrario del Vittoriano.(21)

Finisce così, forse per sempre, la storia del 20° Reggimento Fanteria, Brigata “Brescia”, il reggimento che fu soprattutto dei Reggini (pure se nelle sue file militarono molti giovani di altra provenienza) ai quali in guerra fu negata l’identità (Brixia sta per Brescia), ma di ciò non si dolsero mai. Noi non vedremo più le mostrine cremisi con la striscia nera in mezzo, non assisteremo più alla sfilata del reggimento incolonnato dietro la sua gloriosa Bandiera che porta incisi sull'asta i nomi di tante battaglie; non vedremo più le sue insegne, lo scudo araldico che reca i simboli della sua gloria: il monte San Michele, l'elmo gallico, il Calvario, i leoni, i segni del valore.
E forse ai giovani d’oggi tutto questo non interessa più. Ma quelli, come me, che appartengono alle vecchie generazioni sono ancora capaci di commozione al ricordo dei tempi in cui la gioventù reggina faceva “nuovamente rifulgere dì luce vivissima le secolari tradizioni di valore della invitta e forte gente cala­brese
Addio 20°, noi non ti dimenticheremo mai, non dimenticheremo i tuoi giovani fanti "…superbi nella lotta, pazienti e forti nei cruenti sacrifici…” caduti nell’espletamento del loro dovere per servire l’Italia una ed indivisibile.


NOTE

1) Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico, Profilo storico del 20° Reggimento Fanteria "Brescia”;
2) Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico, op. cit.;
3) Ministero della Guerra, Storia delle Brigate di Fanteria, Roma 1925;
4) Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico, op. cit.;
5) Italo Falcomatà, “Ut Brixia Leones”, Reggio Cal., riportato in “Reggio Calabria nelle sue cartoline",di Natale Cutrupi, Gioiosa Ionica, 1994;
6) Italo Falcomatà, op. cit.;
7) Italo Falcomatà, op. cit.;
8) Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico, op. cit.;
9) Giuseppe Valentino, “Da Monza alle Argonne”, Reggio Calabria 1924;
10) Antonio Piergiovanni, “Fante fango, fama”, Stabilimento tipografico la Bodoniana, Parma 1927;
11) Italo Falcomatà, op. cit.;
12) Italo Falcomatà, op. cit.;
13) Italo Falcomatà. op. cit.;
14) Giuseppe Valentino, op. cit.;
15) Carlo Baccellieri, “L’Italia all'inizio della Seconda Guerra Mondiale”, in ZALEUCO, n.5, novembre-dicembre;
16) Ezio Cecchini "El Mechili, Aprile 1941”, in “Storia militare”, gennaio 1994. n.9;
17) Ezio Cecchini, op.cit.; 18) Ezio Cecchini, op.cit.; 19) Paolo Caccia Dominioni, Cippo a ricordo del punto di massima espansione dell'avanzata italiana in A.S.;
20) Emilio Canevari, “La Guerra italiana”. Roma 1949;
21) Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico, op. cit..
Documento inserito il: 29/12/2014
  • TAG: prima guerra mondiale, seconda guerra mondiale, brigata brescia, 20esimo reggimento fanteria, storia, operazioni militari, controllo territorio, reggio calabria, ricompense valore

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