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L'esercito Francese: l'esercito regio [ di Massimo Zanca ]

Fu la guerra dei Sette Anni (1756-63) a mettere in evidenza quanto l’esercito francese fosse ormai in piena decadenza. Il conflitto, che vedeva schierati da una parte Austria e Francia e dall’altra Prussia ed Inghilterra, si concluse infatti con la totale sconfitta dell’esercito francese. Si tratta di una decadenza che interessa sia i comandi che la qualità delle truppe. Per quanto riguarda il primo aspetto, si pensi che l’armata venne affidata da re Luigi XV (1710-1774), vero e proprio re fannullone, ad un protetto di madame de Pompadour, il generale Soubise e che tutti gli ufficiali provenivano dalla nobiltà, uomini spesso più inclini all’agiata vita di corte che alle peripezie delle campagne di guerra. Per quanto concerne, invece, lo stato della truppa questo è il rapporto fatto dal generale Luigi de Bourbon-Condè, conte di Clermont all’inizio del 1758, mentre operava con le sue truppe nella Germania dell’ovest: Questa povera armata versa in uno stato miserevole… compagnie di dodici uomini; con ospedali sporchi e ove regna il più forte fetore, con poca biancheria e in cui si può avere solo un pò di brodo. In breve, viviamo in un inconcepibile stato di confusione e sudiciume; non vi è disciplina, sia fra gli ufficiali che fra i soldati.
Ovviamente, il nostro generale non era da meno: alla vigilia di uno scontro con le truppe prussiane, volle finire di pranzare prima di incontrare il nemico! Solo quando la guerra finì un gruppo ristretto di ufficiali potè cercare di spingere la monarchia ad intraprendere qualche riforma. La prima fu quella portata avanti, fra 1764 e 1771, del ministro Etienne F. Choiseul, che toglie i reggimenti dalla potestà dei nobili, trasformandoli in organizzazioni militari permanenti e rendendo il governo reale direttamente responsabile per quanto riguarda il reclutamento, la paga e l’approvvigionamento. A questo provvedimento, che portò con sè la creazione della figura del quartiermastro reggimentale, si accompagnarono l’istituzione di una prima, rudimentale forma di polizia militare, di una scuola di veterinaria ad Alfort e la riorganizzazione della milizia. Il successivo ministro della guerra, Claude Louis de Saint-Germain, riorganizzò il servizio medico militare, formò le divisioni territoriali, creò dieci scuole militari e ridusse il numero delle guardie reali. Sfortunatamente, cercò anche di introdurre lo stile di disciplina prussiano e dunque le punizioni corporali, consistenti per lo più in colpi sferrati col lato piatto di una sciabola. Philippe-Henri, Marchese de Segur, resse il ministero dal 1782 al 1787 rafforzò il Corpo di Artiglieria, riorganizzò il personale che operava nei comandi e più in generale cercò di combattere tutti gli abusi che occorrevano in una organizzazione ancora in balia dei voleri nobiliari. Dal 1789 si insedierà un Consiglio di guerra composto da ufficiali veterani che semplificò il sistema di comando dell’esercito e iniziò a lavorare su un nuova regolamentazione dello stesso. Gli sforzi dei riformatori portarono a qualche risultato: gli artiglieri, i genieri e gli ufficiali raggiunsero ottimi livelli di competenza, mentre apparirono i primi embrioni delle divisioni di fanteria e cavalleria. Purtroppo queste riforme arrivarono troppo tardi e, soprattutto, si innestarono nel tessuto di una nazione che stava esplodendo. Non solo: queste riforme furono sempre avversate dai monarchi: Luigi XVI riuscì a vanificare, ad esempio, tutto il lavoro di De Segur stabilendo che tutti coloro che volessero diventare ufficiali dovessero produrre prove originali di discendere da una famiglia nobile da almeno quattro generazioni: in questo modo si scartava a priori qualsiasi principio che cercasse di operare una selezione sulla base del merito e della competenza, piuttosto che sul pedigree degli aspiranti. Poco prima che scoppiasse la rivoluzione, Luigi XVI, controllava direttamente non meno della metà delle nomine e promozioni di ufficiali in seno all’esercito. Conseguenza prima di questa politica fu lo scontro in seno all’armata fra gli ufficiali provenienti dalla grande nobiltà - che ricoprivano i gradi più alti e che ricevevano donazioni e prebende da parte del potere regio – e quelli invece provenienti dalla piccola nobiltà di campagna, che, a spregio della loro abilità, valore, abnegazione al servizio, raramente riuscivano a raggiungere il grado di maggiore. Insieme, tuttavia, questi ordini si opponevano decisamente all’ascesa nell’ufficialità di individui non nobili, che spesso coincidevano con i figli di ricchi borghesi e riuscirono ad ottenere che la regola delle quattro generazioni fosse necessaria anche per diventare ufficiali della milizia e per accedere alle scuole di artiglieria e genio. Vi era poi una terza categoria di ufficiali: gli ufficiali di fortuna, individui promossi per atti particolari di coraggio o per lungo servizio. Tuttavia, questi non riuscivano ad andare oltre il grado di tenente nelle compagnie di granatieri o diventare il porta bandiera del reggimento. Inutile dire che questa diversificazione sulla base della nobiltà provocava una sotterranea guerra per il potere che logorava l’armata, sia dal punto di vista dell’efficienza che da quello del morale. Così, ad esempio, erano le necessità dell’aristocrazia e non la dimensione dell’esercito a determinare il numero di ufficiali: nel 1789 vi erano 9277 ufficiali attivi per 162.806 soldati nominali. 6333 erano nobili, 1845 non-nobili e 1100 ufficiali di fortuna. Cosa, poi, facessero realmente tutti questi ufficiali è altro discorso, visto che in tempo di pace erano per lo più i sergenti ad occuparsi dell’amministrazione e dell’addestramento del reggimento, mentre molti capitani nemmeno ricordavano il nome di almeno tre dei loro uomini. Il risultato finale era la decadenza addirittura della vita di caserma: il cibo era solitamente molto povero, ed era normale che due o perfino tre soldati dormissero sulla stessa branda. Ma la causa che determinò più di tutte la fine dell’esercito regio fu la questione della paga. Già molto modesta, veniva poi ulteriormente decurtata dalle ruberie degli ufficiali, senza contare che quando i soldati venivano impiegati come manodopera per realizzare opere pubbliche, vedevano decurtata dalla loro paga i giorni prestati in queste mansioni. Due le conseguenze più immediate: poche reclute e un altissimo grado di diserzione, addirittura spesso più di un terzo degli uomini nel corso dell’anno fuggiva dal reparto. Durante i periodi di pace l’esercito, per completare i propri ranghi, ricorreva all’arruolamento volontario, di solito effettuato utilizzando frodi, inganni o anche cercando di allettare, tramite promesse di facili guadagni, i malcapitati, o ricorrendo all’uso della forza, come il rapimento. Le reclute provenivano, a quanto sembra, per lo più da Parigi e dalle altre grandi città del regno; solo un terzo provenivano dalla campagna. Ma la maggior parte delle reclute proveniva dalla feccia della nazione: avventurieri di ogni sorta, disertori di altri eserciti, criminali rilasciati a condizione che si fossero arruolati, uomini in fuga da creditori o da problemi di donne, artigiani incapaci e apprendisti ubriaconi. Vi erano due tipi di reclutatori: quelli regolari, di solito un sergente designato dal reggimento, e i cosiddetti recoleur, che garantivano reclute alla nazione che meglio pagava. Vi erano anche personaggi, chiamati embaucheur, che cercavano di convincere i soldati a disertare con lo scopo di arruolarsi in un esercito straniero. All’inizio del 1791 la fanteria francese contava i cosiddetti Vieux Corps, cioè i reggimenti della Piccardia, del Piemonte, della Navarra, della Normandia e del Maine, risalenti al 1572, quello della Champagne, formato nel 1575, e infine quello dell’Alvernia assieme ad altri cinque piccoli Vieux Corps, e 102 reggimenti di fanteria, fra francesi ed esteri. Sotto Choiseul ogni reggimento era formato da due battaglioni, ognuno su otto compagnie fucilieri ed una granatieri. Saint-Germanin ridusse le compagnie a cinque, rendendole tuttavia più grandi, sostituendo inoltre la compagnia granatieri del secondo battaglioni con una compagnia di cacciatori (fanteria leggera). In conseguenza della guerra in America a supporto dei ribelli, vennero istituti 12 battaglioni di cacciatori a piedi, che dovevano rimpiazzare i disordinati corpi franchi, formati per lo più da non francesi: il reclutamento di questi nuovi battaglioni avvenne per lo piUgrave; utilizzando uomini provenienti da zone montane o boschive e gli stessi battaglioni presero il nome dal territorio di reclutamento (Provenza, Delfinato, Pirenei, Cavennes, Gevaudan, Ardenne, Corsica, Alpi, Vosgi, Cantabre, Bretagna, Rossiglione). La cavalleria era in via di ricostruzione e modernizzazione. Choiseul introdusse nuove più semplici e veloci manovre, utilizzando formazioni profonde solo due ranghi. Dispose inoltre che la carica avvenisse al galoppo allo scopo di arrivare al contatto fisico col nemico: in precedenza la carica avveniva al troppo e si era soliti compiere azioni a fuoco. Queste riforme non interessarono tanto i 24 reggimenti di cavalleria pesante, quanto i diciotto reggimenti di dragoni. Rimanevano poi sei reggimenti di ussari, composti però per lo più da cavalleggeri esteri. Il corpo di artiglieria, sebbene fosse apprezzato in tutto il mondo, era strutturato in maniera anacronistica. Per lungo tempo fu considerata parte della fanteria e non riuscì a raggiungere lo status di arma separata fino al 1774 e comunque fino al tardo 1789 i sette reggimenti di artiglieria erano ufficialmente associati ad un reggimento di fanteria, tanto che per identificarsi adottarono il nome delle scuole di artiglieria presso le quali erano sistemati: La Fère, Besançon, Strasburgo, Metz, Toul, Auxonne e Grenoble. Gli ufficiali di artiglieria, che dovevano sapere di matematica e fisica, dovevano superare esami pratici e scritti: per questa ragione, si tratta del corpo con la minor presenza di nobili, ma in cui si emergeva per competenza, intelligenza e bravura. Un tal Napoleone Buonaparte iniziò la propria carriera militare nel corpo di artiglieria…. Aspetto, poi, molto importante è che le guide dei traini erano civili sotto contratto e non personale militare, elemento che ne diminuiva radicalmente l’efficienza durante la battaglia, dato che questi, una volta piazzati i pezzi, erano soliti fuggire dal campo. Nell’esercito regio vi era un’alta proporzione di truppe straniere. Nel tardo 1790 abbiamo 11 reggimenti svizzeri, 5 tedeschi, 3 irlandesi, 3 di Liegi e Belgi, ed uno svedese. Stessa forte presenza di stranieri vi era nella cavalleria: accanto ai reggimenti Royal Etranger, Royal Piemont, Royal Allemand e altri, stavano i reggimenti ussari formati quasi interamente da tedeschi, mentre circa 1/3 dei nuovi battaglioni cacciatori era costituito da stranieri. Queste truppe avevano diritto ad una paga più alta di quella dei loro commilitoni francesi – specie gli svizzeri – nonchè ad alcuni privilegi; inoltre vestivano una divisa che contrastava con il bianco dei francesi: rossa per svizzeri ed irlandesi, blu scuro per gli altri. Sebbene fossero considerati molto utili per reprimere le rivolte, durante la rivoluzione solo due reggimenti, uno tedesco ed uno svizzero, combatterono a favore della monarchia. Vi era, infine, in Francia anche la milizia, che operava sotto il nome di truppe provinciali. La più importante riorganizzazione prima della rivoluzione fu quella del 1778. Il servizio durava quattro anni, la selezione avveniva per sorteggio e non erano accettati volontari nè sostituti. Il potere centrale decideva quanti dovevano essere arruolati per distretto: teoricamente, solo gli uomini scapoli potevano essere chiamati a svolgere questo servizio, senza riguardo allo status sociale. Alla fine, tuttavia, brogli nei sorteggi, l’influenza dei nobili e del clero, facevano sì che fossero soprattutto i poveri e gli umili ad assolvere a questo dovere. Venivano così formati 106 battaglioni, 80 dei quali venivano attaccati ai reggimenti regolari come loro battaglioni di guarnigione, con il compito, in tempo di guerra, di presidiare e difendere la città e curare i depositi di materiali. Gli altri battaglioni formavano 13 reggimenti provinciali, sette assegnati all’artiglieria, cinque al genio ed uno a Parigi. Tutti le compagnie granatieri erano riunite a formare 13 reggimenti di Granatieri Reali. L’addestramento di queste unità era tuttavia molto scarso: l’organizzazione venne abolita nel 1791 e fu un grossolano errore perchè comunque fornì un numero elevato di uomini e quadri alle formazioni di volontari del 1792. Per quanto riguarda l’uniforme, dobbiamo sempre a Choiseul l’istituzione, nel 1762, della divisa bianca per la fanteria, le cui unità venivano riconosciute per i diversi colori di polsini, colletti etc., blu scura per artigliera, genio e cavalleria pesante, verde per dragoni e cacciatori a cavallo; gli ussari mantennero la loro prerogativa di avere uniformi diverse da reggimento a reggimento. L’esercito regio si configurava così come la somma di diversi reggimenti, risultando sul campo di battaglia uno strumento poco maneggevole. I reggimenti, nel numero di due, formavano la brigata e queste erano assegnate al centro, all’ ala o alla riserva. Tuttavia tutte le formazioni superiori al reggimento erano temporanee e dunque non vi era uno staff di comando permanente. Nel 1758 Clermont strutturò l’esercito su due divi di divisioni: la prima, consistente in due brigate, sarebbe stata comandata da un marechaux de camp (in età napoleonica verrà chiamato general de brigade); la seconda comprendeva invece due formazioni del precedente tipo ed era comandata da un tenente generale. Nel marzo del 1776 Saint-Germain istituì le divisioni. La Francia venne divisa in dipartimenti militari; le truppe che insistevano in ogni dipartimento formavano una divisione, comandata da un tenente generale, assistito da due marechaux de camp. In pratica, queste formazioni potevano avere da un minimo di tre brigate ad un massimo di sette; solitamente inoltre comprendevano fanteria e cavalleria.Vi era, poi, uno scarso spirito patriottico nell’esercito: il re era il suo centro e la sua forza motivante, sebbene Luigi XVI non ebbe mai la consapevolezza di questa responsabilità. Egli, come nel medioevo, riponeva la propria fiducia nei suoi grandi nobili, senza curarsi dei bisogni dei proprio soldati. E così anche l’esercito, a poco a poco, divenne un organismo assai sensibile alle idee propugnate dalla Rivoluzione: nulla di cui stupirsi se, all’atto dell’urgenza, l’esercito, se non qualche frangia, non si schierò a difesa del proprio re.

Per gentile concessione dell’Associazione Napoleonica d’Italia
Documento inserito il: 25/12/2014
  • TAG: francia, esercito prerivoluzionario, decadenza esercito francese, comandi inadeguati, luigi XV re fannullone, consiglio guerra 1789, vieux corps 1791, riforme esercito,
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