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La rivoluzione industriale

Nel XVIII secolo ebbe inizio si sviluppò in Inghilterra quel grandioso fenomeno chiamato rivoluzione industriale, i cui effetti avrebbero progressivamente trasformato la civiltà moderna. Questa rivoluzione venne contraddistinta da due caratteri essenziali: la sostituzione del lavoro manuale con le macchine e dal passaggio dalla manifattura al sistema di fabbrica. Come detto in precedenza, l’Inghilterra fu il Paese nel quale la rivoluzione industriale si sviluppò maggiormente, poichè essa aveva maggior bisogno di sviluppare una più rapida espansione dell’industria e del commercio ed aveva le possibilità per farlo. La particolare forma politica assunta dalla monarchia costituzionale inglese, aveva permesso la formazione di una classe borghese a carattere mercantile, che alleatasi con i grandi proprietari terrieri era riuscita a conquistare il governo del Paese. Del potere essa si avvalse per esercitare una politica estera adatta per raggiungere i suoi interessi commerciali. Nel Settecento il commercio inglese si espanse vigorosamente sia in Europa che nei paesi coloniali, e questa rapida espansione rese necessario un altrettanto rapido aumento della produzione, che fu possibile solo grazie alla grande accumulazione di capitali che già era stata raggiunta con il commercio, la pirateria, con la tratta degli schiavi africani, con l’incremento del debito pubblico e con l’espropriazione dei contadini. Una parte di questi grandi capitali poterono riversarsi nella produzione industriale, consentendo in tal modo la costruzione di nuovi impianti, fondati sull’utilizzo di nuove tecnologie, quali ad esempio l’attrezzatura di nuove miniere di carbone, di ferriere, di acciaierie e di fabbriche dell’industria meccanica.
Fino ad allora, i minerali ferrosi venivano fusi con l’ausilio del carbone di legna proveniente dai boschi inglesi ed irlandesi. Ma a causa del secolare sfruttamento, questi si andavano esaurendo: per evitare l’importazione molto costosa del legname svedese e americano, si pensò di utilizzare il carbon fossile, già usato da secoli per il riscaldamento e per piccole industrie. Per la metallurgia esso non poteva essere adoperato, in quanto i gas che sviluppava davano come risultato una ghisa di pessima qualità. Nel 1753, Abraham Darby trovò il sistema di separare i gas nocivi dal carbon fossile, distillando un coke abbastanza solido da consentire il suo utilizzo nella siderurgia. Questa fondamentale scoperta permise la produzione del ferro a buon mercato, che venne poi impiegato nella costruzione delle nuove macchine che via via vennero inventate, a costi ragionevoli. Fra queste merita sicuramente il primo posto la macchina a vapore: dopo diversi tentativi effettuati in Inghilterra e all’estero, agli inizi del Settecento, venne utilizzata per la prima volta una macchina piuttosto rozza, inventata da Thomas Newcomen, che permise di migliorare il drenaggio nelle miniere di carbone. Una versione migliorata della macchina a vapore, venne ideata nel 1765 da James Watt, che anni dopo perfezionando il suo primo brevetto, giunse alla costruzione della rotativa a doppio effetto. Con questa nuova macchina, Watt permise di ottenere energia in misura molto superiore di quella data dalla forza muscolare umana, animale, o con corsi e cadute d’acqua, che fino ad allora venivano impiegati per far girare le ruote dei mulini e gli impianti delle fabbriche. Altri importanti ritrovati furono quelli relativi all’industria tessile, la più diffusa in quell’epoca in Inghilterra. Nella lavorazione del cotone, il primo grande risultato si ottenne nella tessitura, grazie all’invenzione avvenuta nel 1733 ad opera del meccanico John Kay, della navetta volante, una macchina che consentiva ad un solo operaio di tessere una tela larga il doppio di quelle precedenti. L’accelerazione della produzione tesile portò presto ad una scarsezza di filato, alla quale provvide nel 1768 il tessitore James Hargreaves, inventando Jenny, un nuovo filatoio a ruota, sul quale era possibile lavorare simultaneamente con 16 o 17 fusi. Tutte queste macchine erano ancora azionate manualmente ma, nel 1767, Thomas Hihscreò la Waterframe, un macchinario che assomigliava molto ai mulini ad acqua: essa sostituiva la forza muscolare umana con la forza idraulica, fornita da un corso o da un salto d’acqua. Hihs non seppe custodire adeguatamente il segreto della sua invenzione, ed il brevetto le venne usurpato da Richard Arkwright. Infine Samuel Crompton e Edmond Cartwright, trovarono il modo di applicare una macchina a vapore al filatoio meccanico e al telaio meccanico da loro inventati. Con questa nuove invenzioni, sia la filatura che la tessitura vennero completamente meccanizzate e conobbero uno sviluppo tale che, in poco tempo portò l’industria cotoniera al primo posto fra le industrie tessili inglesi: essa forniva infatti un prodotto a buon mercato che per le sue caratterische si prestava a sostituire la lana, il lino e la canapa nel consumo dello strato meno abbiente della popolazione. Oltre a queste invenzioni, nel XVIII secolo molte altre furono le scoperte tecniche quali, ad esempio, il pallone aerostatico, creato in Francia nel 1783 dai fratelli Montgolfier , e l’adozione del gas da carbone come gas illuminante, avvenuta verso la fine del Settecento in Inghilterra e Francia. Tutte queste invenzioni, nel loro insieme portarono ad un cambiamento radicale di tutti i procedimenti tecnologici e, conseguentemente, anche del modo di produzione, con incalcolabili conseguenze sociali, politiche ed economiche.
I nuovi macchinari difficilmente potevano essere acquistati dai piccoli artigiani, a causa dell’elevato costo, soprattutto da quando, con l’invenzione della macchina a vapore, le macchine dovevano essere costruite in ferro anzichè in legno. Anche quando le macchine venivano azionate dalla forza dell’acqua, dovevano essere riunite in un solo locale vicino ad un corso d’acqua. Si sviluppò quindi il sistema di fabbrica, che veniva praticato in officine sempre più grandi, sede della grande industria meccanica basata sull’utilizzo delle macchine: questo sistema sostituì progressivamente la manifattura accentrata o decentrata. Coloro che lavoravano nelle fabbriche, non erano più artigiani o lavoranti artigiani, ma bensì degli operai salariati, che non avevano più la proprietà degli strumenti di lavoro, ma lavoravano per un salario nella fabbrica su macchinari che non le appartenevano. Questi operai furono i primi nuclei del moderno proletariato industriale, ben diverso dagli artigiani e dalla plebe medievale. Dall’altra parte, a fianco della borghesia mercantile, si sviluppa sempre più la borghesia industriale, costituita dai proprietari di fabbriche che nel XIX secolo diverranno il gruppo sociale più importante nei paesi più evoluti. Tra borghesia industriale e proletariato si venne presto a creare un forte antagonismo a causa delle cattive condizioni di vita degli operai, condizioni causate dalla scarsa produttività, dell’industria, dall’alto tasso d’interesse del denaro, dalla necessità di accumulazione del capitale: gli orari di lavoro erano lunghissimi ed in condizioni spossanti nelle prime fabbriche e nelle miniere e le paghe erano misere. Veniva inoltre sfruttato in maniera esosa e ad un costo minimo il lavoro minorile: nelle fabbriche venivano impiegati perfino bambini e bambine di età inferiore ai 10 anni. Ben presto vi furono tra gli operai tumulti e rivolte, che avevano lo scopo di ottenere migliori condizioni di vita e di lavoro. Si ebbero perfino i primi esempi di sciopero, ossia rifiuti di lavorare alle condizioni date, ed i primi tentativi degli operai di organizzarsi fra loro. Tutti questi tentativi di tutelarsi messi in atto dagli operai, venivano puntualmente repressi con la ferocia derivante dalle legislazioni dei governi di quel periodo, poichè venivano considerati come atti di ribellione. In Inghilterra la deportazione in Australia ed il carcere erano il mezzo normale con il quale venivano sedati i tumulti operai.
Un’altra importante conseguenza della nuova civiltà industriale, fu la crescità vertiginosa di alcune città ed in particolare di quelle città, che si trovavano nei pressi di corsi d’acqua, di miniere di carbone o di porti marittimi, dove si riceveva la merce più a buon mercato. Liverpool, Birmingham, Sheffield, Manchester e altre ancora, soppiantarono in poco tempo per numero di popolazione, attività e ricchezza, molte delle città medievali, che finirono per divenire dei piccoli borghi o villaggi di provincia. Nelle nuove città industriali, il proletariato viveva raggruppato in sporchi quartieri sovraffollati, gli slums, nei quali molto spesso mancavano anche i servizi più elementari della vita civile. Questo contribuì ad aumentare il malcontento di quei primi nuclei di operai, creando le premesse per la nascita di un’organizzazione sindacale e politica della classe operaia.


Nell’immagine, ritratto di James Watt, l’inventore della macchina a vapore.
Documento inserito il: 25/12/2014
  • TAG: rivoluzione industriale, europa XVIII secolo, abraham darby, macchina a vapore, macchine industriali, invenzioni industria, innovazioni tecniche, slums

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