Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, personaggi storici: Antonio Ramognino, un genovese nella base operativa avanzata clandestina a Gibilterra

Antonio Ramognino, un genovese nella base operativa avanzata clandestina a Gibilterra

Guerra segreta italiana. Antonio Ramognino, un genovese nella base operativa avanzata clandestina a Gibilterra.


di Francesco Caldari


Nell’aprile del 1942 quella coppia giunta ad Algeciras, in territorio spagnolo, ed alloggiata all’Hotel Cristina, qualche curiosità l’aveva destata. Quel segaligno trentasettenne italiano e la sua sorridente moglie spagnola avevano spiegato che erano in viaggio di piacere, giunti da Genova a bordo di una Peugeot dopo un lungo viaggio. Non raccontarono però dell’inghippo alla frontiera franco-spagnola per il passaporto di lui, risultato scaduto, superato grazie all’intervento di un colonnello della accomodante neutrale Guardia Civil iberica.
La vicina base navale della colonia britannica di Gibilterra, per la sua posizione strategica e le sue infrastrutture militari, risultava di fondamentale importanza. Da qui i britannici controllavano il traffico navale in entrata e in uscita dal Mar Mediterraneo, proteggevano le rotte di rifornimento e difendevano l'Atlantico, monitorando e contrastando le operazioni dei sottomarini tedeschi in quell'oceano.
Antonio Ramognino, nativo della delegazione genovese di Pegli, nelle numerose gite che avevano fatto per la rada aveva scattato molte foto alla moglie Conchita Peris del Corral, conosciuta in un soggiorno a Madrid qualche anno prima e sposata a Barcellona: lei era ritratta sempre su un lato, mentre al centro della inquadratura rimanevano i luoghi turistici, il Peñón, il Guadarranque, il Palmones, ma anche quelli strategici, come la disposizione delle navi britanniche nel congestionato porto militare ed in rada.
A conclusione della gita, il 4 maggio successivo, Ramognino rientrò in Italia e si presentò a rapporto al Comandante della Xa MAS, il Capitano di Corvetta Junio Valerio Borghese. Già, perché in realtà lo sposino era un agente civile della Decima Flottiglia, fittiziamente incorporato per motivi burocratici come sottufficiale del Corpo Reale degli Equipaggi Marittimi. Un soggetto davvero particolare, Ramognino: conoscenze ingegneristiche, impiegato amministrativo nella fabbrica aeronautica Piaggio del quartiere genovese di Sestri Ponente, mancato atleta appassionato di voga, si era messo a disegnare un “barchino” mediante il quale trasportare esplosivo per attaccare navi nemiche. Con una evidente allusione alla iniziale lettera del suo cognome, lo aveva chiamato “battello R“: lungo circa 5 metri, dotato di un motore elettrico, avrebbe consentito il trasporto di una persona e di esplosivo, viaggiando a pelo d’acqua. Non idoneo alle armi a causa di una lussazione alla spalla destra rimediata proprio per la sua passione per il canottaggio, Antonio aveva pensato così di poter dare un contributo allo sforzo bellico della Marina. Le missive con le quali proponeva la sua creatura non avevano però avuto riscontro, ed egli iniziava a disilludersi. Ma, come spesso accade nella vita, proprio quando sembra che le cose non vadano per il loro verso, ecco giungergli una lettera datata 14 agosto 1941, intestata “Regia Marina – X^ Flottiglia M.A.S.”, con la quale il Comandante Capitano di Corvetta Junio Valerio Borghese gli scrive “Prego presentarVi a questa Flottiglia giovedì 21 corrente alle ore 10,30 con monografia noto apparecchio”.
La Xa MAS nel 1941 era una organizzazione consolidata, costituita sin dall’ aprile 1939, figlia degli studi di Teseo Tesei e Elios Toschi, iniziati nel ’35 sullo sviluppo di mezzi originali da utilizzare in ambiente marino. Operava in clandestinità, poiché svolgeva quelle che in ambito militare vengono oggi definite operazioni speciali: unità altamente addestrate e specializzate che conducono missioni non convenzionali, dietro le linee nemiche o in situazioni di alto rischio. Queste imprese sono caratterizzate da elevato livello di segretezza. Si devono mantenere riservate le informazioni sulle missioni, nonché le tattiche e le capacità, per massimizzare l'effetto sorpresa e la sicurezza delle operazioni. Tale tipo di attività richiede un addestramento intensivo, una selezione rigorosa e un alto grado di professionalità da parte degli “operatori” coinvolti. Diciamola tutta: la guerra asimmetrica non è una invenzione delle più recenti dottrine belliche. Se sfogliate un manuale di strategia militare vi spiegheranno che, quando le parti coinvolte hanno disparità significative in termini di potenza militare, risorse e capacità, quella potenzialmente soccombente ricorrerà proprio all'utilizzo di tattiche non convenzionali e strategie innovative, quali sabotaggio, terrorismo, utilizzo di armi improvvisate e altre forme di combattimento non tradizionali. Gli operatori della Xa MAS facevano esattamente questo: dalla base navale della Spezia partivano a bordo di sommergibili che imbarcavano i mezzi così detti “insidiosi” (in termini di tattica militare): siluri opportunamente modificati (denominati “a lenta corsa” – in sigla SLC – o in gergo “maiali”) sulla groppa di ciascuno dei quali salivano due operatori che, inizialmente sopra e in vicinanza del naviglio nemico sotto la superficie, superavano la vigilanza e le ostruzioni, si avvicinavano silenziosamente alle navi ormeggiate in rada o in porto, fissando sulla struttura dello scafo della nave sotto la linea di galleggiamento una carica esplosiva temporizzata per quindi ritornare, sempre a cavalcioni del “maiale”, verso il sommergibile “avvicinatore”. Lavoro simile veniva svolto dai “nuotatori gamma”, comandati da Eugenio Wolk, divenuto italiano d’adozione dopo essere fuoruscito dalla terra natale russa a causa della Rivoluzione d’Ottobre, che, nuotando sotto la superficie, portavano al seguito mine o altri dispositivi di sabotaggio (“mignatte” o “cimici”). Anche loro si infiltravano di notte ed in condizioni di scarsa visibilità via mare nelle basi nemiche per attaccare le navi ormeggiate, posizionandovi le mine ed operando in gruppi di pochi nuotatori per massimizzare l'effetto sorpresa.
La segretezza di tali operazioni era quindi essenziale, poiché è evidente che un sommergibile in movimento dalla Spezia per avvicinarsi ad un porto nemico era vulnerabile alla attività di osservazione. Ecco, quindi, la necessità di costituire delle “basi operative avanzate”, per stare più vicini al naviglio nemico e lanciare l’attacco rimanendo esposti per il minor tempo possibile alla potenziale scoperta. Di conseguenza di basi ne furono costituite diverse, sia sulle coste italiane (Brindisi, Augusta, Amalfi) che in territorio estero (Lero, Foros in Crimea, El Daba, Biserta). Le più famose rimangono però quelle realizzate a Gibilterra.
E qui dobbiamo ritornare al nostro Antonio Ramognino che, nella sua iniziale ricognizione ad Algesiras aveva adocchiato la pirocisterna italiana Olterra, ormeggiata alla diga foranea a 6 miglia dal porto militare di Gibilterra. Proprietà dell’armatore genovese Andrea Zanchi, era stata rimorchiata dopo essere stata sollevata dal fondo, autoaffondata dal suo equipaggio il 10 giugno 1940 perché non cadesse in mano inglesi all’ingresso dell’Italia in guerra. Nella sua relazione al Comandante Borghese egli evidenziò come l’interno dello scafo della Olterra avrebbe potuto essere convertito in una sorta di officina, ove assemblare gli SLC/maiali o lo stesso battello R da lui disegnato, fuoriuscire sotto il livello dell’acqua da una apertura da realizzare sul fianco dello scafo, colpire il naviglio in porto e rientrare senza essere visti. Se non un cavallo di Troia nel cuore della rada, qualcosa di molto simile! La seconda proposta fu – se possibile – ancora più ardita, poiché lo coinvolgeva direttamente: prendere lui e sua moglie Conchita alloggio in un casolare isolato nella baia, nel neutrale territorio spagnolo, che avrebbe dovuto fungere da posto di osservazione dei movimenti delle navi nemiche in porto e contestualmente da base di partenza e ricovero per i micidiali nuotatori Gamma. Si trattava di una casa di campagna in affitto su una piccola altura che sfocia su una spiaggia privata a Puente Mayorga, vicino a La Línea, e da cui si godeva di una vista invidiabile su tutta la baia. Tale casolare era conosciuto come “Villa Carmela”, uno chalet (così vengono indicati in Spagna) ad un piano di poco più di 200 metri quadrati, con una veranda e terra di proprietà intorno.
La doppia proposta entusiasmò il Comandante Borghese ed il suo staff: ma come giustificare la presenza del volontario Ramognino a Villa Carmela? L’ennesimo colpo di genio fu associare le due basi segrete: accolto dall’ingegnere Giulio Pistono, già comandante della Marina militare, rappresentante della Piaggio in terra iberica e Cancelliere del Consolato di Algeciras, Antonio fu fatto passare come rappresentante proprio della compagnia di navigazione Andrea Zanchi da Genova, proprietaria dell’Olterra, incaricato di supervisionare i lavori di riparazione e manutenzione che dovevano essere effettuati sulla nave (che in realtà sarebbero serviti a predisporre la officina nascosta ed il varco per l’uscita ed il rientro dei SLC). La compagnia della moglie spagnola – perfettamente consapevole della missione occulta del marito – era invece giustificata da un precario stato di salute, necessitante un luogo tranquillo, sole e brezza marina.
Così fu che, affittato lo chalet dal consolato italiano di Algesiras, il 29 giugno 1942, dopo sole tre settimane dalla prima missione esplorativa, la coppia prese possesso di Villa Carmela, non mancando di aprirvi una ulteriore finestra in una facciata che, piuttosto che servire per ventilare la casa come giustificato al proprietario, in realtà era utile come miglior punto di osservazione, nascosto da una voliera con alcuni pappagalli parrocchetti, dietro la quale Antonio pose un cannocchiale che gli consentiva una magnifica vista panoramica di Gibilterra, della Baia e dello Stretto.
Il materiale necessario alle attività di sabotaggio giunse su camion che, per quanto riguarda l’Olterra, trasportavano quanto serviva alla falsa riparazione della nave, mentre nel mobilio destinato alla coppia erano nascosti boccagli, tute, respiratori per i nuotatori Gamma, e nei sacchi di carbone necessari per il riscaldamento stavano le mignatte esplosive. Altro ancora veniva celato in un pozzo, in disuso e di grande profondità, che era dietro la casa.
La prima operazione da Villa Carmela si svolse nella notte tra il 13 ed il 14 luglio 1942: dodici nuotatori Gamma comandati dal Sottotenente di Vascello Augusto Straulino giunsero in maniera rocambolesca dall’Italia divisi in due gruppi sino alla base operativa. Il loro obiettivo era attaccare piroscafi ormeggiati in rada, fuori dal porto militare. Accompagnati via terra da Ramognino che aveva preventivamente studiato il percorso, profittando del ruscello in secca Cachón si recarono al punto di ingresso in acqua, tagliarono il filo spinato che contornava la costa e si avviarono all’azione (denominata G.G.1), che danneggiò quattro unità navali successivamente portate ad incagliarsi. Alcune cariche non esplosero mentre tutto il personale – dopo che sette di essi erano stati inizialmente fermati dalle forze di sicurezza spagnole – rientrò in Italia, ricevendo la Medaglia d’Argento al Valore Militare. Vi fu anche uno strascico curioso e … pericoloso. Erano rimaste in casa due mignatte difettose, di cui Ramognino voleva sbarazzarsi. I due coniugi si recarono presso un pozzo non distante e grazie ad una corda, lentamente, ve le calarono dentro, ma furono costretti ad allontanarsi all’avvicinarsi di alcuni soldati. Alcuni giorni più tardi le mignatte esplosero, distruggendo il pozzo, portando gli abitanti del luogo a commentare negativamente la precisione degli aerei italiani, che a loro dire invece di sganciare le proprie bombe su Gibilterra avevano mancato la mira. L’operazione successiva da Villa Carmela fu quella denominata “G.G.2”, svolta il 15 settembre successivo, che - condotta da tre soli operatori Gamma - consentì di colpire il piroscafo Ravens Point.
Come nelle intenzioni iniziali, dalla Olterra, opportunamente predisposta, partirono invece azioni svolte con i SLC/”maiali”: una l’8 dicembre del 1942 aveva lo scopo di forzare il porto militare di Gibilterra, ma ebbe esito infausto poiché comportò 3 caduti e 2 prigionieri, mentre altre due furono indirizzate a piroscafi: la prima l’8 maggio 1943 ne colpì tre, la seconda il 4 agosto successivo pure consentì di colpire tre unità navali. Non fu facile per Antonio e Conchita sviare curiosità e sospetti, seppure facessero vita sociale e tenessero buoni rapporti con tutti: essi si sentivano spiati, e verosimilmente lo erano, poiché ebbero modo di notare sulla strada che passava davanti a Villa Carmela automobili parcheggiate con persone all'interno, delle quali vedevano la luce delle sigarette. Spesso si affacciava in casa il parroco di Puente de Mayorga, notoriamente amico degli inglesi. In una occasione, poche prima della Operazione G.G.1, si presentarono in visita di cortesia il Governatore Militare di Gibilterra, Generale Antonio Barrón e il Capo della Sezione Informazioni del Governo Militare, Colonnello Ignacio Molina, accompagnati dalle rispettive mogli!
Fatto sta che seppure il controspionaggio inglese fece comunque clamorosamente cilecca, Antonio ad un certo punto decise di inviare Conchita dai genitori di lei, a Valencia, mentre Villa Carmela continuò ad essere utilizzata come posto di osservazione per le attività dall’Olterra.
Ramognino rientrò definitivamente in Italia il 9 luglio del 1943, avendo operato “a contatto” del nemico per un anno.
Gli inglesi infine individuarono sì l’Olterra come base operativa segreta, oggetto di memorandum di protesta del Foreing Office presentati al governo spagnolo a cavallo tra 1943 e 1944, ma seppero del ruolo di Villa Carmela abbondantemente dopo il termine della guerra.
L’edificio, ceduto dagli italiani, subì nel tempo alcune modifiche, vide mutare i suoi dintorni, ed è stato destinato anche a scuola dell'infanzia.
Il barchino R disegnato da Ramognino non fu in realtà mai costruito, rimanendo a livello di prototipo.
Antonio e Conchita rimasero a vivere nella delegazione di Pegli a Genova, ricordati solo dagli studiosi della storia della Marina Militare e dai reduci delle ardite azioni degli incursori, cullandosi dei ricordi della loro straordinaria e pericolosa avventura.
Se cercate nel loro quartiere una via intitolata a questa formidabile ed intrepida coppia, non la troverete: anche la loro città si è dimenticata di onorarli come avrebbero meritato.


Nell'immagine, Antonio Ramognino con Conchita Peris del Corral.


BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

Alfonso Escuadra Sánchez, La base secreta de Villa Carmela, in Almoraima: revista de estudios campogibraltareños, N. 41, pag. 299-313, 2014.
Bruna Pompei, Eugenio Wolk «Lupo» comandante dei Gamma della X Mas, Ritter, Milano, 2009.
Carlo De Risio e Aldo Cocchia, I Mezzi d´Assalto, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma, 1964.
Gianfranco Pianigiani, Stefano Foti, Romano Pinelli, Le imprese degli Assaltatori della Marina nella II G.M. attraverso i documenti originali dell'epoca, ETS, Pisa, 2021.
https://www.anaim.it.

Documento inserito il: 10/11/2023
  • TAG: nuotatori gamma, SLC, incursori, Olterra, Villa Carmela, Gibilterra

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