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Economia e società nel tardo antico nell’impero romano

del Prof. Giovanni Pellegrino


Tra i problemi dell’impero romano del tardo antico, oltre alle continue invasioni da parte delle popolazioni germaniche, vi era anche la grandissima crisi economica e sociale.
Da quando Roma aveva esaurito la propria spinta espansionistica, il denaro non affluiva nelle casse pubbliche con la stessa facilità del periodo precedente.
Infatti se l’impero non cresceva in estensione e in popolazione, non aumentavano le persone e le attività tassabili, non si acquisivano nuovi territori da sfruttare dal punto di vista agricolo e minerario, ed il volume dei commerci interni restava costante. Di conseguenza tendeva a circolare la ricchezza già esistente.
Tra l’altro, specie nell’occidente interessato da continue invasioni, le spese militari erano diventate insostenibili. Qualsiasi esercito costa ed in età tardo antica l’esercito romano costava enormemente. Tuttavia, si trattava di una spesa irrinunciabile e non solo per ragioni legate alla difesa. Era importante che i soldati fossero ben pagati, poiché non si poteva correre il rischio di rivolte o ammutinamenti tra le truppe.
Nel corso del III secolo si assistette perciò a un continuo aumento della pressione fiscale, che era L’UNICO MODO per ricavare le risorse necessarie all’esercito e alla burocrazia.
Gli esattori fiscali non erano mai stati popolari, ma nella tarda antichità la fiscalità divenne un meccanismo opprimente che generò vere e proprie rivolte e scioperi.
Altre risorse servivano poi per il meccanismo delle distribuzioni gratuite di generi alimentari ai nullatenenti.
Questo era un privilegio antichissimo che nessun imperatore aveva osato mettere in discussione e al quale la plebe non avrebbe mai rinunciato. A Diocleziano si deve una riforma fiscale di grande importanza che rimase in vigore con minimi ritocchi fino al crollo dell’impero romano d’Occidente.
Essa mirava da un lato a rendere più preciso il calcolo dei beni soggetti a tassazione, da un altro uniformare sull’intero territorio dell’impero i meccanismi della raccolta e della redistribuzione dei tributi.
Per raggiungere il primo obiettivo vennero previsti i censimenti frequenti, volti ad aggiornare costantemente la lista dei beni da tassare, mentre in vista del secondo, le province furono accorpate in diocesi cui spettava il compito di raccogliere le imposte.
Sulla base di queste valutazioni si stabiliva il quantitativo di tasse che ogni provincia doveva versare.
La riforma garantì entrate più regolari, ma la pressione fiscale divenne sempre più oppressiva.
Un’altra misura assunta da Diocleziano in ambito economico, fu il cosiddetto editto sui prezzi emanato nel 301. Esso fissava per ogni bene di consumo, servizio o prestazione, un prezzo in denaro che non poteva in alcun caso essere superato.
Scopo del provvedimento era quello di rimediare alla perdita di potere d’acquisto del denaro, in cui il valore nominale era superiore al valore reale, cioè alla quantità di metallo prezioso che le monete effettivamente contenevano.
Il tentativo però fallì, dal momento che le merci sparirono dalla circolazione perché era preferibile accumularle e venderle poi clandestinamente al mercato nero a prezzi maggiori.
Un analogo tentativo di tenere sotto controllo l’economia e la società, si può leggere nei provvedimenti di Diocleziano che proibirono di cambiare mestiere a quelli che svolgevano attività considerate strategiche per l’economia e la difesa dell’impero e imposero ai figli di subentrare ai genitori nello stesso lavoro.
Si trattava dei contadini in primo luogo, ma anche dei fabbricanti di armi, dei minatori e così via.
Tali provvedimenti avevano anzitutto lo scopo di assicurare il costante svolgimento di attività e funzioni ritenute indispensabili, ma un rilievo importante avevano anche motivazioni di ordine fiscale.
infatti, la riforma di Diocleziano mirava a calcolare in anticipo l’ammontare delle imposte che si potevano ricavare da una certa provincia e questo era possibile solo conoscendo nel dettaglio la quantità di popolazione e la composizione sociale della provincia stessa, che non dovevano cambiare nel tempo.
Insomma se i primi due secoli dell’impero erano stati caratterizzati da grande mobilità sociale, in questa fase storica i rapporti sociali si cristallizzarono e i figli ereditarono il mestiere dei genitori.
Appariva evidente che per chi non accettava queste regole non restava che rifugiarsi nelle terre di qualche aristocratico dove neppure i voraci esattori del fisco imperiale osavano penetrare.
infatti mentre la società nel suo complesso si impoveriva c’era chi diventava sempre più ricco.


Nell'immagine, l'Imperatore Diocleziano, che emanò l'editto sui prezzi nel 301.

Documento inserito il: 21/08/2024
  • TAG: Diocleziano, impero romano

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