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Il mestiere più vecchio del mondo

Se ci pensate bene imputano alla donna il mestiere più vecchio del mondo: la prostituzione del proprio corpo. E prostituire vuol dire: “vendere, offrire, cedere in cambio di denaro o di altri vantaggi ciò che comunemente si ritiene non possa essere oggetto di lucro o di calcolo interessato (Istituto della Enciclopedia Italiana, Vocabolario della Lingua Italiana, vol. III**, Roma 1991, p. 1157).
Mica male! La prostituzione è invece vista “come attività abituale e professionale di chi offre prestazioni sessuali a scopo di lucro (Ivi). Ma non è tutto. Scorrendo i vari significati fino in fondo ecco apparire una vera e propria curiosità (almeno per me che sono ignorante, ovvero non conosco): “In etnologia e nella storia delle religioni, prostituzione sacra, atto rituale presente nelle cerimonie di culto di molte popolazioni, che si compiva occasionalmente durante la cerimonia o la cui pratica era stabilmente affidata a sacerdotesse, secondo concezioni cosmologiche che attribuivano all’atto sessuale un valore propiziatorio legato al culto della fertilità (Ivi).
In realtà, a mio avviso, il mestiere più vecchio è quello del mercenario, seguito a stretto giro di boa dal fabbricante d’armi e dal mercante d’armi. Poi c’è il pappone, ovvero il così detto protettore (taluni lo chiamano «ricottaro»), che ramazza su qualche femmina per portarla al mercenario. A ben vedere la femmina che si prostituisce, per fede o per coercizione (non stiamo qui a cavillare), non riesce nemmeno ad aggiudicarsi una pedana sul podio, ma solo un risicato quinto posto. Il mercenario, meglio definibile come contractor, è un derivato del guerriero nudo e crudo, il quale se deve praticare il mestiere delle armi non può praticare e/o impratichirsi nell’arte del tacchinaggio.
Dicesi tacchinaggio (da tacchino, animale galliforme) il mettersi in mostra per rimorchiare una femmina. Pertanto, se non ha il tempo materiale per recuperare una femmina con cui sedare i propri naturali istinti mascolini, qualcuno gliela deve pur portare. E, nel qual caso, ciò avviene a fronte di un controvalore: do ut des (dò se mi dai). Io ti do la femmina, tu mi dai parte del denaro che ti hanno dato per evitare che qualcuno glielo porti via tutto. Oppure (ed è il caso decisamente più frequente e che oggigiorno va per la maggiore): «io ti do le femmine, tu mi dai parte del tuo denaro, che ti hanno dato affinché ne possano avere molto di più di quello che gli spetta, a scapito di chi non ti può pagare altrettanto bene per farti rimanere a casa a tacchinare».

Gli affari sono affari.
Perché talune femmine erano (o sono) chiamate «donne di malaffare»? Nel senso che a farci all’amore assieme poteva risultare un pessimo affare? Se l’affare è un qualcosa che si deve o si dovrebbe fare, risulta altresì indicativo di una operazione economica che sottintende sia un acquisto di ricchezza, sia una perdita o una semplice trasformazione della stessa. Ma il malaffare è un «cattivo» affare? Il vocabolario così suggerisce: «nella locuzione aggettivale di malaffare, riferita a chi conduce vita non conforme alla legge o alle consuetudini morali: gente di malaffare, donna di malaffare, prostituta; casa di malaffare, postribolo» (Istituto della Enciclopedia Italiana, Vocabolario della Lingua Italiana, vol. III*, Roma 1989, p. 33).
Ebbene non si parla di uomini, ma solo di donne e, incidentalmente, di «persone». L’uomo non si vende? Non si prostituisce? Non mette in piedi un bordello dove mercificarsi creando una casa di malaffare? Non è che questo sia un sottile e ben riuscito tentativo di convincere i maschietti a non mescolarsi con le femminucce se non per garantirsi una discendenza? E poi, ingravidata la donna e fatto quindi il proprio dovere, che gli istinti sessuali se li sedassero buttandoselo reciprocamente nel «baugigi» (meglio definito come «magazzino del cacao»).
Ad ogni buon conto, nemmeno l’uomo rimane esente da vizi e così recita la Bibbia (Genesi 13.13): “Gli abitanti di Sodoma erano perversi e grandi peccatori contro il Signore” (tratto da: http://www.laparola.net; versione Nuova Riveduta); inoltre (Giuda 7): “Allo stesso modo Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si abbandonarono, come loro, alla fornicazione e ai vizi contro natura, sono date come esempio, portando la pena di un fuoco eterno” (Ibidem); ma questo versetto è più incisivo (Romani 1.27): “similmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono infiammati nella loro libidine gli uni per gli altri commettendo uomini con uomini atti infami, ricevendo in loro stessi la meritata ricompensa del proprio traviamento” (Ibidem). Il Levitico è poi chiarissimo (Levitico 19.13): “Se uno ha con un uomo relazioni sessuali come si hanno con una donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro” (Ibidem).

Il mestiere del sedere
Il più bel mestiere è quello dello starsene a sedere! Ma non è proprio questo il punto. Oggi si fa delle tendenze sessuali «sodomitiche et gomorritiche» ampia e sempre più palese manifestazione. Per quale motivo? Se una donna risulta volgarotta e fuori luogo quando si atteggia ad ochetta, figuriamoci un maschietto che la imita. Il buon gusto ne soffre. E pure qualcos’altro. Ma non è che il mestiere più vecchio del mondo l’ha praticato il maschietto agli albori della civiltà? Ve ne spiego brevemente il fascino. Cominciamo col fare un salto indietro nel tempo, diciamo di un bel po’ di migliaia di anni. Nel momento in cui maschietti e femminucce decidono di passare dallo status di cacciatori-raccoglitori a quello di stanziali inurbati, anche i più deboli hanno la possibilità di ricavarsi un posto nella neonata società. Prima era sempre un corri, fuggi, caccia, scappa se quello che stai cacciando dà la caccia a te. In pratica il maschio o era tale sotto ogni punto di vista o la natura, tendenzialmente, se lo toglieva di torno con una certa rapidità. La femmina possiede invece una resistenza notevole e se ha i piccoli da accudire è una combattente a dir poco eccezionale (seppure non in ogni popolo). Ora, il ricoverare le stanche membra, dopo una giornata di lavoro, tra quattro mura e magari protette da una bella cinta fortificata che delimita l’intero insediamento, è un bel vantaggio. Se il pericolo arrivava, bastavano poche persone per fare la guardia ed avvisare il resto della comunità. Dietro una palizzata o dall’alto di un muro di cinta anche il più inetto riusciva a combinare qualcosa se si trattava di lanciare quattro sassi e dare l’allarme. Pertanto, anche colui il quale era d’indole più simile al cincillà che alla pantera, sopravviveva. A questo punto, l’inadatto, come sbancava il lunario, oltre a fare la sentinella? Oppure: non è che a starsene di vedetta schiantava di noia e, quindi, si distraeva un poco con un altro anche lui di sentinella? Ditemelo un po’ voi. Ma io penso che il mestiere più vecchio del mondo lo abbia incominciato proprio lui.

di Mercéde
Documento inserito il: 30/12/2014
  • TAG: prostituzione, mestiere antico, protettore, tacchinaggio, donne malaffare, postribolo, case chiuse

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