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L’espansione romana nel Lazio e nell’Italia

del prof. Giovanni Pellegrino


La giovane repubblica di Roma ebbe notevoli problemi all’inizio della sua storia.
Infatti, per tutto il V secolo e per una buona parte del IV secolo a.C. i romani furono coinvolti in una serie di guerre contro i popoli vicini.
Roma uscì da questo difficile periodo a testa alta diventando la potenza dominante nel Lazio.
Inoltre i romani furono in grado di dare origine a un notevolissimo movimento di espansione.
Un primo conflitto tra Roma e le popolazioni latine che si erano riunite in una lega concluse nel 496 a.C. con la battaglia del lago Regillo presso Frascati.
Dopo tale battaglia si arrivò a un trattato di alleanza, il Foedus Cassianum, dal nome del console Spurio Cassio che lo stipulò.
Si trattava di un trattato in sostanza paritario, nel quale i romani e latini si impegnavano a difendersi reciprocamente in caso di pericolo esterno.
Seguì la vera e propria guerra di conquista che Roma scatenò contro alcune città etrusche come Veio, importante per il controllo del Tevere.
Nel 396 a.C. Veio fu distrutta i suoi abitanti trucidati e il suo territorio fu annesso a quello romano.
La conquista di Veio aveva pressoché raddoppiato i possedimenti di Roma.
Ma pochi anni dopo la ancora debole potenza romana fu messa in serio pericolo dai galli, come i romani chiamavano i celti, spintisi fino alla costa adriatica.
I celti, calati dalle Alpi, avevano occupato progressivamente i territori etruschi della pianura padana spingendosi fino alla costa adriatica delle attuali Marche.
Il 18 luglio del 390 a.C. vi fu un giorno ricordato dai romani come il più catastrofico della loro storia. Infatti, in tale giorno un gruppo di galli senoni guidati da Brenno, sbaragliò l’esercito dei romani e dei latini presso la confluenza del fiume Allia con il Tevere a 16 km da Roma.
La città abbandonata dalla popolazione fu occupata e saccheggiata dai galli che la restituirono ai romani solo dietro pagamento di un notevole riscatto in oro.
Ma i problemi non finirono qui per i romani, dal momento che la bruciante sconfitta subita ad opera dei galli indebolì Roma e rese aggressivi i popoli vicini come i latini e i volsci.
Solo nel 358 a.C. Roma riuscì a dominarne la ribellione portando sotto il proprio controllo un territorio corrispondente all’incirca all’attuale Lazio. La progressiva espansione romana suscitò però la diffidenza della potente federazione sannitica, che raccoglieva le bellicose tribù dei sanniti, un popolo stanziato nel Sannio.
L’occasione del conflitto tra romani e sanniti che aveva dunque come posta l’egemonia sull’Italia centrale, fu offerta dalla richiesta di aiuto rivolta a Roma nel 343 a.C. dalle città campane di Capua e di Teano, minacciate dai sanniti.
Questa prima guerra si concluse con un nulla di fatto e con la stipulazione di un provvisorio patto di alleanza tra romani e sanniti.
Ma nel tempo le città latine, timorose di venire schiacciate tra le due potenze, costituirono una coalizione antiromana alla quale parteciparono anche altre popolazioni, come i volsci.
Ne derivò una guerra, detta guerra latina, che durò dal 340 al 338 a.C.
I romani pur messi a dura prova ne uscirono vincitori, tanto che la lega latina fu sciolta e le città latine vennero costrette a trattati di alleanza con Roma o direttamente inglobate nei suoi domini. Di conseguenza lo stato romano raddoppiò il suo territorio.
Roma aggiungeva così al al suo dominio il Lazio e la pianura campana.
Questo successo riaccese tuttavia il conflitto con i sanniti.
La seconda fase del conflitto con i sanniti fu aspra e lunga (dal 326 al 304 a.C.) I sanniti abili nello sfruttare l’ambiente montuoso favorevole ad agguati e alla guerriglia, inflissero ai romani la pesante sconfitta delle Forche Caudine nel 321 a.C.
Accerchiati nella gola di Caudio, presso l’attuale Benevento, i romani furono costretti ad arrendersi e a subire l’umiliazione del passaggio sotto un gioco di lance tra lo scherno dei nemici.
Tuttavia i romani reagirono alla sconfitta con intelligenza: sul piano militare strutturarono le legioni in manipoli, gruppi più piccoli di soldati in grado di muoversi e agire con rapidità nell’accidentato territorio appenninico.
Sul piano politico essi iniziarono ad accerchiare il nemico stringendo alleanze con le popolazioni insediate ai margini del Sannio.
I risultati furono positivi cosi che dopo una serie di sconfitte, nel 304 i sanniti dovettero chiedere la pace riconoscendo di fatto l’influenza romana in Campania.
Tuttavia le ostilità ripresero pochi anni dopo su scala più ampia, poiché i sanniti riuscirono a raccogliere sotto il loro comando un insieme di popoli interessati a contrastare l’espansionismo romano.
Contro questa coalizione formata da sanniti, etruschi, galli e umbri, Roma ottenne una importante vittoria nel 295 a Sentino costringendo i sanniti ad arrendersi nel 290 a.C.
Dopo tale evento vi fu un ulteriore espansione romana. Infatti essi riuscirono a sconfiggere a più riprese i galli boi e senoni assumendo il controllo di importanti città come Senigallia Fermo e Rimini.
Alla fine delle guerre sannitiche il territorio di Roma si estendeva a tutta l’Italia centrale.
Roma era diventata una potenza regionale nella cui politica le esigenze di difesa si univano indissolubilmente a quelle di espansione. In ultima analisi Roma combatteva, estendeva il suo territorio, interveniva in difesa di città che chiedevano il suo aiuto e facevano nuove conquiste.
Pertanto, quando alcune città greche dell’Italia meridionale chiesero presidi militari romani per difendersi dalle mira di conquista dei popoli vicini, Roma decise di accettare tali richieste, in quanto ormai i suoi interessi gravitavano verso l’Italia meridionale.
Questa politica attuata da Roma la mise in conflitto con Taranto, antica colonia spartana nonché la più potente città della Magna Grecia.
Nel 282 i tarantini affondarono alcune navi romane nel golfo di Taranto e tale fatto diede inizio alla guerra.
Taranto, che come la gran parte delle città commerciali non aveva un esercito proprio, chiese aiuto a Pirro re dell’Epiro, una regione montuosa della Grecia settentrionale.
Pirro spinto dall’ambizione di costituire uno stato greco nell’Italia meridionale, sbarcò in Italia nella primavera del 280 a.C.
Dobbiamo dire che fino a quel momento i romani avevano combattuto contro popoli bellicosi ma piuttosto rozzi dal punto di vista militare. Ora invece dovevano combattere contro un sovrano ellenistico che ben conosceva l’arte militare greca.
L’abilità strategica di Pirro unita all’impiego in battaglia degli elefanti, sconosciuti ai romani, diede ai tarantini la vittoria di Eraclea nel 280 a.C. e quella di Ascoli Satriano in Puglia l’anno successivo. Ma furono vittorie non risolutive, tanto che ancora oggi diciamo “vittorie di Pirro” per indicare vittorie effimere.
Roma rifiutò le proposte di pace di Pirro, sconfiggendolo a Malevento che venne poi chiamata Benevento dopo la vittoria romana.
Ritornato Pirro in Epiro le città greche, compresa Taranto, furono costrette ad accettare l’alleanza con Roma: la Calabria e l’intera Puglia caddero così sotto il controllo romano.
Roma in tal modo giunse nei primi decenni del III secolo a.C. a controllare un territorio che si estendeva tra Rimini fino allo stretto di Messina.


Nell'immagine, l'episodio delle forche Caudine, nel corso della seconda guerra tra romani e sanniti.

Documento inserito il: 16/01/2024
  • TAG: galli, celti, pirro, etruschi, lazio, sanniti, umbri, volsci, latini, italia preromana, veio

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