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Il Generale Miramón, giovane presidente messicano vittima della guerra civile, ricordato nel cimitero di Assisi

di Francesco Caldari


Un cenotafio è una tomba vuota, dedicata a una persona sepolte altrove. Il termine deriva dal greco kenos (che vuol dire vuoto) e taphos (che significa tomba). Ve ne sono di celebri, appartenenti ad epoche e culture diverse. Nella Basilica di Santa Croce a Firenze è ricordato l’illustre concittadino Dante Alighieri (sepolto a Ravenna), con un’opera realizzata dallo scultore Stefano Ricci.
Fu all’inizio dello scorso secolo che Concepción – più nota come Concha – Lombardo, volle un cenotafio nel cimitero di Assisi per ricordare il suo uomo caduto di fronte ad un plotone di esecuzione nel 1867 nella lontana Querétaro. È legittima la curiosità: perché ricordare qui, in Italia, il Generale Miguel Miramón, messicano di alto lignaggio, che fu Presidente all’età di soli 27 anni della sua nazione e che combatté in un cruento periodo della vita di quel Paese, uscendo sconfitto nella guerra civile che insanguinò la Confederazione?
Prima di tutto Concha “si sentiva italiana”. È lei stessa a confessarlo nelle sue memorie. Iniziò a scriverle all'età di 80 anni. Sono l'insieme di ricordi ed esperienze della sua vita, da cui emerge una profonda conoscenza delle circostanze del suo tempo, esposte sotto la prospettiva conservatrice che le lasciarono suo padre e suo marito quale eredità. Il volume - che conta poco più di mille pagine – fu pubblicato solo 63 anni dopo la sua morte, che avvenne a Tolosa, in Francia, il 18 marzo 1921, all'età di 85 anni. È lei quindi a raccontare come, nel 1861, periodo in cui la coppia viveva in esilio a Parigi, lei era presa dalla depressione e dalla nostalgia per il suo Messico. Miguel, seppure convinto che alcun luogo come la capitale francese fosse preferibile per trascorrere quel periodo della loro vita, acconsentì ai desideri della moglie, la quale riteneva che solo l’Italia avrebbe potuto ricordar loro la propria terra di origine, sia nel clima che nella empatia degli abitanti. Fu così che i due giunsero nel nostro Paese, ed entrambi se ne innamorarono. Concha era poi era una fervente fedele del Patrono d’Italia, San Francesco, assisano di nascita e di vita.
Concha, nata María de la Concepción Josefa Severa Ignacia Ramona Lombardo, proveniva da una famiglia benestante con origini nobili sia dal lato paterno che materno. La famiglia Lombardo era di stirpe irlandese e si era stabilita in Spagna intorno al 1640, per poi trasferirsi in Messico alla fine del XVII secolo. La madre, Germana Gil de Partearroyo, era imparentata con la nobile famiglia spagnola del Marchese di San Felipe.
Conobbe Miguel Miramón durante una visita al Colegio Militar, dove lui era un giovane tenente frequentatore. Inizialmente, la prima proposta di matrimonio di lui fu rifiutata, perché non considerato di rango adeguato allo status sociale. Quando Miramón salì le gerarchie dell’esercito e raggiunse il grado di generale di divisione, le ripropose il matrimonio e finalmente si sposarono nel 1858. La coppia ebbe sei figli.
Miguel era nato il 29 settembre 1832 a Città del Messico. Era di ascendenza francese. Suo padre, Bernardo, era un commerciante. Sua madre si chiamava Carmen Tarelo. Era uno dei dodici figli della coppia. Due dei suoi fratelli maggiori, Agustín e Bernardo junior, erano ufficiali dell'esercito messicano, un fatto che potrebbe aver influenzato la sua decisione di intraprendere la carriera militare. Entrò infatti nel Colegio Militar all'età di 15 anni. Il suo cursus honorum iniziò in un periodo di grande tumulto per il Messico, segnato dalla guerra messicano-americana (1846-1848). Giovanissimo e da poco arruolato, si distinse nell’epica difesa del Castello di Chapultepec contro l'attacco americano. Il grande coraggio dimostrato durante la battaglia gli valse il titolo di "eroico cadetto". La sua carriera procedette quindi rapidamente. Conseguì il grado di tenente di artiglieria nel 1851, per divenire due anni dopo comandante del Battaglione Attivo di Puebla. Combatté nelle battaglie di Mescala, Xochiapa ed El Cañón contro i ribelli del Piano di Ayutla, che miravano a rovesciare il dittatore Antonio López de Santa Anna. Miramón si distinse ancora una volta per la sua abilità militare e il suo coraggio, così come nella difesa di Tepemajalco contro i ribelli, sotto il comando diretto del generale Santa Anna.
Va detto che il periodo che stiamo raccontando fu per il Messico estremamente turbolento, caratterizzato da profonde divisioni politiche e conflitti civili. Il Paese veniva dalla guerra con gli Stati Uniti del 1846-48 di cui abbiamo accennato e viveva tensioni derivanti da una grave crisi economica e dal debito pubblico crescente, acutizzate dalla profonda divisione della società tra l’élite conservatrice (il clero che aveva una forte influenza, i militari, i grandi proprietari terrieri) e la classe media liberale emergente, mentre le masse contadine perduravano in condizioni di povertà. Dopo la Rivoluzione di Ayutla del 1855, che aveva rovesciato il dittatore Antonio López de Santa Anna, che dovette andare in esilio, i Liberali guidati da Ignacio Comonfort e da Benito Juarez erano saliti al potere promulgando una serie di leggi volte a ridurre il potere della Chiesa cattolica e dell'esercito, e a riformare l'economia e la società e di seguito (1857) una Costituzione che sanciva la libertà individuale e la creazione di una società laica, oltre a minare i privilegi e i valori tradizionali dei conservatori. Nondimeno Miramón venne promosso al grado di generale di brigata e nominato comandante dell'Esercito del Nord. Al culmine della sua carriera si sposò con Concha Lombardo. Era il 1858, aveva solo 26 anni ed era già considerato uno dei generali più promettenti del Messico, che viveva ora la così detta Guerra di Riforma o Guerra dei Tre Anni. Fu questo il riesplodere del conflitto civile, combattuto tra il 1858 e il 1861, tra i Liberali di Benito Juárez, subentrato a Comonfort, e i Conservatori, che si dividevano tra Félix María Zuloaga e lo stesso Miguel Miramón. Mentre i Liberali propugnavano un governo repubblicano federale, la separazione tra Stato e Chiesa, la ridistribuzione delle terre e altre riforme progressiste volte alla modernizzazione, i Conservatori di entrambe le fazioni difendevano un sistema centralizzato, il mantenimento dei privilegi del clero e dell'esercito e la preservazione dell'ordine sociale tradizionale.
In questo periodo di massima confusione per la grande instabilità politica ed i frequenti cambi di leadership, Zuloaga si autoproclamò presidente dopo un colpo di stato contro Benito Juárez. Miramón si pose a capo della contestazione all'interno dello stesso partito conservatore. I conservatori insoddisfatti deposero Zuloaga e Miramón venne nominato presidente sostituto. Questo creò una situazione di ulteriore caos politico: il paese si trovò in una peculiare situazione, con tre presidenti contemporaneamente: Juárez (presidente costituzionale liberale), Zuloaga (presidente conservatore deposto) e Miramón (presidente sostituto conservatore). Il contrasto interno al fronte conservatore indebolì significativamente la loro causa, sì che questa frammentazione favorì indirettamente il fronte liberale guidato da Benito Juárez. Il contrasto tra Zuloaga e Miramón rappresenta inoltre un esempio emblematico della complessità della Guerra della Riforma messicana, dove le divisioni non erano solo tra liberali e conservatori, ma anche all'interno degli stessi schieramenti politici.
Il paese si biforcò in seguito in due governi paralleli: quello Liberale guidato da Benito Juárez, con capitale a Veracruz e quello Conservatore, capeggiato definitivamente da Miguel Miramón, con capitale Città del Messico. Il nostro assunse la presidenza il 2 febbraio 1859 a soli 27 anni, sì da renderlo il presidente più giovane nella storia del Messico. La guerra fu caratterizzata da aspri combattimenti e causò gravi perdite umane ed economiche. Entrambe le fazioni cercarono appoggio internazionale. I Liberali ottennero il sostegno degli Stati Uniti, che vedevano in Juárez un alleato strategico nella regione, mentre i Conservatori avevano il sostegno delle potenze europee, in particolare dalla Francia, Spagna e Gran Bretagna.
Nel 1861, le forze liberali sconfissero i conservatori e ripresero il controllo di Città del Messico. La vittoria nella Guerra di Riforma segnò un punto di svolta nella storia del Messico, con l'affermazione definitiva del modello repubblicano e laico e la riduzione del potere della Chiesa, ponendo le basi per la costruzione di una nazione moderna e indipendente. Tuttavia, la guerra lasciò il paese in una situazione di grave crisi economica e sociale, e la strada verso la stabilità e la prosperità sarebbe stata ancora lunga e tortuosa.
Dopo la sconfitta, Miguel Miramón e Concha Lombardo furono costretti all’esilio in Europa. Durante questo periodo, Concha si dimostrò un pilastro di supporto morale e politico per il marito. La coppia come abbiamo scritto, visse in diverse nazioni europee. Tra l’altro il generale studiò tattiche di artiglieria in Germania, forse perché aveva già in mente di prepararsi a future campagne militari.
Intanto la sospensione del pagamento del debito estero da parte del governo Juárez, per far fronte alle spese belliche sostenute, portò all'intervento armato di Francia, Gran Bretagna e Spagna nel 1861, dando a Napoleone III un pretesto per lanciare il suo piano imperiale. I fatti: Benito Juárez, presidente costituzionale, ereditò un governo in bancarotta. Nel luglio il Congresso approvò una legge che sospendeva per due anni il pagamento degli interessi sul debito estero, per permettere al governo di destinare risorse alle necessità interne, incluse le spese per la ricostruzione.
I principali creditori - Francia, Gran Bretagna e Spagna - considerarono questa decisione inaccettabile. Per proteggere i propri interessi economici, e con il pretesto di garantire i diritti dei propri cittadini lì residenti, i tre paesi firmarono la Convenzione di Londra (31 ottobre 1861), che prevedeva un intervento congiunto. Le truppe sbarcarono nel porto di Veracruz nel dicembre 1861. Il controllo della città fu preso senza resistenza. Juárez cercò di negoziare con le potenze europee, e nel Trattato di La Soledad (febbraio 1862), firmato con il generale spagnolo Juan Prim, fu concordato che le truppe si sarebbero ritirate una volta garantito un nuovo piano di pagamento.
Gran Bretagna e Spagna accettarono i termini e si ritirarono, ma la Francia, guidata dall'ambizioso Napoleone III, aveva altri piani. Egli infatti non era solo interessato al recupero del credito, ma aveva mire geopolitiche. Voleva stabilire un regime monarchico filofrancese, per espandere la sua influenza in America Latina e contrastare il crescente potere degli Stati Uniti. Ebbe l’appoggio dei conservatori e lanciò un'invasione su larga scala, dando inizio al così detto Secondo Impero messicano. I liberali ottennero anche dei successi (rimasta nella storia del Paese la battaglia di Puebla del 5 maggio 1862, quando le truppe francesi furono sconfitte dalle forze messicane guidate da Ignacio Zaragoza, oggi commemorata come il Cinco de Mayo). Tuttavia, i francesi riorganizzarono l’esercito e continuarono l'invasione. Dopo aver infine occupato Città del Messico nel 1863, instaurarono un regime monarchico, offrendo la corona a Massimiliano d'Asburgo, che regnò dal 1864 al 1867. Un periodo che si concluse tragicamente con l'esecuzione di Massimiliano e il fallimento del progetto imperiale. Furono formalmente i conservatori a proporre la corona a Massimiliano, fratello dell'imperatore austriaco Francesco Giuseppe, che firmò un accordo con Napoleone III che garantiva il sostegno militare francese all'impero. Massimiliano e sua moglie, l'arciduchessa Carlotta del Belgio, arrivarono a Veracruz nel maggio 1864, accolti con entusiasmo dalle élite conservatrici e monarchiche. Con loro Miguel Miramón e Concha Lombardo, ben lieti di rientrare nel loro Paese, ma inconsapevoli del destino che li attendeva.
Invero il governo di Massimiliano adottò talune politiche liberali: garantì libertà di culto e promosse l'educazione laica, difese i diritti dei lavoratori e dei contadini, ridusse i privilegi della Chiesa cattolica (in contrasto con le aspettative dei conservatori). Alla fin fine questo lo alienò sia dai suoi sostenitori conservatori sia dai liberali, che continuavano a considerarlo un usurpatore. Come è evidente, l'impero dipendeva fortemente dalla presenza delle truppe francesi per mantenere il controllo del territorio. Tuttavia, molte regioni rurali e popolari rimasero fedeli a Juárez, che mantenne un governo repubblicano in esilio interno, principalmente nel nord del paese. Le sue truppe diedero vita ad una guerra di guerriglia. Intanto apparve il terzo incomodo, gli Stati Uniti, a conclusione della Guerra Civile Americana (1865) ed in aderenza alla Dottrina Monroe, che a ben vedere rimane un principio fondamentale della politica estera statunitense ancora oggi e potremmo sintetizzare nell'affermazione degli Stati Uniti come potenza egemonica nelle Americhe, limitando l'influenza europea nella regione. Questi aumentarono la pressione diplomatica e politica contro la Francia, chiedendo il ritiro delle truppe. Nel 1866, Napoleone III, preso da altri problemi interni ed esterni, decise di ritirarsi, lasciando Massimiliano senza il principale sostegno. L'impero perse rapidamente il controllo del territorio. La resistenza repubblicana, sostenuta dagli Stati Uniti con armi e fondi, guadagnò terreno. Nel 1867, Massimiliano si rifugiò nella città di Querétaro, dove tentò un'ultima resistenza contro le forze guidate da Mariano Escobedo. La città cadde dopo 72 giorni di assedio nel maggio 1867 e Massimiliano ed i suoi generali furono catturati, processati e condannati a morte per aver usurpato il potere, nonostante gli appelli internazionali per risparmiargli la vita, tra cui quelli di monarchi europei, di intellettuali come Victor Hugo e persino di Giuseppe Garibaldi. Il 19 giugno 1867, sul colle delle Campane (Cerro de las Campanas), Massimiliano fu fucilato insieme ai suoi generali, Miguel Miramón e Tomás Mejía. Si narra che, per onorare il suo miglior comandante, l’imperatore cedette a Miramón il posto centrale avanti al plotone di esecuzione.
I resti mortali di Miramón, che furono inizialmente sepolti a San Fernando, a Città del Messico, furono poi trasferiti nella cattedrale di Puebla, così come disposto della moglie. La leggenda vuole che, allorquando Concha, esule per l’Europa dopo la morte del suo amato Miguel e la conquista definitiva del potere dei Liberali, transitando per Assisi ai primi del Novecento avesse portato con sé, in una piccola cassetta di ferro, il cuore del Generale, e che espresse il suo desiderio che nel cenotafio in suo onore edificato nella terra di San Francesco fosse conservata quella cassetta. Le cose probabilmente non andarono così. Di certo è stata rinvenuta la camicia che egli indossava al momento della sua esecuzione, nel 1867.
Il cenotafio di Miramón ad Assisi rappresenta un importante simbolo del legame tra Messico e Italia, oltre a testimoniare l'amore e la devozione di Concha Lombardo per il marito. Purtroppo, la sua attuale condizione di abbandono – seppure di tanto in tanto una mano pietosa vi deponga dei fiori – sottolinea l'urgenza di un intervento di restauro per preservare questo pezzo di storia condivisa. Il monumento è peraltro di un certo valore artistico, trattandosi di una scultura in stile neogotico di "Madonna col bambino". Il rischio è che il comune di Assisi lo inserisca tra i sepolcri che perderanno la concessione, in considerazione dello stato di degrado e della mancanza di qualcuno che se ne occupi. Sarebbe una triste fine per il ricordo di colui che fu un Presidente messicano, e di sua moglie, devota a lui, al suo Paese, al Santo di Assisi ed alla città umbra.


Nell'immagine il Generale Miguel Miramón.

Documento inserito il: 18/11/2024
  • TAG: Generale Miramón, Concha Lombardo, Assisi, Guerra di Riforma messicana

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