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I Vichinghi del grande freddo

di Katia Bernacci
fotografia di Marino Olivieri


La terra di Ellesmere è l’isola artica situata più a nord nel territorio del Canada e si trova a soli venticinque chilometri dalla Groenlandia, alla quale in inverno è pressoché unita da una lingua di ghiaccio che si forma con la stagione fredda e che ha consentito, in passato, a centinaia di uomini di usare da ponte quel lembo di terra per raggiungere l’America del nord dalla Groenlandia. Nel 1961 Helge Ingstad, esploratore norvegese sposato con l’archeologa Anne Stine, trovò le rovine di un insediamento vichingo nell’Anse aux Meadows nel Terranova, mentre stavano mappando i territori a nord, divenne così il primo uomo in grado di dimostrare che le Americhe erano state scoperte cinquecento anni prima di Colombo, probabilmente attorno all’anno Mille. In realtà è probabile che il passaggio attraverso quei luoghi fosse addirittura precedente a quell’epoca. Qualche anno dopo, nel 1975, Peter Schledermann, direttore dell’Istituto Artico, trovò resti indiscutibili di presenza vichinga anche sull’isola Ellesmere: ben centoquaranta abitazioni con resti animali, umani, cibo, manufatti, oggetti e una particolarità, diciotto fuochi posti in fila con al fianco delle pietre che probabilmente venivano usate per conservare del cibo. La successiva datazione al radiocarbonio attestò che si trattava di un insediamento dell’800-900 d.C. L’isola era però abitata da almeno 4500 anni, quindi poteva essere complicato identificare le varie culture che si erano succedute, lasciando ovviamente resti di vario genere, senza l’ausilio della tecnologia. La cultura Thule, dei progenitori degli Inuit, ad esempio, era già attestata in Alaska nel 500 d.C. Il nome aveva preso spunto dalla città di Thule, nella Groenlandia nordoccidentale, dove sono stati trovati i resti più numerosi di questo popolo, legato alla caccia e alla pesca e dalle capacità artistiche evolute, come attestano gli animali intagliati nell’avorio, probabilmente usati a fini rituali che sono stati ritrovati negli insediamenti. Quello che stupì moltissimo Schledermann fu il ritrovamento, nella penisola di Bache, di una parte di cotta di maglia e altri oggetti di chiara derivazione norvegese. Non c’erano più dubbi, le saghe groenlandesi e i racconti che provenivano dal passato raccontavano la verità: i vichinghi erano passati da Ellesmere per raggiungere il Canada e addirittura vi si erano stanziati. Nel 2012 un’ulteriore conferma: scavando tra le rovine di un edificio sull’isola di Baffin, Patricia Sutherland, professore aggiunto di archeologia presso la Memorial University di Terranova, ha trovato alcune pietre per affilare con scanalature di usura che recano tracce di leghe di rame come il bronzo, materiali noti per essere stati realizzati da fabbri vichinghi ma ignoti agli abitanti dell’Artico. Il gruppo di Sutherland ha scoperto, nella Tanfield Valley di Baffin: frammenti di pelle di ratti europei, una pala di osso di balena simile a quelle usate dai vichinghi in Groenlandia, pietre tagliate e modellate alla moda vichinga e molto altro. I marinai vichinghi veleggiarono per il Nuovo Mondo intorno al 1000 d.C. La Grœnlendinga saga, popolare saga islandese, narra del viaggio di Leif Eriksson, figlio di Erik il rosso, un capo vichingo della Groenlandia che navigò verso ovest in cerca di fortuna e per scoprire nuovi territori. Secondo la saga, Eriksson approdò sull’isola di Baffin, fermandosi per lungo tempo, prima di dirigersi a sud verso un luogo che chiamò Vinland, terra del vino, dalla quale ritornò in Groenlandia, con le barche cariche, appunto, di uva. Indubbiamente, ormai è una realtà storica, i vichinghi scorrazzavano nell’Artico, dove avevano creato degli avamposti, o insediamenti piuttosto evoluti, dove, come attestato dai ritrovamenti di Helge Ingstad, si occupavano di forgiare i metalli, tessere, conservare cibo, allevare cavalli e intrecciare fili alla maniera delle donne vichinghe che vivevano in Groenlandia nel XIV secolo. Come sempre accade, quando un’ipotesi si trasforma in probabile realtà, si aprono nuove possibilità e la Sutherland ha utilizzato un metodo semplice ma efficace per dimostrare le proprie teorie, ha scandagliato tutti gli oggetti vichinghi presenti nei musei, mettendoli a paragone con quelli ritrovati nei siti artici e trovato innumerevoli somiglianze. Secondo l’archeologa per i vichinghi l’Artico e l’America del nord erano terre di conquista, dove i navigatori si spostavano alla ricerca di preziose risorse, come le pelli di volpe o l’avorio di tricheco, apprezzato dai nobili medievali. Probabilmente avevano anche buoni rapporti con le popolazioni indigene, con i quali scambiavano merci, come il metallo, a fini commerciali. La strada per dimostrare quanto fosse estesa la presenza vichinga nel Nuovo Mondo è ancora lunga e si avvarrà probabilmente di nuove tecnologie, che sapranno indagare ancora più in profondità questa riscrittura della storia, che fino a ieri era solo leggenda.


Nell'immagine, ricostruzione del villaggio vichingo a York (UK).


Documento inserito il: 25/07/2024
  • TAG: Vichinghi, Ellesmere, Groenlandia, Helge Ingstad, Peter Schledermann, cultura Thule, Anse aux Meadows, isola Baffin, Patricia Sutherland

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