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La fine della Casa di Svevia

Alla morte di Federico II di Svevia, gli succedette sul trono il figlio Corrado, che assunse da imperatore il nome di Corrado IV. Egli morì dopo soli quattro anni di regno, senza essere riuscito a riconciliarsi con il Papato e lasciando il trono imperiale al figlioletto di due anni, sotto la tutela materna. Di questa situazione approfittò Manfredi, il figlio naturale di Federico II e da questi incaricato della reggenza del regno di Sicilia. Egli si fece incoronare re a Palermo, separando in questo modo la corona imperiale da quella reale, creando in questo modo la possibilità di una vita più tranquilla per il regno meridionale. Per assicurarsi il trono, Manfredi riprese ad immischiarsi nelle questioni italiane, assumendo il ruolo di capo della fazione ghibellina. In questa veste non gli mancarono i successi, il più importante dei quali fu la vittoria nella sanguinosa battaglia di Montaperti nel 1260, nella quale le forze ghibelline toscane, capeggiate da Siena, sconfissero la guelfa Firenze. Furono proprio questi suoi successi ad attirarle l’ostilità del pontefice. Papa Clemente IV, di origine francese, chiese l’aiuto di Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX, offrendole in cambio la corona di Sicilia, che i pontefici avevano sempre considerato un feudo pontificio. Allettato dalla proposta, questi scese in Italia con un esercito di 30.000 uomini. Egli potè recarsi nel meridione praticamente indisturbato, grazie anche all’appoggio delle città guelfe. Giunto ai confini del regno del Sud, riuscì facilmente a penetrarvi grazie alla defezione di molti baroni meridionali, e nel 1266, si scontrò con l’esercito di Manfredi presso Benevento. La fuga o il tradimento di molti baroni, decisero le sorti dello scontro. Manfredi rimasto con pochi fedelissimi a sostenere la battaglia, cadde ucciso e Carlo d’Angiò, assunta la carica di nuovo re, s’insediò a Napoli, la sua capitale. Due anni più tardi, il figlio di Corrado IV, sedicenne, che in Italia venne soprannominato Corradino, decise di scendere nella penisola per riconquistare i propri possedimenti italiani. Facendo affidamento sulla resistenza dei fedeli Saraceni di Lucera e sulla ribellione delle popolazioni siciliane, stufe delle ruberie e delle efferatezze commesse dagli inviati dell’Angioino, egli si diresse verso il Sud alla testa di un buon esercito. Giunto a Tagliacozzo, in Abruzzo, ripetè lo stesso errore di Manfredi, rischiando il regno e la propria vita in un’unico scontro, prima ancora di aver raccolto attorno a se tutte le forze disponibili. Sconfitto dagli esperti comandanti francesi, perse tutto il suo esercito, tentando poi una fuga che si concluse con la sua cattura da parte del nobile romano Frangipane, che poi lo vendette a Carlo d’Angiò. Questi lo condannò a morte come ribelle e nel 1268 Corradino, l’ultimo discendente della casa di Svevia, venne decapitato sulla piazza del mercato di Napoli, ponendo fino ad un casato che per circa un secolo e mezzo aveva dominato la scena politica europea.


Nell'immagine, statua raffigurante Corrado V Hohenstaufen, detto Corradino. Catturato dai francesi, venne tradotto a Napoli dove venne decapitato il 29 ottobre 1268.

Documento inserito il: 23/12/2014
  • TAG: manfredi, guelfi, ghibellini, svevi, hohenstaufen, battaglia montaperti, carlo d angiò, battaglia benevento, corradino corrado IV. battaglia tagliacozzo

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