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La Russia e l’invasione Mongola.

Lo Stato di Kiev, che dal X secolo aveva unificato gran parte della Russia occidentale, nel XII secolo si presentava diviso in diversi principati, formalmente sottoposti a quello di Kiev, ma di fatto indipendenti. In ognuno di questi principati, prese a diffondersi un feudalesimo di tipo più moderato di quello già esistente nei paesi dell’Europa occidentale: i contadini godevano ancora della libertà personale e non erano legati alla terra, ma dovevano corrispondere al signore locale un certo tributo. La rivalità tra i principi e le continue lotte intestine, fiaccarono la forza di resistenza comune, rendendo il territorio sempre più esposto alle continue scorrerie delle tribù nomadi provenienti dalle steppe meridionali: Peceneghi, Polovzi, Turchi e altri ancora. Per sfuggire a questo vero flagello, numerose popolazioni meridionali si spostarono verso il centro del Paese, dove gli immensi boschi facevano da barriera contro il pericolo costituito da queste orde feroci di predoni. Da questa migrazione uscì rafforzato il Principato di Rostov e Suzdal, situato tra i due fiumi Volga e Okà. Fu da un affluente di quest’ultimo, la Moskvà che prese il nome il borgo fortificato di Mosca, fondato da un principe locale nel 1147. Nella Russia nordoccidentale si svilupparono due città mercantili importanti: Novgorod e Pskov che per via della loro costituzione aristocratica ricordavano molto Venezia: le due città conducevano attivi traffici mercantili nel Mar Baltico, che veniva raggiunto dalle loro navi per mezzo dei fiumi navigabili che sfociavano in esso. Nonostante la disunione politica, l’opera di incivilimento della nazione proseguiva grazie ai costanti rapporti intrattenuti con l’Impero Bizantino, in modo tale che agli inizi del XIII secolo la Russia aveva già raggiunto un notevole sviluppo culturale ed economico, come dimostrano i monumenti e gli scritti dell’epoca. Agli inizi dello stesso secolo, le tribù di pastori nomadi che si aggiravano sui confini settentrionali dell’Impero Cinese, vennero unificate da un Khan, Temucin, conosciuto in Europa con il nome di Gengis khan. Sotto la sua guida, le orde mongole, turche e manciuriane conquistarono l’Asia centrale, la Cina settentrionale e la Siberia occidentale e meridionale, formando un vasto impero feudale, all’interno del quale il potere apparteneva ai capi tribù. In seguito, questo feudalesimo si trasformò in un’oligarchia di capi militari. Le vittorie dei Mongoli furono determinate dal loro modo di condurre la guerra, fondato sull’impiego massiccio della cavalleria e dall’apprendimento delle raffinate tecniche militari cinesi. Il dominio mongolo rappresentò una vera rovina per i paesi invasi e sottomessi: nel loro cammino, i Mongoli erano soliti distruggere le popolazioni che tentavano di opporsi a loro con le armi, al fine di assicurarsi le retrovie. L’unica categoria che veniva graziata era costituita da quegli artigiani che sapevano fabbricare o riparare le armi. In cambio della vita essi dovevano seguire l’orda nei suoi continui spostamenti. Dopo la conquista dell’Asia centrale, Gengiskhan aggredì la Persia, che venne occupata in buona parte e di lì penetrò poi nel Caucaso devastando l’Azerbaigian, la Georgia e l’Armenia, annientando i regni locali. Dal Caucaso, i mongoli sboccarono nelle steppe del Mar Nero dove, nel 1223, sconfissero duramente i Polovzi ed i russi loro alleati sulle rive del fiume Kalka presso il Mare d’Azov. In seguito Gengiskhan venne sconfitto dai Bulgari sul Volga e fu costretto a ritirarsi temporaneamente. Nel 1227, anno della sua morte, l’Impero venne diviso tra i suoi successori: al nipote Batu, capo della tribù detta Orda d’Oro, spettarono i territori della Siberia occidentale: fu da lì che nel 1236 egli partì alla conquista della Russia. Divisi da gelosie feudali, i principi russi non seppero unirsi per affrontare il gravissimo pericolo che si stava avvicinando. Uno dopo l’altro vennero tutti sconfitti e sottomessi, ed i Tartari avanzarono sul territorio russo incendiando e distruggendo tutto ciò che trovavano sulla loro strada. In un solo mese del 1237, vennero incendiate 14 città fra le quali Mosca, Vladimir e Riazan. Dalla Russia centrale essi procedettero verso l’Ucraina, conquistando e distruggendo, nel 1240, l’antica città di Kiev. In Occidente, era in pieno svolgimento la lotta fra l’Imperatore Federico II di Svevia, e il Papato, ed in base a ciò nessuno prestò orecchio alle richieste di aiuto dei principi russi. Non trovando adeguate forme di resistenza, Batu invase la Polonia, l’Ungheria, la Boemia e la Romania, seminando ovunque morte e distruzione, finché non venne costretto a ritirarsi dalle forze congiunte di Boemi e Ungheresi, ma soprattutto dal timore di trovarsi tagliata la strada della ritirata dai russi, che ancora resistevano all’occupazione. Per tutto il XIII secolo, i Tartari continuarono ad effettuare rapide incursioni in Polonia ed Ungheria; il centro del loro potere divenne la città di Sarai, edificata sulle rive del Volga. Dell’immenso territorio russo venne risparmiata solo la parte nordoccidentale, perché ricca di boschi e paludi, che limitavano di molto gli spostamenti della cavalleria tartara; ma tutta la regione delle steppe, che comprendeva una buona parte della Russia centrale e la Russia e l’Ucraina meridionali, finirono sotto la diretta dominazione dell’Orda d’Oro. Da questi territori la popolazione russa scampata al massacro, fu costretta a ritirarsi verso il centro ed il nord del Paese. I principi della Russia centrale vennero lasciati al loro posto, ma sottomessi ad un pesante tributo da versare ogni anno. Le conseguenze dell’invasione mongola che in Russia durò circa fino al 1480, furono tremende: il lavoro di secoli venne annullato in pochi anni, ma cosa ben più grave, la Russia venne privata dell’accesso al Mar Nero, e quindi dal contatto con la civiltà mediterranea, che all’epoca era la più progredita e successivamente dall’accesso al Mar Baltico, rimanendo quindi tagliata fuori dalle grandi correnti della civiltà europea. Questo isolamento durato quasi tre secoli, comportò un’arretratezza della Russia nei confronti degli altri paesi europei. I pesanti tributi che venivano imposti dagli occupanti, le continue incursioni a cui erano sottoposti i territori coltivati del centro, il controllo stabilito dai capi tartari sui principi russi, stremavano la popolazione, ostacolando quindi il loro progresso economico e lo sviluppo politico del Paese. Durante il periodo dell’invasione mongola, la Russia subì l’aggressione congiunta di Svedesi e Tedeschi. Infatti, la Svezia e la Danimarca, cessata l’epoca delle scorrerie vichinghe, si erano costituite in regni feudali, intraprendendo una campagna di penetrazione nel Baltico in concorrenza con i Tedeschi. Nel 1240 gli Svedesi sbarcarono alla foce della Neva, dove furono affrontati e sconfitti dall’esercito inviato dalla città di Novgorod, comandato dal principe Aleksander Nevskij. Contemporaneamente i tedeschi, nello specifico i Cavalieri Teutonici, avanzavano verso la Russia nordoccidentale, sottomettendo le città di Pskov e Izborsk, marciando poi contro Novgorod. Anche la loro marcia venne fermata dal principe Nevskij, che giunto in soccorso della città, sconfisse i cavalieri tedeschi in una battaglia che si svolse sulla superficie ghiacciata del Lago Peipus, nel 1242. Questa vittoria, segnò l’espulsione dei tedeschi dal territorio russo, anche se le rive del Baltico rimasero ancora in loro possesso, in modo tale che la Russia si trovava ancora una volta isolata dal mare, ed anche il commercio della città di Novgorod fu costretto a passare per la mediazione dei mercanti tedeschi.


Nell'immagine, ritratto pittorico di Gengis Khan, il grande condottiero mongolo.
Documento inserito il: 22/12/2014
  • TAG: russia, invasione mongola, gengis khan, orda d oro, batu, aleksandr Nevskij, cavalieri teutonici, lago peipus

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