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L’origine dell’antica scrittura europea [ di Yuri Leveratto ]

L’origine dell’antica scrittura europea e le sue similitudini con gli arcaici segni ritrovati in Sud America.

Una delle caratteristiche della civiltà, oltre all’utilizzo stabile dell’agricoltura, è l’invenzione della scrittura.
La differenza tra i pittogrammi, i petroglifi e la scrittura, è che mentre i primi due rappresentano esseri umani, animali o cose, con la scrittura l’uomo è riuscito a rappresentare in forma duratura delle idee, dei concetti.
La storia accademica associa l’avvento della prima civiltà ufficiale, quella dei Sumeri, con l’apparizione della scrittura, approssimativamente 30 secoli prima di Cristo.
Sono vari però i ritrovamenti d’arcaici sistemi di numerazione e antiche tavolette d’argilla, dove vi sono rappresentati segni, che potrebbero essere ancora più remote di quelle sumere.
Innanzitutto bisogna ricordare gli antichi sistemi di numerazione e annotazione, come l’osso di Ishango, ritrovato in Africa, l’osso di Blanchard o i segni incisi nell’osso d’aquila di Le Placard. Alcuni di questi sistemi di numerazione risalgono ad addirittura 30 millenni or sono, ma non possono essere considerati come forme di scrittura.
I glifi ritrovati nelle tavolette di Vinca e Tartaria invece sono riconosciuti come la prima forma di scrittura, antecedenti quindi a quelli dei Sumeri.
Nel 1908 l’archeologo Miloje Vasic portò alla luce varie tavolette d’argilla con iscrizioni sconosciute nella località di Vinca, nelle vicinanze di Belgrado (Serbia). Con la prova del radiocarbonio le tavolette di Vinca sono state datate dal 2500 al 2000 a.C.
In seguito, nel 1961, l’archeologo Nicolae Vlassa scoprì tre tavolette d’argilla con iscrizioni antiche simili alla scrittura dei Sumeri, ma più arcaiche, nelle vicinanze del paesello di Tartaria, in Romania. La prova del radiocarbonio ha dato un risultato sorprendente: 3500 anni prima di Cristo, ovvero un millennio più antiche delle tavolette ritrovate nell’attuale Irak, classificabili all’interno della civiltà dei Sumeri.
I simboli delle tavolette d’argilla sono in generale astratti, con croci, svastiche o linee, ma a volte sono zoomorfi o antropomorfi.
Alcuni segni richiamano a simboli neolitici che sono presenti anche negli ideogrammi cinesi, nel cuineiforme sumero e nei geroglifici egizi, e questo sembra essere spiegato con il fatto che quei simboli si originarono in epoche ancora più arcaiche, ed hanno forse a che fare con il sorgere del nostratico, l’antica proto-lingua (forse solo parlata), che si originò con l’avvento dell’Homo Sapiens.
La teoria dominante per spiegare i segni di Vinca e Tartaria, siccome non sono stati decifrati, è che fossero usati per motivi rituali e legati ai cicli agricoli. Secondo un’altra teoria i simboli Vinca e Tartaria erano usati per numerare, ossia per tenere il conto di particolari eventi, come i giorni delle fasi lunari o la consistenza del bestiame.
Secondo Maria Gimbutas (1921-1994), i creatori della scrittura Vinca e Tartaria erano i discendenti degli indo-europei, e dominarono i Balcani a partire dal 4000 a.C. con una società fondata sul culto della Dea-Madre.
Dopo aver analizzato le tavolette di Tartaria e Vinca risulta evidente che la scrittura sorse in Europa almeno un millennio prima rispetto al mondo medio-orientale e, cosa ancora più incredibile, senza apparente influenza asiatica.
Vi sono poi i segni di Glozel (Francia), che hanno suscitato moltissime polemiche nell’ambito archeologico.
Il sito archeologico, che fu portato alla luce nel 1924 da Emile Fradin, è stato individuato come risalente al Neolitico.
Il centinaio di tavolette d’argilla ritrovate a Glozel, che riportano segni simili a quelli delle tavolette di Tartaria, sono state però datate come appartenenti ad un’epoca differente, situata tra il 300 B.C. e il 300 A.D. (periodo Celtico).
Secondo Pierre Carnac, nel suo libro “La storia comincia a Bimini”, le antiche tavolette d’argilla che riportano segni che richiamano ad un arcaico alfabeto, non decifrato a tutt’oggi, sarebbero state ritrovate anche a Alvao (Portogallo), Bunesti (Romania), Petra Frisgiada (Corsica), Puygravel (Francia), e nella catena montuosa dell’Atlante (Marocco). Pierre Carnac fa poi delle comparazioni con alcuni segni (pittogrammi e petroglifi), ritrovati in alcuni siti archeologici del Sud America, che ho avuto la possibilità di studiare in questi anni.
In particolare Carnac si riferisce alla somiglianza dei glifi di Glozel con i petroglifi di San Agustin (Colombia) e con i pittogrammi della Pedra Pintada (Roraima, Brasile).
Sempre secondo Carnac nella Pedra Pintada vi sarebbero 43 segni dei 111 di Glozel.
Carnac assimila anche i segni del Manoscritto 512 ai glifi di Glozel che a loro volta deriverebbero da quelli di Tartaria. Secondo lui almeno 20 segni del Manoscritto 512 sarebbero identici a quelli di Glozel.
Secondo Carnac, vi sono delle similitudini tra l’antica scrittura europea (Tartaria e Vinca), le tavolette di Glozel, e alcuni glifi che sono stati rappresentati in forma pittografica o di petroglifi in Sud America.
In particolare per Carnac i glifi che i bandeirantes portoghesi della spedizione del 1753, riportarono nel Manoscritto 512, dopo averli visti presso un’enigmatica città in rovine nell’interno del Brasile, avrebbero origine da viaggi transoceanici che fecero alcuni popoli indoeuropei intorno al 3000 a.C.
Per lui questi popoli potrebbero essere stati dei megalitici stanziati inizialmente nei Balcani i cui discendenti potrebbero essere stati i Cari (che vivevano nell’attuale Turchia meridionale) o i Pelasgi.


Nell'immagine gli strani segni del "Manoscritto 512"
Documento inserito il: 18/12/2014

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