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Dio, uomo e natura nel Medioevo

del Prof. Giovanni Pellegrino


In questo articolo ci occuperemo di ricostruire alcuni aspetti della mentalità medievale, ovvero il modo in cui gli uomini e le donne di quell’epoca storica lontana, guardavano alla vita e alla morte, al corpo e all’anima, al passato e al futuro.
Cercheremo anche di comprendere il modo in cui gli uomini medievali giudicavano il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, nonché il modo in cui cercavano di spiegare a sé stessi e agli altri il significato della loro vita.
Tuttavia, viene spontaneo chiedersi in che misura questa ricostruzione sia possibile, almeno in relazione all’esistenza di due grandi difficoltà.
In primo luogo si tratta di un periodo che copre vari secoli (ben cinque anche se consideriamo solamente l’Alto Medioevo fissando nel termine all’anno Mille), nel corso del quale la mentalità può subire trasformazioni anche profonde.
In secondo luogo, le fonti che possiamo utilizzare sono limitate, e per lo più, dato che ci troviamo in un’epoca nella quale quasi nessuno sapeva leggere e scrivere, prodotte da uomini appartenenti a una ristretta élite culturale e sociale.
Tale élite era certamente desiderosa di far conoscere la propria visione del mondo, ma probabilmente era poco attenta ai pensieri dei tantissimi esclusi dall’uso della scrittura e dall’accesso alla cultura.
Nonostante queste ragionevoli obiezioni, il tentativo che vogliamo compiere non è impossibile.
Innanzitutto le mentalità cambiano con una velocità infinitamente più lenta rispetto a altri fenomeni della vita sociale, come ad esempio le istituzioni politiche o le tecnologie.
Come sanno tutti gli storici, le mentalità sono fenomeni che appartengono alla dimensione della lunga durata, dal momento che la loro permanenza si misura in secoli e non in anni o in decenni.
Ciò è vero soprattutto nelle epoche più lontane dalla nostra, nelle quali i cambiamenti nel modo di vedere il mondo e la vita, erano molto più graduali rispetto a quelli della società contemporanea.
Mentre la società contemporanea è definita dagli studiosi una società eraclitea, la società medievale deve essere definita parmenidea, dato che i mutamenti erano molto lenti e limitati a pochi settori della vita sociale.
Per quanto riguarda il secondo problema (il fatto di conoscere la voce dei pochi ricchi e colti, non quella dei tanti poveri e analfabeti), esso è in parte attenuato da una circostanza importante: nel Medioevo quasi tutta la cultura veniva prodotta da uomini di chiesa, ovvero i chierici. Essi nei loro scritti a volte affrontavano difficili argomenti teologici e religiosi, ma spesso affrontavano anche questioni riguardanti la vita quotidiana dei fedeli, per cui non è raro trovare nei loro testi indicazioni su quali fossero le credenze, le paure diffuse, i comportamenti abituali (che magari si cercava di modificare o sradicare), i peccati più frequenti, le speranze più comuni.
Infine, la nostra ricerca è resa più facile dal fatto che, nel mondo medievale, il cristianesimo si diffondeva sempre più in ogni angolo dell’Europa e tra tutti i ceti sociali, soppiantando progressivamente i residui degli antichi culti pagani.
Possiamo quindi affermare che la visione del mondo e della vita della grandissima maggioranza degli uomini e delle donne del Medioevo, era condizionata in maniera praticamente esclusiva dalla dottrina e dalla morale cristiana.
A tale proposito si tendeva ad accettare nel loro significato letterale i racconti contenuti nel libro per eccellenza, ovvero la Bibbia.
Essa veniva proposta instancabilmente ai fedeli, ed inoltre veniva rappresentata nei dipinti e nelle sculture che ornavano le grandi basiliche, come le piccole cappelle di campagna.
I racconti biblici insegnavano l’esistenza di un unico Dio, che all’origine dei tempi aveva creato il mondo e l’uomo, che un giorno avrebbe posto fine al mondo come lo si conosceva e sarebbe venuto a giudicare i vivi e i morti.
I testi evangelici fornivano anche indicazioni precise in merito alla sorte ultraterrena di ogni individuo: ai giusti sarebbe toccata un eternità beata, che solitamente veniva collocata nello spazio del cielo dove si trovava Dio stesso, ovvero il paradiso. Al contrario, i malvagi avrebbero pagato le loro colpe in una condanna senza fine da scontarsi nell’inferno, immaginato come un enorme cavità che si apriva nel cuore della terra.
A rigore, il cristianesimo è una religione monoteista che ammette l’esistenza di una sola divinità. Tuttavia, il mondo immaginato dagli uomini del Medioevo era pieno di entità, in qualche modo intermedie tra la condizione umana e quella divina. È il caso in particolare del diavolo e degli altri demoni, identificati con gli angeli che all’origine della creazione si erano ribellati a Dio.
Pur essendo una religione rigidamente monoteista, il cristianesimo sostiene che Dio e Satana sono protagonisti di una lotta senza esclusione di colpi, che ha per teatro il mondo e come posta in gioco l’anima di ogni singolo fedele.
Dobbiamo dire che nel Medioevo, questo elemento importantissimo della fede cristiana era molto più sentito rispetto a quanto avviene oggi nel mondo contemporaneo.
Nel Medioevo l’intera vita umana appariva in bilico tra Dio e Satana e l’anima di ciascuno era l’oggetto di una sorta di tiro alla fune, con il quale il cielo e l’inferno si contendevano il destino ultraterreno di ogni individuo.
Il rischio di peccare era ovunque, il male si nascondeva dietro l’angolo e con esso il pericolo di perdersi e di condannare la propria anima alla dannazione eterna.
I peccati erano potenzialmente infiniti e altrettanto infinite erano le tentazioni.
Come resistere a queste tentazioni?
Con la fede naturalmente, e con l’aiuto dei santi uomini speciali che erano riusciti a vincere le aggressioni del diavolo, grazie ad una fede incrollabile ed al costante ricorso alla preghiera e all’aiuto divino.
Non a caso ebbe grande diffusione nella cultura medievale la agiografia, cioè il genere letterario costituito dai racconti delle vite dei santi, veri modelli ai quali ogni fedele era idealmente chiamato a conformare la propria vita.
Era inoltre diffusa nella mentalità comune medievale, l’idea che Dio potesse intervenire direttamente nella vita umana operando prodigi.
Nella cultura medievale il miracolo era un evento in un certo senso normale: guarigioni e resurrezioni prodigiose, piogge che pongono fine a interminabili periodi di siccità, o dimostrazioni sovraumane di forza e resistenza, erano presenti in abbondanza nelle vite dei santi ed in altri racconti esemplari, ma potevano verificarsi nell’esistenza di qualsiasi uomo.
Come gli dei di Omero, anche il dio cristiano e il suo antagonista, il diavolo, non guardavano alla storia umana dall’alto della loro distanza, ma intervenivano direttamente e continuamente nelle vicende umane.
Il Cristianesimo nel Medioevo elaborò l’idea secondo cui, il mondo visibile è un segno, uno specchio, una foresta di simboli, in cui tutto rimanda a una realtà sovrannaturale o ad una verità di fede.
Nel Medioevo si pensava che così come studiando un opera letteraria si possono capire tante cose del suo autore, allo stesso modo, esaminando il mondo, è possibile cogliere molteplici aspetti di Dio da cui il mondo stesso ha avuto origine.
Per dirla in altro modo, dietro le apparenze delle cose si nascondeva una sostanza più profonda e vera, di cui quell’apparenza era segno e simbolo.
In modo analogo gli uomini di chiesa del Medioevo leggevano la Bibbia: sotto la superfice di racconti e storie bibliche, ai loro occhi si nascondevano verità profonde che spettava all’interprete individuare e rendere esplicite.
Questi stessi meccanismi di interpretazione erano applicati dagli uomini del Medioevo all’osservazione della realtà: dietro ogni aspetto del mondo si nascondeva un significato profondo da cogliere.
Per fare un esempio concreto, un evento tutto sommato comune nel Medioevo, come un lupo che assale le pecore, era interpretato come immagine del diavolo che minaccia le pecorelle del gregge di Cristo.
Questi riferimenti a circostanze e fenomeni della vita quotidiana venivano utilizzati nella predicazione dei chierici, anche per rendere immediatamente comprensibili le verità religiose ad un pubblico spesso privo di strumenti culturali.
Possiamo dire che gli uomini del Medioevo avevano uno sguardo doppio sulla realtà, o meglio, ancora consideravano la stessa realtà come doppia: le cose non erano mai solo come apparivano, ma costituivano anche il segno di qualcosa di più alto. Si può allora affermare che quello medievale era molto incantato, non solo perché Dio e Satana erano continuamente presenti sulla scena della vita e interagivano costantemente con le vicende degli uomini, ma anche perché tutto quello che esisteva era dotato di un senso profondo.
Tutto conteneva un messaggio profondo che la divinità lanciava ininterrottamente agli esseri umani e di cui quest’ultimi erano invitati a tenere conto.
Questo spiega anche perché, specie nell’alto Medioevo, le scienze della natura compiono pochi progressi rispetto al mondo antico, anzi, per certi versi abbandonano una serie di risultati raggiunti dai greci e dai romani.
Di fronte al mondo gli uomini del Medioevo non si chiedono come funziona, ma che cosa significa, e la risposta a questa domanda è affidata ai teologi, non agli scienziati.


Nell'immagine rappresentazione medievale, con Lucifero che divora i dannati.


Documento inserito il: 26/10/2024
  • TAG: Medio Evo, Cristianesimo, Dio, Satana, chierico, Bibbia, monachesimo

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