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La rovina economica della Spagna

Alla fine del XV secolo e nella prima metà del XVI, l'industri spagnola ebbe un breve periodo di fioritura dovuto principalmente all'annessione degli industriosi territori arabi del Sud e ai saccheggi coloniali.
Città provinciali oggi, in quel periodo, Toledo, Burgos, Cuenca, Segovia e Valladolid erano grossi centri metallurgici, della lavorazione dei panni e della seta, che producevano prodotti di rinomanza mondiale, come le famose spade di Toledo. Questa città, contava all'epoca oltre 50.000 artigiani ed operai occupati nel lavoro a domicilio e manifatture che impiegavano fino a 300 operai.
Siviglia, oltre ad eccellere per i commerci d'oltremare, contava ben 130.000 persone occupate nei vari mestieri.
Questo benessere durò ben poco: alla metà del XVI secolo la decadenza economica era già ben visibile da molti fenomeni e con il passare degli anni si accentuò in maniera rovinosa.
Un grave colpo all'industria fu causato dall'afflusso di metalli preziosi dalle colonie americane: se in un primo momento questi avevano influito positivamente sull'economia spagnola, con il passare del tempo essi causarono l'aumento dei prezzi, che nel corso di un secolo si quadruplicarono comportando tutta una serie conseguenze negative, tra le quali la scomparsa della piccola nobiltà, che non potendo più trarre sostentamento dai propri esigui possedimenti agricoli fu rovinata.
Sull'industria l'aumento dei prezzi fece aumentare vertiginosamente i costi di produzione: essa non fu più in grado di competere con l'industria straniera ed in modo particolare con le Fiandre, di formazione più antica e meglio organizzata, in grado di produrre a costi inferiori.
In mancanza di un'adeguata politica protezionistica da parte dello Stato, il paese venne invaso dalle merci straniere, che in poco tempo condussero al fallimento l'industria spagnola.
Un posto di rilievo fra le cause della decadenza lo ebbe la crisi dell'agricoltura, determinata dallo strapotere della nobiltà.Agli inizi del XVI secolo le condizioni dei contadini variavano a seconda delle regioni: Mentre in Aragona e nel sud della Spagna permanevano in alcuni casì la schiavitù o dure forme di assoggettamento feudale, in altre zone vi erano forti strati di contadini liberi che vivevano in condizioni economiche soddisfacenti.
Purtroppo, nel corso di un secolo i nobili spagnoli riuscirono a ridurre tutti i contadini ad una massa miserabile, ferocemente sfruttata ed oppressa. In certi casi li espropriò totalmente, costringendoli al vagabondaggio o al servizio mercenario nell'esercito.
Si poteva ottenere ciò per mezzo di usurpazionidei beni comunali o della corona, un tempo di godimento dei contadini, con una smisurata elevazione delle rendite e dei tributi feudali, e con il rafforzamento delle giurisdizioni signorili nelle campagne, fino la punto di permettere al nobile di far giustiziare il contadino, oppure di assassinarlo senza giudizio e senza incorrere in alcuna sanzione.
Una nefasta influenza sulle campagne l'ebbe l'istituzione della Mesta: si trattava di un'associazione di grandi proprietari di greggi di ovini, che nel corso dell'anno si spostavano in base alle stagioni dal Sua al Nord o viceversa, per trovarvi pascolo. A questa associazione, che a metà del secolo sembra possedesse non meno di 7 milioni e mezzo di pecore, appartenevano personaggi vicini alla corte, dell'alta aristocrazia e gli ordini religiosi.
Agli inizi del secolo la Mesta poteva gosere di privilegi straordinari: per pascolare le greggi essa poteva occupare i terreni comunali ed usufruire di tutte le terre che si trovavano nei territori di pascolo o lungo i percorsi di transumanza a prezzi molto bassi, stabiliti nel primi anni del Cinquecento e rimasti invariati fino al XVIII secolo, nonostante il costante aumento di tutti gli altri prezzi.
Le contestazioni contro gli arbìtri e le innumerevoli prepotenze della Mesta e dei suoi agenti erano dibattute davanti agli stessi tribunali dell'associazione, che naturalmente non potevano accusare se stessi.
Gli effetti di queste pratiche dissennate furono terribili per l'agricoltura e per i contadini spagnoli: dai territori devastati dagli enormi greggi della Mesta, i contadini fuggivano dopo aver assistito alla distruzione dei loro raccolti e la popolazione si ridusse ad un quinto. Il pascolo indiscriminato valse a rendere gran parte del territorio spagnolo semidesertico, in particolar modo sugli altipiani.
Nel corso del Cinquecento la Spagna dovette importare grandi quantità di viveri dall'estero a causa dell'insufficiente produzione agricola locale. Quando l'importazione a causa di guerre o di scarsa produzione sui mercati stranieri veniva a mancare,le carestie e le morie si abbattevano sulla parte più indigente della popolazione.
Alla decadenza dell'economia spagnola diede il proprio contributo la disumana persecuzione contro i Moriscos, discendenti degli Arabi, e dei Marranos, gli Ebrei: entrambi, furono costretti sotto il regno della regina Isabella, a convertirsi al cristianesimo. Ciò avveniva per mezzo di cerimonie nelle quali Arabi ed Ebrei venivano battezzati in massa. Ovviamente gran parte di questi convertiti nel segreto delle loro case continuavano a praticare la religione dei loro padri.
Entrambe queste etnie rapprsentavano gli elementi più attivi dell'agricoltura e dell'industria: nelle loro mani era concentrata tutta la produzione della seta nel Sud della Spagna. Per approppriarsi delle loro ricchezze e delle loro terre, la nobiltà organizzò dei veri e propri pogrom, in particolare sotto il regno di Filippo II.
Per fare ciò si usava l'argomento religioso, così da poter consegnare le vittime nelle mani dell'Inquisizione; da queste popolazioni si pretendeva che rinunciassero ai loro usi e costumi e perfino alla loro lingua.
Spinti dalla disperazione, nel 1568 i moriscos insorsero, auspicando la resaturazione del califfato. Solo nel 1570 il governo riuscì a soffocare la rivolta e la sua vendetta fu terribile: Le popolazioni di origine araba vennero trasferite in Castiglia, le loro terre vennero confiscate in favore della nobiltà laica ed ecclesiastica; migliaia di prigionieri vennero venduti come schiavi sul mercato delle Baleari, migliaia di altri vennero consegnati all'Inquisizione che li condannò al rogo: centinaia per volta vennero bruciati vivi sulle piazze, nei tragici Autos da Fè, atto di fede, come vennero chiamati all'epoca dei fatti.
L'opera venne completata nel 1609 da Filippo III, che espulse dalla Spagna i Moriscos superstiti, privando così il paese delle sue migliori forze lavorative nel campo del commercio, dell'industria e dell'agricoltura.
La politica del governo, dominato dall'aristocrazia, fu l'lemento determinante della rovina spagnola. Nobiltà e clero erano infatti dispensati dalle imposte, ma nelle loro mani finiva la maggior parte dei redditi provenienti dalle guerre o dallo sfruttamento dei territori assoggettati e che costoro dissipavano impegnandoli in costruzioni magnifiche ma improduttive, oppure in un lusso sfrenato: basti pensare che il solo Duca d'Alba possedeva 1.500 piatti d'oro.
L'aristocrazia ed il clero non erano neppure soggetti al pagamento delle più gravi imposte indirette come quella dell'Alcabala, che consisteva in un prelievo del 10% su ogni transazione commerciale: questa imposta si pagava più volte sulla stessa merce ad ogni passaggio di proprietà, non toccava i proprietari di grandi greggi e di latifondi, poichè costoro vendevano i propri prodotti all'estero.
Il peso dei tributi soffocava il commercio e l'industria e rendeva impossibile la vita della parte più povera della popolazione: dalla metà del XVI secolo alla metà del XVII, in mezzo alla gravissima decadenza economica, il peso dei tributi nella sola Castiglia venne quasi sestuplicato, passando da 3 a 17 milioni di ducati, tanto da far esclamare ad un deputato alle Cortes del 1594: "Come si può commerciare, quando su un capitale di 1.000 ducati se ne devono pagare 300 d'imposta?".
La politica doganale era anch'essa favorevole ai ceti privilegiati: mentre in Europa tutte le monarchie nazionali cercavano con ogni mezzo di favorire l'industria ed il commercio nazionali, in Spagna succedeva l'esatto contrario, si colpivano con lievi dazi l'esportazione di viveri e prodotti di allevamento e l'importazione di merci industriali, mentre si proibiva l'esportazione dei propri prodotti industriali.
Da tutto questo otteneva dei benefici l'aristocrazia, che esportava lana ed acquistava oggetti di lusso che costituivano la voce principale tra le importazioni. Questo sistema danneggiava irreparabilmente l'industria nazionale, alla quale si sottraevano le materie prime che andavano all'estero, mentre il mercato interno era inondato da prodotti provenienti dall'estero.
Molti imprenditori preferirono trasformarsi in compratori e distributori di merci straniere, anzichè investire il proprio denaro nella produzione. In tal modo si venne ad interrompere il processo di formazione di una borghesia industriale spagnola.
Altrettanto rovinosa fu la politica finanziaria praticata dal governo nobiliare: nonostante l'enorme prelievo fiscale, esso non riusciva a far fronte alle smisurate spese necessarie per la sua politica di potenza, incrementando in tal modo il debito pubblico che fra il 1573 ed il 1597 salì ad oltre 100 milioni di ducati.
Ma mentre nelle altre monarchie europee l'incremento del debito pubblico portava all'arricchimento della borghesia bancaria e mercantile che lucrava sui prestiti e sulle forniture, in Spagna gran parte di questo arricchimento andava alle banche genovesi, fiamminghe e tedesche. Un esempio su tutti: nel 1525 Carlo V diede in appalto alla banca Fugger di Augusta, in Germania, le cosiddette "entrate dei Grandi Maestri", ossia le imposte pagate dai contadini, stanziati sui terreni di proprietà degli ordini religiosi cavallereschi. In questo modo i Fugger disponevano di grandi quantità di frumento tolto ai contadini come imposta e su questo speculavano in Spagna e all'estero.
Ma neppure le banche straniere, per quanto accorte, poterono a lungo andare trarre profitto da questa situazione, poichè essendo le spese aumentate oltre ogni tollerabile limite, per ben due volte, nel 1575 e nel 1596, lo Stato spagnolo fu costretto a dichiarare la bancarotta, rovinando il credito all'interno e all'estero, travolgendo nella sua rovina un buon numero di banchieri genovesi e tedeschi, tra i quali i Fugger.
Già al termine del regno di Filippo II, la Spagna era esaurita economicamente e si avviava verso la decadenza politica e militare, senza che ciò inducesse il governo aristocratico a cambiare la propria politica. Esso manteneva il suo dominio con il terrore, mediante il Tribunale dell'Inquisizione, che da strumento dell'unificazione monarchica contro l'arisotcrazia, si era trasformato in uno strumento dell'aristocrazia: esso copriva la Spagna di sangue, facendo bruciare ogni anno un gran numero di infelici col pretesto religioso.
Il simbolo dell'oppressione era lo stesso Filippo II che arrivò a far uccidere il proprio figlio, Don Carlos, accusato di aver ordito una congiura contro di lui.
I costumi e la moda spagnoli, improntati al massimo sfarzo, si diffusero in tutta Europa. Le corti e le case signorili ne imitarono il pomposo cerimoniale.
ma dietro quest'apparenza, che molto spesso raggiunse punte ridicole, offendendo la miseria delle popolazioni, col dispendio di denaro che la sosteneva, la cultura spagnola del XVI e del XVII secoloraggiunse vertici altissimi.
Nella letteratura, oltre al Don Chisciotte di Cervantes, spiccarono i drammi di Calderon de la Barca e di Lope de Vega, mentre fioriva il romanzo popolare, di avventure, a cui venne dato il nome di picaresco.
Il gesuita padre Suarez elaborò i princìpi del diritto internazionale, mentre tra i grandi pittori fecero la loro comparsa Theotokopulos, detto El Greco, che nelle sue opere espresse il tragico senso mistico della sua epoca, mentre Velasquez e Murillo produssero una nutrita galleria di personaggi con i loro splendidi ritratti.


Nell'immagine, Filippo III re di Spagna, successore di Filippo II, sotto il cui regno si compì il processo di decdenza della Spagna come grande potenza.
Documento inserito il: 24/12/2014
  • TAG: spagna rovina economica, cause crisi, mesta campagne, inquisizione, moriscos, marranos, autos da fè, alcabala, entrate grandi maestri

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