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Un galileiano al Louvre: il viaggio di Lorenzo Magalotti in Francia (1668)

di Davide Arecco


Innamorato di Parigi: un grande europeo del XVII secolo

Lungo la direttrice geografica da Sud a Nord, il momento chiave, per la salda creazione delle relazioni anglo-toscane, fu il quinquennio cruciale 1665-1670. Durante quel lustro, numerosi furono i viaggi scientifici e diplomatici da Firenze a Londra e più in generale dalla Toscana granducale alle Isole britanniche, sovente, tuttavia, passando per la Francia. Parigi fu, in effetti, tra Sei e Settecento, una delle grandi capitali europee della cultura: letteraria, scientifica ed artistica. Un Grand Tour non poteva dirsi completo se privo di una visita nella capitale francese, lungo tutta la prima età moderna, sino al Romanticismo di inizio Ottocento. Si viaggiava per vedere, per conoscere, per trovare se stessi, talora per fuggire. Ansia di sapere, desiderio di altri spazi ed orizzonti per sé, inquietudine interiore furono tutti motori del viaggiare in Europa fra età barocca e secolo dei Lumi.
La figura cardine, nei rapporti scientifico-accademici e diplomatico-istituzionali fra Toscana e Nord Europa è nel XVII secolo quella di Lorenzo Magalotti (1637-1712). L’aristocratico fiorentino, formatosi presso i Gesuiti e all’Università di Pisa, dove era ancora perennemente vivo il ricordo del magistero galileiano, scrisse come noto dietro richiesta del Granduca i Saggi di naturali esperienze, all’inizio del 1667, una volta esauritasi la fase più ricca e documentata della vita dell’Accademia del Cimento. In estate, Magalotti intraprese quindi, con l’amico Paolo Falconieri, il primo di tre viaggi europei. Passando per l’odierno Belgio, giunse in Inghilterra, raccogliendovi informazioni sulle più avanzate novità scientifiche ed intellettuali, consacrando particolare attenzione alla riflessione sulle correnti libertine in materia di religione e di politica, alle elaborazioni teologiche del cristianesimo meno ortodosso, all'attività tecnica degli artefici, specie nel campo della cantieristica navale. Fece visita inoltre a Vossius, Spinoza, Saint-Evremond, Oldenburg (allora il curatore delle Philosophical Transaction ed il punto di riferimento del giovane Newton, nella Royal Society), Hooke, Hobbes ed infine Boyle, questi ultimi due impegnati, dal 1661, in uno scontro che contrapponeva, da un lato, la nuova scienza sperimentale e, dall’altro, una fisica razionalista, che aveva radicalizzato in direzione materialista il meccanicismo cartesiano francese.
Magalotti rimase in Inghilterra sino alla fine dell’inverno 1668. Giunta la primavera, tra il 26 ed il 28 aprile, salpò da Dover Cliffs per Calais, in direzione Parigi. Anche in Francia, egli si mostrò osservatore acutissimo, pronto a riferire ogni cosa al suo Principe. I suoi ragguagli per il Granduca e la corte fiorentina erano tutti fondati su informazioni dirette e meticolose, in alcuni casi raccolte dal Magalotti pure per via epistolare, sfruttando i suoi molti contatti europei. In terra francese, egli mise in mostra senza sforzarsi il proprio bel esprit, salottiero e nobiliare, galante e libertino, aristocratico ed enciclopedico, incline per natura a immagazzinare con rapidità i nuovi orientamenti della cultura scientifica e letteraria internazionale. Magalotti scrisse così il Diario dell’anno di Francia, tanto per conoscere (il mondo) quanto per informare (il principe). Affollò le proprie carte di ritratti dinamici e vivi, sapientemente giocati sul legame figura-ambiente. L’occhio del viaggiatore guardava tutto con precisione matematica. La scrittura magalottiana del Diario coglie, seleziona, cataloga e commenta, diffondendosi nei larghi spazi di un disegno onnicomprensivo, volto a rappresentare il mondo, tanto parigino quanto in generale francese. Si tratta di una scrittura incisiva che procede per immagini, sia trasparente sia armonica, come sottolineato da Maria Luisa Doglio. Magalotti riporta con estro nelle pagine del Diario le cose osservate e catalogate, con passione nomenclatoria: fotografa aspetti della sovranità e della cultura, della scienza e del potere, dell’arte e della società. In forma diaristica, egli divulga ai membri dell’élite toscana le cose a suo parere anche meno note.
Magalotti esplorò Parigi, passandola quasi al microscopio, e scoprì la grande città francese per mezzo delle sue raccolte e collezioni, librerie e fabbriche del sapere. Interessato allo sviluppo della scienza e della cultura in Francia, alle dottrine e alle discussioni accademiche, Magalotti vide ottici e botteghe antiquarie, artefici e merciai, orafi e sarti, sempre in cerca delle ultime novità. Una vera e propria galleria di uomini e cose, di aristocratici di Versailles e di dotti, allora, celebratissimi: fisici, astronomi, matematici, medici, giuristi, teologi, grammatici, storici, bibliofili, orientalisti ed eruditi (tra i quali Spanheim e Launoy), membri della Académie Française, rappresentanti di una cultura di taglio orgogliosamente elitario, i cui ritratti risplendono nelle carte di Magalotti. Questi vide, nella capitale francese, una comunità erudita, e gerarchica e piramidale (a differenza di quella londinese), che scriveva ancora per lo più in latino ed era attenta all’affermazione, trasmissione e diffusione dei nuovi valori sociali e orientamenti intellettuali di epoca luigiana. Magalotti diede conto di tutto: e di uomini e di cose. Istantanee di Parigi al tempo del Re Sole. Dai fogli manoscritti del Diario, emerge e si fa strada una dettagliata disamina: un’autentica pluralità di risvolti. In maniera organica, si può trovare dipinti con gusto quasi pittorico, nel Diario dell’anno di Francia, una serie di ritratti e della corte e dell’accademismo parigini. Le informazioni messe a disposizione da Magalotti sono quelle e del viaggiatore cortigiano e del raccoglitore di stravaganze naturalistico-erudite. Cronista acuto, il segretario del Cimento registra, dal vivo, a Parigi, una società e una cultura in movimento, per nulla statiche, parte integrante della scienza europea di allora.
Il diario di viaggio francese di Magalotti è scritto con una prosa che piacque, nel XIX secolo, a Leopardi e Carducci: una prosa varia ed irrequieta, come l’animo di Magalotti stesso, incline, ogni volta, a registrare novità e sollecitazioni, provenienti dall’esterno. Sono scritti, di corte e di mondo, redatti da un cronista sperimentatore la cui prosa scientifica fa data nella storia italiana, non solo del Seicento. Fra l’età di Galileo e quella del newtoniano Algarotti, il diplomatico granducale trasformò le proprie lunghe esperienze di viaggi – a Londra, Parigi, in seguito a Stoccolma – in scrittura, dalla forma colta e cangiante, tra classicismo e manierismo.
In Francia, Magalotti incontrò i maggiori dotti della cultura francese seicentesca, scientifica e non solo: l’abate Séguin, il Principe di Condé, il Nunzio apostolico, i diplomatici e di Genova e di Torino, il segretario di Anversa, il marchese Douglas, i militari cattolici del reggimento scozzese, lo Chapelain, teologi e matematici romani, letterati, l’Erbelot (che era stato gran figura a corte, durante gli anni di Richelieu), galantuomini con cui poté discorrere di scienza e di ottica, astronomi inglesi, il maresciallo di Gramont e il cavalier Marsili. Molti francesi chiesero a Magalotti notizie di Bardi e Dati, di Redi e Salviati. A Parigi il viaggiatore toscano fece inoltre la conoscenza di Adrien Auzout, il massimo astronomo francese del XVII secolo. Tra i bibliofili, avvicinò Justel, trovandolo molto cortese (e ben disposto verso i forestieri), gran collezionista di libri e amabile conversatore. Con lui, discusse di orologi e meccanica. Attirò Magalotti anche il mondo variopinto di artisti e scultori. Ma più di tutti, lo coinvolsero ed interessarono gli uomini di scienza: Carcavi (che gli mostrò numerose carte geografiche tolemaiche), Thévenot (forse il maggiore intermediario scientifico seicentesco, in Francia), Morland (costruttore a Londra di una calcolatrice superiore a quella di Pascal), oltre a vari savants gallicani. Da osservatore di scienze e tecniche, Magalotti venne attirato naturalmente anche da artiglieria e macchine militari, vele e cannoni. Vide l’Arsenale e i vascelli della flotta. Visitò poi Mariotte, campione dell’idraulica francese al tempo di Colbert, insieme a Roberval, ammiratore del modello geometrico euclideo e filo-copernicano. Tra i libertini Magalotti incontrò Larochefoucauld, alfiere dell’opposizione aristocratica all’assolutismo e della Fronda. Nella (neonata) Académie des Sciences, vide Bertet, Denis e Pecquet, ma soprattutto Sorbière, reduce dal suo gran viaggio inglese, noto a Magalotti, e venerato in tutta Europa. In accademia, diversi furono i confronti con anatomisti e medici, discutendo dei più recenti strumenti al servizio dell’arte iatrica. Con il Duca di Beaufort, Magalotti affrontò il problema nautico della longitudine, che tormentava – ed avrebbe tormentato a lungo, sino a metà Settecento – le marine di Olanda, Francia e Inghilterra. I luoghi, quindi: Magalotti vide con entusiasmo librerie ed università, collegi ed archivi, orti botanici, edifici gotici, chiese templari, Notre Dame, le Tuileries, il Palais Royal, l’Hotel de Ville ed ovviamente il Louvre. Né mancano paragoni e paralleli con Firenze e Londra. In generale Magalotti si conferma il campione, con i suoi viaggi a Londra e a Parigi, delle relazioni anglo-toscane e gallo-fiorentine: vera figura chiave poco dopo metà Seicento del dialogo europeo e del triangolo culturale e scientifico Inghilterra-Francia-Granducato. Né deve stupire l’interesse magalottiano verso l’arte e l’antiquaria (due dei motori del Grand Tour di età moderna). Semmai, esso dovrebbe far riflettere lo storico della scienza. Lorenzo Magalotti fu infatti più cose insieme ed esse non sono separabili. Una storia della scienza votata quasi unicamente ad un approccio tutto e solo ‘interno’ – incentrata, cioè, soltanto su scoperte ed invenzioni – non può spiegare sino in fondo lui e altri protagonisti affini del suo secolo (così come del successivo), e questo perché Magalotti non fu solamente un galileiano e il segretario del Cimento, ma un erudito a tutto tondo, devoto tanto a Venere, quanto a Minerva. Sia le lettere sia le scienze lo interessavano. Sia il mondo delle tecniche sia quello dell’arte. Diversamente, non si possono spiegare le sue visite al Louvre e alle Tuileries, a Notre Dame e al Palais Royal. Un dotto come lui non era solo esperimenti, ma anche gusto estetico. E Parigi, in merito, aveva tanto, se non tantissimo, da dargli. Ecco perché solo una storia istituzionale e socio-culturale della scienza e delle relazioni accademiche – tante il nobile toscano ne allacciò a Parigi, fra i gabinetti scientifici e le sale del Louvre – può dare davvero ragione di una figura come la sua e del suo mondo. O meglio: dei suoi mondi. Al plurale, come plurali furono Seicento e Settecento. La sola vera storia, profonda come le connessioni che videro il Magalotti protagonista, quando non attore primario, impegnato su più fronti. Davvero, sfumature e dettagli sono tutto. Senza, il quadro d’insieme non si può delineare e i suoi contorni restano vaghi.


Viaggi barocchi: da Parigi a Londra nel secondo Seicento

Soltanto pochi mesi più tardi, il 18 settembre, il Magalotti accompagnò il Principe Cosimo in un Grand Tour memorabile. L’erede al trono granducale ed il segretario del Cimento partirono dalla capitale toscana per portarsi in Spagna e da lì, nella primavera del 1669, in Inghilterra ed Irlanda. Fu l’occasione per Magalotti di rinsaldare le relazioni scientifiche, sue e della scienza granducale, con i natural philosophers inglesi. Legami che avrebbero in futuro portato la sua ascrizione a fellow della Royal Society, trasmessagli poi da Hans Sloane l’11 maggio del 1709.
In Inghilterra, Magalotti si prodigò, insieme a Cosimo, per divulgare i contributi naturalistici e medici degli amici Redi e Bellini. Solo nel 1721 sarebbero apparse, a Firenze, le Lettere scientifiche ed erudite, gran frutto anche dei viaggi inglesi. In quelle pagine postume, Magalotti si rivelò tenace assertore della dottrina atomistico-corpuscolare della materia nonché, in cosmologia, sostenitore del magnetismo di William Gilbert – tra le fonti, a Pisa, anche del cripto-copernicano Borelli (1666) – e delle vedute galileiane sulla presunta solidità delle comete, critico dell’astronomia di Cassini e della teoria dei loro moti esposta dal matematico ligure (appena passato, allora, da Bologna a Parigi). In opposizione alle teorie cassiniane, Magalotti applicò la fisica galileiana alla irradiazione dei corpi luminosi per spiegare gli effetti ottici prodotti nell’osservazione della coda delle comete. Un errore, ma solo alla luce di quel senno di poi che in storiografia non dovrebbe esistere mai.
I viaggi in Inghilterra di Magalotti sono quelli di un ‘poeta scienziato’. Postiglione d’Europa, egli vide, a Londra e nelle terre anglo-britanniche, paesaggi, gabinetti scientifici, salotti, raccolte di medaglie e cammei, libri a stampa e manoscritti. Sperimentò i primi echi antiquari e museografici di riscoperta del Medioevo e quelli della nascente orientalistica, osservando da vicino mille cose, rare e preziose. L’accademico in visita in Inghilterra avvicinò tecnici e pittori, vide manifatture e mercati librari, botteghe artigiane e tipografie. A Londra, Magalotti ‘vedeva’ per il suo Principe e prendeva appunti, per la corte granducale, poi confluiti nelle Relazioni d’Inghilterra. L’accademico toscano, con accortezza e tatto degni del diplomatico di razza, compì un itinerario prestigioso, nei meandri di corte e società inglesi. Esteta delicato, interessato alle ricerche scientifiche e sperimentali, allora in corso presso la Royal Society – sorta, si sa, anche e soprattutto guardando al Cimento fiorentino – e relatore raffinato della nuova cultura italiana, transitata dall’autunno del Rinascimento al Barocco, il Magalotti ‘inglese’ ed europeo fu un viaggiatore attento, altresì, alle dinamiche della politica e del costume. Quelle in Inghilterra furono per lui esperienze intellettuali e diplomatiche decisive.
Non si dimentichi, infatti, che i tre viaggi magalottiani in Inghilterra furono anche missioni di carattere diplomatico. All’interesse scientifico si univa la politica, in maniera non dissimile da altre esperienze toscane a Londra: quelle di Guasconi, Salvetti e Terriesi. Anche nel loro caso, dispacci e ragguagli scritti per la corte medicea e lo Stato granducale potevano contenere in più pure notizie ed informazioni circa il sapere, e accademico e tecnico, inglese. Nei circostanziati rapporti diplomatici manoscritti che ambasciatori, delegati, agenti e segretari inviavano, da Londra a Firenze, le notizie e informazioni su forma di governo, società, economia e vita di corte potevano contenere anche qua e là dati sulle produzioni tecnico-scientifiche. Uno dei motivi per cui l’odierno storico della scienza si dovrebbe rivolgere, nei quadri di una ricostruzione completa e istituzionale del sapere, pure a questo tipo di fonti, assolutamente essenziali per ridefinire i contesti e raccontarne i meccanismi.
La propensione magalottiana per la cultura inglese si concretò una volta ritornato in patria – in anni trascorsi tra Firenze e Roma (dove godeva di potenti entrature negli ambienti ecclesiastici), alle prese con rime arcadi e studi danteschi – in pregevoli traduzioni poetiche: di Philips (1749), Walter (La battaglia delle Bermude) e Milton (parte del Canto I del Paradise Lost). Torniamo a rileggerlo: Lorenzo Magalotti è un grande e ancora troppo poco conosciuto volto del nostro Seicento. Pieno di contraddizioni – che concorrono a tratteggiarne la grandezza – seppe fotografare con i suoi viaggi i sogni e le ansie, le tensioni e le utopie di un’intera epoca. Diplomazia, scienza, letteratura, politica, arte: Magalotti resta davvero uno dei maggiori volti dell’enciclopedismo seicentesco. Un autentico coro di mondi alberga nelle sue pagine.

Per Alessandra,
anche lei innamorata di Parigi


Nell'immagine, Parigi nel Seicento.


Bibliografia

Davide ARECCO, Genova, Firenze, Londra. Viaggiatori italiani in Inghilterra, tra Seicento e Settecento, Genova, Città del silenzio, 2023;
Davide ARECCO, Cosimo III in Inghilterra (1669). Francesco Redi, la scienza inglese e la Royal Society al tempo della Restaurazione Stuart, in Sine ira ac studio. Metodo e impegno civile per una razionalità illuministica, a cura di Francesco Luzzini, Milano-Udine, Mimesis, 2024, pp. 71-96;
Massimo BALDINI, Magalotti. Religione e scienza nel Seicento, Brescia, La Scuola, 1984;
Paolo CASINI, Introduzione all’Illuminismo, Bari, Laterza, 1973;
Giovanni MACCHIA, Le rovine di Parigi, Milano, Abscondita, 2023;
Lorenzo MAGALOTTI, Diario di Francia dell’anno 1668, a cura di M.L. Doglio, Palermo, Sellerio, 1991;
Roland MOUSNIER, Parigi capitale nell’età di Richelieu e di Mazzarino, Bologna, Il Mulino, 1983. Documento inserito il: 08/11/2024
  • TAG: Barocco, storia della scienza, storia moderna, Firenze, Parigi, Londra, storia dell’arte, XVII secolo, storia del viaggio, società di corte, storia della cultura europea

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