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Il modello democratico ateniese della polis

del Prof. Giovanni Pellegrino


Atene e Sparta sono le due polis greche più importanti, ma esse incarnano due modelli politici alternativi e spesso in conflitto: in Atene si realizzò una democrazia fondata sulla partecipazione del popolo alla vita politica, mentre a Sparta si realizzò un’oligarchia.
Come molte altre polis a partire dalla metà del IX secolo a.C., anche Atene passò gradualmente da un regime monarchico a un regime aristocratico cioè dal potere del re a quello delle grandi famiglie nobiliari.
Alla fine del VII secolo a.C. il governo era esercitato da nove arconti che svolgevano le funzioni politico religiose spettanti al re. Esaurito il loro mandato, gli arconti entravano a far parte dell’areopago, il tribunale supremo della città.
Anche Atene visse duri scontri politici al suo interno sia tra le famiglie nobili in lotta per il potere, sia tra l’aristocrazia e il demos.
Per cercare di ridurre tali conflitti si fece ricorso ai legislatori: prima Dracone intorno al 624 a.C., che abolì la vendetta privata per i delitti di sangue sottoponendoli al giudizio dei magistrati cittadini, successivamente Solone, che nel 594 a.C. introdusse importanti riforme.
Solone abolì la legge più odiata dal demos, che prevedeva la schiavitù per i debitori insolventi, ed inoltre obbligò i nobili a restituire le terre sottratte ai contadini che non avevano potuto pagare i propri debiti. Ma soprattutto egli divise la popolazione in quattro classi sulla base del reddito.
Solo i membri delle prime due classi, i più ricchi, potevano accedere alle massime cariche dello stato, mentre la classe dei lavoratori salariali, detti teti, non aveva alcun potere politico.
Tutti i cittadini potevano però fare parte dell’assemblea e dell’eliea, il tribunale popolare.
Non vi era dunque nella costituzione di Solone eguaglianza politica. Si trattava infatti di una costituzione censitaria in cui i diritti politici erano commisurati al reddito di ogni cittadino.
Tuttavia, tale riforma riduceva i privilegi degli aristocratici e rompeva la statica divisione tra nobili e non nobili, dal momento che anche chi non era nobile poteva salire nella scala sociale aumentando il proprio reddito.
Tuttavia la riforma di Solone non pacificò la città che anzi, precipitò in una fase di conflitti ancora più aspri con momenti di vera e propria anarchia.
Ne approfittò Pisistrato che conquistò il potere nel 546 a.C. mantenendolo fino alla morte nel 528 a.C..
La tirannide di Pisistrato non ebbe nulla di eccessivo o di sanguinario. Abile ed equilibrato, assicurò ad Atene una fase di pace e di sviluppo. Egli si appoggiò al popolo, ma non sconvolse gli ordinamenti dati alla città da Solone. Aiutò la piccola proprietà terriera ed i contadini poveri, promosse lo sviluppo edilizio della città con un vasto programma di opere pubbliche, ed inoltre diede impulso all’artigianato e favorì i commerci, estendendo l’influenza ateniese nell’Egeo e nel mar Nero.
Tra l’altro fece di Atene un importante centro culturale e diede ospitalità ai più importanti poeti.
Nel 528 a.C. a Pisistrato succedette il figlio Ippia, che però inasprì il governo tirannico fino a suscitare la reazione dell’aristocrazia, che nel 511 a.C. lo espulse dalla città. Finiva così la tirannide durata circa cinquant’anni anni.
Questa fase ebbe grande importanza nella storia della città sia perché ne accrebbe la potenza economica e il prestigio culturale, sia perché favorì lo sviluppo dei nuovi ceti sociali urbani.
Tuttavia, la vera e propria svolta nell’evoluzione politica di Atene si ebbe nel 508, quando l’arconte Clistene varò una riforma politico istituzionale così profonda da gettare le basi della democrazia ateniese.
Il cuore della riforma di Clistene fu una nuova ripartizione della popolazione dell’Attica. Infatti, Clistene sostituì alle precedenti quattro tribù gentilizie fondate sulla nascita, dieci nuove tribù formate su base territoriale.
Questa riforma, riorganizzando e mescolando tutta la popolazione, ridusse di molto l’influenza delle grandi famiglie aristocratiche.
A questa riforma amministrativa, Clistene affiancò una riforma costituzionale che disegnò in modo gran parte nuovo le istituzioni della polis.
Cardine di questa riforma fu l’ampliamento delle competenze dell’assemblea per accrescere il potere decisionale dei cittadini, ed il sorteggio, la rotazione annuale e la collegialità delle cariche pubbliche per garantire la partecipazione popolare al governo.
Inoltre Clistene diede grande importanza al controllo dell’operato di chi ricopriva cariche pubbliche.
Prenderemo ora in considerazione le principali istituzioni della democrazia ateniese come essa venne definendosi dopo Clistene nel corso del V secolo a.C.
I cardini della democrazia ateniese dopo Clistene erano: l’assemblea popolare, l’abulè, le magistrature, i tribunali, l’ostracismo e la remunerazione delle cariche pubbliche.
Per quanto riguarda l’assemblea popolare, essa era aperta a tutti i cittadini sopra i venti anni di qualunque estrazione sociale. L’assemblea popolare rappresentava il supremo organo decisionale della città ed il fondamento della democrazia ateniese. Discuteva e approvava o respingeva le proposte di legge e prendeva tutte le decisioni fondamentali nella vita della città.
Eleggeva i cittadini che avrebbero ricoperto le cariche pubbliche e ne esaminava l’operato alla fine del loro mandato.
Ogni cittadino poteva intervenire all’assemblea proponendo mozioni emendamenti o leggi. Il voto avveniva o per alzata di mano o, in casi particolari, in forma segreta.
Il diritto di parola, cardine della democrazia assembleare, era riconosciuto a tutti salvo a chi si era macchiato di dignità molto gravi.
All’assemblea si affiancava un altro organo importantissimo: l’abule o consiglio dei cinquecento.
Si chiamava così perché era composto da cinquecento cittadini sorteggiati in un elenco di volontari.
L’abule preparava l’ordine del giorno dell’assemblea, le proposte di legge da votare, controllava l’operato dei magistrati che gestivano fondi pubblici, verificava i conti dello stato e teneva i rapporti con l’estero. In poche parole aveva le funzioni di un governo, anche se doveva applicare la volontà dell’assemblea.
Non si poteva partecipare all’abulè per più di due volte nella vita.
Le funzioni di amministrazione e di governo erano esercitate da numerose magistrature che si occupavano di ogni aspetto della vita cittadina.
Vi erano ad Atene da circa settant’anni diverse magistrature. Erano aperte a tutti, annuali, non ripetibili e assegnate con sorteggio.
I magistrati più importanti erano gli arconti, che Clistene portò da nove a dieci rendendo la carica elettiva. Veniva eletto un arconte per tribù.
Grande importanza aveva anche il collegio degli strateghi, composto da dieci membri che costituivano l’esecutivo militare.
Quella di stratego era una delle poche cariche che non veniva attribuita per sorteggio ma per elezione (uno per tribù), poiché si riteneva che richiedesse competenze e qualità particolari.
Quello che oggi chiameremmo potere giudiziario era esercitato dal tribunale popolare ed era suddiviso in varie sezioni, e da quello più ristretto degli ex arconti, l’areopago, che Clistene mantenne in vita anche se progressivamente le sue funzioni furono ridotte alle sole cause per omicidio.
I giudici non erano esperti di diritto ma semplici cittadini che venivano sorteggiati purché in possesso dei requisiti richiesti: cittadinanza ateniese e da minimo di trent’anni anni assenza di debiti.
I tribunali ateniesi avevano estesi poteri di controllo sui magistrati e in generale sulla politica. Essi effettuavano un’indagine preventiva di controllo sui magistrati prima che assumessero la carica e controllavano periodicamente il loro operato per verificarne la correttezza.
Ogni anno migliaia di cittadini operavano nei tribunali come giudici.
Principio fondamentale della democrazia ateniese era che la politica fosse un’attività al servizio della città e del bene comune, pertanto la città si preoccupava di tenerla sotto controllo e di punire severamente gli abusi.
Rientrava in questo quadro anche l’ostracismo con il quale l’assemblea poteva decidere di allontanare dalla città per dieci anni un cittadino che potesse risultare pericoloso per lo stato, anche se non aveva commesso nulla di illegale.
Se la maggioranza dei votanti che dovevano essere almeno seimila era d’accordo il cittadino veniva esiliato e privato dei diritti politici pur mantenendo quelli civili.
Per facilitare la partecipazione di tutti gli ateniesi alla vita collettiva, nel corso del V secolo a.C. fu introdotta la retribuzione delle cariche pubbliche. Pertanto ogni cittadino riceveva per il servizio fornito allo stato il corrispettivo della paga giornaliera di un salariato.
Questa pratica era molto costosa per lo stato, ma esprimeva un principio fondamentale: la politica ha un costo che bisogna essere disposto a sostenere se non si vuole che essa sia fatta solo dai ricchi.


Nell'immagine, Pisistrato, tiranno di Atene e riformatore.

Documento inserito il: 25/09/2023
  • TAG: democrazia, polis, demos, solone, tracone, pisistrato, clistene, atene. arconte, stratega

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