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La funzione della trincea [ di Maury Fert ]

Caratteristica peculiare della Grande Guerra, la trincea sfruttava la naturale capacità del terreno di trattenere pallottole e schegge, e nel contempo di lasciarsi scavare e modellare a riparo per gli uomini.
L''uso delle fortificazioni campali poteva inoltre consentire, in presenza di particolari terreni, di avere sempre sott''occhio la disposizione delle truppe sul terreno, condizione fondamentale per la difesa, il dispiego della logistica e l''utilizzo delle riserve.
Data l''enorme estensione del fronte ed i milioni di soldati contrapposti, ogni battaglia costituiva comunque un piccolo tassello di un più grande panorama. Infatti, l''esercito non veniva mai mosso nella sua totalità e la trincea divenne il luogo di attesa degli eventi in corso anche a poca distanza.
Il marginale coinvolgimento e l''assoluta incapacità di capire ciò che stesse accadendo, alla lunga generò nei soldati uno stato di totale apatia: il mondo assunse la forma e la dimensione del fazzoletto di terra visibile da una feritoia. La trincea fece cadere, alla lunga, anche il mito delle fortezze permanenti, giganti di cemento e di acciaio troppo visibili all''artiglieria ed inamovibili ostacoli artificiali che una volta aggirati diventavano inutilizzabili, mentre il trinceramento ne terreno vivo poteva essere approntato in ogni luogo ed abbandonato in caso di ritirata.
Tutti questi elementi contribuirono a decretare la fine del concetto napoleonico di guerra allora ancora studiato nelle scuole di guerra di tutti i Paesi europei: in Italia, anche Cadorna ed il suo Stato Maggiore si erano preparati sulla tattica di Napoleone e von Moltke, che si erano rivelate ben presto inadatte al nuovo modo di combattere.
All''atto pratico chi prima riuscì a superare l''attaccamento a queste idee, riuscì ad ottenere i migliori risultati in combattimento.
Sul fronte italiano Cadorna si ostinò ad attaccare in modo frontale sul Basso Isonzo e sul Carso, reso inespugnabile da opere fortificate temporanee e quindi flessibili e rinnovabili (dal Sabotino e Podgora del 1915-16 si passò al San Gabriele e San Daniele del 1916-17), mentre poco si fece in Trentino e sugli Altipiani dove si trovavano le fortificazioni permanenti.
La tattica tedesca della difesa flessibile in Francia, e dell''attacco per valli, fu l''arma vincente per gli austro-tedeschi a Caporetto: il 24 ottobre 1917, il loro attacco congiunto si lasciò semplicemente alle spalle le roccaforti italiane che divennero inutili ed indifendibili, mentre violenti concentramenti di fuoco spazzarono via le difese fisse sopra terra. Per la IIa Armata fu il disastro, che coinvolse tutto il Regio Esercito.
Documento inserito il: 02/08/2015

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