Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, storia antica: L’età dell’anarchia militare nell’impero romano
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L’età dell’anarchia militare nell’impero romano

del Prof. Giovanni Pellegrino


Nel 235 morì per mano dei suoi stessi soldati l’ultimo dei Severi, Alessandro, e con lui si estinse la dinastia che aveva governato l’impero per ben quarant'anni.
Non era la prima volta che un evento del genere si verificava nella storia della Roma imperiale, ma dopo la caduta dei Severi, si aprì la crisi politico militare più lunga mai affrontata fino a quel momento.
Nei cinquant'anni che vanno dal 235 al 284, si alternarono infatti sul trono imperiale circa una trentina di imperatori, alcuni legittimi, ma la maggior parte usurpatori, cioè mai ufficialmente riconosciuti dal senato.
Quasi tutti gli imperatori furono scelti e sostenuti dai loro soldati che, in questa fase storica, divennero gli arbitri assoluti e spesso capricciosi della vita politica romana.
Per tale motivo, il periodo storico di cui parliamo è conosciuto anche sotto il nome di anarchia militare.
Nella maggioranza dei casi, questi imperatori non erano espressioni di gruppi o di classi sociali e nemmeno portatori di un progetto di governo della società. Essi rappresentavano per lo più i bisogni immediati dei propri legionari, i quali si attendevano dal loro ufficiale divenuto imperatore, privilegi, un miglioramento delle condizioni di vita, o semplicemente elargizioni di denaro.
Poteva perciò capitare e di fatto capitò spessissimo, che i soldati dopo aver nominato imperatore il loro comandante, fossero delusi dal suo comportamento e lo eliminassero con la stessa facilità con la quale lo avevano eletto.
Inoltre, poiché le legioni erano sparse ai quattro angoli dell’immenso territorio imperiale e le notizie impiegavano mesi a diffondersi su distanze così lunghe, accadeva che le legioni proclamassero contemporaneamente imperatori diversi, che pertanto si sovrapponevano e si combattevano.
In questo contesto di fortissima instabilità, il ruolo del senato e dell’aristocrazia che in esso sedeva, finiva per essere drasticamente ridimensionato.
Dal punto di vista formale, l’acclamazione dei soldati non era sufficiente per trasformare un privato cittadino in imperatore, in quanto quella scelta doveva essere approvata dal senato.
Pertanto, l’aristocrazia cercò di utilizzare questa sua prerogativa per ritagliarsi ancor uno spazio nel gioco politico e condizionare in qualche modo l’andamento delle vicende dell’impero romano.
Il riconoscimento del senato rafforzava indubbiamente sia il prestigio che il consenso del prescelto, così come viceversa, la sua opposizione rischiava di indebolire l’appoggio già di per sé tutt’altro che stabile, di cui imperatori o aspiranti tali godettero durante l’anarchia militare.
In generale però, l’aristocrazia senatoria fu più che altro vittima delle circostanze. Essa tentò di orientare il gioco politico a proprio vantaggio o almeno di limitare i danni, ma in ogni caso si trattava di un gioco nel quale non era l’aristocrazia senatoria a stabilire i tempi o a dettare e decidere le regole.
La figura che apre l’epoca dell’anarchia militare, rappresenta anche uno degli esempi più significativi della fortissima instabilità che investì e caratterizzò l’istituzione imperiale in quegli anni di crisi. Stiamo parlando di Massimino il Trace.
Di origine non romana come suggerito dal soprannome, aveva svolto la sua carriera militare sotto i Severi, mettendosi in luce quasi esclusivamente per la sua statura imponente e la straordinaria forza fisica.
Egli venne proclamato imperatore dai soldati dopo la morte di Alessandro Severo per la quale, secondo alcune fonti, lo stesso Massimino sarebbe stato il responsabile.
Egli fu l'artefice di importanti vittorie sul fronte renano e danubiano, ma per mantenere gli eserciti necessari al presidio dei confini dovette aumentare fortemente la pressione fiscale, con il risultato di inimicarsi i ceti possidenti, i più colpiti dai suoi provvedimenti.
Dichiarato nemico pubblico dal senato, l’imperatore non esitò a marciare contro Roma, ma la sua avanzata venne bloccata dalla resistenza di Aquileia, che costituiva la porta di accesso orientale all’Italia.
Massimino fu così ucciso nel 238, dagli stessi soldati che solo tre anni prima lo avevano nominato imperatore.
La nuova importanza assunta dall’esercito nel cinquantennio dell’anarchia militare, dipendeva anche dal fatto che la difesa dei confini era ormai diventata la priorità assoluta dell’azione di governo.
A partire dal III secolo, le incursioni delle popolazioni germaniche all’interno dell’impero divennero infatti sempre più frequenti e non si limitarono a occasionali razzie alle frontiere, ma penetrarono in profondità nei territori romani. Come se ciò non bastasse, si trattò di una pressione diffusa lungo l’intero confine. Pertanto, crisi continue interessarono tanto l’asse Reno-Danubio, vale a dire la frontiera nord dell’impero, quanto la regione della Siria, che costituiva invece il confine orientale dell’impero.
Sul primo dei due fronti citati, nel corso del III secolo si affacciarono sulla scena nuove popolazioni germaniche che furono protagoniste dell’ultima fase della storia dell’impero, causando alla fine il suo crollo.
Franchi, Alamanni, e Vandali, sfondarono più volte il confine del Reno, sconfinando in Gallia, Spagna ed in Italia, arrivando persino a sfiorare le province nord africane.
La Dacia dovette essere abbandonata al suo destino, dal momento che essa priva di difese naturali ed era troppo difficile da difendere.
A loro volta i Goti, un’altra popolazione germanica, giunsero nella penisola Balcanica arrivando a saccheggiare la città di Atene.
Mentre l’impero romano cadeva in una crisi apparentemente senza uscita, novità importanti si andavano verificando al confine orientale. Qui, al vecchio impero dei Parti, si era sostituita una realtà nuova sotto il controllo dei Sasanidi, una dinastia originaria della Persia. Tale famiglia salì al potere approfittando della debolezza della vecchia famiglia regnante Partica, dovuta a rivalità interne.
I Sasanidi affermavano di essere discendenti degli antichi re di Persia ed eredi della loro politica espansionistica.
Il mutamento della situazione in Oriente fece subito sentire i suoi effetti. I Persiani, attaccarono più volte le province orientali dell’impero romano, arrivando fino al cuore dell’Asia Minore e sconfiggendo ripetutamente gli imperatori che combatterono contro loro intorno alla metà del III secolo.
Nel 253, la salita al trono di un anziano senatore, Valeriano, sembrava in grado di portare ad una svolta nella guerra.
Il nuovo imperatore associò immediatamente al potere il figlio Gallieno, affidandogli il controllo delle province occidentali. In tal modo si verificò per la prima volta una divisione territoriale dell’impero. Subito dopo, Valeriano si impegnò a fondo nella guerra contro i Sasanidi.
La guerra si rivelò tuttavia un disastro: l’esercito romano guidato dall’imperatore, subì una gravissima sconfitta a Edessa nel 260. Inoltre, lo stesso imperatore cadde prigioniero dei Sasanidi e morì poco tempo dopo.
Questo era un evento di straordinaria importanza, dal momento che per la prima volta, un imperatore romano divenne schiavo di un sovrano straniero, finendo la sua vita in prigionia.
Di fronte all’impossibilità per gli eserciti imperiali di intervenire in tutte le zone di crisi, le diverse regioni cercarono di fare da sé.
Accade allora un fatto inaudito: sotto il regno di Gallieno si verificarono delle secessioni, ovvero, intere aree dell’impero si sganciarono dal potere centrale organizzandosi come entità autonome.
Per alcuni anni ci fu così un impero delle Gallie, guidato da ufficiali impegnati a fronteggiare le incursioni dei germani sul Reno.
A loro volta, le province dell’area siriana si organizzarono nel regno di Palmira. In tale regno la lotta era diretta contro i persiani, che vennero in effetti respinti.
Nonostante alcuni successi militari, Gallieno andò incontro alla fine di tanti suoi predecessori, e nel 268 fu liquidato da una congiura promossa dagli ufficiali del suo esercito.
Con il suo successore, Claudio II, ebbe inizio una lunga serie di imperatori che sono passati alla storia con il nome di imperatori Illirici, poiché tutti provenivano dall’Illiria.
Claudio II sconfisse ripetutamente le armate dei Goti, fatto che gli valse il soprannome di Claudio il Gotico.
A Claudio II succedette Aureliano ( 270-275), che fronteggiò con successo un violento attacco degli Alamanni, giunti fino all’Italia centrale. Il nuovo imperatore trasse fino in fondo le conseguenze di questa situazione, nella quale neppure la capitale poteva dirsi al sicuro dai barbari. Aureliano fece dunque circondare Roma con una nuova cinta di mura, dette per questo “mura aureliane”.
Sotto Aureliano, le secessioni dei decenni precedenti furono riassorbite, ed il rischio di una disgregazione dell’impero fu per il momento scongiurato.
Nonostante questi successi, il significato delle mura volute da Aureliano restava chiaro: nessun luogo era più sicuro, neppure in Italia, ed i nemici di Roma, erano oramai in grado di colpire il cuore dell'impero.

Nell'immagine, parte delle Mura Aureliane, fatte edificare dall'imperatore Aureliano come estremo baluardo contro le incursioni barbariche.

Documento inserito il: 24/07/2024
  • TAG: Alessandro Severo, Massimino il Trace, Franchi, Alamanni, Goti, Parti, Sasanidi, Valeriano, Gallieno, Claudio II, Aureliano

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