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Il movimento pentecostale in una prospettiva storica

DALLE ORIGINI AI MOVIMENTI NEO-CARISMATICI


del Dott. Daniele Rampazzo


INTRODUZIONE E VISIONE D’INSIEME

Solitamente, pentecostali e carismatici vengono intesi come sinonimi. In realtà, storicamente parlando, si tratta di due fenomeni ben distinti. Sorge quindi la necessità di porre delle definizioni chiare e corrette. Per “pentecostali” intendiamo gli appartenenti a un movimento cristiano, sorto negli Stati Uniti, in ambito protestante, fra il XIX e il XX secolo e diffusosi poi, assai rapidamente, grazie a un forte fervore missionario, in varie parti del mondo. Un movimento che incentra l’esperienza religiosa sul rinnovamento dei doni dello Spirito Santo nella Pentecoste (il cosiddetto “battesimo dello Spirito nello Spirito e con lo Spirito”). Doni che si manifestano tramite carismi ed esperienze visionarie e di guarigione. Per “carismatici”, invece, intendiamo dei cristiani che utilizzano uno stile di culto cosiddetto Spirit-filled, letteralmente “pieno di Spirito”, ovvero non strettamente liturgico. Il culto carismatico esiste fin dai tempi dei revivals religiosi statunitensi della prima metà del XIX secolo ma ha preso piede, in maniera decisa, prima con l’ascesa del movimento pentecostale e successivamente con i movimenti carismatici della seconda metà del Novecento. Questi ultimi rappresentano pertanto la tendenza, a livello internazionale, di quelle chiese cristiane, cosiddette “storiche”, che adottano credenze e pratiche simili al pentecostalismo. Una tendenza recente, dato che, prima degli anni Cinquanta del Novecento, queste chiese “storiche” (compresa anche la Chiesa Cattolica) non avevano manifestato massicci fenomeni pentecostali al loro interno ma solo casi singoli, assai spesso repressi. Esse iniziarono, pertanto, ad essere influenzate dalla spiritualità pentecostale, senza però che ciò comportasse la nascita di nuove denominazioni, a partire dagli anni ’60 del Novecento. Ma la diffusione, a livello dapprima nord-americano e quindi globale, in una sorta di vero e proprio “boom”, del movimento carismatico all’interno delle chiese cristiane, avvenne a partire dagli anni ’80, con un apice negli anni ’90, e fu tale che possiamo parlare ora di movimento neo-carismatico. Un fenomeno questo che si concretizza attraverso forme di spiritualità sempre legate ai doni dello Spirito e con organizzazioni che non sono però sempre del tutto sovrapponibili a quelle classiche, storiche. Come, a titolo di esempio, le megachurches. Possiamo quindi individuare, utilizzando una categorizzazione di tipo sociologico e non propriamente storica, stante la poca “distanza” nel tempo che ci separa, tre diverse ondate di questo “risveglio dello Spirito”: il pentecostalismo classico (inizi del XX secolo); i movimenti carismatici, inizialmente chiamati “neo-pentecostali” (anni ’50 e ’60 del Novecento); i neo-carismatici (anni ’80). Geograficamente parlando, questi fenomeni partono da Stati Uniti e Canada, diffondendosi poi a livello globale, come si diceva in precedenza, soprattutto nel Sud del mondo. Non a caso, nel secondo dopoguerra, gli Stati Uniti sono una potenza che, come tale, riflette anche la ricchezza e la possibilità di “missionarietà”, da parte delle varie Chiese, di esportare questo tipo di spiritualità nata da un’esigenza di libertà tipica del mondo protestante nord-americano. Esaminiamo ora, più nel dettaglio, ognuna di queste tre “ondate”.


I PENTECOSTALI

Il pentecostalismo parte dalla convinzione che tutti i cristiani debbano trovare una esperienza religiosa di “post-conversione”, successiva al battesimo in acqua, denominata “battesimo nel/con lo Spirito”. Dove la preposizione “nello” è più utilizzata in ambito cattolico, “con lo” in quello pentecostale e “dello” in altre denominazioni protestanti. Il riferimento biblico a questo elemento fondante del pentecostalesimo è dato dall’episodio della discesa dello Spirito Santo sui primi cristiani a Gerusalemme il giorno di Pentecoste (Atti degli Apostoli 2-4). Un elemento questo caratteristico delle comunità cristiane fin dalle loro origini. Questo “battesimo con lo Spirito” è poi generalmente accompagnato da un segno particolare, “il dono delle lingue”, chiamato in vari modi: glossolalìa, xenoglossìa e xenolalìa. Glossolalìa deriva dal greco glōssais lalein, ovvero “parlare in lingue”, cioè parlare un lingua che non esiste, con dei suoni dati dallo Spirito Santo, ovvero che possono essere articolati per essere usati nella preghiera pubblica o privata. Xenoglossìa deriva invece dal greco xenos (straniero) e glōssa (lingua), letteralmente “parlare in una lingua straniera”. Un fenomeno, più raro rispetto alla glossalalìa, consistente nel parlare o scrivere in una lingua umana non appresa però, da colui che la parla, tramite mezzi naturali. Allo stesso modo, Xenolalìa deriva da xenos e lalia e, similmente, significa “parlare in una lingua straniera”. Oltre al dono delle lingue, caratteristica da sempre peculiare del movimento pentecostale, vi sono anche altri carismi, ovvero quei doni soprannaturali che i battezzati nello Spirito possono ricevere e sui quali danno un’enfasi particolare i movimenti carismatici all’interno delle chiese storiche: la capacità di profetizzare, di guarire e di interpretare il parlare in lingue. Soprattutto la guarigione per mezzo della fede, diviene un elemento molto importante. Da un punto di vista prettamente teologico, i pentecostali enfatizzano la conversione, il rigore morale e un’interpretazione letterale della Bibbia, tanto da essere decisamente conservatori a livello sociale o, per usare un termine attuale, fondamentalisti. Dal punto di vista organizzativo, invece, essi non hanno mai formato un’unica organizzazione o chiesa. Dopo questo quadro introduttivo, di carattere generale, ripercorriamone ora, in maniera più dettagliata, la storia. L’inizio della quale si può far risalire a quando le grandi denominazioni protestanti, originariamente nate in ambito popolare (battisti, metodisti e altre denominazioni nate dai vari revivals di inizio Ottocento) divennero poi le chiese della classe medio-alta “bianca” tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, stante il processo di urbanizzazione conseguente alla Seconda Rivoluzione Industriale. Pertanto, le persone economicamente svantaggiate, residenti dapprima in ambiente rurale e poi spostatesi nei quartieri periferici delle grandi città, persero il contatto con queste realtà ecclesiastiche. Le chiese pentecostali iniziali, quindi, sebbene aperte a tutti i livelli della società, divennero una sorta di “religione del cuore” più idonea a parlare ai bisogni speciali dei diseredati, dei poveri e degli emarginati, compresi gli afro-americani, rispetto alle altre chiese, ormai sempre più frequentate delle classi borghesi. L’enfasi posta sulla necessità di una conversione può farci individuare il precursore di tali comunità nell’Holiness movement (Movimento di Santità) che riprende alcuni temi cari alla tradizione wesleyana (John Wesley, il fondatore del Metodismo). Questo movimento sostanzialmente si basa sulla convinzione che sia necessaria una seconda opera di grazia dopo la conversione, ovvero dopo il battesimo, per “santificare” i credenti e rimuovere in loro il desiderio di peccare. Esso nacque agli inizi del XX secolo presso una piccola scuola religiosa, il Bethel Bible College a Topeka, nello stato del Kansas, ad opera del pastore Charles Fox Parham. Costui, partendo dalla necessità di superare una chiesa “formalista” e desiderando che essa divenisse “risvegliata”, tramite una nuova effusione dello Spirito, istruiva i suoi studenti (molti dei quali già ministri di culto) a pregare, digiunare, studiare le Scritture e ad attendere, come avevano fatto gli apostoli, le benedizioni dello Spirito Santo. Soprattutto la glossolalìa, intesa da Parham come una sorta di “prova iniziale” del battesimo nello Spirito e la cui prima testimonianza fu, nel 1901, data da una delle sue allieve al college, Agnes Osmond. Non avendo avuto inizialmente successo nei suoi sforzi di evangelizzazione, ma ricevendo anzi numerose critiche per la sua spiritualità considerata emotiva e irrazionale, nel 1903 Parham riuscì a risollevare le fortune proprie e del suo movimento grazie alla pratica della guarigione per mezzo della fede, basata sulla convinzione che l’espiazione di Cristo fornisce la liberazione dalla malattia, divenendo quindi il privilegio di tutti coloro che hanno sufficientemente fede. Una sorta quindi di segno di “connessione con il divino” per cui, tutte le persone che abbiano sufficiente fede, per mezzo di riti che diventeranno sempre più codificati, potranno essere guarite da un ministro fornito del dono della guarigione. In questa maniera, attirando sempre più nuovi convertiti, il movimento iniziò ad avere successo negli stati del Sud e del Sud-Ovest, specialmente in Texas, Alabama e Florida. Oltre all’Holiness movement, altri due sono gli eventi storici che diedero inizio al pentecostalesimo: il “Risveglio di Azusa Street” del 1906 e il “Risveglio gallese” del 1904-1908. Nel primo caso (il più noto) il promotore fu William Seymour, un membro dell’Holiness movement (aveva appreso gli insegnamenti di Parham in una scuola biblica a Houston, Texas) ed ex membro dell’African Methodist Episcopal Church (la prima chiesa afro-americana nella storia degli Stati Uniti), pastore della Apostolic Faith Gospel Mission, sorta ad Azusa Street, nella californiana Los Angeles. Un luogo che divenne, in breve, un grande centro spirituale, grazie anche al fatto che Los Angeles sicuramente era una realtà sociale ben più grande e dinamica rispetto a Topeka. Esso attirò persone di ogni ceto, estrazione sociale ed etnia: ricchi e poveri, bianchi e neri, anglosassoni e latini. Il “Risveglio gallese” si deve invece a dei laici: Evan Roberts di Ammanford e i fratelli Daniel e Jones Williams di Penygroes che riuscirono, in breve tempo, a convertire interi paesi. Un movimento questo più legato alla glossolalìa che al fenomeno della guarigione per fede. Il movimento pentecostale non riuscì mai a creare una chiesa unita, ma rappresentò sempre una sorta di “unione spirituale” il cui fine era la “conquista” delle chiese protestanti senza dover quindi fondare nuove chiese. Il movimento, fin dagli inizi, fu però oggetto di una diffusa opposizione: pastori, che manifestavano questo tipo di spiritualità, vennero sollevati dai loro pulpiti, missionari persero il loro sostegno finanziario, parrocchiani furono espulsi dalle loro chiese, mentre vennero adottate anche risoluzioni più drastiche come gli anatemi, ovvero una sorta di scomunica per il mondo protestante. Pertanto, molti pentecostali furono costretti a ritirarsi dalle loro chiese e denominazioni per fondarne di nuove che contengono gli aggettivi pentecostale, apostolico, latter rain, full gospel, quali attributi del loro essere, per l’appunto, pentecostali. Una miriade di nomi che, inizialmente, poté essere suddivisa in tre gruppi dovuti a spaccature, ovvero controversie divisive interne inerenti determinate questioni. La prima di esse fu quella della “santità”: Parham, Seymour e altri pentecostali della prima ora, provenienti dall’Holiness movement, sostenevano che il battesimo con lo Spirito Santo era riservato solo a coloro che avessero già sperimentato la santificazione, ovvero che venivano dal movimento o che comunque avessero già fatto un percorso di santificazione personale. Nacquero così la International Pentecostal Holiness Church e le Assemblies of God, due tra le più grandi organizzazioni pentecostali non solo a livello statunitense ma mondiale. I pentecostali di origine battista, non provenienti da questa tradizione, non furono d’accordo e sostennero che il battesimo con lo Spirito poteva essere impartito indipendentemente dal percorso svolto dal fedele. Da essi nacquero la Christian Church of North America e la International Church of Foursquare Gospel, ancora oggi due fra le più grandi chiese pentecostali esistenti. La divisione dottrinale si sviluppò quindi ulteriormente e si ampliò in merito alla tradizionale teologia trinitaria e alla formula usata nel battesimo, per cui, secondo alcuni leader pentecostali, tale formula doveva essere non nel nome della Trinità ma solo in quello di Gesù Cristo (Jesus only), rivendicando quindi il concetto di unicità (oneness). Essi però non rifiutano la Trinità in sé ma, nel battesimo nello Spirito rifiutano la figura del Padre e, in parte, anche del Figlio, accettando solo quella dello Spirito Santo. Altro punto focale fu la questione razziale. Il risveglio di Azusa Street era stato infatti guidato da un ministro afroamericano, che accoglieva i fedeli indipendentemente dalla loro “razza” e una delle prime denominazioni pentecostali, la Pentecostal Assemblies of the World (una organizzazione oneness) venne organizzata, per l’appunto, come un sodalizio interrazziale. Questo atteggiamento che possiamo definire “liberale” generò però delle controversie e, quando il pentecostalismo si diffuse nel profondo Sud degli Stati Uniti, esso venne a seguire le stesse linee razziali delle vecchie denominazioni maggioritarie già segregate, ovvero chiese whites only e chiese blacks only. Inoltre, anche la religiosità afro-americana è un elemento chiave per la nascita del pentecostalismo: l’emotività e il linguaggio del corpo usato come veicolo per la “connessione” con il divino vengono infatti dalle tradizioni afro-americane mescolatesi poi con il protestantesimo nord-americano. Infine, molti critici bollarono, e tuttora vedono il pentecostalismo, come un movimento “semplicistico”, non sofisticato dal punto di vista teologico o liturgico, anzi, spesso accusato di non avere una vera e propria liturgia, tipico di genti povere ed emarginate. Quindi non un movimento intellettuale ma riservato agli strati più bassi della popolazione. In pratica, un fenomeno emozionale, per non dire irrazionale, per cui, quando esso si venne a manifestare nelle cosiddette chiese “storiche” (mainline, volendo usare un termine tipicamente nord-americano) ovvero luterane e battiste ma anche cattoliche e non non solo, l’attenzione, all’interno di esse fu sempre alta verso questa forma di spiritualità.


I MOVIMENTI CARISMATICI

Tornando ora agli sviluppi del pentecostalismo, possiamo notare una “seconda ondata”, ovvero quella della spiritualità carismatica che dà avvio ai movimenti, per l’appunto, carismatici. Tra i primi notiamo i risvegli di guarigione (healing revivals) (1946-1958) grazie ai tele-evangelisti William Branham (1909-1965) e Oral Roberts (1918-2009) che usarono lo strumento della “crociata”, ovvero delle evangelizzazioni itineranti durante le quali si effettuavano anche pratiche di guarigione. Altro importante elemento fu la “rete ecumenica”, sviluppatasi fra gli anni ’50 e l’inizio ’60, costituita da relazioni personali tra pastori e sacerdoti di diverse denominazioni, anche cattolici, e rafforzata da conferenze e libri fatti circolare. Tutte queste esperienze permisero il crearsi di un terreno religioso cristiano permeabile alla ricezione di nuove spiritualità all’interno delle tradizioni storiche. In merito a ciò, possiamo individuare tre elementi fondamentali: anzitutto il ruolo svolto dalla Full Gospel Business Men’s Fellowship International (FGBMFI) fondata nel 1951 da Demos Shakarian, personaggio con notevoli disponibilità economiche, con lo scopo di riunire uomini d’affari e di evangelizzarli. Shakarian lavora a stretto contatto anche con altri evangelisti guaritori, come il già citato Oral Roberts, veicolando una sorta di pentecostalismo assai libera e non confessionale. Si tratta, in definitiva, di carismatici itineranti, aperti a cristiani di qualsiasi chiesa o denominazione, con una struttura molto aperta che consente di tenere conferenze in tutto il paese, incontri di preghiera in case, caffè o spiagge, fondando poi una rivista di successo, letta anche all’interno del movimento carismatico cattolico, quale Voice. Un secondo elemento è dato dai predicatori pentecostali “puri”, ovvero derivanti dalle chiese pentecostali “classiche”, itineranti. La figura tra loro più importante e nota è quella di David du Plessis, soprannominato Mister Pentecost, figura chiave nei dialoghi ufficiali ecumenici tra pentecostali e cattolici, “osservatore” pentecostale al CEC nel 1954 e nel 1961, nonché al Concilio Vaticano II. Un attivismo ecumenico che gli costò però la perdita delle credenziali di predicatore pentecostale. Du Plessis, che fin dall’età di 13 anni aveva ricevuto il battesimo con lo Spirito ed iniziato a parlare in lingue, nel 1928 venne ordinato dalla Apostolic Faith Mission of South Africa (AFM) per poi trasferirsi con la famiglia negli Stati Uniti, entrando a far parte delle Assemblies of God (USA). Infine, quale terzo elemento, il libro The Cross and the Switchblade di David Wilkerson, scritto nel 1963, avendo come coautori la coppia formata da John ed Elizabeth Sherill. Un bestseller con più di 15 milioni di copie distribuite in più di 30 lingue e un adattamento cinematografico nel 1970. Si tratta di una sorta di autobiografia nella quale viene raccontata dall’autore la sua trasformazione ad opera dello Spirito Santo e la sua opera di street ministry, ovvero di “ministro di strada” impegnato nelle vie di New York, città dove fonda diverse associazioni di aiuto a drogati, sbandati, senza tetto e disadattati.


GLI INIZI DEL MOVIMENTO CARISMATICO

L’inizio del movimento carismatico viene solitamente fatto risalire a domenica 3 aprile 1960, quando Dennis J. Bennet, rettore della chiesa episcopale di Saint Mark a Van Nuys, California, raccontò la sua esperienza pentecostale, fra cui il parlare in lingue, ai suoi parrocchiani, molti dei quali, in seguito, condivisero la sua esperienza. La Chiesa Episcopale Americana, che possiamo definire come la denominazione cristiana più vicina al modello cattolico in ambito nord-americano, divenne quindi la prima organizzazione ecclesiastica americana tradizionale a sentire internamente l’impatto del nuovo movimento. La fortuna del quale è dovuta anche al fatto che, fin da subito, vi fu una copertura mediatica molto forte. Successivamente, nel 1970, Bennet, pubblicò anche un libro di successo (Nine o’clock in the Morning). Le gerarchie episcopali inizieranno fin da subito ad indagare su di lui e sulle esperienze del suo gruppo: il vescovo episcopale di Los Angeles nominò infatti una commissione per indagarne l’esperienza religiosa. Bennet verrà quindi espulso dalla sua congregazione e diventerà allora un predicatore episcopale itinerante. Tale rapporto (1960) da parte di un’autorità ecclesiale fu comunque il primo di una lunga serie che attesterà, progressivamente, la progressiva accettazione dell’esperienza carismatica. Venendo ad altre chiese storiche, nel luteranesimo, ad esempio, una delle figure chiave in tal senso sarà Larry Christenson, teologo luterano a San Pedro, California. I carismatici luterani negli Stati Uniti formeranno l’Alleanza delle Chiese del Rinnovamento (Alliance of Renewal Churches). L’evangelicalismo fu toccato, almeno inizialmente, in misura minore: l’esempio più importante fu la Calvary Chapel, Costa Mesa, California (1965) con il suo leader Chuck Smith (in parte però legato al Jesus People movement). Il modello per le comunità carismatiche cattoliche fu invece l’episcopale Church of the Redeemer, di Houston, Texas, con il suo pastore Graham Pulkingham (1964). Il collegamento fra episcopali e cattolici, all’interno del mondo carismatico, è assai forte dato che tutti i leader cattolici carismatici ebbero le loro prime esperienze all’interno di gruppi di preghiera episcopali tranne coloro che, come Pulkingham, avevano avuto un contatto diretto con il già citato David Wilkerson. Pulkingham, infatti, affascinato da quest’ultimo grazie alla lettura di The Cross and the Switchblade, lo andò a visitare a New York, ricevendo lo Spirito grazie alla preghiera e all’imposizione delle mani da parte di quest’ultimo. Ritornato nella sua congregazione, i doni dello Spirito furono tali da consentirgli un notevole successo: nel 1972, a titolo di esempio, la media delle presenze settimanali a Houston fu di 2.200 unità mentre, nella sola domenica mattina si contarono 900-1.000 fedeli partecipanti a esperienze in cui un ruolo fondamentale veniva svolto dalla musica. Inoltre, fu data vita all’istituzione di un ministero di coffee-house nel centro città per la gente di strada, che attirava anche studenti universitari e altre comunità carismatiche. Un’esperienza, quella della Church of the Redeemer che ebbe poi un’enorme influenza in Gran Bretagna e, come detto in precedenza, divenne un modello di riferimento per le comunità carismatiche cattoliche.


IL MOVIMENTO CARISMATICO CATTOLICO

Il movimento o rinnovamento carismatico cattolico (RCC in italiano, CCR in inglese, da non confondere con Rinnovamento nello Spirito, che è la forma ufficiale che prende, in Italia, il movimento carismatico all’interno della Chiesa Cattolica in Italia) ebbe il suo inizio nel febbraio del 1967 presso la Duquesne University di Pittsburgh, Pennsylvania, quando un professore di Storia, William Storey e uno studente appena laureato, Ralph Kiefer, battezzati nello Spirito Santo, qualche giorno prima, all’interno di un gruppo di preghiera carismatico di episcopaliani, organizzarono un ritiro universitario, invitando gli altri studenti a leggere le Scritture e ad invocare lo Spirito Santo. Un ritiro nel quale i partecipanti fecero esperienza dei doni dello Spirito, fra cui il parlare in lingue. Attraverso vari contatti personali, l’esperienza si diffuse poi presto ad altri ambienti universitari statunitensi: in primis l’Università di Notre Dame in Illinois, che divenne una sorta di centro organizzativo per i cattolici carismatici statunitensi, poi la Michigan State University (East Lansing, Michigan) e l’Università del Michigan (Ann Arbor) considerata il secondo centro del movimento e poi altre in diversi luoghi degli Stati Uniti. Soprattutto il Midwest divenne un’area di espansione e di coordinamento del movimento. Fin da subito si delinearono due aspetti fondamentali: i gruppi di preghiera e le comunità carismatiche. Inizialmente i primi vennero percepiti come una sorta di prima fase, di primo step, che avrebbe poi portato alla nascita delle seconde, non senza alcune tensioni fra i due momenti. Poi entrambi divennero due elementi ben distinti, ovvero i fedeli che entravano in un gruppo non necessariamente dovevano poi far parte di una comunità carismatica. Il movimento si caratterizzò fin da subito per una leadership laica, giovane (quasi tutti i leader erano studenti universitari o appena laureati), bianca, appartenente alla classe media, con tratti aperti, attivi e molto determinati dal punto di vista organizzativo. La prima, pionieristica, comunità carismatica fu The Word of God (che successivamente si divise in due realtà) con sede ad Ann Arbor, presto seguita dalla comunità studentesca di Notre Dame True House (tuttora attiva) e dal People of Praise a South Bend, Indiana. Anche quest’ultima ancora attiva e con tratti fortemente ecumenici. Fin da subito esse si dotarono di strutture organizzative, le prime delle quali nel 1989: il Centro di Comunicazione e il Comitato di Servizio del Rinnovamento Carismatico Cattolico, diventato in seguito Comitato di Servizio Nazionale. Nel 1972 venne invece creato l’Ufficio Internazionale di Comunicazione, successivamente spostato a Roma e non più esistente dal 2018, una organizzazione di comunicazione mondiale che poteva gestire l’amministrazione internazionale, così come le relazioni tra gruppi e comunità, e stabilire dei punti di riferimento per tutti i gruppi di preghiera carismatici e le comunità ecclesiali in tutto il mondo. Tirando le somme, il modello che si venne a creare, parlando di movimento carismatico all’interno della Chiesa Cattolica, è quello che possiamo definire “Notre Dame - Ann Arbor” ovvero un modello riconosciuto dal basso, dai fedeli che ponevano fiducia nei leader carismatici locali in tutto il Nord America, come garanzia di legittimità, ma anche consolidato dall’alto, grazie all’evoluzione di una forte leadership, che aveva adottato una varietà di strutture evangelizzatrici su larga scala, come il programma cosiddetto “di primo accesso” alla spiritualità carismatica cattolica Life in the Spirit seminars, le conferenze di Notre Dame, pubblicazioni e ritiri spirituali. Tutto ciò giocò un ruolo chiave nel plasmare il movimento dapprima come un rinnovamento nordamericano, anche se una certa influenza nordamericana sarà evidente, per tutti gli anni Ottanta, anche nel resto del movimento quando esso si sposterà al di fuori degli Stati Uniti. Solo per dare qualche cifra, in merito a questa crescita che possiamo ben definire esponenziale, possiamo notare come, negli anni ’70, le comunità carismatiche di Notre Dame, South Bend e Ann Arbor aumentarono significativamente: nel 1967 erano frequentate da circa 90 persone; nel 1968 queste divennero 100-180; 500 l’anno successivo; 1.700 nel 1970; 4.500 nel 1971; 11.000-12.000 nel 1972 e circa 22.000 nel 1973. Fin da subito si avvertì inoltre un processo di legittimazione da parte della Chiesa Cattolica, ovvero la volontà, da parte di questi gruppi, di non uscirne ma di farne parte a pieno titolo venendone così legittimati. Tutto ciò grazie anche al ruolo di diversi teologi, soprattutto sacerdoti, che studiarono questa spiritualità collocandola all’interno della storia della tradizione carismatica in seno alla Chiesa Cattolica. Ad esempio, Padre Edward O’Connor, del Dipartimento di Teologia dell’Università di Notre Dame, autore di The Pentecostal Movement in the Catholic Church del 1971; Kevin e Dorothy Ranaghan con il loro Catholic Pentecostals del 1969, che diventerà in breve un best seller e, successivamente, i libri del benedettino Kilian McDonnell. Nel 1969 e nel 1975, vi furono i primi due documenti ufficiali da parte dei vescovi cattolici nord-americani che adottarono la politica dell’”aspetta e guarda cosa succede” (wait and see). Grazie a ciò il movimento si potè quindi sviluppare senza alcuna forma di censura o scomunica. Un ruolo chiave lo rivestì poi il cardinale Leo Joseph Suenens (1904-1996), uno dei padri conciliari che ebbe grande influenza nei documenti ufficiali del Vaticano II, e che divenne una sorta di “patrono” non ufficiale del movimento con la sua “politica della presenza” e la fase cosiddetta della “romanizzazione”, ovvero della centralizzazione. Egli verrà a plasmare il movimento carismatico a modo suo, con l’obiettivo di renderlo parte integrante della Chiesa Cattolica, evitando possibili condanne. Si vedano, a tal riguardo, i “documenti di Malines”, delle linee guida teologiche e pastorali da lui elaborate, per poter al meglio gestire i gruppi di preghiera e le comunità carismatiche cattoliche. La prima forma di riconoscimento ufficiale fu la Conferenza carismatica di Grottaferrata dell’ottobre del 1973, cui seguì la Conferenza internazionale dei carismatici cattolici a Roma nel 1975 con la partecipazione di papa Paolo VI. Tornando al movimento carismatico nel Nord America, possiamo notare, come sostengono molti storici, che il suo apice, nonché momento della successiva decadenza, si ebbe nel luglio 1977, con la conferenza sul Rinnovamento Carismatico nelle Chiese Cristiane a Kansas City, Missouri, con oltre 50.000 cristiani carismatici presenti, di cui la metà cattolici, in una sorta di “ecumenismo pan-carismatico” come venne allora definito. Un momento in cui vennero accettati i cosiddetti carismatici “itineranti” o “vaganti” che, fino a quel momento avevano inquietato non poco le varie gerarchie ecclesiali in quanto non facenti parte di alcuna denominazione. Essa mostrò però anche quegli elementi che vennero percepiti come scomodi: elitarismo, ecumenismo troppo avanzato, guarigioni (si veda, a tal riguardo, la figura di Francis MacNutt, domenicano, poi espulso dall’ordine). Tutti elementi che si scontreranno con la successiva fase della “centralizzazione” o “cattolicizzazione” del rinnovamento carismatico ad opera del Vaticano. Una fase che iniziò poco prima della sostituzione del cardinal Suenens con l’allora vescovo, e quindi cardinale, Josef Cordes. Siamo negli anni del pontificato di papa Giovanni Paolo II, che in sostanza decise di inserire il movimento carismatico all’interno dei nuovi movimenti ecclesiali, dandovi quindi una forma ben definita. Utilizzandolo, soprattutto, all’interno del suo progetto di una nuova evangelizzazione, per cui il RCC divenne parte integrante della struttura ecclesiologica ed ecclesiale della Chiesa. Tutto ciò comportò però un taglio degli elementi più ecumenici e un orientamento cattolico conservatore (un’anti-teologia della liberazione in America Latina). Seguì quindi una fase di diocesizzazione, dove l’originaria leadership laica venne pian piano sostituita da sacerdoti. Vennero quindi create delle strutture di raccordo tra i vari gruppi di preghiera e le comunità carismatiche con i vescovi delle varie diocesi, quali la Liasion Committees. Inoltre, si crearono anche delle università, come quella di Stubenville per veicolare una spiritualità carismatica che possiamo definire “ortodossa”. Il risultato fu quindi una sorta di rivisitazione delle origini, per cui l’elemento fondante divenne ora il Concilio Vaticano II e vennero eliminati tutti gli elementi considerati più ecumenici. Questi ultimi, furono ripresi ultimamente solo da Papa Francesco che, nel 2018, con CHARIS, un’entità istituita dalla Santa Sede, diede una nuova rilevanza all’ecumenismo cattolico, in una sorta di “ritorno alle origini”.


I NEO-CARISMATICI

La terza ondata, ovvero l’ingresso della spiritualità neo-carismatica nel mondo evangelicals statunitense, trae le sue origini dalla teologia della spiritual warfare, nata in un ambiente originariamente non pentecostale, ma che, unita a temi pentecostali e carismatici, diede vita a un grande movimento che venne ad insistere sui miracoli di guarigione, il dono della profezia e la lotta contro il demoniaco. Le origini di questa nuova teologia risalgono all’anno accademico 1981-82 con il corso “Segni e meraviglie”, tenutosi presso il Fuller Theological Seminary dai teologi C. Peter Wagner e John Wimber, i quali insegnarono il power evangelism, una strategia missionaria che presenta il messaggio cristiano come persuasivo in virtù dei “poteri” che si manifestano nei credenti: guarigioni, miracoli e capacità di scacciare i demoni, presentati come i responsabili di gran parte dei mali del mondo. Siamo ora, negli anni Ottanta, in un contesto di cristianesimo post-denominazionale, di cui le megachurches sono un esempio lampante. Dove si riscontra la inesorabile decadenza delle denominazioni protestanti storiche e la nascita di gruppi indipendenti, rivoluzionari nella forma e nello stile e nei luoghi che occupano (aeroporti, centri commerciali, ecc.). Gli incontri sono poco strutturati, incentrati essenzialmente sui bisogni dei credenti tanto da diventare una sorta di gruppi di supporto psicologico. La formazione del clero in seminario è facoltativa e per lo più i leader sono laici che vestono in maniera molto informale. Altro tratto caratteristico dei movimenti neo-carismatici è la partecipazione corporea che, piuttosto che quella meramente cognitiva, diviene la norma durante i culti. Infine, abbiamo un insegnamento incentrato sulla Bibbia, predominante rispetto alla predicazione (minimalismo dottrinale). Una figura molto importante per il movimento neo-carismatico è John Wimber, pastore della Calvary Chapel, precedentemente citata, che nel 1982, di comune accordo con la direzione di quest’ultima, decise di uscirne per diventare il leader di una nuova, grande denominazione, ovvero la Vineyard Christian Fellowship (detta anche Association of Vineyard Churches) la cui sede, attualmente, è ad Anaheim, in California. Una denominazione che, nel 2018, contava ben 600 chiese, sparse nel Nord America, più altre 1.800 in tutto il mondo. La tensione fra Wimber e la Calvary Chapel era cresciuta a causa dell’enfasi data da Wimber alle manifestazioni spirituali (guarigione e profezia in primo luogo). Un aspetto particolare della Vineyard è la struttura delle chiese: un’organizzazione altamente decentralizzata, che riflette la convinzione che, per la chiesa e la sua gestione, i ministeri e la diffusione a livello locale e regionale siano più efficaci. La maggior parte di queste chiese è quindi incaricata del proprio governo, anche se alcuni gruppi più piccoli esistono con il supporto e la supervisione della leadership di altre chiese. Un gruppo di leaders della Vineyard ha poi dato vita, negli anni Novanta, a quello che viene definito il Toronto Blessing (la Benedizione di Toronto). Nel 1994 la Vineyard fellowship, dichiarò come “aberrante” la Toronto Airport Vineyard, guidata da John Arnott, per varie “violazioni” fra cui la Holy laughter (la risata sacra) ovvero una sorta di accesso irrefrenabile di riso, talora accompagnato da un successivo “riposo nello Spirito”, ovvero un breve svenimento. Fenomeni questi, ben diversi dalla tradizionale glossolalìa, che, nel corso degli anni Novanta, investiranno anche altre comunità locali membre della Vineyard. Esperienze come queste slegano le comunità da una liturgia di tipo tradizionale per portarle a momenti basati essenzialmente su tali fenomeni. Le varie controversie porteranno quindi, come si diceva, la congregazione di Toronto a lasciare la Vineyard e a proseguire un’esistenza indipendente come Toronto Airport Christian Fellowship, che si evolverà poi in un network di livello internazionale, Partners in Harvest, attualmente presente in venti paesi del mondo. Alcune caratteristiche di questa esperienza, in versione però più “moderata”, si ritrovano nel cosiddetto “Risveglio di Pensacola” in Florida, nel Brownsville Revival e nelle Assemblies of God, sempre in Florida. Alla fine degli anni Novanta, altre controversie hanno circondato presunti eventi miracolosi nei quali non solo sui fedeli pioverebbero piccole particelle d’oro, ma anche delle otturazioni d’oro apparirebbero, dal nulla, nei loro denti, durante le funzioni religiose (i cosiddetti gold teeth, ovvero “miracoli dentari”). Queste divergenze, fra le esperienze iniziali della terza ondata e il movimento nato intorno alla benedizione di Toronto e di Pensacola, hanno successivamente indotto alcuni studiosi a parlare, per questi ultimi fenomeni, di una “quarta ondata”. Ma non vi è unanimità in merito.


Nell'immagine la Church of the Redeemer di Toronto, Canada.



FONTI

Appunti dalla seguente lezione:
“Pentecostali, carismatici e neo-carismatici”, tenuta dalla Prof.ssa Valentina Ciciliot dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’11 marzo 2022, nell’ambito del secondo di quattro incontri sul Pentecostalismo organizzati dall’Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino di Venezia. https://www.isevenezia.it/it/news/istituto/265-corso-pentecostalismo-2022


SITOGRAFIA (ultima visita: 7 aprile 2022)

www.youtube.com/watch?v=KWPZjzWRW8M

www.youtube.com/watch?v=o28Lc-m6xoE

www.youtube.com/watch?v=3D2WhjcvXUA&list=RDLVo28Lc-m6xoE&start_radio=1

www.youtube.com/watch?v=_P5B5Brz_lc

www.youtube.com/watch?v=GD8XWhkFC50

https://cesnur.com/indice/
Documento inserito il: 18/04/2022
  • TAG: religione, cristianesimo, protestantesimo, luteranesimo, metodismo, pentecostali, carismatici, neocarismatici

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