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La Rivoluzione Francese: La situazione alla vigilia della Rivoluzione

Alla vigilia della Rivoluzione, la Francia era retta da una monarchia che si era formata nel corso dei secoli e che raggiunse il suo massimo splendore sotto Luigi XIV, il Re Sole.
Il principale merito della monarchia francese fu quello di portare il paese all'unità nazionale, liberando la Francia dall'anarchia feudale e trasformando il paese in un potente sato unitario.
Dopo aver adempiuto a questa importante missione, ebbe inizio per la monarchia una decadenza lenta ma inesorabile: le caratteristiche feudali che la dominavano non erano infatti più all'altezza dei tempi.
Questa decadenza si acuì in modo particolare sotto il regno di Luigi XV, monarca vizioso sotto il cui regno a comandare erano le sue favorite, ed in seguito sotto il regno di Luigi XVI, monarca onesto e di buone intenzioni ma debole di carattere e succube della moglie, la regina Maria Antonietta, figlia di Maria Teresa d'Austria. Durante il suo regno, la monarchia manifestò la sua essenza di organo del potere dei ceti privilegiati.
Questi ultimi si dividevano in tre categorie: la Nobiltà, il Clero ed il Terzo Stato. Ognuna di queste categorie era suddivisa al suo interno in ceti sociali diversi.
La Nobiltà, ad esempio, si divideva in alta e bassa nobiltà:
l'Alta Nobiltà o Aristocrazia era formata dalla nobiltà di corte, ossia tutti quei nobili che vivevano alla corte di Versailles, circa 4.000 persone, e che che conducevano una vita particolarmente fastosa quanto inutile. Ad essi spettavano favolose pensioni che venivano loro assegnate dal re, altissimi stipendi per le cariche civili e militari che essi ricoprivano solo nominalmente e per le dignità di corte; inoltre potevano contare su rendite derivate dai benefici ecclesiastici e su rendite fondiarie derivanti dai loro vasti possedimenti.
Nonostante il godimento di tutti questi privilegi e alle notevoli entrate finanziarie che ne derivavano, alla vigilia della Rivoluzione la maggior parte di questi cortigiani versava in gravi condizioni economiche: tutto il denaro ricevuto veniva infatti utilizzato per mantenere un tenore di vita improntato al lusso più sfrenato e consono alla vita di corte. Per questo motivo, una parte dell'aristocrazia desiderava un cambiamento, accostandosi alle idee liberali, mentre un'altra parte di essa pensava di esautorare il re e far tornare il paese al sistema feudale.
Nelle stesse condizioni si dibatteva la Nobiltà di Provincia, o Bassa Nobiltà: molti tra questi nobili non avevano proprietà e speravano di trovare nelle città i mezzi di sostentamento. Poichè ai nobili era vietato lavorare, pena la perdita del titolo nobiliare, essi finivano per prestare servizio come ufficiali nell'esercito, contentandosi dello stipendio derivante dal servizio da loro prestato nell'armata reale.
I nobili di provincia che possedevano delle proprietà, non potevano aumentare le rendite feudali fissate dalla consuetudine e pagate con una determinata e costante somma di denaro, erano ridotti in miseria dall'aumento dei prezzi. Era quindi con maggior rabbia che essi tenevano ai loro privilegi, tentando di estorcere ai contadini alle loro dipendenze tutto ciò che potevano, risultando in tal modo sempre più invisi a costoro.
Anche tra la bassa nobiltà si stava diffondendo il malcontento per le difficili condizioni di vita
Una terza categoria di nobili era costituita dalla Nobiltà di Toga, formata dai discendenti di quei borghesi che avevano acquistato cariche nella magistratura e le avevano trasmesse in eredità. Spesso essi erano proprietari di vasti terreni agricoli e conducevano una vita abbastanza agiata.
Tutte queste categorie nobiliari, che comprendevano in totale circa 350.000 persone, godevano di enormi privilegi come quello di non pagare quasi nessuna imposta, e di monopolizzare le più alte cariche nell'esercito, nella magistratura, delle più alte dignità ecclesiastiche e altre ancora.
Con il progredire della crisi economica e sociale, la nobiltà divenne sempre più odiosa agli occhi dei francesi, in particolare poichè, nelle mutate condizioni, non adempiva quasi più alle sue funzioni sociali, ragion per cui il popolo non riusciva a dare una giustificazione ai privilegi ad essa concessi.

Il Clero
Come la nobiltà, anche il Clero era un ordine privilegiato, con ampi diritti economici, finanziari e giuridici: esso era dotato di propri tribunali, di un immenso patrimonio fondiario, ed era esente, come la nobiltà, dalla maggior parte delle imposte.
Anche il Clero si divideva al suo interno in due categorie: l'Alto Clero ed il Basso Clero. L'Alto Clero rappresentava soltanto un'appendice dell'aristocrazia: nel 1789, su 139 vescovi non ce n'era uno solo che non fosse nobile.
Su quasi mille abbazie, 625 erano considerate in commenda, ossia affidate a nobili(eccesiastici o laici), che solitamente non adempivano ai doveri di abate, ma percepivano comunque un terzo della rendita. Le altre abbazie erano chiamate regolari -appartenevano cioè a ordini regolari religiosi-, ma di fatto quasi tutti gli abati erano di nomina regia.
Ciò era la conseguenza diretta delle "libertà gallicane", che permettevano al re di controllare direttamente la Chiesa di Francia, e di nominare i propri favoriti alle più alte dignità ecclesiastiche.
Di certo questi nobili prelati non erano i più indicati a ricoprire determinati incarichi religiosi: la maggior parte di loro non visitò mai le proprie diocesi o le abbazie ad essi assegnate, ma preferiva passare il proprio tempo a Versailles con i loro pari, dei quali condividevano la vita fastosa, con grande scandalo da parte del popolo.
Ben diverse erano le condizioni del Basso Clero, costituito dai curati, dai vicari che si occupavano effettivamente delle abbazie e dal clero regolare, sul quale ricadeva in realtà la cura del ministero ecclesiastico, oltre ad un gran numero di altri adempimenti ai quali avrebbe dovuto provvedere lo Stato, ma del quale esso non si interessava minimamente: l'assistenza ai poveri, le cure ospedaliere, l'insegnamento scolastico, l'anagrafe delle nascite, delle morti e dei matrimoni.
A differenza della nobiltà, il Basso Clero adempiva a funzioni sociali utili e necessarie; spesso esso viveva poveramente, poichè la maggior parte delle rendite ecclesiastiche erano appannaggio dell'Alto Clero o direttamente della nobiltà.
Vivendo a diretto contatto con il popolo, dal quale esso proveniva, ne condivideva il malcontento contro le ingiustizie che ogni giorno era costretto a constatare: il basso clero o la maggior parte di esso si presentava quindi come una forza sociale desiderosa di novità per quanto concerneva l'assetto della Francia. Proprio ad esso appartenevano alcuni tra i più accesi sostenitori dei diritti del popolo, che si misero in evidenza nel corso della Rivoluzione.

Il Terzo Stato
Del Terzo Stato facevano parte tutti i non nobili ed era suddiviso in diversi ceti sociali molto diversi fra loro.
Il gruppo più importante in quanto a ricchezza, attività e consapevolezza era costituito dalla borghesia, che a sua volta si componeva di diverse categorie di persone.
- I borghesi propriamente detti erano i redditieri o rentiers, che vivevano delle rendite loro garantite dalla proprietà di case o terreni;
- un altro gruppo era costituito dai liberi professionisti: medici, avvocati, notai, funzionari, e giudici non appartenenti alla nobiltà;
- un terzo gruppo era quello costituito dalla piccola borghesia, composta da bottegai e artigiani, il più numeroso presente nelle città;
- il quarto gruppo, il più importante era quello costituito dallagrossa borghesia d'affari, ossia i grandi commercianti che dirigevano il commercio interno e quello rivolto all'esportazione, gli armatori navali, i potenti banchieri parigini e gli appaltatori di imposte che erano riuniti in grandi compagnie azionarie;
- ultimo gruppo, ma non meno importante, era quello composto dalla media e grande borghesia industriale proprietaria di miniere e industrie già dotate di macchine a vapore e di altri moderni strumenti di produzione.
Questo insieme di categorie e di gruppi sociali, formava nel suo complesso la parte attiva del Paese, per intraprendenza, istruzione e competenza ma, soprattutto, gli appartenenti al Terzo Stato avevano la consapevolezza di avere nelle proprie mani la ricchezza ed i destini economici della Francia e per questo motivo mal sopportavano di essere considerati una categoria di secondo piano dalla nobiltà, che pensava esclusivamente allo sfruttamento del paese senza dare alcun contributo positivo.
L'aspirazione dei borghesi era di prendere in mano il potere dello Stato con lo scopo di trasformarlo secondo i loro interessi e le proprie capacità.

I contadini e i ceti poveri delle città
Dei 25 milioni di abitanti che costituivano la popolazione della Francia nel 1789, 20 milioni erano contadini. Anch'essi da secoli non costituivano più un gruppo unitario, ma bensì un ceto composto da vari strati differenti tra loro.
Alla vigilia della Rivoluzione esisteva ancora un certo numero di servi della gleba, distribuiti nella regione della Franca Contea ed in altre zone di confine annesse di recente alla Francia, ma la maggior parte dei contadini francesi erano liberi. Nonostante essi costituissero i 4/5 della pololazione, le loro condizioni economiche e giuridiche erano disastrose e possedevano solo 1/3 della terra coltivabile, distribuita in lotti piccolissimi ed insufficienti ai loro bisogni.
Un gran numero erano nullatenenti senza alcuna proprietà, ed erano costretti a prendere la terra in affitto o a mezzadria a condizioni esosissime, oppure racimolando il necessario per vivere con lavori a giornata e a condizioni, se vogliamo, ancor peggiori.
Su tutti i contadini, fossero essi proprietari o nullatenenti, gravava una severa oppressione feudale: essi dovevano prestare gratuitamente la propria opera ai nobili, al clero e al fisco. Solo il contadino era costretto a pagare la taglia, una pesante imposta personale e solo lui era soggetto alla corvèe, che poteva essere costituita da un servizio obbligatorio gratuito per i trasporti militari, per la costruzione di nuove strade e altri servizi simili ed inoltre doveva contribuire a tutte le imposte dirette ed indirette.
Al clero, i contadini dovevano versare la decima, una tassa che nella maggior parte dei casi finiva nei forzieri dei vescovi e degli abati nobili che vivevano a corte; in questo modo rimaneva ben poco per mantenere le parrocchie e per portare aiuto ai malati e i bisognosi.
I tributi più odiosi erano comunque quelli dovuti ai nobili: poteva trattarsi di un censo annuo da versare all'antico proprietario dal terreno, nonostante che questi avesse venduto da secoli la proprietà, eventuali diritti per il caso di vendita o di successione, diritti esclusivi di caccia, pesca e colombaia a favore del nobile, diritti di pedaggio sulle strade, sui ponti e sui fiumi, diritti sulle merci portate al mercato, dell'obbligo di servirsi esclusivamente del mulino, del forno e del frantoio del signore e altre cose di questo tipo.
Questi diritti nobiliari erano garantiti dal privilegio che i nobili erano riusciti a conservare, di amministrare direttamente la giustizia sui territori posti sotto la loro dipendenza; di questi diritti giurisdizionali, i nobili si servivano spesso per compiere abusi ai danni dei contadini con l'approvazione della legge. Erano particolarmente presi di mira i possessi comunali, ovvero i pascoli e i boschi appartenenti alla comunità e dei quali i nobili intendevano impossessarsi; in questo essi ebbero un valido sostegno dal governo mediante gli editti di triage, che si susseguivano sempre più numerosi, assegnando al nobile di turno la proprietà di quel determinato terreno e privando in tal modo il contadino della possibilità di fare legna e di poter fare pascolare i suoi animali.
A seguito di tutto ciò, il malcontento crebbe nelle campagne e tutti i contadini speravano che si giungesse presto a porre fine all'oppressione esercitata dalla nobiltà.
Non minore era lo scontento della parte più povera degli abitanti delle città.
All'epoca in Francia non esisteva ancora una classe operaia moderna; la popolazione povera delle città era costituita da operai, artigiani, garzoni, piccoli artigiani che mandavano avanti attività di tipo famigliare in piccole botteghe, da lavoratori non qualificati senza un lavoro fisso, facchini, manovali ecc. A costoro si aggiungevano tutte le persone di servizio che prestavano la loro opera presso le dimore signorili, ed un gran numero di mendicanti e di gente di malaffare, assai più numerosa di oggi nelle città dell'epoca.
Tutti costoro, non costituivano ancora un vero e proprio proletariato ma bensì una plebe amareggiata per le proprie miserevoli condizioni di vita, peggiorate ulteriormente nel XVIII secolo a causa del costante aumento dei prezzi, mentre i salari restavano pressochè inalterati.
Occorre aggiungere inoltre che in quel secolo vi furono frequenti carestie durante le quali era quasi impossibile procurasi da vivere, con le conseguenti ondate di mortalità che colpirono duramente le fasce più deboli della popolazione.
Avendo giornalmente sotto gli occhi, soprattutto a Parigi, il lusso insensato sfoggiato dagli aristocratici ed i loro riprovevoli costumi, la plebe urbana rappresentava sicuramente la categoria più scontenta e pronta ad una rivolta: in ogni caso essi erano coloro che avevano meno da perdere e forse, con un radicale cambiamento la vita sarebbe potuta cambiare in meglio anche per loro.


Nell'immagine, Luigi XVI Re di Francia.
Documento inserito il: 24/12/2014
  • TAG: rivoluzione francese, situazione vigilia, economia, alto clero, basso clero, terzo stato, alta nobiltà, bassa nobiltà, nobiltà toga, contadini, ceti poveri, differenze fiscali, differenze sociali

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