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L’impero romano da Nerone a Domiziano

del Prof. Giovanni Pellegrino


Nerone salì al potere appena 17 e fu guidato nei primi anni del suo regno da due consiglieri, Sesto Afranio Burro ed il filosofo Seneca, suo precettore già prima della sua ascesa al trono.
Secondo gli storici antichi un importante ruolo nelle scelte del giovane imperatore venne svolto anche dalla madre Agrippina, che pur rimanendo dietro le quinte era pronta a far valere il proprio potere.
In ogni caso gli anni compresi tra il 54-59 d.C sono passati alla storia come il quinquennio felice, soprattutto dal punto di vista del senato.
Grazie all’ascendente esercitato da Seneca, che era senatore, l’imperatore si mostrò infatti rispettoso del senato coinvolgendolo nella gestione del potere.
Col tempo però la tendenza a una gestione autoritaria e assoluta del potere prese il sopravvento, e Nerone diventò intollerante nei confronti di qualsiasi tentativo di condizionare la sua azione politica.
Si liberò quindi con la violenza prima di Agripppina e piu tardi dello stesso Seneca, che fu costretto ad allontanarsi dalla vita pubblica e infine a darsi la morte.
Infatti Seneca venne accusato di avere aderito alla cosiddetta congiura di Pisoni, scoperta nel 65 d.C. e repressa in un bagno di sangue.
L'immagine dell’imperatore era estremamente popolare presso la plebe di Roma, conquistata soprattutto attraverso l'organnizzazione di sontuosi spettacoli e di giochi pubblici.
Nerone partecipava ad essi in prima persona cimentandosi così nelle gare di canto e nelle competizioni sportive.
Tale comportamento era inaccettabile per l’aristocrazia tradizionale che considerava infamante ogni forma di esibizione in teatro, ma molto gradito alla gente comune.
Nel 64 d.C. un incendio devastante distrusse buona parte del centro storico di Roma. Il sospetto che le fiamme fossero state appiccate per ordine di Nerone si diffuse quasi subito, anche se l’imperatore cercò di scaricarne la colpa sui cristiani presenti a Roma già dall’epoca di Claudio. Certamente Nerone sfruttò gli enormi spazi creatisi dopo l’incendio per la realizzazione della Domus Aurea, una monumentale residenza destinata a diventare il suo palazzo.
Le enormi risorse impiegate nella ricostruzione dopo l’incendio, insieme alle spese necessarie per guadagnarsi l’appoggio della plebe, finirono per determinare una grave crisi finanziaria.
Per quanto riguarda la politica estera Nerone ottenne alcuni significativi successi sul confine orientale e mise in atto la repressione di una vasta insurrezione scoppiata nel 66 d.C. in Giudea.
A tale scopo Nerone mandò sul quel fronte uno dei due generali migliori, il futuro imperatore Flavio Vespasiano.
Gli anni finali del suo impero furono caratterizzati da una serie di rivolte ai 4 angoli dell’impero, delle quali si resero protagonisti gli stessi legionari romani.
In particolare si rivelò decisiva la rivolta delle truppe spagnole sotto il comando del vecchio senatore Sulpicio Galba, che venne proclamato imperatore dalle sue truppe.
Mentre il senato trattava con Galba, Nerone venne dichiarato nemico pubblico ed abbandonato anche dai pretoriani, cosicché l’imperatore si suicidò nel 68 d.C..
La morte di Nerone segnò la definitiva estinzione della dinastia Giulio Claudia e determinò un drammatico vuoto di potere.
Di fatto, nei mesi successivi numerosi pretendenti alla carica imperiale, ciascuno sostenuto dagli eserciti di cui era comandante, si affrontarono in una violentissima guerra civile.
Il 69 d.C. è passato alla storia come l’anno dei 4 imperatori, dal momento che si alternarono al trono imperiale quattro imperatori ovvero, Galba, Salvio Otone, Aurio Pitellio, ed infine si impose sui vari contendenti Tito Flavio Vespasiano.
Qualche tempo dopo, commentando queste intricate vicende, lo storico Tacito disse che allora, per la prima volta, era stato chiaro che l’imperatore poteva anche essere eletto lontano da Roma, in un processo che affidava un ruolo decisivo agli eserciti, compresi i pretoriani, e nei quali il senato non aveva ormai nessun potere.
Vespasiano fu il primo imperatore a non appartenere all’aristocrazia romana e a fissare per legge le prerogative dell’imperatore. Al contrario dei suoi predecessori egli riuscì nell’impresa di creare un potere stabile e di lasciarlo poi in eredità ai suoi due figli, che lo ressero in successione fino al 96 d.C.. Ecco perché si parla di età Flavia, dal nome della gens alla quale appartenevano i 3 imperatori.
Tito Flavio Vespasiano (69-79 d.C.) aveva svolto tutta la sua carriera nell’esercito, mettendosi soprattutto in mostra nella repressione della rivolta giudaica del 69 d.C..
Riconosciuto imperatore dal senato già nel 71 d.C., Vespasiano associò al potere il figlio Tito, al quale aveva affidato il compito di portare a termine le operazioni militari in Oriente.
L’ascesa di Vespasiano costituì un importante elemento di novità e non soltanto per le modalità decisamente inconsuete della sua salita al trono imperiale.
Il nuovo imperatore infatti non solo non aveva alcun legame di parentela con Augusto, ma non apparteneva neppure all’aristocrazia di Roma. Vespasiano era nativo di Rieti e proveniva da una famiglia appartenente a quel ceto equestre che da Augusto in poi aveva conosciuto una notevolissima ascesa sociale.
Forse proprio per questa ragione a Vespasiano si deve una importante innovazione, ovvero l’introduzione di una legge varata dal senato nel 69 d.C..
Tale legge (la lex dell’imperio Vespasiani) precisava per la prima volta quali erano le prerogative dell’imperatore e stabiliva in particolare che egli, nell’esercizio delle sue funzioni non era vincolato al rispetto della legge.
Inoltre l’imperatore aveva la possibilità di indicare nomi di sua fiducia per le magistrature e aveva la possibilità di concludere accordi internazionali in nome dell’impero.
Con tale legge si affermava ufficialmente che quella di imperatore era una vera e propria carica diversa dalle altre magistrature e più importante di tutte le altre.
Vespasiano fu soprattutto un buon amministratore dello stato, che venne risanato per mezzo di un rigoroso contenimento delle spese.
In tale politica rientrano anche alcune scelte che avevano un chiaro valore simbolico, dal momento che indicavano di prendere le distanze da Nerone.
Per fare un esempio Vespasiano demolì una parte della “ Domus Aurea”, restituendo alla città le enormi superfici utilizzate per costruirla. Inoltre l’imperatore iniziò la costruzione di un monumentale anfiteatro chiamato Flavio, dal nome dell’imperatore, ma conosciuto come Colosseo.
Per quanto riguarda la politica estera, l’imperatore diede inizio alla costruzione del Limes, una linea fortificata destinata a difendere l’intero confine dell’impero, linea che fu proseguita dal figlio Domiziano ed in seguito da Adriano.
Alla morte di Vespasiano il trono passò al figlio maggiore Tito ( 79-81 d.C.).
Prima di diventare imperatore, Tito portò a termine nel 70 d.C. alla distruzione del tempio di Gerusalemme, nel quadro della repressione della rivolta giudaica.
La distruzione del tempio diede inizio alla diaspora del popolo ebraico. Questo fatto storico fu celebrato nello splendido Arco di Tito.
Dobbiamo dire che nel suo breve regno, a Tito fu attribuito l'appellativo “delizia del genere umano”, sia per l’atteggiamento rispettoso nei confronti del senato, sia per l’aiuto offerto alle popolazioni colpite nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio.
Il successore di Tito fu il fratello Domiziano, che attuò di nuovo il modello di sovrano assoluto e divinizzato proposto già da Caligola e da Nerone.
Domiziano attuò la sistematica repressione di ogni forma di dissenso, nonché l’inizio di persecuzioni di vario tipo. Furono colpiti da tali persecuzioni filosofi e retori, espulsi in blocco da Roma nel 94 d.C., ed anche i cristiani e gli ebrei, considerati colpevoli di rifiutare i culti ufficiali.
Per quanto riguarda la politica interna, Domiziano fu un amministratore attento a contenere le spese.
In politica estera egli guidò personalmente alcune spedizioni sul fronte danubiano e su quello orientale, spedizioni che non portarono a nuove conquiste, ma permisero il rafforzamento delle frontiere in alcune zone particolarmente difficili.
Nonostante ciò, nel 96 d.C. Domiziano cadde vittima di una congiura di corte appoggiata dal senato e dai pretoriani. Questa congiura mise fine alla dinastia Flavia ed aprì la strada ad un nuovo modo di decidere la nomina degli imperatori, ovvero il cosiddetto principato adottivo.


Nell'immagine, il busto dell'imperatore Tito Flavio Vespasiano, più conosciuto come Vespasiano.

Documento inserito il: 28/04/2024
  • TAG: impero romano, Sesto Afranio Burro, Seneca, Nerone, Agrippina, congiura dei Pisoni, Vespasiano, Sulpicio Galba, Salvio Otone, Aurio Pitellio, Tito Flavio, Domiziano

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