Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, storia contemporanea: Long walk to freedom. Costituzione americana e razzismo
>> Storia Contemporanea > Nel Mondo

Long walk to freedom. Costituzione americana e razzismo

di Tommaso Cerutti


La Dichiarazione d’Indipendenza, scritta da Thomas Jefferson e firmata dai padri fondatori americani il 4 luglio 1776 alla Convenzione di Philadelphia, riprendeva le libertà inglesi della Gloriosa rivoluzione democratizzandole, introducendo l’uguaglianza tra gli uomini. Al suo interno si poteva leggere:

Noi teniamo per certo che queste verità siano di per se stesse evidenti: che tutti gli uomini sono creati eguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di certi Diritti inalienabili, che tra questi vi siano la Vita, la Libertà ed il Perseguimento della Felicità. Che per assicurare questi diritti sono istituiti tra gli Uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati. Che quando un qualsiasi Sistema di Governo diventa distruttivo di questi fini, è Diritto del Popolo di alterarlo o di abolirlo e di istituire un nuovo Governo, ponendone il fondamento su questi principi ed organizzandone i poteri in una forma tale che gli sembri la più adeguata per garantire la propria sicurezza e la propria Felicità.

Il nazionalismo americano si caratterizzò fin da subito come “nazionalismo civico” piuttosto che “etnico”. Gli statunitensi si videro cioè come una “comunità immaginata” e non fondata su “Blut und Boden” (Sangue e terra), come ad esempio era per il romanticismo tedesco. Eppure la Costituzione entrata in vigore nel 1789 stabiliva all’articolo 1 sezione 2 che per il calcolo della tassazione diretta e dei rappresentanti degli Stati al Congresso gli schiavi (neri) avrebbero contato come i tre quinti di una persona e all’articolo 4 che gli “schiavi fuggiaschi” avrebbero mantenuto la loro condizione anche negli Stati dell’Unione in cui la schiavitù era stata dichiarata illegale. La legittimazione della schiavitù su base razziale era problematica non solo perché andava a determinare cosa volesse dire essere cittadini americani, ma anche cosa volesse dire essere esseri umani e individui civilizzati.
L’istituto della schiavitù era evoluto da quei “contratti di servizio” a cui vennero assoggettati i primi africani giunti a Jamestown nel 1619. Nei decenni successivi altre centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini avrebbero lasciato il continente africano in maniera coatta per raggiungere il Nord America. La tratta degli schiavi non sarebbe stata dichiarata illegale fino al 1° gennaio 1808, in virtù dell’articolo 1, sezione 9 della Costituzione, che lasciava la gestione dell’immigrazione ai singoli Stati fino a quella data.
Nei decenni precedenti alla Guerra Civile americana si sarebbero create notevoli frizioni tra gli Stati del Nord, in cui già alla fine del Settecento erano stati promulgati gli Emancipation Acts, e gli Stati del Sud, dove continuò a esistere la schiavitù. La difesa di questo istituto non dipendeva solo da ragioni economiche ‒ gli schiavi erano infatti essenziali per la coltivazione delle grandi piantagioni di tabacco e cotone ‒ ma era legato anche alla definizione della libertà stessa. Libertà dal governo federale e libertà del free man di disporre delle sue “proprietà”. Significativa a questo proposito è la frase con cui il mercante di schiavi giustifica i maltrattamenti inferti al protagonista ne La capanna dello zio Tom: “È un paese libero: quest’uomo è mio, e ci faccio quello che mi pare”.
La conquista di nuovi territori a ovest avrebbe posto il problema di cosa fare con le future annessioni. Nel 1820 con il “compromesso del Missouri” fu accettato il nuovo Stato nell’Unione senza che abolisse la schiavitù. Venne però tracciata una linea a cavallo del 36° 30’ parallelo che avrebbe dovuto dividere stati schiavisti (a sud) e liberi (a nord). Questa suddivisione si sarebbe bene o male mantenuta fino alla metà degli anni Cinquanta del secolo quando il Kansas-Nebraska Act intervenne a mutare definitivamente tale equilibrio.
In seguito all’elezione di Abraham Lincoln a presidente nel 1860, gli Stati del Sud, sentendosi minacciati dall’agenda repubblicana, si separarono dall’Unione dando vita alla “Confederazione”. Tema centrale nel conflitto che seguì fu l’emancipazione degli schiavi neri. In occasione dell’inaugurazione del cimitero nazionale di Gettysburg, dove in luglio si era combattuta una delle battaglie più sanguinose della Guerra civile americana, il 19 novembre 1863 Lincoln affermò:

Ottanta e sette anni or sono i nostri avi costruirono, su questo continente, una nuova nazione, concepita nella libertà, e votata al principio che tutti gli uomini sono creati uguali. Adesso noi siamo impegnati in una grande guerra civile, la quale proverà se quella nazione, o ogni altra nazione così concepita e così votata, possa a lungo perdurare.
[…] Sta piuttosto a noi il votarci qui al gran compito che ci è di fronte: che da questi morti onorati ci venga un’accresciuta devozione a quella causa per la quale essi diedero, della devozione, l’ultima piena misura; che noi qui solennemente si prometta che questi morti non sono morti invano; che questa nazione, guidata da Dio, abbia una rinascita di libertà; e che l’idea di un governo di popolo, dal popolo, per il popolo, non abbia a perire dalla terra.

Con la fine della Guerra Civile e la sconfitta degli Stati sudisti, sarebbero stati approvati i tre Reconstruction Amendments. Il XIII emendamento (1865), preceduto dalle disposizioni del Proclama di Emancipazione del 1862, sancì l’abolizione della schiavitù nell’Unione. Il XIV emendamento (1868) conferì agli schiavi liberati pieni diritti di cittadinanza e il XV (1870) il diritto di voto. Tali norme costituzionali sarebbero state rafforzate dal Civil Rights Act del 1875, poi decaduto in seguito alla sentenza della Corte suprema del 1883.
Nel periodo della “Ricostruzione” al Sud i bianchi scontenti dei nuovi equilibri venutisi a creare si erano infatti riorganizzati in gruppi suprematisti, come il Ku Klux Klan, fondato in Tennessee nel 1866, che aggredivano e terrorizzavano i neri che “non stavano al loro posto” tentando di esercitare i propri diritti, in particolare il diritto di voto. Sconfitti una prima volta dalle truppe di occupazione dell’Unione, questi gruppi sarebbero rinati in seguito al “Compromesso del 1877” che sancì il ritiro dell’esercito da parte del governo federale dai territori degli Stati ex ribelli. Alla fine del secolo nel Sud del paese vennero approvate una serie di leggi, le “leggi Jim Crow” ‒ dal nome di un celebre personaggio dei Minstrel shows, spettacoli in cui attori bianchi interpretavano personaggi stereotipati di colore ‒ che istituirono la segregazione razziale, principalmente nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto, provocando una massiccia migrazione verso nord della popolazione di colore. In questo senso un precedente importante furono i Black Codes promulgati al termine della Guerra civile per limitare i diritti degli schiavi emancipati.
Con l’avvento del XX secolo le nuove élite afroamericane abbandonarono la strategia dell’«adattamento» predicata da Booker T. Washington, che vedeva nell’affermazione economica dei neri il primo obiettivo da perseguire, accettando le discriminazioni. Gli sconvolgimenti legati alla Prima guerra mondiale, che aveva visto gli afroamericani combattere a fianco dei bianchi, e la rivoluzione culturale legata alla Harlem Renaissance, spinsero gli intellettuali di colore a battersi per l’«assimilazione» e l’eliminazione delle barriere che non permettevano ai neri di godere dei propri diritti costituzionali. Per questo motivo vennero costituite la National Urban League e la National Association for the Advancement of Colored People (NAACP). C’era poi chi come Marcus Garvey sosteneva l’esigenza per i neri americani di costituirsi come una nazione separata, abbandonando gli Stati Uniti per ritornare in Africa.
Negli anni Trenta l’amministrazione Roosevelt si concentrò in un primo momento nel costruire sistemi di sicurezza sociale in risposta alla crisi economica prodotta dal crollo della borsa nel 1929, che aveva sgretolato la fiducia cieca nel mercato deregolato. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale invece diventò centrale la definizione di un concetto di “cittadinanza democratica” universale e inclusivo, capace di superare la questione razziale, contrapposto ai regimi dittatoriali europei e all’imperialismo giapponese, fondati sulla discriminazione.
In linea con questi ideali, superata la fase più dura della Guerra fredda, a partire dalla metà degli anni Cinquanta gli afroamericani si mobilitarono per smantellare il regime segregazionista vigente nel Sud. In un suo celebre discorso pronunciato il 28 agosto 1963 in occasione della March on Washington for Jobs and Freedom davanti al memoriale di Lincoln il pastore Martin Luther King Jr affermò:

Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività. Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra.
Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un "pagherò" del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo "pagherò" permetteva che tutti gli uomini, sì, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità.

Il movimento per i diritti civili, alla cui testa si posero la Southern Christian Leadership Conference (SCLC) ‒ formatasi in seguito al boicottaggio degli autobus in Alabama ‒ e lo Student Nonviolent Coordinating Committee (SNCC), ottenne nel corso degli anni importanti conquiste attraverso il metodo della non violenza. Una serie di sentenze della Corte suprema spianò la strada all’approvazione del Civil Rights Act (1964) e del Voting Rigths Act (1965) durante l’amministrazione Johnson. Inoltre il bisogno di affermative actions degli afroamericani fu in parte soddisfatto dai programmi della Great Society, che miravano al completamento dello Stato sociale creato dal New Dealdi Roosevelt.
Le conquiste dei neri americani erano però tutt’altro che definitive, come segnalato dall’assassinio il 4 aprile 1968 a Memphis di Martin Luther King e il 6 giugno, durante la campagna presidenziale, di Robert Kennedy, che da Procuratore generale si era speso per far rispettare i diritti dei neri. Quest’ultimo faceva seguito all’attentato di Dallas del 22 novembre 1963, in cui aveva perso la vita il fratello John Fitzgerald, allora presidente in carica degli Stati Uniti.
Dato il forte clima di tensione non deve quindi stupire che continuassero a esistere settori radicalizzati tra i gruppi di protesta afroamericani. In particolare il nazionalismo nero predicato da Marcus Garvey, per il tramite di Malcolm X ‒ assassinato dai suoi ex confratelli della Nazione Islamica nel 1965 ‒ si diffuse all’interno del movimento del Black Power, almeno inizialmente non legato a un’ideologia rivoluzionaria come sarebbe stato per il Black Panther Party fondato a Oakland nel 1966.


Fonti

Dichiarazione d’Indipendenza (Thomas Jefferson, 07/04/1776):
https://scienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/546/Dichiarazione_di_Indipendenza_1776.doc+&cd=17&hl=it&ct=clnk&gl=it

Costituzione degli Stati Uniti d’America (09/15/1787):
http://www.dircost.unito.it/cs/docs/stati%20uniti%201787.htm

Discorso di Gettysbourg (Abraham Lincoln, 11/19/1863):
https://www.unipa.it/persone/docenti/m/rosanna.marsala/.content/documenti/A.-Lincoln--Il-discorso-di-Gettysburg-1863.pdf

I have a dream (Martin Luther King Jr., 08/28/1963):
https://www.unipa.it/persone/docenti/m/rosanna.marsala/.content/documenti/Discorso-M.-L.-King-1963.pdf

J. S. Holloway, Breve storia degli afroamericani, Bologna, il Mulino, 2022 [The Cause of Freedom: A Concise History of African Americans, Oxford, Oxford University Press, 2021]

E. Foner, Storia degli Stati uniti: La «libertà americana» dalle origini ad oggi, Roma, Donzelli, 2017 [The Story of American Freedom, New York, W. W. Norton & Company, 1998]
Documento inserito il: 04/05/2023
  • TAG:

Articoli correlati a Nel Mondo


Note legali: il presente sito non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità dei materiali. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale ai sensi della L. n. 62 del 7.03.2001.
La responsabilità di quanto pubblicato è esclusivamente dei singoli Autori.

Sito curato e gestito da Paolo Gerolla
Progettazione piattaforma web: ik1yde

www.tuttostoria.net ( 2005 - 2023 )
privacy-policy