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Organizzazione Roma

di Giancarlo Garello

Dopo i risultanti incoraggianti ottenuti durante l'impiego operativo delle prime portaerei britanniche (1917-1920), anche le altre nazioni che nutrivano ambizioni marittime intrapresero gli studi per dotare le proprie flotte del nuovo tipo d'unità cui non era difficile predire una fortunata carriera.
Fra le principali marine, anche quella italiana si interessò al problema, e nel corso cella Conferenza di Washington per la limitazione degli armamenti navali (1921-1922) il delegato italiano Amm. Acton, difese con competenza le legittime richieste della Regia Marina ottenendo che la proposta americana iniziale che consentiva solo 28.000 tonn. di unità portaerei alla nostra flotta fosse modificata si da autorizzare invece un dislocamento globale di 60.000 tonn. nella stessa categoria.
Mentre in Italia l'Aeronautica diventava arma indipendente (1923), la Marina incaricava il Gen. G.N. Rota di sviluppare un progetto di portaerei; tale progetto, ultimato nel 1925, prevedeva un'unità ibrida dotata di ponte centrale rialzato e armata con VIII-203 mm.
La costante opposizione dell'Aeronautica, lo scarso interesse di Mussolini nel problema e le superate concezioni strategiche di numerosi ammiragli, resero inutile ogni tentativo di alcuni illuminati ufficiali di marina di ottenere gli stanziamenti necessari per dare inizio alla costruzione di una portaerei.
I progetti del 1932 (Rota migliorato) e del 1936 restarono nei cassetti del Comitato Progetto Navi, mentre Inghilterra, Stati Uniti, Francia e Giappone intraprendevano la costruzione di numerose portaerei dotate di moderne caratteristiche che svincolavano le loro flotte dall'Arma Aerea per quanto riguardava la protezione delle Forze Navali (FF.NN.) in mare. Nel 1938, durante il discorso sul bilancio, il Sottosegretario per la Marina Amm. Domenico Cavagnari (che ricopriva anche la carica di Capo di S.M. della Marina) dichiarò pubblicamente che la Marina rinunciava alla costruzione della portaerei. Le raccomandazioni di coloro che ritenevano essenziale la presenza di portaerei in una flotta ben bilanciata erano rimaste inascoltate nella convinzione che la particolare posizione strategica dell'Italia rendesse inutile la costruzione di costosissime unità eccessivamente vulnerabili.
La prova dei fatti dimostrò quanto fosse errato questo convincimento.


L'AQUILA E LO SPARVIERO

Dopo le deludenti esperienze di cooperazione aeromarittima avutesi in occasione degli scontri di Punta Stilo (9 luglio 1940) e Capo Teulada (27 novembre 1940), e a seguito del doloroso episodio dell'attacco su Taranto (11 novembre 1940) quando pochi aerosiluranti SWORDFISH della portaerei HMS ILLUSTRIOUS inflissero perdite disastrose alla Flotta italiana, il capo del Governo Mussolini ordinò di procedere d'urgenza alla trasformazione del transatlantico ROMA in portaerei. La scelta del ROMA fu dovuta a numerosi fattori, quali l'esistenza di un progetto di massima già elaborato nel 1940, l'idoneità della nave a prestarsi ad una rapida trasformazione e la già lunga carriera mercantile che ne aveva ridotto le future possibilità commerciali.
La trasformazione dei moderni transatlantici REX e CONTE DI SAVOIA fu scartata, oltre che per la complessità dei lavori richiesti, appunto perché trattandosi di unità moderne era preferibile conservarle per la ripresa dei traffici marittimi del dopoguerra.
In data 20 gennaio 1941Supermarina comunicava la decisione di Mussolini a Superaereo, invitando l'Aeronautica a collaborare per stabilire le direttive da seguire nella costruzione della nave e nella costituzione dei reparti aerei imbarcati.
Le caratteristiche dell'unità vennero così definite:
velocità massima 28 nodi; ponte di volo m. 218 x 27 (20 metri in corrispondenza dell'isola); aviorimessa superiore m. 150 x 17 x 6; aviorimessa inferiore m. 157 x 18 x 4;
Superaereo si dichiarò favorevole al progetto, segnalando nel contempo che non esistevano aerei idonei a quel particolare impiego e che una loro eventuale costruzione in serie avrebbe richiesto non meno di due anni.
Un improvviso contrordine dovuto ad un breve ripensamento di Mussolini non impedì alla Marina di proseguire gli studi per la trasformazione del ROMA, che, onde accelerare l'approntamento dell'unità, venne inizialmente concepito come "trasporto aerei" anziché come portaerei.
Non erano infatti previsti cavi di arresto, e gli aerei sarebbero quindi stati in grado solo di decollare dal ponte di volo, mentre l'atterraggio avrebbe avuto luogo in una base terrestre al termine dell'autonomia.
Le caratteristiche di questa unità, da approntarsi entro dieci mesi, dovevano essere le seguenti:
dislocamento 25.000 tonn.; velocità massima 25 nodi; ponte di volo: lunghezza 223,5 m., larghezza 25,3 m.; altezza sul galleggiamento: 16 m.; aerei imbarcati 34 caccia, oppure 16 caccia e 9 ricognitori.
Il 9 luglio 1941 ebbe luogo una riunione ad alto livello per studiare le possibilità d'impiego di tale unità.
Presenti il C.S.M. generale (Gen. Cavallero), i C.S.M. della Marina (Amm. Riccardi) e dell'Aeronautica (Gen. Pricolo) e il Gen. Sigismondi, Direttore di Maricost, si convenne che il progetto era interessante e consentiva di intraprendere azioni aeronavali ben oltre le 100-110 miglia cui esse erano in quel momento limitate dall'autonomia della caccia di scorta.
Le richieste della Marina circa gli aerei si riferivano a 34 caccia del tipo RE.2000 con ali non ripiegabili; 25 di questi erano da considerarsi per la difesa e l'offesa, 9 solo per la difesa ravvicinata dell'unità.
Si auspicava una pronta soluzione del problema della ripiegabilità delle ali onde permettere lo stivaggio di un maggior numero di aeroplani nelle aviorimesse di bordo. Per un rapido reimbarco di velivoli atterrati a termine missione nei campi d'aviazione, si suggerì di sfruttare gli apprestamenti in corso d'attuazione a Napoli, Taranto e La Spezia per l'imbarco dei caccia RE.2000 sulle corazzate da 35.000 tonn.
I tempi pèer la trasformazione furono concordati in 8-9 mesi dal momento in cui fossero disponibili le materie prime necessarie, e cioé 400 tonn. di rame, 7.000 tonn. di materiali siderurgici e 400 tonn. di cemento.
Avuta l'autorizzazione del capo del Governo, la Marina diede inizio ai lavori, optando però per il progetto relativo ad una portaerei completa di installazioni per il catapultamento e l'appontaggio degli aerei imbarcati. I lavori si protrassero oltre i limiti previsti per cui la nave, nel frattempo ribattezzata AQUILA (febbraio 1942), non era ancora pronta ad iniziare le prove in mare alla data dell'Armistizio.
Le trasformazioni riguardavano principalmente:
-la creazione di una compartimentazione stagna;
- l'installazione di artiglieria A.A. e A.N. (8 cannoni da 135/45 mm., 12 da 65/54 mm., 132 mitragliere da 20 mm;
- la costruzione del ponte di volo, di aviorimesse e di controcarene in cemento armato per la difesa subacquea;
- la sostituzione degli apparati motori originali con altri più moderni del tipo impiegato a bordo degli incrociatori leggeri della classe CAPITANI ROMANI.
Le caratteristiche definitive della portaerei AQUILA si possono così sintetizzare:
Lunghezza fuori tutto 231,40 m.; larghezza massima 29 m.; dislocamento a carico massimo normale 27.800 tonn.; immersione a carico massimo normale 17,39 m.; velocità massima a carico massimo normale 29 nodi; autonomia a 18 nodi 4.150 miglia; autonomia a 29 nodi 1.210 tonn.
All'8 settembre 1943, l'inizio delle prove in mare era imminente essendo l'unità allestita al 90 %.
Sabotata dall'equipaggio rimase inutilizzata nel porto di Genova, dove fu colpita da bombardieri americani nel giugno 1944 e affondata da un mezzo d'assalto della Regia Marina il 19 aprile 1945 per impedire ai Tedeschi di usarla per ostruire l'accesso al porto. Fu recuperata nel dopoguerra e demolita a La Spezia nel 1952.
Durante la guerra fu prevista la trasformazione in portaerei di un secondo transatlantico, l'AUGUSTUS.
L'unità si sarebbe chiamata SPARVIERO, avrebbe avuto caratteristiche radicalmente diverse dall'AQUILA, essendo molto più lenta, senza "isola" e idonea solo a compiti di scorta. L'8 settembre era da poco iniziata la demolizione delle parti da eliminare, mentre il progetto era ancora in fase di studio.


L'ORGANIZZAZIONE ROMA

Nell'ottobre- novembre 1941 una missione composta da vari ufficiali della Regia Marina e della Regia Aeronautica si recò in Germania per una visita alla portaerei tedesca GRAF ZEPPELIN, già varata prima della guerra e non ancora completata a causa di continui rinvii del programma.
Ne fecero parte, tra gli altri, il C.V. Viansino, comandante designato della portaerei AQUILA, il Col. G.N. Gagnotto, addetto all'allestimento e il Cap. Tonon della Direzione Generale Costruzioni Aeronautiche (D.G.C.A.).
Dopo il rientro della missione fu tentata una riunione all'Ispettorato Superiore Tecnico Militare (I.S.T.E.M.) presso lo Stato Maggiore dell'Aeronautica, per definire nei particolari l'organizzazione del nuovo servizio concernente l'aviazione per portaerei. Per motivi pratici e di segretezza si convenne di adottare per ogni argomento relativo alla portaerei la dicitura convenzionale ORGANIZZAZIONE ROMA, abbreviata in O.R. Durante la riunione, cui parteciparono il Ge. S.A. Bernasconi (I.S.T.E.M.), i Gen. B.A. Marini (Marinavia) e Cassinelli (C.S. di Guidonia), il Magg. Gen. G.A. Boggio (D.G.C.A.), il Ten. Col. Remondino (I.S.T.E.M.) e altri, vennero definite le modalità relative all'addestramento e all'impiego dei reparti O.R.
In particolare fu decisa l'istituzione di un campo scuola e deposito ad Orvieto (la scelta finale cadde poi su S. Egidio di Perugia) da attrezzarsi con due piste di dimensioni uguali al ponte di volo della portaerei perpendicolari fra di loro per poter usufruire di quattro direzioni di atterraggio, e dotate di cavi d'arresto. Analogamente a quanto già attuato dai Tedeschi, l'agganciamento doveva avvenire al secondo cavo; la lunghezza di pista necessaria risultava così di 92 m., mentre la larghezza era di 24 m. Il colore delle piste doveva essere giallastro, a similitudine del ponte di volo. Per l'addestramento notturno era previsto un doppio sentiero luminoso.
Fu inoltre deciso di installare sulla base impianti RT uguali a quelli dell'AQUILA per addestrare il personale della Regia marina al loro impiego, e si discusse l'opportunità di sistemare una catapulta per prove di lancio in modo da evitare continui trasferimenti sulla nave MIRAGLIA che già era stata attrezzata a tale scopo per le sperimentazioni degli Re.2000 navali.
Circa la preparazione dei piloti si stabilì che sarebbe stata suddivisa in due fasi, la prima per la familiarizzazione con le particolari tecniche di decollo e di appontaggio, e la seconda da dedicarsi invece all'addestramento bellico.
La scelta per l'aereo da addestramento O.R. cadde sul G.50bis, grazie alla sua robustezza e alla notevole disponibilità di macchine di quel tipo di cui era in corso il ritiro dalla linea man mano che velivoli più moderni andavano a riarmare i reparti. Per l'addestramento avanzato fu prescelto il Re.2001, che avrebbe dovuto costituire il nerbo dell'aviazione imbarcata.
Dopo che la commissione ebbe approvato le linee generali per la creazione dell'Aviazione per Portaerei si passò, non senza indugi e ritardi, alla fase di realizzazione. Fu quasi subito scartata la candidatura di Orvieto a campo scuola O.R., e, dopo aver preso in considerazione Ravenna, lo S.M. dell'Aeronautica optò per S. Egidio di Perugia, dove vennero iniziati i lavori nell'estate 1942.
Onde mettere a frutto l'esperienza già accumulata in questo campo dall'alleato germanico, fu fatta richiesta ufficiale alle autorità tedesche di mettere a disposizione dell'ORGANIZZAZIONE ROMA un certo numero di velivoli appositamente appositamente modificati per l'impiego su portaerei. Nella primavera del 1943 giunsero quindi a Sant'Egidio un Arado Ar.96 e uno Junkers Ju.87 (*) che condussero un'intensa serie di prove di catapultamento e di atterraggio frenato.
Il ritardo nel completamento dell'AQUILA, unito al peggioramento della situazione generale e all'invasione del territorio nazionale, rallentarono notevolmente l'attività dell'O.R., che comunque proseguì anche nell'estate del 1943 con i primi Re.2001 navali ultra alleggeriti.
L'ARMISTIZIO pose fine ad ogni ulteriore sperimentazione.
(*) Dallo Ju.87A venne derivata una versione navale denominata Ju.87C, dotata di ganci per catapulta, gancio d'arresto, carrello sganciabile ed estremità alari ripiegabili. Una piccola pre-serie C-0 fu costruita nel 1939, ma la versione definitiva C-1 non fu mai realizzata a causa del rinvio e della successiva cancellazione del programma ZEPPELIN.


VELIVOLI O.R.

Il primo tipo di aereo da caccia preso in esame dallo Stato Maggiore della Marina per l'imbarco sulla portaerei fu in Re.2000, ma SUPERAEREO scartò subito tale soluzione non ritendo il velivolo idoneo a quel tipo di impiego. Gli preferì invece l'Re.2001 che era dotato di migliori caratteristiche, non escludendo la possibilità di sviluppare una versione biposto da ricognizione dell'Re.2000. La scelta finale per un ricognitore assaltatore imbarcato cadde però di G.50 dopo che anche l'idea di trasformare in biposto l'Re.2001 venne bocciata.
Per quanto concerneva gli aerei da addestramento O.R. fu prescelto il G.50bis, benché per qualche tempo anche il Nardi FN.305 entrasse nella rosa dei candidati. Anche un esemplare del Ca.164 fu trasformato in "navale" con l'adozione di un gancio d'arresto in coda: questo aereo era presente a Perugia nell'estate 1943.
L'ordinativo di aerei scuola O.R. riguardava 16 G.50bis; otto di questi, alleggeriti al massimo grazie all'eliminazione delle installazioni non indispensabili, come armi, apparati R.T. ecc., erano destinati all'addestramento iniziale (decolli e appontaggi con l'ausilio del gancio d'arresto), mentre gli altri otto, completi di dotazioni , dovevano servire per la familiarizzazione dei piloti con le nuove tecniche d'impiego. Delle modifiche furono incaricate le Officine Meccaniche San Giorgio di Pistoia e la Società Costruzioni Aeronautiche di Guidonia. I primi G.50bis modificati O.R. furono quelli della San Giorgio, che iniziò le consegne dei primi esemplari nell'aprile 1942 (MM 4963 e 6333): li ricevette in carico il Centro Sperimentale di Guidonia che iniziò le prove di valutazione.
Le varie installazioni speciali cui i G.5abis O.R. erano dotati comprendevano gli aggrappamenti , il gancio d'arresto, bretelle fisse del tipo adottato sui tuffatori ed un poggiatesta.
Nel frattempo la FIAT sviluppava una versione navale del G.50; tale aereo, denominato G.50bis N, fu completato in un unico esemplare a fine 1942, ma non risultò rispondente alle necessità, a causa soprattutto della scarsa autonomia. Infatti la "semapizzazione" dei serbatoi aveva ridotto la loro capacità a 220 litri, che potevano essere incrementati a 540 litri con l'aggiunta di due serbatoi alari sganciabili di 160 litri; l'autonomia pratica risultante era di 800 Km e fu giudicata insufficiente. La ditta C.M.A.S.A. per parte sua sviluppò una versione navale per portaerei del G.50B biposto (nella variante da ricognizione), su cui dovevano essere sistemati i tronchetti alari con mitragliatrice da 12,7 mm, già installati sperimentalmente sul G.50bis A (assalto), MM8595, da attacco la suolo. In realtà il velivolo ebbe solamente le attrezzature O.R., mentre la modifica all'ala non fu mai apportata.
Non ci é noto se questi due esemplari sperimentali raggiunsero il centro Sperimentale di Guidonia; é però da escludersi che abbiano fatto in tempo a iniziare le prove a S. Egidio prima dell'ARMISTIZIO. Gli esemplari operativi dovevano essere, come già si é accennato, monoplani da caccia Re.2001 appositamente modificati. la dotazione di questi aerei da imbarcare sull'AQUILA fu inizialmente stabilita in un Gruppo (fu fatto il nome del Ten. Col. Bailon quale comandante del reparto) su 26 Re.2001 caccia bombardieri, due dei quali dovevano essere dotati di impianto nebbiogeno.
Il numero degli aerei imbarcabili fu successivamente aumentato a 51 grazie a un ingegnoso sistema di stivaggio che comprendeva 10 aerei sul ponte di volo, 26 aerei ancorati al pavimento degli hangars e 10 appesi al soffitto a mezzo di appositi ganci predisposti sulle ali e in fusoliera. Qualora si fossero resi disponibili gli aerei ad ali ripiegabili richiesti dalla marina, il numero di arei imbarcati sarebbe salito a 66, ma l'ARMISTIZIO troncò ogni studio in proposito.
La prima commessa di Re.2001 O.R. alla ditta Reggiane fu di 50 esemplari (MM 90751 - 90800), più due (MM 7271 - 7272) ultra alleggeriti per le prove di catapultamento a terra appartenenti alla prima commessa di 100 (MM 7209 - 7308).
All'inizio del 1943, a causa della lentezza con la quale procedevano i lavori sulla portaerei AQUILA, solo dieci aerei della commessa O.R. (MM 90751 - 90760 ?) furono confermati in versione allenamento, mentre i restanti 40 vennero completati come caccia notturni.
Il ritmo di consegna dei primi dieci esemplari navali doveva essere di tre in marzo, tre in aprile e quattro in maggio. Fra le installazioni richieste per gli Re.2001 O.R. della prima commessa vi furono gli apparati rice-trasmittenti RTF a onde corte e RDG a onde ultracorte per il rilevamento dei segnali emessi dalla portaerei: si trattava di ritrovati tecnici d'avanguardia che in quel tempo in Italia non avevano ancora superato la fase sperimentale. Inoltre furono suggerite numerose modifiche, oltre a quelle specifiche dell'impiego O.R.; citeremo fra le altre il cruscotto tipo Re.2000 G.A. con strumenti giroscopici, la predisposizione per il preriscaldamento dell'olio per la messa in moto rapida (il ritmo di lancio prevedeva otto decolli in quattro minuti), il travetto centrale e l'impianto benzina per serbatoi supplementari sganciabili.
Mentre il programma O.R., subiva rallentamenti a causa del ritardo nell'allestimento dell'Aquila, venivano messe a punto le modifiche definitive da apportare agli Re.2001 navali.
Nel marzo 1943 lo S.M. dell'Aeronautica diede disposizioni alla D.G.C.A. affinché dei 260 Re.2001 in costruzione, 170 fossero consegnati nella versione O.R. con la seguente dotazione di installazioni: aggrappamenti, ganci d'arresto e rinforzi alle strutture; travetto centrale con forcella e riscontro per catapulta; predisposizione per nebbiogeno centrale; predisposizione per travetto alare e predisposizione per l'applicazione di armi Mauser da 20 mm in gondola. Dovevano essere abolite le armi da 7,7 mm alari; predisposizione per bussola Patin; impianti per il volo notturno (riduzione di luci interne, fanali da segnalazione, predisposizione per convogliatori antifiamma); alette d'intradosso (flaps) tagliate in modo da consentire il loro abbassamento con silurotto installato; due predispositori a persiana per bombe (centrale e laterali); abolizione del contacolpi delle armi da 12,7 mm; altimetro per tiro a tuffo del tipo C.A.B. da 10.000 m o, se disponibile, da 15.000 m; verniciatura verde scuro; seggiolino corazzato; apparato radio I.M.C.A.
Per quanto riguardava il numero di Re.2001 navali completati riteniamo che nessuno della commessa del marzo 1943 (170 esemplari) abbia mai lasciato le Officine Reggiane. Pare certo invece che i primi 10 esemplari da addestramento siano stati costruiti, dato che testimoni degni di fede ricordano di averli visti a Reggio Emilia con la caratteristica colorazione azzurrina uguale a quella degli Re.2000 catapultabili. Solamente i due esemplari MM 7271 e 7272 svolsero però una qualche attività, assieme all'MM 7260 che fu pure trasformato O.R. extra commessa.
I primi voli ebbero luogo a Reggio Emilia (20 dicembre 1942)e il collaudatore Tullio De Prato effettuò una serie di finti agganciamenti con il gancio d'arresto esteso usando come linea di riferimento un cordoncino posto attraverso la pista. I collaudi proseguirono nel gennaio 1943, con prove di manovrabilità alle varie velocità.
L'aereo risultò troppo pesante in coda e si dovette eliminare la corazzatura del posto di pilotaggio per spostare il centro di gravità verso prua; da qui la definizione di "ultra alleggeriti" usata sia dalla Reggiane che dalla Regia Aeronautica.
Nel frattempo lo S.M. decise che il reparto da imbarcare sulla prima portaerei italiana sarebbe stato il 160° Gruppo C.T. (393.a, 394.a e 375.a Squadriglia) del Magg. Mandara, che era rientrato all'inizio del 1943 dal fronte africano e si trovava dislocato sul territorio metropolitano con pochissimi G.50 in carico.
il 12 febbraio la 393.a Sq. ricevette il primo G.50 O.R. (MM 6338), che si aggiunse ai due G.50bis già in dotazione.
Il personale della Squadriglia iniziò con entusiasmo il particolare tipo di addestramento, consistente soprattutto in atterraggi frenati; fra i primi piloti italiani di reparto a sperimentare le nuove tecniche di appontaggio simulato vi furono i tenenti Fissore e Figini e i sergenti Birago e Ghini. Il 26 febbraio 1943 fu preso in carico anche l'Re.2001 O.R. MM7272, e un mese dopo giunse un secondo G.50 O.R. contraddistinto dalla sigla MM 5988, consegnato dalla S.C.A. di Guidonia. Pochi giorni dopo, esattamente il 18 marzo 1943, la Squadriglia versava al magazzino M.S.A. di Perugia tutto il materiale di volo, compresi i velivoli O.R. in previsione del trasferimento in Sardegna con compiti di intercettazione. Anche la 394.a Sq. fu destinata all'imbarco sull'AQUILA, e il 13 febbraio 1943 prendeva in carico il primo G.50 O.R. (MM 4963), modificato dalla S.C.A di Guidonia. Tre giorni dopo si aggiungeva alla dotazione del reparto anche l'Re.2001 O.R. MM7260, proveniente dall'aeroporto di Perugia.
Il comandante del Gruppo, Magg. Mandara, e il Cap. Cerretani, comandante della 394.a Sq. iniziarono subito i voli di prova con atterraggio frenato, seguiti da altri piloti del reparto. L'addestramento fu proseguito intensamente per tutto il mese di febbraio, ma il 17 marzo la Squadriglia fu trasferita a Ciampino dove prese in carico 11 Re.2001 da caccia. Il giorno successivo furono versati al Magazzino M.S.A. di Perugia i velivoli O.R. insieme ad altri due G.50bis e il 22 marzo 1943 la Squadriglia si trasferì a Decimomannu dove venne successivamente impiegata per la difesa dell'isola.
L'ultimo velivolo O.R. ad entrare in linea per breve tempo presso un reparto operativo fu l'Re.2001 MM7271, consegnato alla 375.a Sq. il 26 febbraio 1943. Il 19 marzo 1943 anche questo apparecchio fu restituito al Magazzino M.S.A. di Perugia, e da quella base continuò a volare insieme ad altri esemplari attrezzati per operare da navi portaerei fino all'ARMISTIZIO. Pochi giorni prima dell'8 settembre 1943 l'aereo fu trasferito a Castiglion del Lago, dove venne successivamente catturato dai Tedeschi.
Mentre falliva il tentativo di armare il Gruppo con velivoli O.R. proseguivano le prove sul campo di S.Egidio di Perugia, dove nel giugno 1943 il Com.te De Prato svolgeva un ciclo di valutazioni cui assisteva per conto dello S.M. dell'Aeronautica, il Mag. Pil. Gastone Valentini.
A motivo della posizione troppo avanzata del gancio, il primo atterraggio si risolse in un mezzo disastro, perché la coppia picchiante che si generava causò un forte appruamento, con conseguente "musata" e rottura dell'elica. La ditta provvide a spostare il gancio verso poppa e le prove proseguirono così senza particolari inconvenienti nel mese di luglio. La soluzione risultò all'atto pratico particolarmente felice: infatti l'Re.2001, che "impattava" con velocità dell'ordine dei 120/140 Km/h, veniva frenato in soli 15/20 m.
Il peggiorare della situazione fece interrompere le sperimentazioni e nel caos successivo l'ARMISTIZIO anche l'aviazione navale affondò nell'oblio.
Termineremo questo studio sui velivoli O.R. accennando a un impiego particolare che non fu realizzato a causa del precipitare degli avvenimenti. Si trattava dell'imbarco degli Re.2001 O.R. sulle Regie Navi della Squadra al posto degli Ro.43 e degli Re.2000 allora in dotazione agli incrociatori e alle navi da battaglia. Ciò era reso possibile dalla prevista sostituzione delle catapulte tipo Gagnotto a respingenti cilindrici in servizio sulle navi maggiori, con quelle a respingenti sferici tipo portaerei.
Gli Re.2001 avrebbero conservato tutte le installazioni speciali ad eccezione del gancio d'arresto che doveva essere smontato. Il peso totale del velivolo , privo di serbatoi sganciabili, sarebbe stato di circa 3.350 Kg.

Nell'immagine la portaerei Aquila nel porto di Genova.


Articolo tratto dal n°94 del novembre 1972 della rivista Interconair Aviazione e Marina
Documento inserito il: 19/11/2017
  • TAG: portaerei aquila, organizzazione roma, seconda guerra mondiale, regia marina

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