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1945: gli ultimi deliranti messaggi di Joseph Goebbels

di Francesco Cappellani


Del quartetto dei massimi gerarchi del partito nazista che costituivano l’inner circle di Hitler, e cioè Hermann Goering, Martin Bormann, Heinrich Himmler e Joseph Goebbels, quest’ultimo, laureato in filologia germanica ad Heidelberg nel 1922 e dotato di solida cultura, era certamente l’unico intellettuale del gruppo come avrà modo di dimostrare come fautore di nuovi modelli di propaganda, oltre che facondo oratore, brillante politico e simpatico intrattenitore. Nato nel 1897, nella prima infanzia fu colpito da una forma di ostiomielite che lo renderà zoppo per tutta la vita, piccolo di statura (1,65 m.) e di corporatura quasi rachitica, non certo miglior prototipo della razza ariana, condusse comunque una vita brillante e di successo anche con donne bellissime come l’attrice Lida Baarová. Per il suo aspetto, ma non solo, Thomas Mann lo definirà “storpio nel corpo e nell’animo”. Dal 1926 si lega totalmente ad Hitler da cui rimarrà folgorato al punto di scrivere nel 1925, dopo avere letto il primo volume del Mein Kampf: “Chi è quest’uomo? Metà plebeo e metà Dio! Cristo stesso o solo Giovanni?” e poco dopo: “Mi saluta come un vecchio amico. Mi degna della sua attenzione. Quanto lo amo! Che uomo!”; ne diventerà il seguace più fedele, acritico e radicale fino alla fine del suo idolo, con una fedeltà estrema che non troviamo in nessun altro gerarca nazista. Deputato al Reichstadt nel 1928 viene nominato nel 1933 a capo del Ministero della Propaganda da dove controlla con indubbia abilità ed inventiva tutti i mezzi di comunicazione in grado di creare consenso, dalla stampa alla radio, al cinema ed allo sport. Manterrà tale carica fino alla sua morte ed al crollo del terzo Reich nel maggio del 1945. Goebbels, malgrado la sua incondizionata devozione a Hitler, come nota Peter Longerich nel libro “Goebbels. Una biografia”, Einaudi 2016, rimase però sempre marginale nelle decisioni più strategiche del regime nazista, come nel caso del patto Ribbentrop-Molotov del 1939 o della invasione della Russia (operazione Barbarossa), della quale ne venne a conoscenza pochi giorni prima dell’attacco del 22 giugno 1941.

E’ interessante seguire il percorso ferocemente antisemita e la fede cieca ed assoluta nel Führer nei discorsi di Goebbels con un breve accenno, ma già molto indicativo del suo sentire, ad un messaggio del 1935 per poi saltare agli anni del secondo conflitto mondiale ed alla sua conclusione. Nel settembre del 1935 dice: “Mentre il Nazionalsocialismo ha prodotto una nuova forma culturale all’interno della tradizione europea, il Bolscevismo rappresenta la dichiarazione di guerra, a livello internazionale, contro il concetto stesso di cultura, da parte di popolazioni subumane guidate dagli Ebrei. Ciò significa, nelle sue conseguenze estreme, la distruzione totale di tutti i progressi conseguiti dalla civiltà occidentale – economici, sociali, politici, culturali e civili – a vantaggio di una cricca internazionale di cospiratori, senza scrupoli e nomade, che ha trovato il proprio rappresentante principale nell’Ebraismo”. Sono ben evidenti i due concetti base della politica nazionalsocialista: antisemitismo ed antibolscevismo che si integrano data la connessione, secondo il credo nazista, tra semitismo e bolscevismo.
Il 18 febbraio 1943 Goebbels tiene un infuocato Discorso sulla Guerra allo Sportpalast di Berlino, pochi giorni dopo la disfatta di Stalingrado culminata nella resa firmata dal Feldmaresciallo Von Paulus il 2 febbraio 1943 contravvenendo agli ordini del Führer di resistere fino alla morte di ogni soldato, dopo che le perdite dall’inizio della battaglia il 23 agosto 1942 avevano causato alle forze dell’Asse oltre un milione di vittime tra morti, feriti, dispersi e prigionieri. Nel suo violento e prolisso sermone incita alla “guerra totale” presentando la Germania come il fondamentale baluardo contro l’Unione Sovietica, ed addita gli ebrei, per i quali era già incominciato lo sterminio su larga scala, come responsabili della difficile situazione, ed infine si affida a Hitler. Ne riportiamo tre brevi passaggi: “La tragica battaglia di Stalingrado è un simbolo dell’eroica, virile resistenza alla rivolta delle steppe. Essa, per il popolo tedesco, ha un significato non soltanto militare, ma anche intellettuale e spirituale. Là i nostri occhi sono stati aperti sulla vera natura della guerra. Noi non vogliamo ulteriori false speranze e illusioni. Vogliamo guardare coraggiosamente in faccia i fatti, per quanto duri e spaventosi possano essere. La storia del nostro Partito e del nostro Stato prova che un pericolo riconosciuto è un pericolo sconfitto. // Oggi sappiamo che la Blitzkrieg in Polonia e la Campagna in Occidente hanno solo limitato il senso della battaglia ad Est. La Nazione tedesca sta combattendo per tutto ciò che ha. Sappiamo che il popolo tedesco sta difendendo i suoi beni più sacri: le proprie famiglie, donne e bambini, la campagna magnifica e intatta, le proprie città e i villaggi, i duemila anni della propria cultura. // In Russia i terroristi ebrei hanno 200 milioni di persone che li servono. Noi supereremo i principali problemi di questa fase della guerra con animi ardenti e mente fredda. Siamo sulla strada della vittoria finale. Questa vittoria si basa nella nostra fede nel Führer. // Il Führer ha ordinato e noi lo seguiremo. In quest’ora di riflessione e meditazione nazionali, noi crediamo saldamente e incrollabilmente nella vittoria. La vediamo davanti a noi, dobbiamo solo afferrarla. Dobbiamo risolverci a subordinargli ogni cosa. Questo è il dovere di quest’ora. Che lo slogan sia: Ora, popolo sorgi, tempesta scatenati!”.

Un altro interessante discorso di Goebbels è quello tenuto a Görlitz, in Sassonia, il 10 marzo 1945 con la Germania sull’orlo del collasso, davanti a migliaia di soldati, uomini della Volksturm e della Hitler Jugend, pubblicato sotto forma di estratti sull’edizione Viennese del Völkischer Beobachter dell’11 marzo 1945 col titolo “So werden wir die Sowjets schlagen!” (Così batteremo i Sovietici). Accenna agli orrori compiuti dai soldati russi su donne e bambini e spiega che “lo shock che ci colpì all'inizio non ci spaventa più e invece del panico che l'odiato nemico spera di diffondere tra noi, oggi incontra solo il desiderio unanime di centinaia di migliaia di soldati sul fronte orientale: sconfiggete i bolscevichi ovunque li incontriate. // Se non vogliamo vendere le nostre vite e quelle del nostro popolo, ora e per sempre, al prezzo più basso, dobbiamo restare tutti al nostro posto e combattere fanaticamente, sia a est che a ovest, o sul fronte interno”. Conclude con un accorato appello ai presenti dove i toni di sicura vittoria appaiono alquanto dimessi: “Non indebolirti e non lasciare che il tuo cuore tema. Il nemico può essere sconfitto e noi lo abbiamo battuto abbastanza spesso. Dobbiamo superare la superiorità materiale del nemico con la superiorità del nostro cuore e la nostra fermezza. // Non possiamo rinunciare ad un solo centimetro di suolo tedesco senza causare una pesante perdita di sangue. Dobbiamo combattere il nemico nei campi, nelle foreste, nelle città, in ogni strada e in ogni casa, finché gli oceani di sangue che ha versato in questa battaglia non lo renderanno incapace di continuare. Allora verrà l'ora del nostro trionfo. La storia ci garantirà la vittoria che tutti abbiamo guadagnato”.

La Germania è oramai prossima alla disfatta totale, ma Goebbels il 23 marzo 1945 in uno dei suoi più accesi e fanatici discorsi, noto come “discorso Werwolf” (lupo mannaro) invita ancora alla guerra ad oltranza, alla morte piuttosto che alla resa: “I raids terroristici hanno distrutto le nostre città. Le donne ed i bambini che muoiono lungo il Reno ci hanno insegnato ad odiare. Il sangue e le lacrime dei nostri uomini massacrati, delle spose oltraggiate, dei bambini uccisi nelle aree occupate dai rossi gridano vendetta. Coloro che sono nel Werwolf dichiarano in questo proclama la loro ferma e risoluta decisione di restare fedeli al loro giuramento, di non arrendersi mai al nemico anche se stiamo soffrendo in condizioni spaventose e possediamo solo risorse limitate. Disprezziamo i confort borghesi, resistiamo, lottiamo, facciamo fronte con onore alla possibile morte, torneremo a vincere uccidendo chi avrà attentato alla nostra stirpe. Ogni mezzo è giustificato se apporta danni al nemico. // Odio è la nostra preghiera. Rivincita è il nostro grido di battaglia.

Le unità di combattimento Werwolf, create da Himmler alla fine del 1944, costituite in buona parte da ragazzi della Hitler-Jugend essendo la maggior parte dei soldati al fronte, dovevano operare clandestinamente con atti di sabotaggio e guerriglia dietro le linee nemiche oramai penetrate dentro il territorio del Reich. Le squadre erano addestrate da Otto Skorzeny, l’ufficiale delle SS che aveva liberato Mussolini dalla prigione sul Gran Sasso nel settembre del 1943. Dal 1° aprile, sempre per volontà di Goebbels, inizia a trasmettere Radio Werwolf, che per non smentire il nome, ha come sigla d’inizio l’ululato di un lupo.

L’ultimo discorso in pubblico di Goebbels è del 19 aprile 1945 a Berlino. I toni sono apocalittici: l’umanità se la “via” nazista crollasse, si troverebbe in una situazione miserabile e tragica: “Se i nostri nemici impongono la loro volontà, l'umanità naufragherà in un mare di sangue e lacrime. Ci saranno guerre e più che mai le guerre si succederanno. Gli uomini si uccideranno per possedere di più. // La plutocrazia naufragherà in una disperata corsa per concedere lussi ad una umanità corrotta per comodità e infine termineranno non potendo dar da vivere ad una popolazione che diverrà sempre più numerosa. E venderà al Bolscevismo le stesse medesime false soluzioni che offrirono a noi. // Coloro che vogliono migliorare questo mondo decadente dovranno capire che vi è una terza via che è la nostra. // Non vi dovrete fermare per il disordine tumultuoso che rinascerà nel mondo intero; le bugie cadranno un giorno per il loro stesso peso e la verità trionferà di nuovo. // E saranno combattuti e traditi come allo stesso modo lo fummo anche noi. Ma alla fine, Vinceremo! Perché il giusto e la verità trionfano sempre sopra questo mondo”.

Il giorno dopo, nel Führerbunker a Berlino, tiene il discorso annuale per il compleanno di Hitler, che viene festeggiato con i più alti gerarchi alla presenza di un Hitler di 56 anni che ha ben poco da festeggiare. Anche Goebbels ha ben poco da proporre per dare una qualche speranza di vittoria, non gli resta da dire che senza il Führer le cose sarebbero andate ben peggio e concludere affermando che “noi sentiamo Hitler dentro di noi ed al nostro fianco”. Ecco una breve raccolta di affermazioni del lungo discorso: “Nel momento della guerra in cui – così sembra – tutte le forze dell’odio e della distruzione si sono riunite ancora una volta, forse per l’ultima volta, a ovest, est, sud-est e sud, cercando di sfondare il nostro fronte e dare il colpo mortale al Reich, alla vigilia del 20 aprile parlo ancora una volta al popolo tedesco del Führer, come ho fatto ogni anno dal 1933. // Mai prima d’ora la situazione era stata così sul filo del rasoio, mai prima d’ora il popolo tedesco aveva dovuto difendere la propria vita in un pericolo così enorme, mai prima d’ora il Reich aveva dovuto attingere alle sue ultime forze per proteggere se stesso minacciato. // Sono al suo fianco oggi mentre il destino sfida lui e il suo popolo con la sua ultima, più severa prova. Sono fiducioso che il destino donerà a lui e al suo popolo la corona d'alloro della vittoria. Se la Germania vive ancora, se l’Europa e il mondo civilizzato non sono ancora caduti nell’oscuro abisso che incombe davanti a noi, lo dobbiamo solo a lui. // La cultura più splendente che la terra abbia mai visto sprofonda in rovine e lascia solo il ricordo della grandezza di un'epoca distrutta dai poteri satanici. I nostri nemici sostengono che i soldati del Führer marciarono come conquistatori attraverso le terre d’Europa, ma ovunque arrivarono portarono prosperità e felicità, pace, ordine, condizioni affidabili, abbondanza di lavoro e quindi una vita dignitosa. I nostri nemici sostengono che i loro soldati siano venuti nelle stesse terre dei liberatori, ma ovunque vadano c’è povertà e miseria, caos, devastazione e distruzione, disoccupazione, fame e morte di massa. E ciò che resta della loro cosiddetta libertà è una vita che nessuno oserebbe definire dignitosa anche negli angoli più bui dell’Africa”. Poi torna alla “laudatio” di Hitler che “ si oppone alle fantasie di distruzione ebraico-plutocratico-bolscevica. Ecco un uomo, sicuro di sé, dotato di una volontà chiara e ferma, contro l'innaturale coalizione di statisti nemici che sono solo i lacchè e gli strumenti di questa cospirazione mondiale. // La guerra è prossima alla fine. La follia che le potenze nemiche hanno scatenato sull’umanità ha oltrepassato ogni limite. Il mondo intero prova solo vergogna e disgusto. La perversa coalizione tra plutocrazia e bolscevismo sta crollando. // Nel giro di pochi anni dopo la guerra, la Germania prospererà come mai prima. I suoi paesaggi e le sue province in rovina saranno riempiti di città e villaggi nuovi e più belli in cui vivranno persone felici. Tutta l’Europa condividerà questa prosperità. // Se il mondo è ancora in vita, e non solo il nostro mondo ma tutto il resto, chi dobbiamo ringraziare se non il Führer? // Mai la storia registrerà che in questi giorni un popolo abbia abbandonato il suo Führer o che un Führer abbia abbandonato il suo popolo. E questa è la vittoria. Questa sera abbiamo spesso augurato al Führer momenti felici. Oggi, in mezzo alla sofferenza e al pericolo, il nostro saluto è molto più profondo. Possa lui rimanere quello che è per noi e che è sempre stato: il nostro Hitler!

I russi sono ormai alle porte di Berlino, Goebbels sposta il suo ufficio nella Flaktürm Zoogarten; il 21 aprile manda il suo ultimo messaggio ai berlinesi prima di spostarsi, il giorno dopo, dentro il Führerbunker dove dieci giorni dopo si suiciderà con tutta la famiglia. Il messaggio è oggettivo sulla situazione della capitale ma diventa patetico nel finale che parla di difesa vincente di Berlino e di un prossimo futuro felice. “Miei concittadini berlinesi! Domenica scorsa i bolscevichi hanno iniziato la loro grande offensiva sul fronte dell’Oder. Berlino è il loro obiettivo. La conquista della capitale del Reich dovrebbe dare a Stalin un'importante moneta di scambio nel gioco politico degli alleati. Pertanto, la battaglia per la capitale del Reich è diventata una battaglia per la Germania e l’Europa.// Difensori di Berlino! Gli occhi delle vostre mogli, madri e figli sono puntati su di voi. Vi hanno affidato la loro vita, la loro fortuna, la loro salute e il loro futuro. Adesso conoscete il vostro compito e so che lo svolgerete in modo esemplare. // Inutile dire che resterò a Berlino con il mio staff. Anche mia moglie e i miei figli sono qui e rimarranno qui. //. Sulle mura della nostra città la tempesta mongola deve arrestarsi e si spegnerà. // Con fanatica volontà, non permetteremo che la capitale del Reich cada nelle mani dei bolscevichi, siamo schierati ed uniti per lottare e lavorare. Il nostro obiettivo è la libertà del nostro popolo e un regno di giustizia sociale in un futuro felice e imminente”.

Il 28 aprile 1945 Goebbels scrive una lettera di addio al figliastro Harald, figlio di primo letto della moglie Magda, che, arruolato nella Luftwaffe, era stato catturato dagli alleati in Italia nel 1944. Questa lettera, insieme a quella di Magda al figlio, una di Eva Braun, ed un paio di messaggi ad alti ufficiali della Wehrmacht furono affidati al famoso pilota Hanna Reitsch ed al suo compagno generale Ritter von Greim che erano stati convocati dal Führer al bunker per la nomina di Von Greim a Capo della Luftwaffe al posto del “traditore” Göring. I due aviatori tentano, senza successo, di convincere Hitler a fuggire con loro in Baviera e di portare via i sei figli di Goebbels; lasciano il bunker alla fine di aprile, cadono nelle mani degli alleati a cui consegnano le due lettere dei coniugi Goebbels dopo avere distrutto gli altri messaggi. Nella lettera di Goebbels appare evidente l’ambizione di consegnarsi ai posteri come uomo integerrimo disposto al sacrificio. Eccone alcuni stralci: “Caro Harald, siamo rinchiusi nel Führerbunker della Cancelleria del Reich e stiamo lottando per la nostra vita e il nostro onore. Come finirà questa lotta, Dio solo lo sa, ma so che finirà per noi con onore e gloria, vivi o morti. Non credo che ci rivedremo più. Queste saranno le ultime parole che riceverai da me. // La Germania sopravviverà a questa guerra, ma solo se il nostro popolo avrà degli esempi che lo guideranno e questo è l'esempio che vogliamo dare. // Nel futuro avrete una sola missione: essere degni del grande sacrificio che siamo disposti a fare. So che lo farai. //. Un giorno, le bugie cadranno sotto il loro stesso peso e la verità trionferà su di loro. Verrà l'ora in cui saremo soprattutto puri e senza colpe, come lo furono la nostra fede e il nostro compito. Addio caro Harald!! Se ci incontreremo di nuovo, dipende da Dio. Se così non fosse, sarò sempre fiero di essere appartenuto ad una famiglia che, anche nelle avversità, e fino all'ultimo momento, è stata fedele al Führer e alla sua causa pura e santa”.

Ancora più fanaticamente prona al nazismo ed a Hitler appare Magda nella lettera al figlio di cui riportiamo solo qualche stralcio: “Figlio mio adorato! Siamo nel Führerbunker già da sei giorni, papà, i tuoi sei fratellini e sorelline ed io, nell’intento di dare alle nostre vite nazionalsocialiste l’unica possibile onorevole conclusione. // Il nostro glorioso ideale è andato in rovina e con esso tutto ciò che di bello e meraviglioso ho conosciuto nella mia vita. Il mondo che verrà dopo il Führer e il nazionalsocialismo non è più degno di essere vissuto e quindi porterò i bambini con me, perché sono troppo buoni per la vita che li attenderebbe: un Dio misericordioso mi capirà quando darò loro la salvezza. // Ieri sera, il Führer si è tolto la spilla d’oro del partito e me l’ha appuntata. Sono fiera e felice. Possa Dio aiutarmi a trovare la forza di superare la prova finale e più difficile. Ci resta un solo obiettivo: la lealtà verso il Führer anche nella morte. // Ti stringo al mio cuore con il più tenero e profondo amore materno. Figlio mio adorato, vivi per la Germania! Tua madre.

Adolf Hitler si suicida alle 15,30 del 30 aprile 1945 quando le truppe sovietiche sono alle porte del bunker. Nel suo testamento politico, dettato alla fida segretaria Traudl Junge il 29 aprile e concluso con la seguente frase “Soprattutto incarico i leader della nazione e quelli al loro comando di rispettare scrupolosamente le leggi sulla razza e di opporsi spietatamente agli avvelenatori di tutti i popoli, il giudaismo internazionale”, nomina presidente del Reich l’ammiraglio Karl Dönitz e cancelliere Joseph Goebbels. Il cancellierato di Goebbels dura solo 30 ore nelle quali tratta febbrilmente anche con i sovietici per proporre una tregua, ma lo scaltro generale russo Ciuikov non abbocca. Il neo cancelliere si suicida la sera del primo maggio insieme alla moglie dopo avere prima narcotizzato e poi avvelenato col cianuro i sei figli. Nel suo ultimo scritto, posto come appendice al testamento politico di Hitler, si scusa per non obbedire al Führer e riafferma ancora una volta che senza di lui la vita non ha più alcun senso. Eccone degli stralci: “Il Führer mi ha ordinato di lasciare Berlino se dovesse crollare la difesa della capitale del Reich e di prendere parte come membro dirigente di un governo da lui nominato. Per la prima volta nella mia vita devo rifiutarmi categoricamente di obbedire ad un ordine del Führer. // Nell’incubo di tradimento che circonda il Führer in questo giorni cruciali della guerra, devono esserci almeno alcune persone che restino con lui incondizionatamente fino alla morte. // Credo di rendere così il miglior servizio al futuro del popolo tedesco. Nei tempi futuri gli esempi saranno più importanti degli uomini. // Per questo motivo, insieme a mia moglie, e a nome dei miei figli, che sono troppo piccoli per poter parlare da soli ma che, se fossero sufficientemente grandi, sarebbero d'accordo con questa decisione senza riserve, esprimo la mia ferma decisione di non lasciare la capitale del Reich anche se dovesse cadere e di porre fine, al fianco del Führer, ad una vita che per me personalmente non avrà più valore se non potrò trascorrerla al servizio del Führer e al suo fianco. Berlino 29 aprile 45... 5:30”.

Il 7 maggio 1945 la Germania firma la resa incondizionata ed il cosiddetto Governo di Flensburg costituitosi dopo il suicidio di Goebbels, sarà sciolto dagli alleati il 23 maggio 1945 con l’arresto del presidente Dönitz e dei suoi ministri.


Nell'immagine, La famiglia Goebbels al completo. Vi appare anche il figliastro Harald, ufficiale della Luftwaffe.

Documento inserito il: 05/11/2023
  • TAG: Adolf Hitler, Joseph Goebbels, nazismo, terzo reich,

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