Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, medio evo: 1474, il processo delle streghe di Levone
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1474, il processo delle streghe di Levone

di Katia Bernacci
immagine di Marino Olivieri


Levone è un piccolo paese che conta 454 abitanti, in provincia di Torino, situato nelle terre canavesane che hanno ospitato parecchia storia e soprattutto sono conosciute per aver dato i natali a personaggi non propriamente docili al comando, che spesso si sono opposti alle angherie, a volte perdendo la vita.
La cittadina conserva un impianto medievale molto interessante, con le sue viuzze strette, le piazzette che offrono una vista sulla valle, il castello risalente al XII secolo e la chiesa di san Giovanni Battista. Il nome del paese, le cui origini risalgono al X secolo, deriva probabilmente dal latino “levis”, leggero, in riferimento alla sua posizione elevata.
Oltre alle bellezze architettoniche e paesaggistiche, purtroppo Levone è stata teatro, nel 1474, di una caccia alle streghe particolarmente efferata, che ha dato luogo a un processo diventato famoso poiché gli atti sono incredibilmente completi e conservati all’Archivio di Stato di Torino. Potrebbe non sembrare una grande notizia, invece lo è, perché centinaia di fascicoli che potevano testimoniare la caccia alle streghe, sono andati perduti durante i traslochi, oppure distrutti appositamente o durante vari eventi, come le alluvioni.
Il caso di Levone ebbe inizio nell’agosto 1474, quando, nel castello di Rivara, il Tribunale dell’Inquisizione istruì il processo a carico di “Antonia, moglie di Antonio De Alberto; Francesca, moglie di Giacomo Viglone; Bonaveria, moglie di Antonio Viglone; Margarota, moglie del fu Antonio Braya”. Le imputate furono accusate di “malefizi, incantesimi, stregherie, eresie, venefizi, omicidio e prevaricazioni della fede”. Cinquantacinque capi d’accusa, basati sulle testimonianze degli abitanti della cittadina e dei suoi dintorni.
Gli stessi eventi che si manifestarono a Levone si erano già prodotti in centinaia di altre realtà: le guerre continue, le carestie, le epidemie non facevano che far crescere sempre di più le paure collettive. I primi a morire, in gran quantità, erano i bambini e spesso era necessario cercare un capro espiatorio che potesse fungere da spiegazione, cosa che puntualmente avvenne con le streghe, nella maggior parte dei casi donne, tra l’altro legate in qualche modo, da sempre, al ciclo della vita e della morte, all’uso delle erbe e all’aiuto alle partorienti.
Tra le varie accuse emerge che le donne avevano rapporti con tre demoni, provenivano da una famiglia che aveva avuto casi di eresia (ai tempi questo elemento aveva un peso notevole, dando per scontata la colpevolezza degli appartenenti alla stessa famiglia) e avevano cessato ogni rapporto con la Chiesa per entrare nella setta stregonesca. Queste condizioni, ricorrenti anche negli altri processi, sono una realtà che s’impone dalla fine del XIII secolo, quando si decise, diciamo a tavolino, di perseguire la stregoneria come atto eretico, dovuto al rapporto con il diavolo e all’entrata in una vera e propria setta, dove si era tenuti a fare specifici atti, come recarsi a riunioni dove venivano uccisi bambini (oppure lo si faceva prima per poter ricavare l’unguento che serviva per recarsi al sabba).
Non sappiamo se le quattro donne praticassero in qualche modo la magia, oppure seguissero culti rurali pagani che ricalcavano un passato antico, in ogni caso durante i processi veniva applicata la tortura, quindi è chiaro che da quel momento le donne accusate testimoniavano qualsiasi cosa venisse chiesta. Le quattro streghe non agivano, secondo l’Inquisitore, solo a Levone ma anche nei paraggi: a Corio, a Rivara, a Rocca, Busano, Forno di Rivara e Nole, con l’aiuto di assistenti stregoni che procuravano i bambini. Con il prosieguo delle indagini, furono parecchi i complici delle streghe dei quali emersero i nomi, e anche questa è una caratteristica comune ai processi per stregoneria.
Le quattro donne furono accusate anche di aver avvelenato e ucciso il bestiame di diversi abitanti dei paesi limitrofi, “D’essere le predette Francesca, Margarota e Antonia, di complicità con altre, andate al luogo del Pratiglione alla casa d’Antonio Albo, d’essersi introdotte nella di lui stalla e d’avervi presa una giovenca che, in compagnia di una donna di quel paese ora morta, scorticarono, mangiarono e stregarono, così che di lì a pochi giorni la giovenca morì”, si legge nelle accuse. L’avvelenamento e l’uccisione e il rapimento di animali, atti dei quali venivano accusate le streghe, erano considerati particolarmente gravi, poiché si ritenevano di responsabilità del diavolo, che voleva causare danni alla popolazione.
Come possiamo immaginare, finì male: Antonia e Francesca furono bruciate sul rogo allestito a prato Quazoglio, nei pressi del torrente Malone: era il mese di novembre 1474. Non sappiamo cosa accadde alle altre due: alcuni documenti attestano che Bonveria, nel 1475, era ancora in carcere e sistematicamente interrogata per i suoi crimini diabolici, non conosciamo però l’evoluzione degli eventi; per quanto riguarda Margarota vi sono indicazioni relative alla sua fuga, che le concesse così di sottrarsi a ulteriori sofferenze.
La prima trascrizione dei documenti relativi al processo del paese si deve a Pietro Vayra, (1836-1898), ma questo articolo si basa sull’approfondita ricerca dell’antropologo Massimo Centini “Le assassine di Levone”, Yume edizioni, dove viene analizzato nei minimi particolari non solo il processo, ma la condizione psicologica delle processate per stregoneria, le torture, i luoghi dove si sono verificati gli eventi e le motivazioni.
Ogni anno, il paese di Levone celebra i “Giorni delle Masche” in ricordo delle quattro donne accusate di stregoneria e bruciate vive nel 1474, trasformando le vie cittadine in un borgo medievale che ospita convegni, mostre, eventi. Quest’anno le celebrazioni, per il 550esimo anno dal rogo delle streghe, si terranno il 9 e 10 novembre e tra le diverse iniziative, il Comune ha organizzato il Convegno “Levone 1474 - I Giorni delle Masche” con i relatori: Roberto Antonetto, “C'era chi le difendeva”, Massimo Centini, “Tra crimine e rituali pagani”. Katia Bernacci, “Donne e streghe nel Medioevo canavesano”. E Pierluigi Boggetto, “L’inquisizione nella Castellata di Rivara”. Un modo per non dimenticare eventi del passato che hanno macchiato indelebilmente la nostra storia e che servono a comprendere che quelle donne non rappresentavano solo qualcosa di accaduto in tempi ormai remoti, ma persone che hanno sofferto per l’ottusità umana.


Nell'immagine il Castello di Rivara, dove avvenne il processo alle streghe di Levone.


Documento inserito il: 30/10/2024
  • TAG: inquisizione, streghe di Levone, Canavese, stregoneria, eresia

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