Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, personaggi storici: L'uomo che inventò la genetica agraria. Nazareno Strampelli, il genio del grano.

L'uomo che inventò la genetica agraria. Nazareno Strampelli, il genio del grano.

di Francesco Caldari


Se chiedete in Italia chi fosse Nazareno Strampelli, probabilmente vi sapranno rispondere in pochi. Ma se nel mondo accademico ed in quello della granicoltura mondiale fate il suo nome state sicuri che in molti alzeranno la mano, per essere noto come colui che dall’inizio del XX Secolo con i suoi studi ed esperimenti rivoluzionò la coltivazione del grano italiana e – può dirsi – quella mondiale.
Se oggi la coltura del frumento è la più importante nel nostro pianeta ed il grano fornisce in media il 20% delle calorie nella dieta giornaliera umana (ma in alcuni Paesi tocca il 60%), lo dobbiamo anche agli studi ed alle sperimentazioni innovative di questo tenace agronomo-scienziato marchigiano. Nato da piccoli possidenti terrieri il 29 maggio 1866 a Crispiero, una frazione di Castelraimondo nella provincia di Macerata, all’anagrafe fu registrato come Nazzareno, ma egli stesso si firmerà e sarà noto … con una sola “z”. Dopo aver conseguito la maturità classica nella vicina Camerino, Strampelli frequentò la Scuola superiore di agricoltura di Portici e la Facoltà di Agraria di Pisa, dove conseguì la laurea a pieni voti nel 1891. Nello stesso anno ricoprì il ruolo di assistente alla cattedra di chimica dell'università di Camerino, per passare poi nel 1895 a quella di fisica, e contestualmente fu professore di scienze naturali nel ginnasio e di computisteria agraria in quell’Istituto tecnico.
Intuendo un percorso di ricerca che seguì poi per tutta la sua vita professionale, già nel 1900 presso l’università di Camerino il giovane professore aveva tentato di migliorare il grano Rieti originario – autoctono del capoluogo della Sabina, apprezzatissimo per la resistenza alle ruggini (infezioni provocate da alcune specie di funghi) e per l'alta resa del prodotto - realizzando l'ibridazione con il Noe, caratterizzato - siccome di altezza ridotta rispetto al primo - da una forte resistenza all'allettamento. Questo è il ripiegamento causato da vento o pioggia, ma anche dall’elevata fertilità della spiga che provoca l’abbassamento a terra della pianta sotto il suo stesso peso: condizioni che rendono difficoltosa la raccolta del prodotto. Solo tre anni più tardi – nel frattempo divenuto titolare della cattedra di agraria ed estimo presso l'università di Reggio Calabria – Strampelli giunse proprio a Rieti per dirigere la locale Cattedra Ambulante di granicoltura, quale vincitore di un concorso “con l'assegno annuo di Lire 3500”, riservato a laureati in scienze agrarie cui parteciparono in quattordici, dei quali solo tre vennero ammessi agli orali. Questa fu la svolta della sua vita e l’inizio intensivo della sua attività sperimentale. Si trattava di una delle Cattedre sorte negli ultimi decenni dell'Ottocento per la diffusione delle conoscenze delle tecniche agrarie sì da conseguire il miglioramento delle rese colturali e di conseguenza delle condizioni economiche e sociali delle campagne. Lo scopo era divulgare la conoscenza dei mezzi migliori per una granicoltura efficiente, mediante insegnamenti pratici e campi sperimentali dimostrativi, tesi alla selezione del grano per conseguire maggior produttività e resistenza alle malattie. Grandi attese ma scarsi mezzi. Per circa un anno la sede di questo istituto fu segregata in una stanza d'albergo. La prova ci viene da Roberto Lorenzetti, che ha scritto importanti libri sulle attività di Strampelli. Il biografo ha rinvenuto una sedia solitaria nei suoi primi ancora intatti locali, sul fondo della quale l’agronomo scrisse “Questo è quanto io ebbi a mia disposizione dall'ottobre 1903 all'aprile 1904 come materiale d'impianto e di funzionamento della Cattedra Sperimentale di granicoltura”. Scorato ma sempre combattivo, il nostro rimase a Rieti solo grazie all'intervento del principe Potenziani, che gli concesse i primi terreni su cui iniziare le sue sperimentazioni, dove mise a coltura ben 240 diverse qualità di frumento, provenienti da ogni parte del mondo, sia per studiarne l'acclimatazione che per avere a disposizione materiale necessario ai già progettati lavori di incrocio. Il principe, che commerciava in grano e testava l'azione dei fertilizzanti chimici come il perfosfato di calcio e il solfato di ammonio, intuì le potenzialità degli studi di Strampelli, a differenza di altri produttori suoi concittadini. Già perché l’agronomo aveva ben individuato le vulnerabilità del pur generalmente apprezzato Rieti originario che dopo una sola riproduzione in altre zone d’Italia veniva anch’esso attaccato dalla ruggine, al pari dei grani locali, e vi era quindi necessità di seminarlo nuovamente dopo un paio di anni. Strampelli aveva anche compreso talune pecche nel commercio che ne veniva fatto (tanto da scrivere: “stando ai si dice, il commercio del grano da seme di Rieti lascia molto a desiderare per l'onesta e lealtà con cui viene esercitato, tantoché è forte il discredito rispetto alla genuinità d'origine del prodotto venduto su questa piazza”, ed ancora “volendo disciplinare detto commercio fondando un sindacato fra questi produttori di grano da seme, ho incontrato ostacoli attualmente insormontabili, per il fatto che molti si sentono lesi, e non lievemente nei loro interessi”). Il Rieti era pure divenuto oggetto di frode: molti rivenditori ne acquistavano piccole partite per avere un documento che comprovasse la provenienza del prodotto, per poi sostituirlo con grano diverso; altri «tagliavano» il Rieti originario con grani locali di valore nettamente inferiore. Poiché allora non esisteva alcun controllo sulla denominazione e sull’origine, taluni produttori della Sabina non mancavano di spacciare per Rieti grano non proveniente dalla elettiva piana alluvionale del capoluogo. Fatto sta che, al netto delle frodi, per le sue qualità era senza dubbio il grano maggiormente diffuso in Italia, pur avendo un prezzo doppio rispetto agli altri grani reperibili sulle piazze agricole, ed ai coltivatori reatini stava bene così. Strampelli aveva però intuito che grazie alle ibridazioni da lui progettate era altamente migliorabile e adattabile ai diversi climi italiani.
Intanto, tornando alla così detta Cattedra, il nostro agronomo lottò strenuamente per ottenere una sede degna e più campi di sperimentazione per implementarne le attività. Come abbiamo visto, non era tanto interessato alla divulgazione agraria, quanto alla ricerca, sia sulle malattie del grano che sulla ibridazione. I risultati che aveva raggiunto gli cominciarono a portare notorietà nel mondo dell'agricoltura italiana. L'apparato del Ministero dell’Agricoltura pensò di accogliere la sua proposta di trasformare la Cattedra nel primo Istituto sperimentale nazionale dedicato alla granicoltura, per incrementare la insufficiente produzione granaria italiana in funzione dei crescenti bisogni. Nel 1907 la cattedra fu finalmente trasformata in Stazione sperimentale con un organico di 2 assistenti (Giovanni Dall'Aglio e Bernardino Giovannelli, suo braccio destro), un capo-coltivatore ed un laboratorio in località Campomoro. Aveva ritenuto idonei ben 1086 grani. Ne fece uscire uno nel 1914, intitolato a sua moglie Carlotta Parisani, sposata il 28 aprile 1900 (e che lo lascerà vedovo 26 anni dopo), sua più preziosa collaboratrice giacché grazie alla sua abilità di ricamatrice divenne particolarmente esperta nella preparazione degli incroci. Il Carlotta ebbe un importante premio dell'Accademia dei Lincei nel 1918. Come scrisse Strampelli: “è quello che presenta la massima adattabilità per l'Italia centrale e settentrionale, volendo anche con esso dare alla pianura reatina il grano che potesse sostituire nelle coltivazioni locali e nel commercio da semente il vecchio Rieti non più rispondente nella aumentata fertilità delle terre”, ciò per merito delle Cattedre che “hanno largamente diffuse regionali rotazioni e concimazioni e migliorate le lavorazioni del suolo”. Quando il Carlotta patì una stagione estiva calda e siccitosa, l’agronomo non si diede per vinto, ricorrendo al giapponese Akakomugi, che ibridò con il Rieti originale ed il Wilhelmina, ottenendo piante resistenti alle ruggini, dall’altezza ridotta rispetto alle varietà tradizionali di misura quasi doppia, nonché spighe in grado di maturare da una a tre settimane prima delle tradizionali. Il successo di questi frumenti (Mentana, Ardito, Villa Glori) portarono nel 1919 alla nascita a Roma dell'Istituto nazionale di genetica per la cerealicoltura, seppure il principe Potenziani – che per primo aveva creduto in Strampelli – lamentò che non fosse Rieti la sede del nuovo Istituto. Alla fine, si arrivò ad una soluzione di compromesso e gli Enti fusero i due consigli di amministrazione e si coordinarono a mezzo di un unico direttore scientifico. La fama ed i grani erano intanto giunti anche nell’America del sud: Cile, Brasile, ma soprattutto Argentina, ove Strampelli fu invitato dal Ministero dell’Agricoltura e che raggiunse per una visita il 6 dicembre 1922, avendo a Buenos Aires accoglienze da capo di stato. L’ obiettivo del viaggio era ricercare una possibile sperimentazione dei suoi frumenti in un territorio vasto e poco sfruttato, mentre gli argentini puntavano ad un aumento di produzione tale da fare del frumento la principale voce attiva dell'esportazione.
Ritornando all’Italia, l’agronomo marchigiano aveva un sogno lungimirante: “arrivare a fare scomparire le importazioni di frumento, specialmente poi se potremo avere varietà di frumenti rispondenti alle nuove esigenze di coltura ed alle svariate condizioni del nostro clima”. L’idea di aumentare la resa della cerealicoltura italiana in modo da raggiungere l'autosufficienza produttiva fu recepita negli anni del fascismo, quando la politica del regime lanciò la "battaglia del grano", che colpì l'immaginario collettivo della popolazione avendo anche una forte componente propagandistica. Così nel 1923 venne istituita la Fondazione per la sperimentazione e la ricerca agraria, e due anni dopo, il 20 giugno 1925 fu formalmente avviata la “battaglia”. Il Comitato permanente del grano, presieduto dallo stesso Mussolini e di cui Strampelli fece naturalmente parte, diede un obiettivo preciso: “aumentare il rendimento medio di grano per ettaro”, senza aumentare la superficie di coltivazione, e rese le Stazioni sperimentali, soprattutto quella di Rieti, il fulcro della “battaglia”. In Italia l’importazione di grano era una voce negativa della bilancia dei pagamenti, benché fossero stati presi provvedimenti protezionistici. Secondo le analisi di Lorenzetti, bisognerà attendere il 1931 per veder scendere l’importazione, mercé l'aumento del dazio doganale, una maggiore produzione, e soprattutto l'impiego della “varietà elette” di Strampelli (sulle quali il Comitato spinse, fornendo incentivi per il loro utilizzo), sino a raggiungere l'autosufficienza granaria, tanto che la produzione media annua nazionale passò da 55 milioni di quintali del 1922/23, ai 75 milioni del 1936/39. Ciò avvenne con maggiori margini di profitto per i latifondisti meridionali, grazie all’aumento della coltura estensiva, e per gli industriali, per la accresciuta domanda di macchine agricole e di fertilizzanti.
L’incontro tra Strampelli – consapevole della qualità dei suoi grani e della possibilità di raggiungere l'autosufficienza granaria – e la volontà del regime di instaurare e sostenere la “battaglia del grano” portò a quella che fu definita una esperienza unica, sia in ordine ai risultati raggiunti che per i tempi impiegati.
Le “razze elette” avevano ormai superato nell’impiego quel Rieti originale che prima la faceva da padrone: via via nel tempo il suo Carlotta, e poi i vari Varrone, Ardito, Mentana, Villa Glori ed in special modo il grano duro Senatore Cappelli furono preferiti per le loro qualità, sì da sostituire i frumenti tradizionali. Parlando di materia prima (il grano) deve farsi obbligatoriamente riferimento al prodotto finito, che all’epoca era principalmente il pane. Anche qui non mancò chi allestì una campagna contraria, sostenendo che quei frumenti erano poco adatti alla panificazione rispetto a grani esteri (il Manitoba n.2 era considerato il più pregiato). Ma anche su questo versante analisi di laboratorio comprovarono la similitudine sotto l’aspetto merceologico per la panificazione dei grani di Strampelli con quelli tradizionali. Il suo fondamentale ruolo fu ampiamente riconosciuto – oltre che con la nomina a senatore per meriti scientifici e dalla cittadinanza onoraria di Rieti - nel 1933, con onoranze nazionali tributategli da tremila rappresentanti delle istituzioni agrarie e da tutti gli istituti scientifici e accademici del Paese. Nella circostanza della nomina a senatore lo schivo scienziato non mancò di scrivere a Mussolini, pregandolo “nel fare [eventuali] eliminazioni, tener presente anche le mie dette qualità [politiche] assolutamente negative e lasciare il posto che potrebbe essere assegnato ad altri”.
Strampelli fu un antesignano: a differenza dei suoi colleghi agronomi dell’epoca, con cui non mancò talvolta seppure controvoglia di polemizzare, adottò un approccio scientifico rivoluzionario. Volle generare e controllare le mutazioni genetiche del grano (e lo fece applicando inconsapevolmente le leggi ottocentesche sulla ibridazione dei piselli del biologo moravo Gregor Mendel, il padre della genetica moderna, di cui venne a conoscenza solo nel 1905), e non fermarsi alla selezione genealogica o alla causalità delle ibridazioni spontanee. I suoi studi consentirono di vincere le ruggini e l’allettamento (egli ricercava la qualità del grano “non solo di piegarsi senza rompersi, sotto la pressione e l'impeto dei venti, ma anche di sapersi poi raddrizzare appena cessata la meteora”), ottenere un frumento che maturava in anticipo di tre settimane rispetto agli altri – sì da mutare le colture annuali in riso, tabacco, ecc. - e incrementare la produzione per ettaro. È stato calcolato che negli anni '40 e ’50 i suoi grani ricoprivano il 66,5% della superficie granaria complessiva italiana.
Ed essi continuano tutt’oggi a vivere nei genotipi che egli ha creato, incrociati con altri frumenti, ed addirittura nelle forme che egli stesso individuò a Rieti. Secondo gli studi del genetista Angelo Bianchi il frumento tenero S.Pastore, una delle ultime creazioni, negli anni Settanta era il grano maggiormente coltivato in Italia ed in numerose altre parti del mondo. Sì, perché i suoi chicchi cominciarono ad essere studiati e adottati in diverse aree, dalla menzionata Argentina all’Australia, dalla Jugoslavia fino alla Cina. Già nel 1938 il Villa Glori, il cui nome fu modificato in Zhongnong 28, venne impiegato nella provincia di Sichuan, e poi i suoi frumenti furono il sostegno della rivoluzione maoista, allorquando oltre 20 milioni di ettari furono seminati con le “razze elette” di Strampelli.
L’agronomo marchigiano, mancato nel 1942, volle essere sepolto a Rieti. Nel capoluogo della Sabina è ricordato con il Museo della scienza del Grano. Recentemente è stata inaugurata presso la sede del Ministero dell'Agricoltura l'area espositiva che custodirà temporaneamente i beni di interesse culturale e scientifico appartenenti alla sua Collezione.
Nazareno Strampelli è stato un grande italiano. Si era dato una missione (“a me basta la possibilità di raggiungere l'immensa soddisfazione di rendere un grande servizio al mio Paese”) e non cercava né gloria né denaro, basti pensare – come è stato scritto – che, se avesse brevettato i suoi grani “sarebbe stato forse l’uomo più ricco del mondo”. Schivo, poco amava scrivere del suo lavoro, lo fece solo nel primo quindicennio del Novecento, e ciò gli è forse costato riconoscimenti a livello mondiale. Si pensi che Norman Borlaug, genetista agrario statunitense, noto come il padre della Green Revolution degli anni Sessanta, ricevette nel 1970 il Premio Nobel per la pace, poiché con i suoi studi ha contribuito ad aumentare la disponibilità di cibo nel mondo e di conseguenza la concordia universale. Strampelli respingeva finanche le richieste dei giornali specializzati, che si dovevano accontentare di riprendere passi già pubblicati di suoi interventi in convegni. A chi glielo rimproverava, rispondeva: “le mie pubblicazioni, quelle a cui tengo veramente, sono i miei grani: non conta se essi non portano il mio nome, ma ad essi è e resta affidata la modesta opera mia, svolta nell'interesse della granicoltura del mio Paese.”


BIBLIOGRAFIA E CINEMATOGRAFIA
AA.VV., Donne protagoniste del miglioramento genetico vegetale: Carlotta Parisani Strampelli, Atti del convegno di studi, Università degli Studi di Macerata, 2014.
Film L'uomo del grano, regia di Giancarlo Baudena, Prodotto da Giancarlo Baudena e Antonio Vizzi per Stella Polare Film e Alpi del Mare, Italia, 2009.
G. Tallarico, Nazareno Strampelli, Roma, 1942.
R. Lorenzetti, La scienza del grano, L'esperienza scientifica di Nazareno Strampelli e la granicoltura italiana dal periodo giolittiano al secondo dopoguerra, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma, 2000.
R. Lorenzetti, Nazareno Strampelli. l’avventura scientifica di uno scienziato “di provincia”, in Annali, Accademia Nazionale di Agricoltura, vol. CXXXVI, Bologna, 2017.
S. Salvi, La “rivoluzione verde” di Nazareno Strampelli, in Agricoltura – Istituzioni – Mercati, n. 3, Franco Angeli, Milano, 2009.


Documento inserito il: 04/10/2023
  • TAG: Nazareno Strampelli, Carlotta Parisani, Rieti, granicoltura, genetica agraria

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