Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia autori: Prima il Duce, poi il resto: la storia di Achille Starace

Prima il Duce, poi il resto: la storia di Achille Starace [ di Simone Balocco e Paola Maggiora ]

Se si parla di Achille Starace, per i più avvezzi, viene in mente il celebre “bestiario”: "l'aquila che è rapace; la lupa che è vorace; l'oca che è Starace". Oppure il famoso epitaffio (“Qui giace Starace/vestito di orbace/di nulla capace/Requiescat in pace”) o anche altri soprannomi (“Claretto Petacci” o “cretino obbediente” oppure il nome dell'asino dell'ex Segretario del Partito Nazionale Fascista, Leandro Arpinati, con cui ebbe tantissimi screzi). Eppure Achille Starace è stato uno dei personaggi più importanti (ma altrettanto controversi) del fascismo. Un fido amministratore così vicino al Duce da rasentare il ridicolo che ha cercato di trasformare l'Italia in un Paese totalmente fascista, non riuscendoci. O meglio, riuscendoci in parte ma diventando antipatico e bersaglio della satira e di altri gerarchi.

Interventista e fascista della prima ora
Nativo della frazione Sannicola di Gallipoli nell'agosto 1889, Starace proveniva da una famiglia originaria di Vico Equense (nel Napoletano) che per motivi di lavoro del padre si trasferì in Salento. Ragazzo molto vivace e dedito anche all'uso della violenza, il giovane Achille era poco dedito allo studio, mentre era innamorato dell'attività fisica e di tutto ciò che riguardava le armi e la guerra.
A sedici anni fece armi e bagagli e andò a Venezia dove terminò gli studi in ragioneria ed iniziò ad interessarsi seriamente di armi e guerra. A vent'anni si sposò con la coetanea e conterranea Ines che lasciò sempre in Puglia e lontana da lui. Ebbero due figli: Fanny e Luigino.
Starace fu un fervido interventista durante la scelta dell'Italia sull'intervenire o meno nella Grande guerra, tanto da scontrarsi apertamente con persone che volevano la pace e la neutralità. Riuscì ad entrare nel Regio esercito e diventare sottotenente e poi ufficiale dei bersaglieri nei campi di battaglia sul Piave e sul Carso. Al termine del conflitto gli furono conferite molte onorificenze al valore militare: una medaglia d'argento, quattro di bronzo e due croci al valor militare.
Il biennio 1919-1921 vide uno Starace affascinato dai nascenti Fasci di Combattimento creati da Benito Mussolini con lo scopo di impedire che l'Italia potesse subire gli influssi della rivoluzione russa, nonché mettere in un angolo la società liberale del tempo ed avere il risarcimento della “vittoria mutilata”. Achille Starace si trasferì nel mentre a Milano e partecipò alla fondazione del Partito in piazza San Sepolcro.
Mussolini capì che quel pugliese trapiantato al Nord poteva fare al caso suo: violento al punto giusto, abile nel muovere le masse, fedele. Il futuro Duce lo inviò quindi in Trentino per “sistemare” le cose, cercando di imporre in quella parte di Regno i dogmi del fascismo in un territorio che non si sentiva italiano. Nel 1920 Starace organizzò il Fascio di Trento, una zona difficile quella con molte persone di origine e lingua tedesca che non volevano, nonostante l'esito della Prima guerra mondiale, diventare italiani.
Iniziò un periodo di violenze perpetrate dai fascisti contro coloro che non volevano l'italianizzazione di quella zona, ma il successo fu tale che tutte le amministrazioni furono fascistizzate e l'effige del Re, sinonimo di unità nazionale, fu messa in tutti gli uffici pubblici. Ovviamente le violenze furono tantissime e ci scappò anche il morto in quelle settimane concitate.
Tra il 1921 ed il 1923, Mussolini promosse Starace vice-Segretario del Partito Nazionale Fascista: ebbe l'inizio la scalata del fu bersagliere di Gallipoli.
Il 31 ottobre 1922 Vittorio Emanuele III diede a Mussolini, dopo la marcia su Roma di tre giorni prima, l'incarico di formare il nuovo governo e dopo un periodo di instabilità politica, tutto sembrava normalizzato. Starace mosse le camicie nere del Nord est verso la Capitale.
In quegli anni si fece notare come uno dei più vicini non al fascismo (nonostante fosse stato un fascista della prima ora), ma a Benito Mussolini. E proprio questa vicinanza fu invisa a molti: lo stesso Mussolini decise, nel 1923, di affidare a Starace la gestione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN). Cos'era la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale? Nient'altro che la normalizzazione delle squadre di assalto del fascismo. Nata come forza “parallela” del Partito, divenne parte integrante dell'esercito salvo alcune particolarità.
La violenza precedente perpetrata dalle camicie nere doveva essere solo un ricordo, ma tutto doveva filare liscio e non dovevano esserci più tumulti e problemi di sorta. La nascita della Milizia è stato uno dei momenti di vera fascistizzazione del Paese: via i sindaci eletti dentro i podestà nominati, via i prefetti statali dentro quelli fascisti, via i presidenti delle province dentro quelli fascisti. Per non parlare dalla nascita dei federali e dei segretari cittadini del fascio. Mussolini, non a caso, divenne anche ministro dell'Interno ed il Partito Nazionale Fascista fu il fulcro del Paese. La rivoluzione fascista era iniziata.
Nelle elezioni politiche del 6 aprile 1924, quelle della Legge Acerbo, Achille Starace fu eletto deputato nel collegio di Sannicola: rimase alla Camera per quattro legislature consecutive (1924-1943). In quelle contestatissime elezioni politiche, il PNF ottenne il 65% dei voti e 374 deputati su 535, lasciando i restanti 161 seggi ai restanti partiti, con la predominanza di Partito Popolare Italiano e Partito Socialista Uunitario.
Nel 1926 Starace tornò ad essere vice-Segretario del partito, carica che detenne fino al 1931. Due anni prima, nel 1929, ci fu l'azione che lo fece ancora di più apprezzare agli occhi di Mussolini: le vicende delle Federazione di Milano, dedita ad illeciti, irregolarità e corruzione e dove lo stesso Starace, uomo d'ordine e macchina burocratica per eccellenza, in un anno portò la Federazione a diventare un luogo dedito al rispetto della legge.
La carriera di Starace prese un'impennata importante: entrò poi a fare parte del Gran Consiglio Fascismo, il massimo organismo del Partito Nazionale Fascista che si riuniva periodicamente, dal 1923, a Palazzo Venezia, sede della Presidenza del Consiglio, per decidere le sorti del Paese e del Partito.
Il Partito nel 1931 compì i suoi primi dieci anni e nel mentre si erano alternati ben sei segretari diversi e due “coalizioni”: Michele Bianchi (novembre 1921-ottobre 1923), Francesco Giunta (ottobre 1923-aprile 1924), Quadrumvirato e Direttorio nazionale provvisorio (aprile-giugno 1924 e giugno-agosto 1924), Alessandro Melchiori (agosto 1924-febbraio 1925), Roberto Farinacci (febbraio 1925-marzo 1926), Augusto Turati (marzo 1926-ottobre 1930) e Giovanni Giuriati (ottobre 1930-dicembre 1931). In dieci anni si alternarono diverse persone, tutti esautorati perché nessuno, agli occhi del Duce, aveva fatto un buon lavoro. Mussolini capì che il Partito Nazionale Fascista doveva essere guidato da una persona integerrima, fedele e non invischiato in lotte interne al partito.

1931-1939: Starace segretario del PNF. Nasce lo stile fascista
Il Duce decise di promuovere quel pugliese che lo aveva colpito per fedeltà, rispetto ed azione, un deputato senza un grande seguito, lontano dal concetto di “ras” e che sicuramente non lo avrebbe deluso. Mussolini affidò l'incarico di Segretario del Partito ad Achille Starace: era il 7 dicembre 1939.
La nomina di Starace mise il militare pugliese al terzo posto (praticamente) tra le cariche nazionali dopo Mussolini e il re ed il suo “regno” fu caratterizzato dall'esplosione dello sport in Italia, grazie alla sua nomina a Presidente del CONI. Sotto il suo “governo”, lo sport nazionale raggiunse vette allora mai raggiunte: la Nazionale di calcio vinse per due volte il Mondiale di calcio e vinse l'oro olimpico a Berlino nel quadriennio 1934-1938, il ciclismo divenne uno sport d'eccellenza grazie ai successi incredibili di Bartali, il nuoto ebbe in Ondina Valla la sua migliore interprete, il pilota mantovano Tazio Nuvolari era chiamato in Germania il “diavolo” per la grinta messa in pista, il pugile Primo Carnera vinse il titolo mondiale dei pesi massimi e gli fu coniato il soprannome di “montagna che cammina”, mentre Giuseppe Meazza divenne un calciatore conosciuto a livello universale ed uno dei primi sportivi a diventare un testimonial pubblicitario. Questi atleti furono la propaganda vincente del regime all'estero, espressioni di un'Italia dedica allo sport e al benessere fisico.
Però c'è un però: la nomina di Starace a capo del Partito non fu presa bene dagli altri gerarchi che si sentirono “superati” da una persona che poteva essere tutto nella vita tranne che Segretario del Partito. Uno dei suoi più acerrimi nemici fu Leandro Arpinati che con il fascista pugliese non andò mai d'accordo. Celebre è stato il dialogo tra il ras di Bologna e Mussolini, con il primo a dire al Duce che non poteva essere Segretario in quanto “cretino” e Mussolini ribatté subito “si, ma un cretino fedele”. Starace divenne Presidente del CONI al posto dello stesso Arpinati nel 1939 e questo fa pensare ad una forte invidia del gerarca emiliano.
Forse anche Mussolini aveva capito di non aver assegnato il Partito ad una persona molto sveglia, ma lui voleva questo: basta primedonne, basta problemi, solo serenità e fermezza alla guida del Partito.
Starace inoltre era lontano dalla querelle dei ras, i leader fascisti che hanno usato il loro territorio di vita per diventare forti ed imporre le regole del fascismo anche con la violenza tramite le loro “squadracce” (Balbo a Ferrara, Farinacci a Cremona, Dumini a Firenze, Ricci a Carrara, Volpi a Milano). Il Salento non ebbe mai un leader carismatico e Starace non ebbe mai un grandissimo seguito “elettorale” a dispetto degli altri gerarchi, anche se grazie a lui Gallipoli ebbe, tra le tante cose, anche la propria Casa del Fascio, una fontana in stile futurista e l'edificio delle scuole elementari.
Nonostante questo, Starace accettò il nuovo e prestigiosissimo incarico: lo lascerà otto anni dopo, a ridosso dello scoppio della Seconda guerra mondiale e cercò di rivoluzionare non solo il Partito, ma il Paese. Una sorta di Joseph Goebbels, ma con meno cattiveria rispetto al gerarca nazista. E come fece ciò? Fascistizzando l'Italia.
Negli otto anni da segretario, Starace inculcò il fascismo nella testa degli italiani, inquadrando tutta la Nazione dentro il Partito Nazionale Fascista: dalle scuole alle università, dagli uffici pubblici a tutto ciò che era ricreativo per i tempi di allora divenne parte integrante del nuovo programma politico nazionale del fascismo. Creò, ad esempio, nel 1937 la Gioventù Italia del Littorio che incorporò la Opera Nazionale Balilla e tutte le organizzazioni giovanili, andando ad inculcare nei giovani di allora le caratteristiche spirituali, militari e culturali del fascismo.
Dal punto di vista propagandistico, Achille Starace è stato l'organizzatore della sei giorni di visita di Hitler in Italia tra il 3 e il 9 maggio 1938, organizzando tutta la parte di parata, militare, ginnica (ci fu una manifestazione ginnica da parte di oltre 50mila Balilla e Avanguardisti a Roma) ed espositiva della visita del Fuhrer in Italia che vide Roma, Napoli e Firenze. Roma era adornata di svastiche, festoni, bandiere, scritte, fasci littori e aquile. Con Hitler giunse in Italia anche l'omologo nazista di Starace, Goebbels.
Nei suoi otto anni a capo del Partito, Starace promosse i Fogli d'ordine, una sorta di Gazzetta ufficiale ante litteram che uscivano cadenzati con all'interno le nuove proposte del Partito cui tutti gli italiani dovevano attenersi. Il loro contenuto era in puro stile staraciano, ma con l'introduzione delle leggi razziali (novembre 1938) e la campagna contro le persone italiane di religione ebraica le pubblicazioni divennero più deprecabili.
Propagandisticamente, Starace promosse il “saluto al Duce” non appena ad un incontro presenziasse Benito Mussolini (“Camice nere! Salutate il duce il fondatore dell’Impero”) e tutti dovevano fare il saluto romano ed urlare “A noi!”. E sul saluto romano, Starace stabilì come si dovesse fare: braccio destro angolato di 170°, distante dal busto e con le dita della mano unite tese. Ed il saluto romano fu l'unico tipo di saluto che doveva esserci, eliminando la poca virile stretta di mano. Fu poi abolito l'uso del “lei” in favore del “voi”, più rispettoso e gerarchico.
Inoltre, su tanti muri venne scritto a lettere cubitali la parola “Duce” come forma di rispetto verso il “padre della patria” cui tutti dovevano dedizione pura. Apparvero anche scritte (Viva il Duce, Dvx, Dvce) e motti fascisti (Dux mea lux, Credere obbedire combattere, Nel segno del Littorio).
Fu anche di Starace l'idea di tenere accesa anche di notte la luce dello studio di Mussolini a piazza Venezia, per far capire agli italiani che il Duce non dormiva mai e che era sempre al lavoro per gli italiani e per l'Italia. Si disse che Mussolini trovò questa idea un po' eccessiva e ad un certo orario la fece spegnere.
Starace era la persona adatta per quel ruolo accentratore che doveva avere il Partito Nazionale Fascista: tutto è lo Stato, lo Stato è tutto, una macchina perfetta dove tutti partecipano al suo funzionamento. Il Partito con il gerarca pugliese divenne il centro nevralgico del potere sul Paese, anche se Starace andò oltre inimicandosi non solo la popolazione, ma anche gli altri gerarchi. Perché il problema di fondo era che Starace obbligò tutti a cambiare se stessi e questo non piacque mai a nessuno, anche perché le sue scelte furono impopolari e ottuse, tanto da renderlo una macchietta ed un uomo totalmente in mano al Duce, tanto da sostenere che lui respirasse perché il Duce gli ordinava di respirare. Ma al Duce tutto questo andava più che bene, perché Starace era il classico uomo giusto, al posto giusto, al momento giusto. Una persona che non sarebbe mai andata contro di lui, che non avrebbe preso decisioni che avrebbero turbato i vertici del Partito, un fedele gerarca che ubbidiva e si faceva ubbidire.
Essendo un amante della ginnastica e della cura del corpo, Starace promosse il “sabato fascista”, un insieme di attività obbligatorie di carattere militare, ginnico, culturale e politico entrato in vigore nel giugno 1935 e reso obbligatorio per tutti gli italiani i sabati pomeriggi: nasceva così lo Stato in divisa e lo Stato che aiutava e curava le persone bisognose, perché in battaglia dovevano andare tutti e tutti dovevano essere fisicamente idonei.
Si tennero anche gare di atletica estrema, con salti in cerchi di fuoco o sopra a delle baionette, cui tutti i gerarchi (anche quelli delle federazioni locali) dovevano prendere parte per dare il buon esempio ai cittadini. Ma questa scelta fu ridicola perché sia i trentenni che i sessantenni dovevano fare gli stessi esercizi ginnici con esiti che rasentavano il ridicolo. Queste esibizioni e la troppa enfasi militare fecero diventare le cose volute da Starace carnevalate inutili e ridicole.
Nel marzo 1936 Starace partì per la guerra in Etiopia, vinta dall'Italia. In Abissinia fu a capo di una colonna, la quale arrivò nella città di Gondar, una delle sei capitali federali dell'allora Impero d'Etiopia, conquistandola. L'allora Segretario scrisse un libro che non piacque al Duce, ma la sua popolarità ebbe un'impennata: anche grazie a Starace, nasceva l'Impero italiano di cui Mussolini era il Primo maresciallo.
Ma quando si parla di Achille Starace e della fascistizzazione del Paese, la mente vola anche alla campagna di italianizzazione di molte parole allora in uso comune che avevano origine (e scrittura) straniera. Questa rientrava nella campagna dell'autarchia, dove c'era da promuovere tutto ciò che era prodotto in Italia a scapito di beni stranieri e di tutto ciò che era straniero: non xenofobia, ma evitare che parole straniere potessero intaccare la lingua di Dante.
Con questa campagna, molte parole vennero traslate in italiano, soprattutto gli sport. Ed ecco che il football divenne (ovviamente) calcio, il basket pallacanestro, il volley pallavolo, il tennis pallacorda. Ma non solo: il cocktail divenne coda di gallo, il bar mescita, sandwich tramezzino, garage autorimessa, film pellicole, whisky acquavite. Il britannico “hip hip hurrà” si trasformò in “eja eja alalà” e tante cittadine con nome straniero (in particolare tra Piemonte e Valla d'Aosta) cambiarono toponimo: Courmayeur in Cormaiore, Pre Saint Didier in San Desiderio Terme, Sauze d'Oulx in Salice d'Ulzio, La Thuile in Porta Vittoria, Pont Saint Martin in Ponte San Martino. Ma anche tanti cognomi di persone originarie di territori allora italiani (ma oggi non più) furono sostituiti con una versione italiana: fra i tanti, Nereo Rok che divenne “Rocco”.
La campagna dell'autarchia portò anche alla promozione della campagna dell'orbace come prodotto per la produzione dei vestiti e degli abiti militari, favorendo l'economia contadina della Sardegna, ricca di quel prodotto che era un particolare tipo di lana grezza e resistente.
Gli otto anni di Starace al timone del Partito Nazionale Fascista furono anni importanti non solo per lui, ma per il partito stesso e per il Paese. Starace si dimostrò fedele ed obbediente fino allo spasmo, ma questo suo essere un “mastino del Duce” lo portò a snaturarsi, diventando arrogante, cattivo, pignolo e nemico di tutti. E proprio la nascita dello stile fascista tra pennacchi, orpelli, giochi ginnici e al limite del ridicolo, avrebbe portato alla nascita, e allo sviluppo, di quell'Italiano nuovo che tanto voleva Mussolini. E usò lo stesso Starace inconsapevolmente: grazie a lui, l'Italia fu sempre di più fascista e sarebbe diventata un esempio per il Mondo. E pazienza se anche il Duce trovasse alcune idee di Starace un po' troppo...particolari, come l'obbligo di chiudere tutte le corrispondenze con un “Viva il Duce” scritto in basso, anche se la lettera aveva un testo negativo e triste.
Si pensava che il “matrimonio” tra Mussolini e Starace durasse in eterno, ma invece qualcosa accadde nell'ottobre 1939. Il “coreografo del Duce”, come segretario, aveva le ore contante.

Esautorato ed accantonato
La Seconda guerra mondiale iniziò il 1° settembre 1939 con l'invasione della Polonia da parte della Germania nazista, cui seguì due giorni dopo la dichiarazione di guerra congiunta contro questa di Francia e Gran Bretagna. L'Italia entrò in guerra il successivo 10 giugno 1940 con gli esiti che poi sappiamo.
Nel frattempo, Starace era da otto mesi lontano dai vertici del partito. Motivo? Esautorato per far posto a Ettore Muti. Da quel momento, e fino al 25 luglio 1943, si successero alla carica di Segretario quattro persone: Muti (novembre 1939-ottobre 1940), Adelchi Serena (ottobre 1940-dicembre 1941), Aldo Vidussoni (dicembre 1941-aprile 1943) e Carlo Scorza, fino all'agosto 1943 quando la carica sparì. Quattro segretari in due anni: erano lontani gli otto anni consecutivi e la stabilità di di Achille Starace.
Ma facciamo un passo indietro e torniamo al 1939: il 15 marzo la Germania nazista invase la Cecoslovacchia smembrandola in due protettorati (Boemia e Moravia) e la Slovacchia divenne uno “Stato fantoccio” al soldo dei nazisti, il 28 marzo le truppe di Franco vinsero la guerra civile spagnola, il 7 aprile l'Italia invase l'Albania ed il 22 maggio firmò il “Patto d'acciaio” con la Germania. Starace era entusiasta di questa decisione che avrebbe dato quel quid in più all'Italia fascista per diventare un Paese importante nel Mondo. Peccato che nel luglio 1934 (quando a seguito dell'omicidio del Cancelliere tedesco Dollfuss per paura di un'avanzata dei nazisti in Italia, Mussolini spostò al confine del Brennero un numero importante di carri armati) Starace fosse anti-tedesco. Così come nel novembre 1938 era diventato un fervido antisemita diventando anche uno dei promotori del “Manifesto della razza”. Non è che Starace fosse anti- o pro- qualcosa: era pro o contro qualcosa quando Mussolini era pro e contro qualcosa.
Questa fu una cosa che si imputò sempre a Starace: non avere avuto una propria linea, se non quella dettata dal Duce. Per carità, tutti erano vicini alle idee di Mussolini, ma Starace faceva di più, andando oltre quasi come se fosse un “doppio Mussolini”.
Nell'ottobre 1939 Mussolini decise di fare il “cambio della guardia” a capo del PNF: fuori dopo otto anni Starace, dentro Ettore Muti. Dietro questa operazione si disse ci fosse il vero numero 2 del Partito: Galeazzo Ciano. Il ministro degli Esteri, genero dello stesso Mussolini, vide sempre Starace con il fumo negli occhi e riuscì a convincere il suocero che l'opera di Starace era finita e toccava ad un altro. Il nuovo segretario divenne, come detto, il trentanovenne Ettore Muti, un uomo di azione e fascista anche lui della primissima ora.
Fino al maggio 1941, Starace fu impegnato sul fronte tra Grecia e Albania dove ricoprì il ruolo di Capo di Stato maggiore della Milizia, ma al suo ritorno uscì dalla sfera del Partito: in meno di due anni Starace era passato dalle stelle alle stalle, nel vero senso della parola.
Perché un uomo così potente fu cacciato via da quel ruolo importante? Troppe inimicizie ed invidie o l'essersi pronunciato, in una lettera, a Mussolini dove gli espresse la convinzione che l'esercito italiano non avrebbe retto se impegnato in un conflitto come quello che si stava sviluppando in Europa? Iniziarono a uscire, inoltre, male lingue sul suo conto.
Ebbe fine così la carriera politica del “mastino del Duce” e l'inventore dello stile fascista. Ma il peggio per lui, per il fascismo e per Mussolini doveva ancora arrivare.

Quel finto caffè e la fine a piazzale Loreto
Cosa successe dall'esautorazione di Starace in avanti? La storia la sappiamo tutti: il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo sfiduciò Mussolini con l'”ordine del giorno: Grandi”, il Duce fu arrestato, Badoglio prese le redini e l'8 settembre l'Italia firmò l'armistizio con gli Alleati ed iniziò la guerra di liberazione con i soldati allo sbando e il re in fuga da Roma. Il 18 settembre 1943 il fascismo risorse come Partito Fascista Repubblicano e nacque la Repubblica Sociale Italiana cinque giorni dopo.
Achille Starace non entrò a fare parte né del nuovo partito e non ebbe incarichi nello “Stato fantoccio” creato ad hoc dai nazisti per non perdere al Nord l'ex alleato di guerra italiano.
Nell'agosto 1943 Starace fu arrestato da parte della polizia e portato nel carcere militare romano di Forte Boccea, poiché ai tempi del fascismo era un alto ufficiale dell'esercito e fu rilasciato poco tempo dopo. Fu poi tradotto nel carcere di Verona insieme agli altri congiurati del processo di Verona dove stette dal novembre 1943 all'aprile 1944 e successivamente fu mandato a Lumezzane, nel Bresciano, in un campo di concentramento da giugno a settembre 1944. Quando ne uscì era più povero di prima e si trasferì a Milano, “capitale” morale della RSI. Non vide mai più Mussolini, il quale gli vietò di avvicinarsi ai palazzi del potere repubblichino.
A Milano visse aiutato dalla figlia e dalla Federazione milanese, mettendosi anche in affari, ma il suo cognome gli fece terra bruciata intorno, tanto che i nipoti addirittura lo cambiarono: era troppo pericoloso essere uno “Starace” negli ultimi mesi di guerra.
Era finito una volta per tutte il fantastico mondo del “Voi”, dell'“A noi!”, dei Fogli d'ordine, del “sabato fascista” e della ginnastica a tutti i costi per tutti. I pochi famigliari che ancora lo “seguivano”, lo spronarono affinché tornasse al Sud per salvarsi, ma lui non volle spostarsi mai da Milano perché era convinto che nulla era perduto (per lui e per il fascismo) e continuava a scrivere al Duce.
Starace viveva in condizione di estrema povertà, mangiava alla mensa dei poveri come tanti e non venne mai riconosciuto da nessuno tra tutte le persone che usufruivano di tale “servizio”. Nel frattempo non aveva perso le sue abitudini, ovvero la corsa. E tutte le mattine usciva di casa in tenuta sportiva e si faceva la sua corsetta.
La sua ultima corsetta la fece la mattina del 28 aprile 1945.
Cosa successe quella mattina? Innanzitutto la guerra era finita, la Repubblica Sociale Italiana era caduta insieme a Mussolini e lo stesso Duce venne ucciso il 28 aprile 1945 a Giulino di Mezzegra , nel Comasco, con Claretta Petacci, intento a scappare in Svizzera per sfuggire alla cattura da parte dei partigiani. I loro corpi e quelli di altri gerarchi del fascismo furono portati a piazzale Loreto, a Milano. Perché proprio a Milano e perché proprio a piazzale Loreto?
Semplice, perché il 10 agosto 1944, nel piazzale milanese, la legione nera “Ettore Muti” aveva ucciso quindici partigiani scelti a caso, prelevati dal carcere di San Vittore come vendetta per un attacco ad un camion nazista tre giorni prima dove però non era morto nessuno. I loro corpi furono lasciati per terra per oltre dodici ore (l'esecuzione avvenne di mattina presto) come monito verso tutti quelli che tramavano contro i nazifascisti.
Quando il fascismo finì per sempre ed il suo capo ucciso, lui e altri gerarchi dovevano fare la loro fine: uccisi e i loro corpi lasciati per terra. Solo che a distanza di un anno le cose erano cambiate e se allora nessuno osò toccare i corpi di quei ragazzi, con Mussolini, la Petacci e altri gerarchi le cose furono differenti. Fin dalle ore 7 i loro cadaveri erano adagiati in piazzale Loreto e in pochi si accorsero che li per terra morto c'era il fu Duce. Iniziò poi un passaparola tale da radunare migliaia e migliaia di milanesi attorno ai cadaveri. Tutti i cadaveri vennero così dileggiati che si decise di prenderli ed appenderli a testa in giù alla pensilina del distributore di carburante. Si decise di appenderne sette: Mussolini, la Petacci, Pavolini, Zerbino, Mezzasoma, Marcello Petacci e Barracu.
Starace non sapeva che il suo “amato” Duce era esposto a Milano. Lui uscì di casa e si mise a correre come faceva tutte le mattine. Poco dopo un ragazzo gli chiese dove stesse andando e lui, gentilmente, rispose che stava andando a prendersi un caffé. Non appena l'ex gerarca terminò di parlare, da un camioncino uscirono alcune persone che lo bloccarono e lo portarono via. Erano partigiani a caccia di fascisti: se non avesse risposto alla domanda, magari Starace sarebbe sfuggito alla cattura. Poteva dire di essere un'altra persona, un milanese qualunque, ma confermò di essere Achille Starace.
Ma nulla poté contro ragazzi impegnati in una “caccia alle streghe” che durerà fino ai mesi successivi la fine della guerra. I partigiani rimasero stupiti del fatto che un personaggio così importante come Starace fosse in giro “a piede libero”: non sapevano che l'ex gerarca di Gallipoli era fuori da ogni carica fascista dall'ottobre 1939, da quasi sei anni. Starace fu portato in un'aula del Politecnico di Milano, fu “processato” e portato a piazzale Loreto. Gli dissero che tra i sette cadaveri appesi c'era anche quello di Mussolini. Starace lo riconobbe, si commosse e lo saluto romanamente.
Ad ucciderlo fu il “comandante Marino” ed anche il corpo senza vita di Starace fu appeso alla pensilina al posto di quello di Barracu. Starace sapeva di avere le ore contate e di essere pronto alla morte, ma non avrebbe mai immaginato che il suo cadavere sarebbe stato messo accanto a quello del suo Duce. Il Duce cui aveva giurato fedeltà e rispetto, ma che lui respinse negli ultimi anni di guerra.

Servile o troppo fedele?
Partiamo con un presupposto, di cui però non abbiamo conferma storica: se Starace non fosse stato esautorato e avesse guidato il PNF fino al 24 luglio 1943, ci sarebbe stata la sfiducia da parte del Gran Consiglio del Fascismo? O meglio, si sarebbe arrivati all'”ordine del giorno: Grandi”? Ovviamente non ci sarà nessuna risposta anche perché la storia non si fa con i se e con i ma. Una cosa è certa, però: Starace non avrebbe tradito Mussolini come fecero Ciano, Grandi e gli altri diciassette membri del Gran Consiglio. Scorza votò contro, ma dopo l'arresto di Mussolini decise di collaborare con Badoglio e quindi è come se avesse votato a favore anche lui.
E siamo al dunque: che giudizio storico dare ad Achille Starace?
Gli storici sono divisi: uomo capace e fedele sempre, uomo nettamente incapace tanto da non capire.
Starace è stato più mussoliniano che fascista tanto che quando Mussolini gli diede l'incarico di Segretario, lui non aspettava altro non perché fosse un arrivista, ma perché in quel modo avrebbe potuto restare ancora di più in contatto con il “suo” Duce. Anche se rimase sempre un passo indietro per non oscurarlo nelle rassegne e negli incontri.
Starace volle unificare il Paese dal punto di vista atletico e fascista per alimentare quell'Uomo nuovo che voleva Mussolini. A differenza della Germania, l'Italia non era ben intenta a seguirlo anche per troppe diversità lungo la Penisola.
Con il senno di poi, negli anni Dieci del XXI secolo, tutto ciò che fece Starace ha avuto effettivamente un ruolo veramente comico. Passi per la scelta di cambiare i nomi stranieri in Italiani (anche delle città) e per dare una forma “atletica” e fascisticamente virile al Paese (anche se ciò era militarizzato ed obbligato), ma gli obblighi di salutare solo e soltanto romanamente, l'ostentazione del Duce (le scritte sui muri, il saluto “Viva il Duce” alla fine delle corrispondenze) e l'obbligo ginnasiale per tutti (anche per chi non aveva il...physique du rôle) sono state proprio pura propaganda spiccia e ridicola. Per non parlare del fatto che con l'introduzione delle leggi razziali e dell'uscita del Manifesto della razza, lui si è sempre stato favorevole. Ma anche qui: era antisemita o era antisemita perché allora c'era da essere antisemiti?
In molti hanno paragonato Achille Starace a Joseph Goebbels, il ministro della propaganda della Germania nazista: entrambi diedero un'impronta “nazionale” al loro partito e al loro Paese, cercando di creare quell'Uomo nuovo (o Neu Mensch) tanto caro ai regimi di Mussolini e Hitler. Entrambi sono stati fedeli fino all'ultimo (Starace salutò romanamente il cadavere vilipeso di Mussolini, Goebbels morì suicida insieme alla moglie Magda dopo aver avvelenato i loro sei figli nel bunker di Berlino il giorno dopo il suicidio di Adolf Hitler), hanno condizionato la vita degli abitanti dei loro Paesi ed entrambi sono stati odiati dalle popolazioni. Solo che il tedesco fu facile da militarizzare, mentre l'italiano non è mai stato propenso all'”obbligo”. Su una cosa non si può non essere d'accordo nel parlare di Achille Starace: aver puntato più sulla quantità che sulla qualità delle cose, portando ad una derisione dello stesso. In particolare, il gerarca leccese è stato inviso a molti per il suo eccessivo “lacché” e per aver obbligato tutti gli italiani a cose ritenuti inutili durante il cosiddetto “fascismo movimento”, come raccontò Renzo de Felice.
Il Duce nel 1939 aveva intuito che il fascismo, dopo tre anni importanti, stava perdendo consensi, anche grazie al nuovo alleato militare, visto che tanti italiani iniziarono a temere che potesse scoppiare un conflitto che avrebbe coinvolto anche l'Italia. Starace fu il capro espiatorio di tutto il malcontento e fu esautorato, spostandolo alla Milizia con il grado di Capo di Stato Maggiore per poi cacciarlo via da ogni carica.
Ma visto che era considerato un “cretino”, perché Mussolini lo tenne per otto anni (praticamente) come suo braccio destro? Il motivo è semplice ed è divisibile in almeno tre parti: fedeltà incondizionata, istituzione di un sistema di “vita fascista” come voleva Mussolini, militarizzazione del Paese. Peccato che poi divenne, come detto, il capro espiatorio di tutti i mali del fascismo e Mussolini si sbarazzò di lui senza pensarci due volte per poi scegliere dei meri esecutori che non si rivelarono però mai all'altezza di Starace (come fedeltà e rispetto, soprattutto).
Esautorato da ogni ruolo, Starace avrebbe potuto fare armi e bagagli e tornarsene nella sua Puglia, ma invece preferì rimanere al Nord, sperando in un'impennata del fascismo nell'ultimo periodo.
Facile con il senno di poi dire che Starace sbagliò a non tornare a casa, ma se uno è fedele e vuole bene al suo “padrone” non gli si può imputare niente. Anche morire accanto a lui in una mattina di fine aprile appeso ad una pensilina di un distributore di benzina con sotto centinaia di migliaia di italiani indiavolati per aver portato alla “morte” non solo di milioni di italiani in guerra, ma di un intero popolo.


Bibliografia consigliata
C. Galeotti, Achille Starace e il vedemecum dello stile fascista, Rubattino, Soveria Mannelli 2000
R. Festorazzi, Starace. Il mastino della rivoluzione fascista, Mursia, Milano, 2002
A. Spinosa, Starace. L'uomo che inventò lo stile fascista, Rizzoli, Milano, 1981


Sitografia
http://www.prolocosannicola.it/it/pages/cosa-visitare/63-tomba-di-achille-starace
https://culturasalentina.wordpress.com/2011/01/31/achille-starace-e-la-morte-gloriosa/
https://culturasalentina.wordpress.com/2011/02/01/achille-starace-2/
https://culturasalentina.wordpress.com/2011/02/02/achille-starace-una-vita-discussa
http://www.ildiscrimine.com/dove-vai-starace/
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2008/11/7dicembre-achille-starace.shtml?uuid=b2ee3732-b7c2-11dd-97b9-0fe2ac6dd738
http://www.storiaxxisecolo.it/fascismo/fascismo12o.htm
http://www.fondazioneterradotranto.it/2016/02/20/achille-starace-il-lato-tragicomico-del-fascismo/
https://www.panorama.it/cultura/80-anni-fa-il-viaggio-di-hitler-italia-la-storia-e-le-foto/


Videografia
http://www.storia.rai.it/articoli/starace-il-mastino-del-duce/11467/default.aspx
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Articoli pubblicati da Simone Balocco e Paola Maggiora


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