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La violenza sulle donne nella seconda guerra mondiale [ di Michele Strazza ]

Invasioni tedesche e campi di concentramento

Molti soldati tedeschi praticarono lo stupro già nell’invasione della Polonia. In seguito, durante la campagna tedesca in Francia del maggio-giugno 1940 vennero registrati un certo numero di stupri di soldati della Wehrmacht a danno delle donne francesi, anche se furono puniti severamente. Comunque, nonostante le punizioni, le violenze continuarono a tal punto che il generale Gunther von Kluge, comandante della 4° armata, il 27 giugno 1940 segnalò in un ordine del giorno un “aumento preoccupante di casi di stupro”.
Durante la c.d. “Operazione Barbarossa” di invasione nazista della Russia non mancarono atti di violenza sessuale perpetrati dai soldati tedeschi sulla base di un generale concetto di impunità per i crimini commessi verso la popolazione civile, considerata inferiore di razza. L’unico limite era rappresentato dalla disciplina militare e dall’efficienza delle truppe. Pur avendo a propria disposizione bordelli militari, le truppe naziste stuprarono numerose donne nei territori conquistati molte delle quali, poi, vennero sottoposte alla prostituzione forzata nei campi dell’esercito.
Lo stesso ministro degli Esteri russo, Molotov, in un lungo rapporto inviato agli Alleati nel gennaio del 1942, parlò di donne e ragazze “vilmente oltraggiate in tutti i territori occupati”, descrivendo in dettaglio le violenze avvenute.
I soldati tedeschi entravano nelle case, portando via donne e ragazzine che poi venivano sistematicamente stuprate. Molte di loro subivano orrende mutilazioni come l’amputazione di seni e di organi genitali, per poi essere uccise. Nei ghetti ebraici le incursioni notturne per rapire le ragazze erano all’ordine del giorno.
Molte volte, come accadrà anche in Italia, nei territori occupati le truppe germaniche praticavano la violenza sessuale nelle azioni di rappresaglia contro gli attacchi della resistenza.
Così il 15 giugno 1944 durante una rappresaglia nella cittadina francese di St. Donat vennero violentate 54 donne. Non furono risparmiate neanche ragazzine di appena 13 anni.
Anche se non con grande frequenza, nei campi di concentramento e sterminio nazisti lo stupro era consentito. Esso era diretto non solo verso donne e ragazze ebree, ma anche verso le zingare.
Cecilie Klein racconta di una selezione condotta da civili ad Auschwitz per rifornire di giovani ebree i bordelli militari “dove avrebbero prestato servizio per tre mesi prima di essere inviate alle camere a gas”. Un'altra deportata dello stesso campo, Ruth Elias, così ricorda:

Una volta nel blocco comparvero all’improvviso le SS. La porta fu spalancata violentemente, e le SS entrarono ubriache in sella alle loro rombanti motociclette. Si mise su della musica, gli uomini delle SS cominciarono a cantare, continuarono a bere e, elettrizzati dalla musica, divennero di buon umore. Senza pudore cominciarono a tirar fuori dai posti letto ragazze ebree che si presero con loro per poi violentarle. La violenza su ragazze ebree era permessa. Questo non era un “peccato di razza”. E’ impossibile descrivere in quale stato pietoso queste povere creature tornarono indietro.

Dopo la liberazione dai campi le donne diventarono spesso oggetto di morbosa curiosità e furono costrette “a ritrarsi in doloroso silenzio e a rimuovere episodi su cui nemmeno oggi è possibile fare piena luce”. Questa la testimonianza di una ex deportata francese a Ravensbruck:

Il vicinato corse a vedere “i deportati”. Io ero l’attrazione del quartiere. I primi giorni, quando ero ancora molto eccitata, ricevetti tutti, risposi a tutte le domande. Ma in seguito fui così amareggiata che mi chiusi nella mia stanza e non volli più vedere nessuno. Le domande, che mi venivano poste, erano sempre le stesse. “E’ mai stata violentata? (Questa era la domanda più frequente. Alla fine mi dispiacque di essere stata risparmiata. Il mio unico sbaglio era stato quello di tralasciare una parte dell’avventura e questo deluse il pubblico. Per fortuna potei almeno dire delle violenze alle altre.) Ha sofferto molto? E’ stata picchiata? E’ stata torturata? Con che cosa è stata picchiata? E’ stata sterilizzata? E i Russi-erano cattivi? Cosa, non aveva altri vestiti? E se aveva le sue cose, come faceva? Dica, c’era insomma omosessualità tra le prigioniere? E come mai non è morta? A quest’ultima domanda non seppi rispondere.


BIBLIOGRAFIA

Bartov O., L’Armée de Hitler. La Wehrmacht, le nazis et la guerre, Paris, Hachette Littératures, 1999;
Beck B., Rape: the Military Trials of Sexual Crimes committed by Soldiers in the Wehrmacht, 1939-1944, in K. Hagemann-S. Schuler-Springorum(Eds.)., “Home/Front: the Military, War and Gender in Twentieth-Century Germany”, Oxford, Berg, 2002; Lotto A. - Bianchi B., Nei campi nazisti, in Bianchi B. (a cura di), “Deportazione e memorie femminili (1899-1953)”, Milano, Unicopli, 2002;
Strazza M., Senza via di scampo. Gli stupri nelle guerre mondiali, Potenza, CRPO, 2010.
Documento inserito il: 24/05/2016
  • TAG: violenza sessuale, stupro, esercito tedesco, seconda guerra mondiale

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