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L'azione di Suda

E' la notte del 25 marzo 1941: due cacciatorpediniere italiani, il CRISPI (capitano di fregata Ferruta) ed il SELLA (capitano di corvetta Redaelli), stanno avvicinandosi alla baia di Suda nell'isola di Creta. Finalmente, dopo tante incertezze e traversie, é giunta l'ora dell'azione.
Suda, una vasta e profonda insenatura sul versante sud dell'isola di Creta, é diventata un'importante base navale ove le unità della Mediterranean Fleet hanno la possibilità di trovare riparo e rifornimenti. Inoltre, data la sua posizione strategica, le forze britanniche ivi dislocate hanno agio di proteggere i convogli diretti a Malta, minacciando nel contempo il traffico italiano in quel settore.
Pertanto, da parte italiana, la distruzione, o almeno l'inutilizzazione per un forte lasso di tempo, delle navi principali colà basate s'é resa praticamente inevitabile.
Fin dal dicembre 1940, precisamente nella baia di Parteni dell'isola di Lero, é stata dislocata una squadriglia di "barchini esplosivi" (M.T.M., ovvero motoscafi da turismo modificati: 1 pilota, 300 Kg. di esplosivo, 33 nodi di velocità massima) aventi appunto lo scopo d'inutilizzare quelle forze inglesi che la ricognizione aerea segnala continuamente presenti nella baia di Suda. Alle forze d'assalto italiane, al comando del capitano di fregata Vittorio Moccagatta (che cadrà poi gloriosamente a Malta nel luglio 1941), sono stati assegnati due cacciatorpediniere antiquati, appunto il CRISPI ed il SELLA, che hanno avuto in dotazione gru elettriche per le manovre di ammaraggio e sollevamento dei barchini: manovre che, mediante un duro e meticoloso addestramento, vengono compiute nel tempo record di appena 35 secondi.
I mesi di gennaio e febbraio sono già trascorsi in un'alternativa di speranze e di delusioni, pur essendo, per la lunghezza delle loro notti, i più adatti ad una siffatta impresa, per una serie di fattori concomitanti l'azione ha già dovuto essere rinviata. Quando finalmente giunge la tanto sospirata ora dell'azione, un ultimo incidente ha il potere di far temere un nuovo rinvio: Il 25 marzo il CRISPI ed il SELLA sono bombardati da un aereo inglese a Stampalia. Tuttavia, malgrado il CRISPI debba lamentare un morto e tre feriti, i danni non si dimostrano tali da dovere differire nuovamente l'impresa, anche perché la ricognizione aerea ha segnalato presenti a Creta, 1 incrociatore pesante, 2 cacciatorpediniere ed una dozzina di trasporti.
Dopo una regolare navigazione, le due unità italiane raggiungono alle 23,30 del 25 marzo il punto stabilito a 10 miglia dalla costa. I sei barchini destinati all'azione vengono messi a mare e i rispettivi piloti prendono posto su di essi.
Sei motoscafi esplosivi e sei uomini soltanto - Tenente di vascello Luigi Faggioni (capo gruppo), sottotenente di vascello Angelo Cabrini, capocannoniere Alessio De Vito, capo motorista Tullio Tedeschi, 2° capo Lino Beccati e il sergente Emilio Barberi - sono adesso soli contro una munita base navale!
La parte più difficile e pericolosa sta cominciando, giacché si tratta di percorrere circa sei miglia in una stretta insenatura, dalle cui coste i britannici possono esercitare un'accurata vigilanza, e di superare diverse ostruzioni retali, per poter infine giungere in fondo alla baia dove si trovano le navi.
La prima ostruzione, malgrado qualche piccolo intoppo, é agevolmente superata, così anche la seconda. Improvvisamente, verso le 4,30, mentre i piloti stanno accingendosi a supera la terza ed ultima ostruzione, si accendono due proiettori che scrutano attentamente la baia. Momenti di estrema tensione, poi, finalmente, i proiettori si spengono ed i piloti italiani, nell'impossibilità di superare direttamente l'ostruzione, l'aggirano profittando di un varco tra la costa e l'ostruzione stessa.
Il cuore della base nemica é finalmente raggiungibile! Adesso si tratta di attendere l'ora del crepuscolo mattutino per poter agire nelle condizioni di luce più favorevoli.
I piloti italiani si passano il binocolo per osservare un'ultima volta i bersagli, poi, poi verso le 5 del 26 marzo, mentre già sull'incrociatore H.M.S. YORK sta suonando la sveglia, i mezzi di Cabrini e Tedeschi, già precedentemente destina all'unità, scattano all'attacco.
Pochi istanti dopo, una grande e simultanea esplosione squassa la baia, immediatamente seguita da un intenso fuoco della batterie AA che sparano contro fantomatici apparecchi. Nel contempo anche Barberi e De Vito lanciano i loro mezzi e rimbombano altre esplosioni. Parte poi Beccati contro una petroliera, ed infine anche il capo gruppo Faggioni lancia il suo mezzo: un'altra deflagrazione, poi più nulla.
L'incrociatore da 8.250 tonn standard H.M.S. YORK e la petroliera da 8.650 t.s.l. PERICLES, possono definitivamente considerarsi fuori combattimento. Lo scopo della missione é stato raggiunto ad un prezzo bassissimo, perché soltanto sei prigionieri rappresentano il pedaggio ad una grande vittoria.


Conclusione

In un articolo, illustrante appunto questa azione, apparso su una rivista di carattere marinaro nell'anno 1957, l'ammiraglio Cocchia ha definito quest'impresa come la più "romantica" tra tutte quelle effettuate dagli uomini della Xa Flottiglia MAS, e mai definizione ci é parsa più centrata e consona allo spirito stesso dell'azione.
In effetti, l'immaginare sei motoscafi esplosivi che si lanciano a tutta velocità contro gli scafi alla fonda, ci porta inevitabilmente per assonanza di idee a quei tempi, che siamo appunto soliti chiamare romantici, in cui la cavalleria di uno Zieten o di Murat si lanciava alla carica sul campo di battaglia.
Suda, senza tema di smentita, si può definire un'azione perfetta e matematica, attuata con un sincronismo unico da sei uomini che, tramite un diuturno e faticoso addestramento, avevano raggiunto un grado d'efficienza eccezionale. Gli scopi stessi della missione furono pienamente raggiunti, anche se una sopravvenuta polemica post-bellica ha tentato di sminuire i meriti dei piloti italiani circa l'affondamento dello YORK, attribuendolo invece ai bombardamenti compiuti successivamente dalla Luftwaffe prima dell'occupazione di Creta.
Però a tacitare tutti i possibili dubbi, é la stessa testimonianza dell'ammiraglio Cunningham che, a pagina 168 del suo libro "A sailor's odissey" dice testualmente: "L'incrociatore YORK fu gravemente danneggiato e, con i locali caldaie e di macchine allagati, dovette venir messo in secca... Il nostro unico incrociatore con cannoni da 203 mm era dunque fuori combattimento: ancora una volta dovemmo scontare la pena per l'insufficiente difesa di una base navale".
Inoltre, non solo in virtù di autorevolissima dichiarazione, si deve anche ammettere che se lo YORK non affondò definitivamente, fu perché si arenò in bassi fondali. Ad ogni modo, e questo é inoppugnabile, l'attacco italiano lo ridusse ad un rottame di nessun valore: i colpi che successivamente possono avergli inflitto gli STUKAS non sono stati altro che "pugnalate di Maramaldo".
Suda resta pertanto una giusta pagina di gloria nella storia della Regia Marina, che anche adesso, ventidue anni dopo il suo compimento, é inutile voler sminuire per uno sciocco e sterile spirito di polemica.

Nell'immagine l'incrociatore britannico H.M.S YORK prima dell'azione di Suda.


Articolo tratto dal n°17 del bimestre Gennaio-Febbraio 1964
Documento inserito il: 19/11/2017
  • TAG: seconda guerra mondiale, suda, barchini esplosivi, mtm, x mas, regia marina

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